Su Kiev e l’Ucraina: da lì venne l’evangelizzazione della Russia 1/ Kiev e l’inizio del cristianesimo in Russia nella Lettera apostolica Euntes in Mundum, di papa Giovanni Paolo II per il millennio del "Battesimo" della Rus' di Kiev 2/ Il monastero delle grotte (Kievo-Pečerskaja Lavra) di Kiev, dall’Enciclopedia Treccani 1933 3/ Kiev, cattedrale di Santa Sofia e laura di Kievo-Pechersk, dal sito del Patrimonio dell’Unesco
1/ Kiev e l’inizio del cristianesimo in Russia nella Lettera apostolica Euntes in Mundum, di papa Giovanni Paolo II per il millennio del "Battesimo" della Rus' di Kiev
Riprendiamo sul nostro sito alcuni brani dalla Lettera apostolica Euntes in Mundum, di papa Giovanni Paolo II per il millennio del "Battesimo" della Rus' di Kiev, pubblicata il 25/1/1988. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sezione Chiese ortodosse.
Il Centro culturale Gli scritti (14/2/2022)
Kiev, la cattedrale di Santa Sofia
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II 3. […]
La pienezza del tempo viene da Dio, ma la preparano gli uomini e viene per gli uomini e mediante gli uomini. Ciò vale per la «pienezza del tempo» nella generale economia della salvezza, che ha, pure essa, il suo condizionamento umano e la sua storia concreta. Ma ciò vale anche per il momento dell'approdo dei singoli popoli al porto della fede salvifica: per la loro «pienezza del tempo». Anche il millennio del Battesimo e della conversione della Rus' ha una sua storia. Il processo di cristianizzazione dei singoli popoli e nazioni è un fenomeno complesso e richiede molto tempo. Nel territorio della Rus' esso fu preparato dai tentativi compiuti nel secolo IX dalla Chiesa di Costantinopoli (Cfr. la lettera enciclica con cui il Patriarca Fozio, nell'867, annunzia che la gente chiamata «Rhos» aveva accolto un vescovo. Ep. I, 13: PG 102, 736-737; cfr. anche «Les regestes des actes du patriarcat de Costantinople I», II [Les regestes de 715 à 1043] a cura di V. Grumel, Paris 1936, n. 481, pp. 88-89).
Successivamente, nel corso del secolo X, la fede cristiana cominciò a penetrare nella regione grazie ai missionari, che venivano non solo da Bisanzio, ma anche dai territori dei vicini slavi occidentali - i quali celebravano la liturgia in lingua slava secondo il rito instaurato dai santi Cirillo e Metodio - e dalle terre dell'Occidente latino.
Come attesta l'antica Cronaca cosiddetta di Nestor («Povest' Vremennykh Let»), nel 944 esisteva a Kiev una chiesa cristiana, dedicata al profeta Elia («Povest' Vremennykh Let», ed D.C. Likhacev, Mosca-Leningrado 1950, pp. 235 ss).
In questo ambiente, già preparato, la principessa Olga si fece liberamente e pubblicamente battezzare verso il 955, rimanendo poi sempre fedele alle promesse battesimali. A lei, nel corso della visita a Costantinopoli del 957, il patriarca Poliecto avrebbe rivolto un saluto in qualche modo profetico: «Benedetta sei tu tra le donne russe, perché amasti la luce e cacciasti via le tenebre. Perciò ti benediranno i figli russi fino all'ultima generazione» (Cfr. Filaret Gumilevskyj, «Vite dei Santi», t. luglio, Pietroburgo 1900, p. 106 [in russo].
Olga, però, non ebbe la gioia di vedere cristiano il figlio Svjatoslav. La sua spirituale eredità fu raccolta dal nipote Vladimiro, il protagonista del Battesimo del 988, il quale accettò la fede cristiana e promosse la conversione, stabile e definitiva, del popolo della Rus'.
Vladimiro ed i nuovi convertiti sentirono la bellezza della liturgia e della vita religiosa della Chiesa di Costantinopoli (Si veda, a riguardo, il racconto della Povest' Vremennykh Letm sopra citata). Fu così che la nuova Chiesa della Rus' attinse da Costantinopoli l'intero patrimonio dell'Oriente cristiano e tutte le ricchezze ad esso proprie nel campo della teologia, della liturgia, della spiritualità, della vita ecclesiale, dell'arte.
