[Gli apocrifi e il governatore Afrodisio nell’arco trionfale di Santa Maria Maggiore in Roma.] Dalle immagini al testo: ipotesi interpretative relative ad una scena di un mosaico in Santa Maria Maggiore, di Davide Ruggeri
Riprendiamo dalla rivista NUME del Gruppo di Ricerca sul Medioevo Latino, anno 2021, pp. 228-234 (che riprendeva i contributi del VII Ciclo di Studi medievali. Atti del convegno tenutosi a Firenze, 7-10 giugno 2021) uno studio di Davide Ruggeri. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Vangeli apocrifi e Roma e le sue basiliche: periodo paleocristiano.
Il Centro culturale Gli scritti (27/2/2022)
Incontro della Sacra Famiglia col governatore Afrodisio
in Santa Maria Maggiore – Roma. La foto è stata scattata
personalmente dall’autore dell’articolo
Da sempre ricercatori e studiosi hanno affermato che gli artisti dei mosaici presenti sull’arco trionfale di Santa Maria Maggiore, si siano ispirati al testo del Vangelo apocrifo dello Pseudo-Matteo, ciò è totalmente inconciliabile a livello cronologico dato che la basilica è stata realizzata nel V secolo e l’apocrifo è stato composto tra il VII e il IX secolo. Attraverso lo studio e l’analisi iconografica di alcune scene relative all’infanzia di Gesù, si cercherà di interrogarsi in merito alla fonte scritta o orale alla quale le medesime immagini furono ispirate.
Come è noto, la più importante fondazione cultuale dedicata alla Vergine a Roma, è senza dubbio la basilica di Santa Maria Maggiore. Essa è situata sulla sommità del colle Esquilino e risale essenzialmente al V secolo. La sua costruzione, voluta e finanziata da Papa Sisto III (432-440) è legata al Concilio di Efeso del 431 che proclamò Maria Θεοτόκος, Madre di Dio[1].
La basilica si è in massima parte conservata: un grande edificio a tre navate, tutto in laterizi e con fondazioni costruite in opera listata molto regolare di tufelli e mattoni sotto la navata centrale e l’abside, mentre le navate laterali si impostano su murature pertinenti ad edifici precedenti[2].
L’unicità di questa basilica è dovuta agli splendidi mosaici, voluti dallo stesso Papa che commissionò l’edificio, i quali si snodano lungo le pareti superiori della navata centrale e sull’arco trionfale. Su quest’ultimo si riconoscono i segni ed i pensieri innovatori di un progetto iconografico, dove l’apporto ispirato dalle idee scaturite dal concilio appena concluso, si innesta in una figurazione tra le più complesse, ricche ed articolate che ci abbia lasciato la civiltà artistica paleocristiana. Le rivoluzionarie decorazioni dell’arco trionfale si dovevano proporre come un vero e proprio trattato mariologico, un’apoteosi della divina maternità di Maria[3].
Osservato nel suo complesso il progetto decorativo di Sisto III, seppure sensibile alle rivoluzionarie novità provenienti dal Concilio di Efeso, si estende verso un orizzonte molto più ampio, racchiudendo la cultura e il pensiero cristiano del mondo occidentale del V secolo. La straordinaria novità della decorazione di questa basilica sta nell’innesto di un programma estremamente considerevole dal punto di vista teologico, ideologico e storico all’interno di spazi dai volumi e dalle atmosfere classiche. Inquadrarlo solo nella sfera del Concilio di Efeso porterebbe ad una riduzione dell’importanza del progetto musivo. È probabile che alla base dell’intero progetto sia anche il pensiero di sant’Agostino di Ippona, espresso nel De Civitate Dei, scritto e concluso proprio un ventennio prima[4], il quale esalta la Vergine ponendola quale mezzo e tramite per aver fatto assumere a Cristo «l’umana natura»[5].
