Il problema che avremo nei prossimi decenni potrebbe essere “come salvare il maschile” in quanto punto di tenuta per ogni esistenza umana. L’immaturità è non incontrare un agente fallico, un maschile che non sia da temere né da disprezzare (da Laura Pigozzi)
Riprendiamo sul nostro sito un brano da Laura Pigozzi, Adolescenza zero. Hikikomori, cutters, ADHD e la crescita negata, Nottetempo, 2019, pubblicato da Gabriele Vecchione sul suo profilo FB il 17/1/2022. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Educazione e famiglia.
Il Centro culturale Gli scritti (30/1/2022)
Il problema che avremo nei prossimi decenni potrebbe essere “come salvare il maschile” in quanto punto di tenuta per ogni esistenza umana. L’immaturità è non incontrare un agente fallico, un maschile che non sia da temere né da disprezzare.
È come se il pensiero contemporaneo sul maschile fosse privo di articolazioni e di idee, a differenza di quello che abbiamo imparato a tessere per il femminile.
Se non ci fosse più un posto simbolico per il maschile, sarebbe una tragedia per tutto l’assetto del mondo: possiamo permetterci di eliminare un sesso?
L’evaporazione del padre è riconosciuta come concausa dell’hikikomori: “Con la perdita della dignità del padre, si è persa la dignità la famiglia”, dice un giovane giapponese.
La civilizzazione post-epidica è quella che trasgredisce il tabù dell’incesto madre-figlio e che, in carenza di referenza paterna, si autoframmenta collassando nel brodo collettivo dell’immaturità.
In accordo con lo psicoanalista francese Moustapha Safouan, che scrive: “La mia tesi è che il complesso di Edipo costituisce in linea di massima la colonna vertebrale della funzione socializzante della famiglia”, possiamo dire che la civiltà post-edipica, privata dei tabù fondativi – per esempio quello “non scritto” per cui il figlio non dorme con la madre, ma è il padre che dorme con lei – non offre alcun sostegno alla famiglia come allenamento alla socialità dei figli.
Un figlio che dorme con la madre o che passa molto tempo tra le sue braccia, come accade anche nel reinfetamento dell’hikikomori, ha tutto quello che brama ma perde il necessario, cioè la mancanza su cui si fonda la possibilità stessa dell’esistenza. Ha l’oggetto in tasca, direbbe Lacan, un oggetto che, come per gli psicotici, diventa persecutorio. La mancanza, la distanza, la separazione ci difendono dalla psicosi.
L’infantilizzazione è a doppio binario: i genitori viziano i figli, si identificano in loro e in cambio chiedono di essere da loro viziati. Tra le modalità di relazione umana l’identificazione è quella più primitiva e mal si adatta alla relazione tra genitori e figli, che dovrebbe invece restare asimmetrica.