Il Covid sta mostrando come la parrocchia sia una delle poche strutture a continuare a funzionare e a restare in vita, sostenendo le famiglie nelle case. Breve nota di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sezione Teologia pastorale.
Il Centro culturale Gli scritti (23/1/2022)
Il vangelo di Luca donato alle messe domenicali in occasione
della Domenica della Parola, insieme alle indicazioni
sul Vangelo domenica per domenica,
nella parrocchia di San Tommaso Moro in Roma
In tempi di Covid sono cessati i pranzi e le cene che caratterizzano la vita degli uomini, ad eccezione di uno, la mensa eucaristica.
Se molti pastoralisti – quando non sono parroci – continuano a ripetere che le parrocchie sono l’istituzione ecclesiale maggiormente in crisi, è vero esattamente il contrario.
Nel crollo di qualsivoglia istituzione – si pensi al dramma che sta vivendo la scuola con una perdita di attenzione degli studenti che difficilmente sarà recuperata negli anni della loro formazione ulteriore, ma anche alla fatica delle istituzioni sportive, alla stasi del turismo e alle difficoltà dell’industria culturale in genere – la parrocchia è là, forte proprio del suo stare là.
Certo tanti hanno timore ad uscire di casa e le attività rivolte ai più giovani sono state ulteriormente rallentate, ma la parrocchia sta là proprio nella sua capacità di sostenere la formazione di base, di donare ogni domenica il pane della Parola, e quindi della sapienza, e quello dell’eucarestia, e quindi della presenza viva del Signore per la vita laicale.
Dove le messe sono curate, lì le parrocchie non hanno smesso di fiorire.
La parrocchia sta lì nel sostenere le famiglie nell’educazione dei figli, tramite la catechesi, oggi quasi ovunque spostata alla domenica dopo la messa, con sapienza, a causa della pandemia, in maniera da incontrarsi al mattino e non nel freddo del pomeriggio, per poter sfruttare gli spazi all’aperto.
Questo dovrebbe segnalare una teologia pastorale accorta e attenta ai segni dei tempi e non tesa a ripetere ciò che già riteneva di aver capito prima della pandemia: no, la pandemia sta fornendo segni differenti che debbono essere ascoltati. Se prima a qualcuno poteva sembrare che la parrocchia fosse la reatà più in crisi, oggi ci accorgiamo che, nell’emergenza, è l’unica cosa che funziona e resiste, mentre tante altre ipotesi sono tramontate e vengono lasciate derelitte.
La parrocchia è là, mentre tante altre strutture ecclesiastiche sono incerte e indebolite dalla mancanza di libertà di azione dovuta alle diverse restrizioni anti-pandemiche.
La parrocchia sta là, lì si “cena” insieme nell’eucarestia, lì ci si nutre, lì si ascolta la Parola, lì si celebra e ci si incontra, lì vengono accolti coloro che si avvicinano al Signore
La parrocchia regge in un mondo che crolla e nessuno se ne accorge.
La parrocchia funziona in situazioni di emergenza! E forse l’emergenza non è l’eccezione, ma la regola.