Quasi con prepotenza e con enfasi, i temi presenti sono supportati ed ampliati dal contributo degli scritti apocrifi sull’infanzia di Gesù e di Maria, dato che i quattro evangelisti non raccontano l’infanzia della Vergine e non si soffermano molto su quella del Salvatore.
Il Protovangelo di Giacomo narra in maniera romanzata e miracolosa la vita di Maria e la nascita di Gesù. È uno dei vangeli apocrifi più antichi tra quelli conservati integri e la sua composizione è datata al II secolo. L’autore dichiara di chiamarsi Giacomo; comunemente il Protovangelo viene attribuito a Giacomo il Giusto, detto fratello di Gesù e primo vescovo di Gerusalemme. Esso è considerato più un testo extra canonico che un vero apocrifo, avendo la Chiesa accettato da esso molti dati sulla vita di Maria[6].
Un altro testo rilevante che ha ispirato molti artisti lungo i secoli è il Vangelo apocrifo dello Pseudo-Matteo. Esso è un rifacimento del Protovangelo di Giacomo e del Vangelo dell’infanzia dello Pseudo-Tommaso con l’aggiunta di una serie di materiali di origine sconosciuta. Il nome che viene dato al testo deriva dal fatto che l’autore conferisce la paternità del proprio lavoro all’evangelista Matteo, facendo credere che lo scritto sia stato scoperto nel testo originale aramaico da Girolamo e da lui tradotto in latino dietro invito di Cromazio vescovo di Aquileia e di Eliodoro vescovo di Altino. Infatti l’apocrifo è preceduto da una falsa lettera dei due vescovi a Girolamo e dalla risposta di quest’ultimo[7]. Gli studiosi tramite le caratteristiche stilistiche e il linguaggio utilizzato hanno escluso con sufficiente sicurezza che la redazione del testo risalga a quella in cui visse Girolamo e collocano la sua stesura tra il VII[8] e il IX[9] secolo.
Tanto per l’antichità delle loro fonti quanto per il loro carattere ortodosso, ad oggi si crede che entrambi i testi abbiano ispirato gli autori delle decorazioni sull’arco trionfale della basilica.
Le decorazioni di Santa Maria Maggiore per la complessità di significati, ma anche per la ricchezza e l’articolazione degli scenari, elevano questo monumento iconografico ad una sorta di unicum. La sublime dignità e purezza di Maria e l’origine divina di Gesù Cristo non potevano essere meglio espresse nell’iconografia.
L'arco trionfale è suddiviso in quattro pannelli orizzontali composti da varie scene: l'Annunciazione, l'annuncio a Giuseppe, la presentazione al Tempio, il sogno di Giuseppe, l'adorazione dei Magi, l'incontro della Sacra Famiglia col governatore Afrodisio, la strage degli innocenti, i Magi al cospetto di Erode, la città di Betlemme e la città di Gerusalemme. Il punto più alto è sormontato dall’Etimasia, un trono affiancato da Pietro e Paolo.
In questa sede verrà analizzata la scena relativa all'incontro della Sacra Famiglia col governatore Afrodisio, collegata al racconto apocrifo del Vangelo dello Pseudo-Matteo.