Tuttavia, il carattere bizantino di questo retaggio fu sin dall'inizio trasferito in una nuova dimensione: la lingua e la cultura slave diventarono un nuovo contesto per ciò che finora trovava la propria espressione bizantina nella capitale dell'Impero d'Oriente ed anche in tutto il territorio che ad esso fu unito attraverso i secoli.
Agli slavi orientali la parola di Dio e la grazia ad essa unita giunsero così in una forma a loro più vicina dal punto di vista culturale e geografico. Quegli slavi, accogliendo la parola con tutta l'obbedienza della fede, desideravano al tempo stesso esprimerla nelle proprie forme di pensiero e con la propria lingua.
In questo modo si realizzò quella particolare «inculturazione slava» del Vangelo e del cristianesimo, che si ricollega alla grande opera dei santi Cirillo e Metodio, i quali, da Costantinopoli, portarono il cristianesimo, nella versione slava, nella Grande Moravia e, grazie ai loro discepoli, ai popoli della Penisola Balcanica.
Fu così che san Vladimiro e gli abitanti della Rus' di Kiev ricevettero il Battesimo da Costantinopoli, dal più grande centro dell'Oriente cristiano, e, grazie a questo, la giovane Chiesa fece il proprio ingresso nell'ambito del ricchissimo patrimonio bizantino, della sua eredità di fede, di vita ecclesiale, di cultura. Tale patrimonio divenne subito accessibile alle vaste moltitudini degli slavi orientali e poté essere assimilato più facilmente, poiché la sua trasmissione sin dall'inizio fu favorita dall'opera dei due santi fratelli di Tessalonica. La Scrittura e i libri liturgici vennero dai centri culturali religiosi degli slavi, che avevano accolto la lingua liturgica da essi introdotta.
Vladimiro, grazie alla sua saggezza e alla sua intuizione, mosso dalla sollecitudine per il bene della Chiesa e del popolo, accettò nella liturgia, in luogo del greco, la lingua paleoslava, «facendone uno strumento efficace per avvicinare le verità divine a quanti parlavano in tale lingua». («Slavorum Apostoli», 12). Come ho scritto nella Epistola Enciclica «Slavorum Apostoli», (cfr. «Slavorum Apostoli», 11-13), i santi Cirillo e Metodio, anche se consapevoli della superiorità culturale e teologica della eredità greco-bizantina che portavano con sè, ebbero tuttavia il coraggio, per il bene dei popoli slavi, di servirsi di un'altra lingua ed anche di un'altra cultura per l'annuncio della fede.
In tal modo la lingua paleoslava costituì nel Battesimo della Rus' un importante strumento, anzitutto per la evangelizzazione e, in seguito, per l'originale sviluppo del futuro patrimonio culturale di quei popoli, sviluppo divenuto in molti settori una ricchezza della vita e della cultura dell'intero genere umano.
Bisogna, infatti, sottolineare con tutta fermezza, per fedeltà alla verità storica, che secondo la concezione dei due santi fratelli di Tessalonica, con la lingua slava si introdusse nella Rus' lo stile della Chiesa bizantina, che a quel tempo era ancora in piena comunione con Roma. E questa tradizione in seguito è stata sviluppata in modo originale e forse irripetibile, in base alla cultura indigena ed anche grazie ai contatti con i vicini popoli di Occidente.
4. La pienezza del tempo per il Battesimo del popolo della Rus' venne, dunque, alla fine del primo millennio, quando la Chiesa era indivisa. Dobbiamo ringraziare insieme il Signore per questo fatto, che rappresenta oggi un auspicio ed una speranza. Dio ha voluto che la madre Chiesa, visibilmente unita, accogliesse nel suo grembo, già ricco di Nazioni e di popoli, ed in un momento di espansione missionaria sia in Occidente sia in Oriente, questa sua nuova figlia, nata sulle rive del Dniepr. C'era la Chiesa di Oriente e c'era la Chiesa d'Occidente, ognuna sviluppatasi secondo proprie tradizioni teologiche, disciplinari liturgiche, con differenze anche notevoli, ma esisteva la piena comunione tra l'Oriente e l'Occidente, tra Roma e Costantinopoli, con relazioni reciproche.
