1/ L'Ucraina attaccata dalla Russia. Brevi note di Giovanni Amico 2/ Cos’è il Donbass. E come funzionano le due repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk, dal 2014 al centro delle tensioni tra Ucraina e Russia
1/ L'Ucraina attaccata dalla Russia. Brevi note di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito alcune note di Giovanni Amico. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Per la pace contro la guerra.
Il Centro culturale Gli scritti (27/2/2022)
1/ Nella guerra si uccide. E il sangue dalla terra grida - insegna la rivelazione. L’esistenza di un giudizio universale nel quale i responsabili della morte di tanti non potranno non essere giudicati è annunzio di salvezza per chi viene ucciso. Dinanzi alla guerra si leva ineliminabile il grido perché la parola ultima sulle cose umane non sia lasciato alla sola storia, ma esista quell’aldilà che solo può far giustizia, una volta che l’atto irreparabile di uccidere qualcuno è stato compiuto.
2/ Per questo il gesto di chi attacca in guerra, senza che vi sia una reale necessità di difesa del proprio paese, è gravissimo. Lo Stato che se ne rende responsabile – in questo caso la Russia – è certamente responsabile di un atto che non ha scuse e che sarà giudicato l’ultimo giorno come malvagio e ingiusto, ingiusto del peccato più grave, quello di recidere vite umane.
3/ Responsabilità gravissime hanno gli americani che hanno condotto negli ultimi decenni una politica anti-russa, schierandosi sempre contro gli alleati di Mosca. Guai a dimenticare - perché tale dimenticanza renderebbe ciechi – che è stato Obama a sostenere con ogni mezzo, qualsiasi cosa si pensi del Piano Timber Sycamore, i terroristi islamisti contro il presidente del paese Assad.
I ribelli erano - e sono - islamisti così violenti da avere l’usanza di gettare giù gli omosessuali dai palazzi per vederli sfracellare al suolo, eppure gli USA preferirono difenderli, pur di opporsi alla Russia. Trump bombardò poi le truppe siriane, sempre in chiave anti-russa, per ben due volte, nella notte fra il 6 e il 7 aprile 2017 e nella notte fra il 13 e il 14 aprile 2018, proseguendo la linea di Obama.
Non è credibile una parola statunitense sulla pace e questo aggrava la crisi: gli americani hanno fomentato la Russia ad isolarsi. Gli americani hanno usato la violenza, i bombardamenti e il lancio di missili ben prima della Russia, contro paesi amici della Russia.
4/ Responsabilità gravissime ha l’Europa: non ha mai deciso se essere al di sopra delle parti, cioè di essere imparziale, o se essere a favore dell’Ucraina in toto, schierandosi da una parte.
Se l’Europa fosse stata al di sopra delle parti avrebbe potuto essere credibile dinanzi alla Russia, proponendosi come mediatrice. Ma l’Europa è schierata da decenni con gli USA contro la Russia e per questo non può essere mediatrice: si è tagliata via da questa possibilità per la sua incapacità di separare il suo giudizio da quello americano: ha approvato il bellicismo americano anti-russo in Siria e ciò è gravissimo
Non si dimentichi che la Russia è parte dell’Europa, anzi, come ha sottolineato Giovanni Paolo II, non esiste Europa senza il polmone orientale[1]. La potentissima immagine che egli utilizzò intendeva lanciare una visione: l’Europa non è solo quella occidentale, ma tutto il mondo ortodosso è pienamente europeo e un’Europa che non respiri con due polmoni, quello occidentale e quello orientale, non sarebbe l’Europa di cui il mondo ha bisogno.
L’Europa occidentale, invece, che si autoproclama Europa senza l’est, non è interessata a relazionarsi con l’est Europa, perché dovrebbe ridiscutere alcuni dei suoi ‘presupposti e delle sue visioni.
L’Europa preferisce così identificarsi con la sua parte occidentale e le sue visioni ideologiche, tagliando fuori così la Russia e presentandola come altro da sé e preferendogli gli Stati Uniti.
Ben diverso è il ruolo svolto da papa Francesco che si propone veramente come al disopra delle parti, e si presenta all’ambasciatore russo presso la Santa Sede: l’azione del pontefice è realmente al di sopra delle parti ed è una presenza infinitamente più attiva di quella del Parlamento Europeo che è non credibile per la sua parzialità – ed è, al contempo, immobile.
5/ D’altro canto l’Europa non intende nemmeno essere di parte e schierarsi con l’Ucraina per difenderla - e così la illude. Se l’Europa non volesse essere al di sopra delle parti, ma di parte ucraina, dovrebbe ora inviare truppe in Ucraina a difesa del paese. Ma l’Europa occidentale non intende compromettersi e versare il sangue dei propri figli.
Ne consegue che nei diversi stati dell’Europa occidentale si ripetono proclami a favore dell’Ucraina, ma nessun aiuto concreto.