Giunti in Egitto nella città di Sotinen, la Sacra Famiglia non conoscendo alcuno, entrò nel Capitolium locale. Subito caddero 365 idoli. Afrodisio, il governatore della città, condusse sul posto tutto l’esercito, e piuttosto che punire gli autori della distruzione, si accostò alla Madonna e adorò il Bambino Gesù riconoscendone la divinità:
«22.2 Pieni di gioia e di allegria arrivarono nella regione di Ermopoli. Entrarono in una città dell’Egitto chiamata Sotinen e, poiché non avevano conoscenti che li ospitassero, entrarono in un tempio chiamato “Il Campidoglio d’Egitto”. In questo tempio c’erano trecentosessantacinque idoli, ai quali ogni giorno si rendeva onore in un culto sacrilego. 23. Quando santa Maria entrò con il bambino nel tempio tutti gli idoli caddero a terra e rimasero a faccia in giù completamento distrutti e spezzati. Così dimostrarono che non erano nulla. Allora si compì ciò che aveva annunciato il profeta Isaia: “Ecco, il Signore verrà su una nube leggera, entrerà in Egitto e al suo cospetto saranno scosse tutte le opere manufatte degli Egizi”. 24. Quando la notizia giunse ad Afrodisio, il governatore di quella città, egli andò al tempio con tutto il suo esercito. I sacerdoti, vedendolo avanzare verso il tempio con tutto il suo esercito, pensarono che avrebbero assistito alla rivincita inflitta contro i colpevoli della caduta degli dei. Egli però, dopo essere entrato nel tempio e aver visto tutti i gli idoli sparsi a faccia in giù, si avvicinò a Maria e adorò il bambino che aveva in braccio. Dopo averlo adorato, si rivolse all’esercito e ai suoi amici dicendo loro: - Se egli non fosse il Dio dei nostri dei, essi non sarebbero caduti a faccia in giù davanti a lui né sarebbero prostrati alla sua presenza. Pertanto con il loro silenzio lo riconoscono come il Signore. Così se noi non ci comportiamo con più senno dei nostri dei, potremmo incorrere pericolosamente nell’indignazione (di questo bambino) e morire. Così accadde al Faraone, re degli Egizi, il quale non avendo prestato attenzione a quei segni così prodigiosi, venne sommerso nel mare con tutto il suo esercito. Allora tutto il popolo di quella città credette nel Signore Dio per mezzo di Gesù Cristo.»[10]
Nel mosaico Afrodisio è vestito di ampia clamide con tablion e diadema nei capelli, ed è seguito da un gruppo di dignitari. La figura accanto a lui, sulla destra, si distacca dalle altre ed ha il caratteristico aspetto del filosofo con capelli scomposti, barba lunga, tunica che lascia interamente scoperta una spalla e bastone nodoso nella mano destra. Il governatore si rivolge al Bambino vestito di tunica bianca clavata e con il capo circondato da un’aureola con croce. Gesù si trova al centro scortato da vari personaggi alle sue spalle: Giuseppe che si distingue per i capelli neri, la corta tunica clavata e la verga nella mano sinistra; Maria che indossa una dalmatica dorata, impreziosita da una trabea e da una collana di gemme ed ha i capelli raccolti in un’elaborata acconciatura completata da un diadema; e infine abbiamo una scorta di quattro angeli vestiti di tunica e pallio, contraddistinti da ali con contorni verdi e aureole azzurre.
L’incontro con il governatore Afrodisio stravolge la sequenza cronologica dei fatti perché vuole mettersi in relazione con il pannello decorativo che si trova esattamente nella parte opposta dell’arco e cioè l’Adorazione dei Magi, avendo questo episodio un significato analogo, ossia il riconoscimento della divinità di Cristo da parte dei popoli della Terra, rappresentati dai Sapienti provenienti, secondo la tradizione, da ogni parte del mondo[11]. Nella scena della fuga in Egitto, Afrodisio rappresenta un pagano convertito e contemporaneamente un governatore di una città dell’Egitto, ritenuto il luogo della più antica idolatria[12]. Nelle due scene abbiamo il riconoscimento del Cristo Bambino da parte dei gentili rappresentati dai Magi e da Afrodisio, ma anche dalla saggezza divina e umana. La prima rappresentata dalla misteriosa figura femminile presente nell’adorazione dei Magi, che in molti hanno identificato con la Chiesa che ha in sé la Sapienza del λόγος divino sceso sulla Terra[13]; e l’altra dalla figura del filosofo che assiste all’incontro tra il Bambino e Afrodisio[14].
Come analizzato, l’incontro della Sacra Famiglia col governatore Afrodisio è una scena che racchiude in sé un ricco significato, e l’unica tradizione scritta che conserva questo episodio si ritrova nel Vangelo apocrifo dello Pseudo-Matteo, testo che le caratteristiche stilistiche e le prime citazioni contribuiscono a datare filologicamente tra il VII e il IX secolo.