Ed è stata la Chiesa indivisa di Oriente e di Occidente che ha ricevuto ed ha aiutato la Chiesa di Kiev. Già la principessa Olga aveva chiesto all'imperatore Ottone I, ed ottenuto nel 961, un Vescovo «qui ostenderet eis viam veritatis», il monaco Adalberto di Treviri, il quale si recò effettivamente a Kiev, dove tuttavia il permanente paganesimo gli impedì di svolgere la sua missione. (La notizia è data da alcune fonti tedesche: così «Lamperti Monachi Hersfeldensis opera», ed. O. Holter-Egger, 1894, p. 38).
Il principe Vladimiro avvertì che c'era questa unità della Chiesa e dell'Europa, perciò intrattenne rapporti non solo con Costantinopoli, ma anche con l'Occidente e con Roma, il cui Vescovo era riconosciuto come colui che presiedeva la comunione di tutta la Chiesa. Secondo la «Cronaca di Nikon», vi sarebbero state legazioni tra Vladimiro ed i Papi del tempo: Giovanni XV (che gli avrebbe mandato in dono, proprio l'anno del Battesimo del 988, alcune reliquie di san Clemente papa, con chiaro riferimento alla missione dei santi Cirillo e Metodio, i quali da Cherson avevano portato a Roma quelle reliquie) e Silvestro II. (cfr. la «Nikonoskaja Letopis» ad 6494, in «Polnoe sobranie russkich letopisej», IX, Sti Petersburg 1862, p. 57).
Bruno di Querfurt, dallo stesso Silvestro II mandato a predicare col titolo di «archiepiscopus gentium», verso il 1007 visitò Vladimiro, chiamato «rex Russorum» (cfr. Petri Damiani «Vita beati Romualdi», c. XXVII: PL 144, 978 [edizione critica di G. Tabacco], in «Fonti per la storia d'Italia», 94, Roma, 1957, p. 58).
Più tardi, anche il Papa san Gregorio VII diede il titolo regale ai principi di Kiev nella sua lettera del 17 aprile 1075, indirizzata a «Demetrio (Isjaslaw) regi Ruscorum et reginae uxori eius», i quali avevano mandato il figlio, Jaropolk, in pellegrinaggio ad «limina Apostolorum», ottenendo che il regno fosse posto sotto la protezione di san Pietro (cfr. Gregorii VII Registrum, II, 74, ed. E. Caspar, in «Epistulae selectae in usum scholarum ex Monumentis Germaniae Historicis» separatim editae, t. II, ristampa 1955, pp. 236-237).
Merita di essere sottolineato questo riconoscimento, da parte di un Pontefice romano, della sovranità acquistata dal principato di VIadimiro, il quale grazie al Battesimo del 988 aveva consolidato anche politicamente il suo Stato, favorendone lo sviluppo e facilitando l'integrazione dei popoli abitanti entro i suoi confini di quel tempo e quelli successivi. Questo gesto profetico di entrare nella Chiesa e di introdurre il proprio principato nell'orbita delle Nazioni cristiane, gli portò il lodevole titolo di santo e di Padre delle Nazioni, che da quel principato trassero la loro origine.
Così Kiev, col Battesimo, divenne crocevia privilegiato di culture diverse, terreno di penetrazione religiosa anche dell'Occidente, come attesta il culto di alcuni santi venerati nella Chiesa latina, e, col decorrere del tempo, un importante centro di vita ecclesiale e di irradiazione missionaria con un vastissimo campo di influenza: verso Occidente fino ai monti Carpazi, dalle sponde meridionali del Dniepr sino a Novgorod e dalle rive settentrionali del Volga - come già detto - fino alle sponde dell'Oceano Pacifico ed oltre. In breve, attraverso il nuovo centro di vita ecclesiale, quale divenne Kiev dal momento in cui ricevette il Battesimo, il Vangelo e la grazia della fede raggiunsero quelle popolazioni e quelle terre che oggi sono legate al Patriarcato di Mosca, per quanto riguarda la Chiesa ortodossa, ed alla Chiesa cattolica ucraina, la cui piena comunione con la sede di Roma fu rinnovata a Brest.
