La questione culturale della pedofilia, il capitolo che nessuno vuole aprire e che è, invece, necessario aprire per un’adeguata educazione ad una sessualità matura nel futuro, di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Giovanni Amico. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sezione Educazione all’affettività.
Il Centro culturale Gli scritti (23/1/2022)
La questione della pedofilia viene agitata sempre e solo contro la chiesa cattolica, quasi che solo taluni suoi membri l’abbiano praticata, mentre, come è evidente a qualsiasi analista serio della questione, non ci sono più casi nel clero di quanti ce ne siano fra atei, laici, miscredenti, ministri di altre confessioni cristiane non cattoliche, membri di altre religioni e via dicendo[1].
Ma ci sono altre due questioni nascoste, spesso sottaciute, che non emergono perché si guarda solo alla punta dell’iceberg, mentre esse sono lì, intoccate e, per certi aspetti, intoccabili. Mentre si affrontano giustamente i casi con opportuni e severi processi, è contemporaneamente necessario riflettere su tali due questioni per elaborare linee adeguate che permettano non solo la repressione di coloro che si sono macchiati di tali crimini, ma per elaborare anche una linea adeguata per un’educazione ad una sessualità matura nel futuro.
1/ La questione culturale
La prima questione è culturale e, anche se forse è la seconda che sarà enunciata a breve ad essere più importante, questa prima la condiziona in maniera chiara.
Dinanzi alla pedofilia, nessuno vuole mettere in questione il principio della assoluta libertà sessuale che, invece, deve essere problematizzato proprio perché esiste la pedofilia!
Il mondo dei bambini e degli adolescenti non deve essere erotizzato. Essi hanno diritto ad essere tenuti fuori dagli adulti, essi hanno diritto alla riservatezza, al pudore.
Tale evidenza è stata scardinata dalla “rivoluzione sessuale”, preparata con scritti antecedenti, ma esplosa nel ’68 [2].
Se si leggono gli scritti di Mario Mieli, uno dei leader del movimento omosessuale di quegli anni, appare evidente come egli, dalla rivoluzione sessuale che leggeva ogni divieto in campo sessuale come un’imposizione culturale borghese sulla libertà deduceva che la pedofilia era da affermare con decisione e da proclamare come buona – e non solo la difendeva, ma anche la praticava.
Se si guarda ad un libro simbolo, anche se solo per l’Italia di quegli anni, Porci con le ali[3], scritto da due intellettuali che, con tutta la loro generazione hanno gravi responsabilità in merito – ci si accorge come lì sia proposto come “ovvio”, come “non giudicabile” l’atto di un adulto che masturba un minorenne del suo stesso sesso (i due ragazzi, Rocco e Antonio protagonisti del libro hanno sedici anni).
Ma, ben al di à di tali casi presenti nella memoria di tutti, è l’insieme del mondo pedagogico e culturale di allora che convinse che fosse normale che un minorenne non solo potesse, ma anzi dovesse avere rapporti sessuali sia etero che omosessuali come bagaglio di esperienze necessarie per la sua maturità.
Più che i libri sono stati importanti i film e le canzoni, così come i comportamenti dei personaggi del jet set. Si pensi non solo alle versioni italiana dello stesso Porci con le ali di Pietrangeli, ma ancor più a Lolita (scritto da Nabokov nel 1955, poi trasformato più volte in film) o ancora ad alcuni personaggi interpretati da Ornella Muti e da altri attrici scelte proprio perché identificabili con ragazze di giovanissima età, si pensi al proliferare incontrastato della pornografia che ha lanciato il massaggio che qualsiasi rapporto sessuale è lecito, basta che lo si voglia.
Si pensi al ricchissimo filone di film cosiddetti pornosoft o addirittura di film travestiti da inchieste sul comportamento sessuale dei giovani, dove tardone fanno scoprire ad adolescenti i piaceri del sesso, o lo fanno maschi con autorità, ad esempio professori, verso studentesse adolescenti o lo fanno adulti con ragazzi in chiave omosessuale, il tutto presentato come la “dolce” scoperta del sesso.
Ma si pensi anche al mondo reale dove, grazie al movimento #metoo, sono emerse all’attenzione esperienze in realtà già a tutti note e cioè che nel mondo del cinema, della televisione, del teatro, della comunicazione, il sesso è merce di scambio e quasi qualsiasi giovane attrice o attore è stato invitato, ancora adolescente o nei primi anni della sua carriera, ad offrire il proprio copro per poter entrare nel mercato della cultura dell’immagine o, peggio ancora, ha dovuto subire violenze fisiche[4]. Ovviamente se in tali ambienti il fenomeni è esplosivo, in misura minore, lo si ritrova anche nelle carriere culturali, addirittura il quelle accademiche, dove l’essere disponibili è un’arma in più dinanzi a chi detiene il potere e lo utilizza anche in chiave erotica e non solo partitica.