Questa datazione stona totalmente con la realizzazione dei mosaici dell’arco trionfale in Santa Maria Maggiore. Infatti è cosa certa che l’edificazione della basilica, insieme all’esecuzione dei mosaici, siano stati voluti e realizzati sotto il pontificato di Papa Sisto III proprio all’indomani del Concilio di Efeso del 431 che proclamò Maria Madre di Dio.
Non è plausibile che gli artisti dei mosaici siano di origine orientale e che abbiano importato tradizioni estranee all’ambiente romano. La frontalità, il rigido schematismo e l’utilizzo di poche tessere con pochi tocchi di colore per produrre un effetto complessivo di grande suggestione impressionistica, sono tipici dell’arte mosaicale del V secolo a Roma. Lo stesso si può dire per colui che ha finanziato e commissionato l’intera opera cioè Papa Sisto III di accertata origine romana[15]. Il vestiario di tutti i personaggi ritratti sui mosaici è inoltre tipico della moda romana del V secolo, lo stesso abito sontuoso della Vergine trae spunto dal caratteristico abbigliamento della donna di rango nobile raffigurata frequentemente nei medaglioni di vetro dorato o sui sarcofagi del V secolo[16].
Avendo dimostrato che i mosaici rispecchiano lo stile e la moda della tradizione romana del V secolo, è possibile ipotizzare l’esistenza di racconti apocrifi scritti o orali sull’infanzia di Gesù, oggi perduti ed utilizzati tra il VII e il IX secolo per la redazione del Vangelo apocrifo dello Pseudo-Matteo insieme al Protovangelo di Giacomo ed al Vangelo dell’infanzia dello Pseudo-Tommaso[17]. Non è da escludere che l’autore del testo apocrifo in questione possa aver utilizzato testi o tradizioni che provengano dall’Egitto[18], dato che i capitoli che riguardano il soggiorno della Sacra Famiglia in Egitto sono raccontati solamente da questo testo e non derivano né dal Protovangelo di Giacomo né dal Vangelo dell’Infanzia dello Pseudo-Tommaso.
Inoltre nel V secolo sono innegabili gli stretti rapporti tra le comunità cristiane di Roma e Alessandria d’Egitto[19]. È proprio l’Egitto ad aver dato i natali a molti padri della Chiesa che hanno accresciuto teologicamente e culturalmente il mondo cristiano sia d’Oriente che d’Occidente, configurandosi come un grande cuore pulsante per il cristianesimo delle origini, almeno fino alla conquista araba del 641. Ancora oggi la storia del soggiorno della Sacra Famiglia in Egitto è molto viva e sentita tra i cristiani di origine copta e non mancano veri e propri itinerari per i pellegrini e studi al riguardo[20].
L’incontro della Sacra Famiglia col governatore Afrodisio e la sua raffigurazione è reputata come unicum nell’arte paleocristiana del V secolo. Infatti essa è presente solamente a Santa Maria Maggiore e non viene ripetuta in altri luoghi. Come è possibile notare dalla lettura del testo del Vangelo apocrifo dello Pseudo-Matteo, la scena in realtà non rispetta affatto la vicenda narratavi. Le varianti introdotte come l’incontro con la Sacra Famiglia davanti alla città e non all’interno del tempio, l’assenza degli idoli e il Bambino in piedi scortato e non in braccio alla Vergine, trasformano l’episodio in una scena di Adventus[21] ricollegandosi così all’ingresso cerimoniale di un imperatore romano in una città, evento che portava grande ricchezza.