III FEDE E CULTURA
5. Il Battesimo della Rus' di Kiev segna, dunque, l'inizio di un lungo processo storico, in cui si sviluppa e si espande l'originale profilo bizantino-slavo del cristianesimo nella vita sia della Chiesa sia della società e delle Nazioni, che trovano in esso, lungo i secoli ed anche oggi, il fondamento della propria identità spirituale.
Nel corso successivo della storia, quando tempestose vicende colpirono ripetutamente e profondamente questa identità, proprio il Battesimo e la cultura cristiana - attinta dalla Chiesa universale e sviluppata in base alle innate ricchezze spirituali - divennero le forze che decisero della sua sopravvivenza.
[…]
6. L'utilizzazione della lingua slava come strumento di trasmissione del messaggio di Cristo e di reciproca comprensione ebbe influssi positivi sulla stessa sua diffusione e sviluppo.
Essa ne trasse la spinta per una trasformazione dall'interno e per un progressivo nobilitarsi, divenendo lingua letteraria, e perciò uno dei più importanti fattori capaci di decidere della cultura di una Nazione, della sua identità e della sua forza spirituale. Sul territorio della Rus' questo processo si è dimostrato quanto mai duraturo, ed ha portato frutti copiosissimi. Il cristianesimo in tal modo è venuto incontro alle aspirazioni degli uomini alla verità, al sapere e allo sviluppo autonomo sulla base dell'aspirazione evangelica e del dinamismo della rivelazione.
Grazie all'eredità cirillo-metodiana lì è avvenuto l'incontro dell'Oriente con l'Occidente, l'incontro dei valori ereditati con quelli nuovi. Gli elementi del retaggio cristiano sono penetrati nella vita e nella cultura di quelle Nazioni. Essi hanno offerto ispirazione alla creatività letteraria, filosofica, teologica ed artistica, dando luogo ad una forma del tutto originale della cultura europea, anzi della cultura semplicemente umana. […]
A questo comune patrimonio, a questo bene comune gli slavi orientali hanno portato durante i secoli il proprio contributo originale, specialmente riguardo alla vita spirituale e alla devozione loro proprie. A questo contributo la Chiesa di Roma riserva lo stesso rispetto ed amore che essa nutre per il ricco patrimonio di tutto l'Oriente cristiano. Gli slavi orientali hanno elaborato una storia, una spiritualità, tradizioni liturgiche ed usanze disciplinari loro proprie, in sintonia con la tradizione delle Chiese di Oriente, come pure alcune forme di riflessione teologica sulla verità rivelata che, mentre si diversificano da quelle in uso nell'Occidente, sono allo stesso tempo ad esse complementari.
7. […]
La spiritualità degli slavi orientali, che è una particolare testimonianza della fecondità dell'incontro dello spirito umano con i misteri cristiani, non cessa di esercitare un influsso salutare sulla coscienza della Chiesa intera. Degna di particolare menzione è la loro caratteristica devozione per la passione di Cristo, la sensibilità per il mistero della sofferenza collegata con l'efficacia redentrice della croce. Forse all'affermarsi di tale spiritualità non fu estraneo il ricordo della morte innocente di Boris e di Gleb, figli di Vladimiro, uccisi dal loro fratello Svjatopolk (cfr. «Acta Sanctorum», sept. 2, Venetis 1756, pp.633-644).
[…]
Dato a Roma, presso San Pietro, il 25 gennaio - nella festa della conversione di san Paolo - dell'anno 1988, decimo di Pontificato.
N.B. de Gli scritti
Sul terribile genocidio che la popolazione ucraina dovette sopportare a causa del comunismo russo, cfr. su questo stesso sito L’Holodomor. In Ucraina l’Unione Sovietica ordinò il genocidio: ecco le prove. Cinque milioni di persone morirono di fame per ordine di Stalin. La storica Applebaum rivela fonti inedite sulla strategia omicida, di Riccardo Michelucci.
2/ Il monastero delle grotte (Kievo-Pečerskaja Lavra) di Kiev, dall’Enciclopedia Treccani 1933
Riprendiamo sul nostro sito un passaggio dalla voce “Kiev” dell’Enciclopedia Treccani, a cura di Giorgio Pulle' - Miron Malkiel-Jirmounski - Ettore Lo Gatto - Giorgio Pulle' - Petr Aleksandrovic Ostrouchov - Giorgio Vernadskij - Enciclopedia Italiana (1933). Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sezione Chiese ortodosse.