Si pensi, in tempi più recenti all’idea portata avanti da diversi agenti culturali che un bambino possa essere accompagnato a cambiare sesso fin da piccolissimo, addirittura prima dei dieci anni, perché la sessualità deve essere vissuta in piena “libertà”, senza che sia riconosciuta la necessità di una pazienza e i tempi lunghi dell’educazione che, invece, attestano come, soprattutto nell’adolescenza, si vivano pulsioni che poi saranno rinnegate dallo sviluppo successivo.
Oggi, poi, devastante è il materiale social e i video girati nella realtà che vengono scambiati con numeri impressionanti che fanno ben comprendere di quale ampiezza continui ad essere il fenomeno in tutte le nazioni del mondo, come i dati dell'associazione Meter continuano ad indicare e che sono in crescita, anno dopo anno.
Non esiste a tutt’oggi, un confronto maturo con tale visione che è stata propagandata come la visione liberale, libera, creativa, “radicale” (alla maniera del partito che allora portava tale nome) e che è ciò che ha sostenuto e incoraggiato culturalmente la visione pedofiliaca - una delle poche intellettuali contemporanee che si discosta apertamente dalla sedicente “rivoluzione sessuale “ è la sessuologa Thérèse Hargot che denuncia i danni prodotti da quella “rivoluzione sessuale”[5].
Si noti bene, con ciò non si intende ovviamente dire che sia la cultura sessantottina, o Reich e Marcuse, ad essere direttamente responsabili della pedofilia moderna perché essa è antica quanto il mondo e perché, come si vedrà nel paragrafo successivo, essa ha origini in disturbi profondi della psiche. Ma piuttosto indicare come tale cultura abbia formato una visione distorta del fenomeno, quasi che la pedofilia sia una scelta della persona, in tal modo modificabile a piacere con la forza di volontà.
Certo, ha pesato anche nei modi di affrontare la questione, in tutti gli ambienti religiosi o laici in cui essa è stata perpetrata, l’idea che le questioni scandalose andassero trattate con assoluta riservatezza, atteggiamento che era tipico di quei decenni, ma la visione culturale del tempo che riduceva ogni atteggiamento sessuale alla semplice libertà della persona accrebbe la convinzione che la presa di coscienza delle persone potessero portarle a trasformarsi facilmente e liberamente e nuovi ambienti avrebbero favorito la trasformazione delle persone.
2/ La questione psicotica
Dietro tale copertura culturale, dietro tale apprezzamento della libertà sessuale da inculcare sempre e comunque, a partire dalla primissima infanzia con l’invito agli adulti a farsi “educatori” della libertà sessuale, con approcci a bambini ed adolescenti, perché essi potessero essere “aiutati” nel loro percorso di liberazione, è stata celata l’altra grande questione, che è invece di tipo psicologico[6].
Per promuovere, senza esclusione di colpi, la libertà sessuale tout court è stato tenuto sotto silenzio che la pedofilia è un disturbo psicotico. La pedofilia non nasce in adulti dotati di grande libertà culturale e di ampiezze di visione liberiste, desiderosi di rompere i tabù sessuali della società, ma si radica in personalità che hanno subito danni a motivo di sofferenze inflittegli in età precoci.
Il termine psicosi indica proprio un disturbo di personalità radicato e non facilmente eliminabile, che è evidente già solo dalla serialità della persona pedofilia che compie gli stessi atti con un numero molto ampio di minorenni in sequenza, senza mai maturare alcun vero amore.
È ciò che in analisi viene chiamata “compulsività”, cioè incapacità di controllarsi, ripetendo lo stesso gesto in maniera seriale.
La pedofilia, pur essendo ancora chiaramente descritta nei manuali psicologici degli anni sessanta come piscosi grave e guaribile solo tramite trattamenti profondi della psiche, è stata spesso, invece, trattata come un disturbo semplicemente morale, quasi che la persona, dopo un opportuno tempo di meditazione e di ripensamento, fosse in grado di venirne fuori.
Si noti che questo non scusa responsabili di chiese o di partito o di società sportive o ministri di altre religioni o intellettuali di sinistra o di destra, ma certo aiuta a comprendere come negli anni sessanta, a torto, in ambienti trasversali e di diversissimo orientamento, si riteneva che la pedofilia, una volta scoperta, potesse essere superata se la persona si fosse vergognata, avesse fatto mea culpa, quasi che fosse possibile trasformare tale tendenza psicotica in maniera molto semplice.
La pedofilia era trattata allora quasi come una questione morale: il pedofilo era una persona che provava dei desideri immorali e bastava che se ne accorgesse, se credente si confessasse, se non credente ammettesse la propria colpa e la propria disponibilità a cambiare, e la questione sarebbe stata risolta.