Gli autori del mosaico non posseggono il Vangelo apocrifo dello Pseudo-Matteo perché è successivo, ma conoscono sicuramente l’episodio dell’incontro della Sacra Famiglia col governatore Afrodisio. Ciò non significa necessariamente che gli artisti abbiano avuto altri testi, ma certamente che la vicenda fosse diffusa, se non su base scrittoria, quanto meno oralmente, e raccontata popolarmente, trovando poi nelle immagini ulteriore conferma.
Bisogna infatti dire che i mosaici della basilica di Santa Maria Maggiore, sia quelli lungo la navata centrale che quelli presenti sull’arco trionfale, rappresentano il primo esempio cristiano, conservatosi quasi integralmente, di catechesi per immagini diretta al popolo il più delle volte analfabeta ed in grado di conoscere la storia di Gesù solo attraverso le rappresentazioni iconografiche.
È possibile riscontrare l’esistenza di racconti relativi all’infanzia di Cristo oggi perduti e confluiti nel testo apocrifo del Vangelo dello Pseudo-Matteo anche in altri manufatti collocabili tra il V e il VI secolo.
Dittico delle Cinque Parti nel Tesoro del Duomo di Milano – Milano.
La foto è stata scattata personalmente dall’autore dell’articolo
È ad esempio il caso della copertura dell’Evangeliario in avorio comunemente detto il “Dittico dalle Cinque Parti”, oggi nel Tesoro del Duomo di Milano, datato alla metà del V secolo[22].
Il suo nome deriva dal fatto che tanto il dritto quanto il retro sono formati da cinque tavolette accostate l’una all’altra. Questo dittico, tra gli oggetti più preziosi del Tesoro del Duomo di Milano, si distingue per il suo intaglio, pregevole e raffinato. La composizione nel suo insieme è ben architettata e sapientemente distribuita nelle singole parti, nel rapporto fra i pieni ed i vuoti, tra le figure ed i fondi. Le scene ridotte all’essenziale, cioè ai soli protagonisti dell’azione, sono rese con singolare scioltezza narrativa e con particolare eleganza. È ipotizzabile che il dittico sia stato intagliato in una bottega artistica di eburarii attiva nel V secolo a Milano, i quali, in base all’ottima resa dei dettagli, dovevano essere particolarmente esperti nella tecnica dell’incastonatura di pietre preziose delle quali, si suppone, fosse decorato il dittico[23].
Al centro è presente la figura apocalittica dell’Agnus Deied intorno abbiamo otto riquadri raffiguranti scene del Nuovo Testamento, una nella parte superiore, un’altra nell’inferiore e le restanti sei disposte simmetricamente ai lati dell’Agnello.
La scene che ci interessa si trova sul primo riquadro di destra. In essa notiamo una figura femminile vestita di trabea, vicina ad un angelo indicante una stella, posta presso un edificio a forma di tempietto con una tenda avvolta ed annodata nel centro. Ad oggi si è concordi nel riconoscere la continuazione della scena dell’Annunciazione[24] come è narrata in un passo del Vangelo apocrifo dello Pseudo-Matteo, dove l’angelo afferma:
«9.1 L’indomani Maria era alla fonte a riempire l’anfora. Allora le apparve l’angelo del Signore che le disse: - Beata sei tu, Maria, perché hai preparato nel tuo ventre un’abitazione per il Signore. Una luce dal cielo verrà ad abitare dentro di te e per mezzo di te illuminerà il mondo intero.»[25]
Particolare della Cattedra di Massimiano con la scena relativa al
Sogno di Giuseppe ed il Viaggio verso Betlemme – Ravenna.
L’immagine è stata acquisita dal libro di G. Bovini, La cattedra
eburnea del vescovo Massimiano di Ravenna, Ravenna 1990, p.23
Un altro manufatto, che presenta una scena riscontrabile nel testo apocrifo del Vangelo dello Pseudo-Matteo, è la Cattedra di Massimiano a Ravenna, senza dubbio il più prezioso ed importante monumento d’intaglio in avorio del mondo antico pervenutoci fino ai giorni nostri[26]. La maggior parte degli studiosi ritiene che questa Cattedra sia appartenuta ad uno dei più eminenti vescovi di Ravenna, cioè Massimiano originario di Pola, che fu sul soglio vescovile dal 546 al 556[27].