Il Centro culturale Gli scritti (14/2/2022)
I corpi dei santi monaci venerati nelle
catacombe del monastero delle Grotte di Kiev
Il monastero delle grotte (Kievo-Pečerskaja Lavra). - È il più antico fra i monasteri ortodossi in Russia, situato al limite sud di Kiev, sull'alta riva destra del fiume Dnepr. Fu fondato nella metà del sec. XI dal monaco Antonio, venuto dal monte Athos, che dapprima visse con gli altri monaci nelle grotte (grotta in russo pečera) da loro scavate, e dalle quali per l'appunto il monastero trasse il suo nome.
Nel monastero venne introdotto lo statuto monastico di Stoudion, che servì di modello anche per gli altri monasteri russi. Nel periodo dello sviluppo del principato di Kiev il monastero, che possedeva considerevoli ricchezze territoriali, era celebre per la sua opera benefica per la cultura e l'istruzione (redazione degli annali).
Nel 1240 il monastero fu distrutto dai Tatari. Nel secolo XIV fu ricostruito e dalla fine del sec. XVI, dopo essere stato innalzato alla dignità di Lavra (monastero di prim'ordine) soggetto direttamente al patriarca di Costantinopoli, divenne il focolare della lotta per l'ortodossia, con le sue pubblicazioni di libri di culto e di polemica.
Dal 1686 la Lavra fu soggetta al patriarca di Mosca; e fu sempre dei più notevoli monasteri della Russia, che attirava, per la venerazione dei suoi santi, fino a 200.000 pellegrini all'anno. Dopo la rivoluzione del 1917 la Lavra è stata abolita dai comunisti.
3/ Kiev, cattedrale di Santa Sofia e laura di Kievo-Pechersk, dal sito del Patrimonio dell’Unesco
Riprendiamo sul nostro sito la voce “Kiev, cattedrale di Santa Sofia e laura di Kievo-Pechersk”, pubblicata il 17/12/2019 dal sito del Patrimonio dell’Unesco(https://patrimoniunesco.home.blog/2019/12/17/kiev-cattedrale-di-santa-sofia-e-laura-di-kievo-pechersk/). Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sezione Chiese ortodosse.
Il Centro culturale Gli scritti (14/2/2022)
Icona dei santi di Kiev
La cattedrale di Santa Sofia, con relativi edifici monastici, e la laura di Kievo-Pechersk d Kiev sono Patrimoni dell’Umanità UNESCO dal 1990. La cattedrale si caratterizza per l’originale struttura e per la ricchezza di mosaici e affreschi. La laura, fondata all’inizio dell’XI secolo ma interamente ricostruita nei Seicento, svolse un ruolo fondamentale come centro religioso e culturale. Il suo prestigio permise la diffusione del cristianesimo ortodosso in Ucraina.
Fra parchi e giardini, sulle rive del Dnepr, sorge Kiev, “la madre delle città russe”, la capitale dell’Ucraina che nel 1982 ha celebrato i 1500 anni di vita. Sotto Jaroslav il Saggio (1016-1054), figlio del grande principe Vladimiro il Santo, vennero costruiti secondo i dettami dello stile bizantino i primi monasteri e le prime chiese, che ben presto si trasformarono in luoghi di pellegrinaggio.
Jaroslav il Saggio iniziò la costruzione della cattedrale di Santa Sofia nel 1037, sostituendo quella allora esistente di Nostra Signora della Decima, la prima di Kiev, fatta edificata dalla duchessa Olga (952). Jaroslav, che alla sua morte venne sepolto nella cappella nord della cattedrale, volle così emulare l’imperatore Giustiniano che, 500 anni prima, aveva fatto erigere un tempio con lo stesso nome a Costantinopoli.
Subito la cattedrale svolse un ruolo preminente come chiesa metropolitana. Ubicata sul colle più alto della città, al crocevia delle quattro principali vie di ingresso a Kiev, Santa Sofia colpiva immediatamente i pellegrini per la sua grandiosità. A partire dal 1663 fu affiancata da varie dipendenze monastiche che, costruite per la maggior parte in legno, vennero distrutte da un incendio nel 1697 e riedificate in pietra due anni dopo.