Purtroppo dinanzi alla violenza russa i proclami concreti non bastano. L’Europa occidentale non è abituata a confrontarsi con pensieri “forti”, come sono quelli della Russia o dei paesi islamici. Dinanzi al dispiegamento della forza da parte di altri mondi si estranea, limitandosi a condanne verbali di nessuna efficacia, non avendo ancora risolto culturalmente la questione di quale debba essere la risposta giusta dinanzi a chi usa la forza. Quando, però, sono gli USA ad utilizzare la violenza, l’Europa è compatta a difendere tale uso.
In Europa nessuno avrebbe oggi una capacità di sacrificio fino alla morte come quella dei 13 soldati ucraini morti sull’Isola dei serpenti (l’esempio vale anche se l’episodio dovesse risultare falso, come affermano i russi), ma nemmeno c’è qualcuno che abbia in occidente forza di schierarsi accettando di pagarne le conseguenze, come sono abituati a fare russi, cinesi o islamisti. “Oggi a stento qualcuno è disposto a morire per un uomo giusto” (cfr. Rm 5,7), figuriamoci per dei peccatori.
L’Europa si è abituata ad utilizzare i bombardieri e i missili, come nel caso della crisi yugoslava, cioè ad agire “senza rischi”, senza mai scendere realmente in campo.
Non si deve dimenticare che i paesi ortodossi sono, purtroppo, abituati alla forza, sono duri, sono molto più duri dell’occidente europeo, perché hanno dovuto affrontare prima la terribile occupazione islamica e poi quella comunista: questi eventi di lungo periodo li hanno resi inflessibili, capaci di una resistenza e di una capacità di non piegarsi che è sconosciuta all’Europa occidentale: anche per questo noi non li comprendiamo e loro non comprendono i nostri giudizi sull’Islam e sul comunismo che noi abbiano conosciuto solo di striscio..
6/ La guerra fra Russia e Ucraina è iniziata dal 2014 ed ha visto, prima dei recenti sviluppi, già 14.000 morti, nel silenzio dei governi europei. Le due regioni che compongono il Donbass erano già di fatto indipendenti dall’Ucraina, prima del nuovo inizio dei combattimenti (sul Donbass vedi l’articolo che segue). Non si possono addebitare tutte le colpe alla Russia, se non ci si è mossi quando la situazione era già precaria e si è cominciato ad occuparsene solo quando tutto precipitava.
Da questo punto di vista, i governi di tutto il mondo – e quelli europei in particolare, ma anche l’intellighenzia e il giornalismo – hanno gravi colpe, perché non hanno protagonismo e non si impegnano a cercare soluzioni, prima che tutto precipiti.
7/ La crisi energetica precede la guerra tra Russia e Ucraina e gli aumenti (il realtà il raddoppiare delle bollette) è sotto gli occhi di tutti. Gli scritti lo denunciò già agli inizi di dicembre 2021[2]. È già oggi evidente che in maniera vergognosa politici e giornalisti si stanno affrettando a mistificare il fatto – che implica un pesante giudizio sul loro operato – quasi che l’aumento dei prezzi dipendesse invece dalla guerra in corso e non fosse presente già da tempo. Certo ci saranno rincari ancora più gravi, ma tutti sfuggiranno ora alla grave responsabilità di non aver provveduto per tempo, perché la guerra sarà il capro espiatorio della crisi economica che è alle porte.
2/ Cos’è il Donbass. E come funzionano le due repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk, dal 2014 al centro delle tensioni tra Ucraina e Russia
Riprendiamo da Il Post del 20/2/2022 un articolo pubblicato senza indicazione dell’autore. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Giustizia e carità.
Il Centro culturale Gli scritti (27/2/2022)
Le forze militari che nelle ultime settimane la Russia ha mobilitato vicino al confine con l’Ucraina si trovano soprattutto in Bielorussia, un paese alleato, ma l’attenzione della comunità internazionale è rivolta anche a un’altra zona di frontiera, quella dove di fatto una guerra c’è già dal 2014: il cosiddetto Donbass, la regione dell’Ucraina orientale in cui si trovano le repubbliche autoproclamate di Donetsk e Luhansk, territori formalmente ucraini che sono gestiti da separatisti appoggiati dalla Russia.
“Donbass” significa “bacino del Donec” e il Donec è un fiume affluente del Don che attraversa quella parte di Ucraina. È una regione storica, nel senso che non corrisponde a una divisione amministrativa attuale. È invece formalmente divisa tra tre dei 24 oblast ucraini (l’equivalente delle regioni italiane): quello di Luhansk, più a est, quello di Donetsk e quello di Dnipropetrovsk, più a ovest. L’intero Donbass cominciò a essere chiamato così verso la fine dell’Ottocento, quando la regione assunse una particolare importanza economica grazie ai suoi molti giacimenti di carbone.
Dal 2014, quando la Russia invase la penisola della Crimea, nel sud dell’Ucraina, e finì con l’annetterla, parti dell’oblast di Luhansk e dell’oblast di Donetsk, circa un terzo dell’intero Donbass, sono uscite dal controllo dello stato ucraino: in quel periodo la Russia sobillò, armò, aiutò e finanziò gruppi militari filo-russi anche nell’est dell’Ucraina, permettendo quindi ai ribelli del Donbass di prendere il controllo di parte del territorio.