Si tratta di un'opera complessa, composta in origine da 26 pannelli d'avorio (9 sono andati perduti) con scolpite scene del Vecchio e del Nuovo Testamento[28]. Per ragioni di carattere stilistico è evidente che i pannelli furono realizzati dalla mano di quattro artisti molto probabilmente orientali[29].
Per questo studio appare rilevante la tavoletta raffigurante il Sogno di Giuseppe ed il Viaggio verso Betlemme: nella parte superiore si nota un angelo intento a parlare con Giuseppe, il quale dorme disteso su di un materasso veduto di scorcio; Giuseppe è avvolto nel suo mantello che segna le curve corporee, ha una mano poggiata sulla sponda e l’altra ripiegata verso il volto; l’angelo lo ammonisce di non ripudiare la sposa, prossima a divenire madre, bensì di tenerla con sé. Nella zona inferiore è raffigurato il Viaggio verso Betlemme. Seduta sul magro asino, Maria ha il viso pensieroso e il braccio destro girato attorno al collo di Giuseppe il quale la segue a piedi col volto stanco e preoccupato. Le redini della cavalcatura sono tenute da un angelo.
Questo piccolo particolare segna una vera e propria novità rispetto alle precedenti rappresentazioni iconografiche. Solitamente l’asino è condotto da Giuseppe oppure da Giacomo autore del Protovangelo, invece in questo caso abbiamo la presenza di un angelo come raccontato dal Vangelo apocrifo dello Pseudo-Matteo:
«13.2 E, dicendo questo, l’angelo fece fermare l’asino, perché era arrivato il tempo del parto e poi fece scendere Maria. L’angelo fece entrare Maria in una grotta sotterranea completamente buia, dove non era mai entrata la luce, perché il chiarore del giorno non poteva raggiungerla.»[30]
Sia il Dittico dalle Cinque Parti che la Cattedra di Massimiano, per la loro datazione, ci portano ad escludere che i loro autori abbiano utilizzato i brani presenti nel Vangelo apocrifo dello Pseudo-Matteo, e ci inducono nuovamente a presumere che si siano ispirati a tradizioni orali o scritte, oggi perdute.
Da quanto detto appare chiaro come lo studio comparato dell’iconografia e della letteratura apocrifa, risulti necessario al fine di confermare il grande rilievo che tali scritti hanno esercitato nella cultura dei primi cristiani e l’influenza che essi hanno avuto sulla Chiesa nascente, arricchendo e completando i libri canonici.
L’analisi iconografica svolta sulle scene, oggetto del presente contributo, ha infatti permesso di ipotizzare la presenza di tradizioni o testi andati oggi perduti.
L’intero studio induce ad avanzare l’ipotesi dell’esistenza di racconti riferiti all’infanzia di Gesù diffusi già nel V secolo a Roma e nei maggiori centri italici, molto probabilmente di origine orientale e poi successivamente trasmessi in Occidente.
Queste tradizioni furono con ogni probabilità alla base della stesura, tra il VII e il IX secolo, del Vangelo apocrifo dello Pseudo-Matteo.
In ultima analisi, è possibile supporre che una schedatura ordinata delle rappresentazioni iconografiche relative all’infanzia di Gesù, nel mondo paleocristiano all’infuori del territorio italiano e in particolare in Oriente, potrebbe far luce in merito alle cronologie e alle aree in cui tali tradizioni nacquero e si diffusero.
Note al testo
[1] M. Simonetti - E. Prinzivalli, Storia della letteratura cristiana antica, Bologna 2010, p. 266.
[2] C. Cecchelli, I mosaici della Basilica di S. Maria Maggiore, Torino 1956, p. 217.