La chiesa univa in sé tutte le caratteristiche delle antiche costruzioni nazionali e le arricchiva di grande valore artistico. Era il luogo dell’incoronazione dei principi ucraini e, all’inizio del XVIII sec., Pietro I il Grande vi festeggiò la vittoria sugli Svedesi. Nel 1707 al vasto edificio venne dato l’aspetto attuale e, nel corso del secolo, vennero costruiti il campanile, il Palazzo Metropolitano, un seminario, la porta ovest, la torre di ingresso sud e nuove dipendenze.
Dietro all’alto campanile a quattro piani, sovrastato da una cupola a bulbo dorata, risplendono le numerose cupole costruite in uno stile che ricorda il barocco.
L’interno, al contrario, si ispira alle antiche chiese russe e custodisce splendidi mosaici e affreschi. Santa Sofia fu concepita come una basilica a 5 navate, con una cupola centrale e 12 secondarie, simboli di Gesù Cristo e degli Apostoli. La disposizione delle 5 absidi a est e la doppia fila di loggiati che terminano in torri asimmetriche conferiscono al complesso un aspetto molto caratteristico.
L’interno è impreziosito da mosaici in stile bizantino, che coprono complessivamente 260 mq di superficie, e da numerosi affreschi, annoverati tra i migliori esempi dell’arte bizantina.
Il monastero delle Grotte di Kiev
Kievo-Pechersk (letteralmente “monastero delle grotte”) venne fondato all’epoca di Vladimiro il Santo (980-1015). Nel linguaggio della Chiesa ortodossa, laura è il termine che contraddistingue i quattro principali centri religiosi dell’antico stato russo: oltre a Kievo-Pechersk, il monastero della Trinità di San Sergio a Zagorsk, quello di Pocajevsk in Volinia e quello di Alexandr Nevskij a San Pietroburgo.
La fondazione del complesso di Kiev si deve a un gruppo di religiosi che, guidati dal monaco Teodosio di Pechersk, si stabilirono nelle grotte sulla riva del Dnepr. Con il passare del tempo il monastero giunse ad avere sotto la sua giurisdizione più di 200 villaggi e la sua importanza quale centro religioso e culturale varcò i confini dell’Ucraina.
Kievo-Pechersk venne devastato dai Mongoli (1240) e dai Tartari (1416 e 1482), ma nel Seicento venne ricostruito. Nel 1615 venne creata la stamperia (oggi Museo del Libro), importante centro di diffusione di libri storici e religiosi.
I monaci seppellivano i membri del proprio ordine nelle catacombe della parte inferiore del recinto dove, grazie alla natura calcarea della roccia, centinaia di corpi si sono conservati mummificati. Il fenomeno venne per secoli interpretato come un miracolo che richiamava migliaia di pellegrini.
Le grotte sono divise in due gruppi: le catacombe “vicine” (raggiungibili attraverso la chiesa di Ognissanti) e quelle “lontane” (accessibili dalla chiesa di Anna Zatchatievskaia).
Nel 1926, in seguito alla sovietizzazione del Paese, il monastero venne trasformato in museo. Durante il secondo conflitto mondiale, fra i moltissimi danni subiti dal complesso, si verificò la quasi completa distruzione della chiesa della Dormizione di Santa Maria (XI sec.).
Per accedere al complesso religioso, oggi profondamente restaurato, si possono percorrere due diversi passaggi situati al di sotto di altrettante chiese. La chiesa Portale o della Trinità, coronata da una cupola dorata, costituisce l’entrata principale. In essa è visibile la mano del grande architetto italiano Bartolomeo Rastrelli (padre, tra le altre cose, del Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo), che le impresse il sigillo dello stile barocco. La chiesa che sovrasta l’entrata sud risale al XVIII sec. e, benché sia costruita in forme semplici, è molto rappresentativa dell’arte ucraina.
L’attuale campanile del monastero, alto 96 metri, ha sostituito quello originale più antico: realizzato tra il 1731 e il 1745 presenta 4 livelli architettonici diversi, il primo in pietra con spigoli smussati, il secondo a 32 colonne, il terzo a 16 e l’ultimo a 24. Lo spazio tra le colonne crea un gioco di luci che conferisce eleganza a tutta la torre campanaria.