Solo questo atteggiamento che interpretava il fenomeno come morale e non come psicotico spiega fino in fondo – oltre ovviamente alle colpe delle diverse autorità istituzionali addette al controllo[7] -, perché in diocesi, istituzioni educative laiche, nel mondo della carta stampata o della TV, nel mondo dello sport o dell’arbitraggio, si sia attuato talvolta il procedimento gravemente dello spostamento e non quello corretto dell’espulsione (o prima ancora dell’invio in comunità terapeutiche che, a quel tempo, esistevano solo in misura molto ridotta).
Ovviamente tale modo di affrontare i diversi casi come casi “morali” era sostenuto indirettamente della visione culturale che vedeva nella piena espressione di una presunta libertà sessuale un dogma indiscutibile, proponendo l’idea che tanto più una persona fosse disposta a provare qualsisia tipo di esperienza sessuale, tanto più dovesse essere considerato matura e capace di scelte successive sempre più libere.
Affrontare oggi apertamente le due questioni sopra elencate e denunciare con forza che la via della maturazione non è quella dell’assoluta libertà sessuale a qualunque costo, soprattutto nell’età della formazione che deve invece essere protetta da intrusione di adulti, e che la pedofilia è una psicosi grave che deve essere affrontata con terapie profonde tanto ha minato la personalità del soggetto (e, al contempo, riconoscere che essa non può essere l’unica piscosi nel comportamento sessuale dell’adulto, ma anzi che la sessualità può essere malata anche al di fuori della pedofilia) è decisivo.
La Chiesa deve compiere con assoluta urgenza e forza tale percorso di autocritica e di revisione, ma lo stesso debbono fare le altre confessioni cristiane, le altre religioni, il mondo laico, le culture di orientamento liberale e radical-liberista, poiché ognuno ha una responsabilità non solo diretta, ma ancor più culturale, su ciò che è avvenuto nel passato e continuerà ad averla se non costruirà un’adeguata interpretazione del fenomeno perché persone ed istituzioni possano affrontarlo.
La questione morale non è così eliminata[8], perché una persona che commette atti pedofili ha perlomeno la libertà di riconoscere che tali atti sono male e sentirsi obbligato in coscienza a rivolgersi ad una adeguata terapia. Una persona che commette atti pedofiliaci resta moralmente responsabile, ma la sua libertà morale deve portarla – e portare chi presiede l’organizzazione di cui quella persona fa parte, sia essa una diocesi, una scuola laica, un gruppo culturale, artistico, sportivo o di comunicazione – a rivolgersi ad una terapia adeguata, nel frattempo sospendendo qualsiasi attività che possa generare pericolo a minorenni.
Note al testo
[1] Cfr. su questo La pedofilia e gli abusi sessuali che toccano trasversalmente tutte le religioni e tutti gli agnosticismi e ateismi. 4 testimonianze e Le percentuali delle tipologie dei pedofili fornite da Telefono azzurro. Breve nota di Giovanni Amico.
[2] Cfr. su questo Il ’68 ha barattato la giustizia dei lavoratori e la dignità del lavoro con il “fai da te” sessuale, l’unico “diritto” rimasto a rappresentare oggi la bandiera del progresso, di Giovanni Amico.
[3] Marco Lombardo Radice - Lidia Ravera, Porci con le ali. Diario sessuo-politico di due adolescenti, 1ª ed., Roma, Savelli, settembre 1976.
[4] Cfr. su questo Contro la violenza sulle donne: il marcio purtroppo anche nel mondo del cinema e del teatro, della cultura e dell’informazione e la vergogna del silenzio sulla pornografia, di Andrea Lonardo.
[5] Cfr., ad esempio Oggi la pornografia costruisce l’immaginario della sessualità a partire dai 9 anni di età. Video di un dibattito con Thérèse Hargot, Grégory Dorcel, HPG, Jean Paul Brighelli, Julia Palombe e «La rivoluzione sessuale non ci ha liberati, la chiesa sì. parola di femminista». Un’intervista a Thérèse Hargot di Antonio Sanfrancesco. Dal punto di vista psicoanalitico, decisivi per una comprensione di cosa sia la maturità sessuale sono gli apporti di Franco Fornari e Leonardo Ancona sui quali cfr. Dal fallico al genitale, in prospettiva freudiana (da Franco Fornari, Genitalità e cultura) e Dal fallico al genitale, in prospettiva freudiana (da Leonardo Ancona, La psicoanalisi).
[6] Cfr. su questo Che cos’è la pedofilia?, di Giovanni Amico.
[7] Sulla questione della giustamente invocata “tolleranza zero”, cfr. Pedofilia: implicazioni e presupposti della “tolleranza zero”. Un tornante non solo legislativo, ma ancor più e prima un segnale di capovolgimento di impostazioni psicologiche ormai superate, di Giovanni Amico.
[8] Anzi qui si ripropone, a ragione, il concetto di intrinsece malum che era stato, a torto, estromesso da taluni teologi. Cfr. su questo L’ex -pontefice propone, da teologo, alcune considerazioni sull’intrinsece malum, sulla visione della sessualità caratteristica degli ultimi decenni e sul legame fra fede e celibato, di Giovanni Amico.