[3] A. Nestori - F. Bisconti, I mosaici paleocristiani di Santa Maria Maggiore negli acquarelli della Collezione Wilpert, Città del Vaticano 2000, pp. 14-18.
[4] Ivi, pp. 19-20.
[5] De Civitate Dei XVII, 16.2 (AA.VV., Agostino La Città di Dio, Roma 2000, p. 915)
[6] A. Puig I Tàrrech (a cura di), I Vangeli Apocrifi, I, Cinisello Balsamo 2010, p. 155.
[7] M. Erbetta (a cura di), Gli apocrifi del Nuovo Testamento, Torino 1981, pp. 44-45.
[8] A. Puig I Tàrrech (a cura di), I Vangeli Apocrifi, I cit., p. 202.
[9] M. Craveri (a cura di), I Vangeli Apocrifi, Torino 2014, p. 63.
[10] Vangelo dello Pseudo-Matteo XXII-XXIV (A. Puig I Tàrrech (a cura di), I Vangeli Apocrifi I cit., pp. 230-231).
[11] M. R. Menna, I Mosaici della Basilica di Santa Maria Maggiore, in L’orizzonte tardoantico e le nuove immagini, Milano 2006, pp. 306-346, in part p. 337.
[12] Ivi, p. 338.
[13] C. Cecchelli, I mosaici della Basilica di S. Maria Maggiore cit., p. 214.
[14] A. Nestori - F. Bisconti, I mosaici paleocristiani di Santa Maria Maggiore negli acquarelli della Collezione Wilpert cit., p. 19.
[15] J. N. D. Kelly, Gran Dizionario Illustrato dei Papi, Casale Monferrato 1989, p. 129.
[16] K. Schade, Frauen in der Spätantike - Status und Repräsentation. Eine Untersuchung zur römischen und frühbyzantinischen Bildniskunst, Mainz 2003, pp. 107-109.
[17] A. Puig I Tàrrech (a cura di), I Vangeli Apocrifi I cit., p. 201.
[18] Armand Puig I Tàrrech nel suo libro “I Vangeli Apocrifi” afferma che molto probabilmente l’autore del Vangelo apocrifo dello Pseudo-Matteo attinga a una serie di materiali di origine copta.
[19] Per un maggiore approfondimento si rimanda a M. Simonetti, Studi di cristologia postnicena, Roma 2006.
[20] Per quanto riguarda questo particolare argomento si rimanda a M. M. Iskander, Jesus Christ in Egypt. The Events, Traditions and Sites of Halts during the Journey of the Holy Family into Egypt, Cairo 1999.
[21] A. Nestori - F. Bisconti, I mosaici paleocristiani di Santa Maria Maggiore negli acquarelli della Collezione Wilpert cit., p. 19.
[22] G. Bovini, Il dittico Eburneo «Dalle cinque parti» del tesoro del Duomo di Milano, in Corsi di cultura sull’arte ravennate e bizantina, Ravenna 1969, pp. 65-70, in part. p. 65.
[23] Ivi, p. 70.
[24] P. Borella, Evangelistario eburneo del IV-V sec. nel tesoro del Duomo di Milano, in Arte Cristiana, Vol. 3, 1935, pp. 67-81.
[25] Vangelo dello Pseudo-Matteo IX, 1 (A. Puig I Tàrrech (a cura di), I Vangeli Apocrifi I cit., p. 217).
[26] G. Bovini, La cattedra eburnea del vescovo Massimiano di Ravenna, Ravenna 1990, p. 13.
[27] C. Cecchelli, La cattedra di Massimiano ed altri avori romano-orientali, Roma 1944, p. 65.
[28] G. Bovini, La cattedra eburnea del vescovo Massimiano di Ravenna cit., p. 14.
[29] S. Bettini, La scultura bizantina, Vol. I, Firenze 1944, pp. 56-64.
[30] Vangelo dello Pseudo-Matteo XIII, estratto 2 (A. Puig I Tàrrech (a cura di), I Vangeli Apocrifi I cit., p. 221).