I secessionisti dichiararono l’indipendenza dall’Ucraina e organizzarono dei referendum per cercare di entrare a far parte della Russia. Volevano far succedere quello che era successo in Crimea (un’annessione comunque non riconosciuta dalla comunità internazionale): secondo i capi ribelli l’89 per cento dei votanti della cosiddetta repubblica di Donetsk era favorevole all’annessione, e nella cosiddetta repubblica di Luhansk la percentuale era, sempre secondo i ribelli, al 96 per cento.
Prima dell’invasione della Crimea, nel Donbass non esisteva un movimento politico che chiedesse l’annessione alla Russia, ma esistevano le premesse perché una richiesta di quel tipo avesse un certo sostegno nella popolazione locale: dall’indipendenza dall’Unione Sovietica nel 1991 (per cui votò la maggioranza della popolazione ucraina, anche nell’est del paese) le condizioni economiche per molte persone non sono mai migliorate, specialmente in una regione come il Donbass dove in precedenza si viveva meglio grazie all’industria del carbone.
Per questo, negli anni è diffusa tra molti l’idea che le cose migliorerebbero se le regioni di Donetsk e Luhansk tornassero a far parte della Russia. Anche perché molti degli abitanti del Donbass sono etnicamente e culturalmente russi: molti a scuola hanno studiato la versione sovietica della storia, parlano il russo, e guarda la televisione russa.
All’inizio del 2015 gli accordi di Minsk stabilirono la fine dei combattimenti e il ritorno all’Ucraina delle regioni ribelli, in cambio di più autonomia. Ma benché fossero stati firmati sia dal governo ucraino sia da quello russo, gli accordi non furono mai davvero rispettati. I combattimenti continuarono in maniera piuttosto intensa fino alla fine di quell’anno: da allora la linea del fronte – lunga circa 400 chilometri – è rimasta più o meno invariata, e i combattimenti sono meno frequenti ed estesi, ma il Donbass è ancora una zona di guerra, con tanto di trincee e centri abitati abbandonati perché localizzati lungo la linea del fronte. Negli anni, soprattutto tra il 2014 e il 2015, più di 13mila persone sono morte, sia militari che civili, e moltissime famiglie hanno dovuto abbandonare le proprie case e le proprie città.
Il governo ucraino definisce le due repubbliche autoproclamate «territori temporaneamente occupati» (dalla Russia) e chiama il fronte «linea amministrativa». In Russia invece si parla del conflitto nell’est dell’Ucraina come di una guerra civile. L’attuale divisione degli oblast di Donetsk e Luhansk non riflette comunque divisioni culturali, etniche o storiche pre-esistenti, è solo il risultato degli scontri di sette anni fa.
Anche se ufficialmente le due regioni sono gestite da leader ucraini, la Russia esercita un forte controllo. Chi vive nelle due repubbliche autoproclamate è invitato a richiedere la cittadinanza russa e abbandonare quella ucraina e può votare alle elezioni russe pur non avendo la cittadinanza vera e propria. Come moneta non si usa la grivnia ucraina, ma il rublo, e la lingua ucraina è bandita, così come la celebrazione delle feste ucraine.
Alle organizzazioni internazionali non è generalmente consentito l’accesso alle zone separatiste di Donetsk e Luhansk, quindi la maggior parte delle informazioni sulla vita nelle due regioni proviene dalle testimonianze dei profughi che le abbandonano e dai messaggi sui social network. Si sa che la popolazione soffre di scarsità di beni di consumo e di una mancanza di servizi, e spera in una vera e propria annessione alla Russia per ottenere un miglioramento della qualità della vita. Il governo russo tuttavia non è mai sembrato particolarmente interessato ad arrivare all’annessione: a differenza della Crimea il Donbass non è una regione di importanza strategica e la sua principale risorsa economica, il carbone, non ha molta importanza per la Russia attualmente.
Note al testo
[1] L’idea che la Chiesa abbia due polmoni, quello d’oriente e quello d’occidente, deve essere allargato, per comprendere appieno la visione di Giovanni Paolo II, anche all’Europa stessa che non può essere compresa se si elimina una delle due prospettive. Cfr. su questo Respirare con due polmoni, cristiani d’Oriente e d’Occidente (dall’Allocutio Lutetiae Parisiorum ad Christianos fratres a Sede Apostolica seiunctos habita, 31 maggio 1980, di Giovanni Paolo II) e Non si può respirare come cristiani, direi di più, come cattolici, con un solo polmone; bisogna aver due polmoni, cioè quello orientale e quello occidentale (Giovanni Paolo II): il poeta russo Ivanov all’origine di una felice formulazione, di Marco Roncalli. Anche la scelta di proclamare patroni d’Europa santi d’occidente e d’oriente va nella stessa direzione.
[2] Cfr. Della crisi energetica che è alle porte. La difficile questione economica che si prospetta. Breve nota di Giovanni Amico.