1/ Le violenze di Capodanno a Milano uguali a quelle di Colonia. Nella città tedesca nel 2016 furono aggredite 662 donne in piazza Duomo: da allora leggi più dure, nuove tattiche di polizia e programmi di integrazione, di Elena Tebano 2/ Violenze a capodanno a Milano: "In piazza Duomo è stato Taharrush Jama’i". L’antropologa Maryan Ismail: ragazze isolate e accerchiate da tre gruppi stretti, tecnica esplosa nel 2011 in Egitto e appresa sul web, di Marianna Vazzana 3/ Violenze di Capodanno a Milano, il diario della notte di terrore: «In 50 ci hanno accerchiate strappandoci anche i vestiti», di Cesare Giuzzi e Giuseppe Guastella

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 24 /01 /2022 - 00:01 am | Permalink | Homepage
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1/ Le violenze di Capodanno a Milano uguali a quelle di Colonia. Così ora la Germania previene gli abusi. Nella città tedesca nel 2016 furono aggredite 662 donne in piazza Duomo: da allora leggi più dure, nuove tattiche di polizia e programmi di integrazione, di Elena Tebano

Riprendiamo da Il Corriere della Sera un articolo di Elena Tebano pubblicato il 14/1/2022. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Le nuove schiavitù e La crisi dell’Islam odierno.

Il Centro culturale Gli scritti (23/1/2022)

(Epa)

Le aggressioni di Capodanno a Milano sembrano il calco di quelle avvenute sei anni prima 800 chilometri più a nord, in un’altra piazza Duomo: a Colonia. Solo le dimensioni non sono paragonabili: nella città tedesca, la notte tra il 2015 e il 2016, furono colpite 662 donne. Molestate, palpeggiate e derubate da gruppi di aggressori per lo più magrebini, che le avevano prese di mira «protetti» da una folla di circa mille giovani uomini di origine nordafricana e mediorientale, radunati a bere e festeggiare nella piazza che divide il Duomo dalla principale stazione della città. 

Le molestie di massa aprirono un dibattito di mesi sulle politiche di asilo (l’allora cancelliera Angela Merkel aveva aperto le porte a un milione di siriani in fuga dalla guerra) e sull’integrazione dei migranti musulmani, oltre ad assicurare un aumento di consensi senza precedenti al partito xenofobo di estrema destra AfD. Hanno portato anche a importanti cambiamenti nelle politiche di sicurezza e integrazione della Germania.

Primo fra tutti quello che riguarda i crimini sessuali. Fino al 2016 le molestie sessuali non erano un reato penale nel diritto tedesco. E lo stupro era perseguibile solo se la vittima dimostrava di essersi difesa fisicamente. Le proposte di modifica del codice erano sempre finite nel nulla. Anche per questo le indagini sui fatti di Colonia hanno avuto conseguenze giudiziarie ridicole: dei 290 indagati per le aggressioni solo 36 sono stati condannati per furto e due per violenze sessuali. Nel novembre 2016 il Parlamento ha finalmente cambiato la legge: ora le molestie sono un reato punibile con il carcere fino a due anni se commesse da singoli e fino a 5 anni se perpetuate da più persone; il codice prevede che tutti i presenti in un gruppo siano perseguibili per le molestie compiute da ogni individuo che ne fa parte e un’aggressione sessuale è stupro anche se la vittima non si difende attivamente.

Le inchieste di polizia su Colonia hanno prodotto anche una revisione della strategia delle forze dell’ordine per gli eventi di massa. «Da allora si fanno molti più controlli preventivi, già sui treni regionali in arrivo nelle grandi città. E si evitano gli assembramenti e gli ingorghi di persone per impedire che si formino folle incontrollate» dice Michael Kiefer, professore dell’Università di Osnabrück che studia l’immigrazione e le politiche sociali. Per il Capodanno 2017 solo a Colonia c’erano 2.100 agenti.

«Il cambiamento più importante però riguarda le politiche nei confronti del gruppo sociale a cui apparteneva la maggioranza degli aggressori di Colonia. Si trattava per lo più di giovani magrebini in condizioni di abbrutimento: persone che non avevano mai lavorato, senza fissa dimora, che vivevano di espedienti e microcriminalità e si spostavano da una città all’altra dell’Europa. Si è intervenuti su questi gruppi sociali con politiche di integrazione, formazione e avviamento al lavoro per inserirle in una vita “borghese” regolare. Ha funzionato: negli anni passati ci sono stati solo episodi sporadici in cui erano coinvolti richiedenti asilo» spiega Kiefer.

«Nell’ultimo periodo però si è registrato anche qui nella Renania Settentrionale-Vestfalia un aumento delle violenze del fine settimana nelle città, con risse e accoltellamenti. È una conseguenza della pandemia di Covid: l’espressione della frustrazione accumulata da giovani sbandati, non solo di origine straniera, che hanno visto ridotte le loro occasioni di aggregazione. In questo senso non mi stupisce che alcuni degli aggressori di Milano siano venuti da Torino o da “fuori”: cercavano un diversivo».

© Corriere della Sera Riproduzione riservata

2/ Violenze a capodanno a Milano: "In piazza Duomo è stato Taharrush Jama’i". L’antropologa Maryan Ismail: ragazze isolate e accerchiate da tre gruppi stretti, tecnica esplosa nel 2011 in Egitto e appresa sul web, di Marianna Vazzana

Riprendiamo da Il Giorno un articolo Marianna Vazzana pubblicato il 14/1/2022. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Le nuove schiavitù e La crisi dell’Islam odierno.

Il Centro culturale Gli scritti (23/1/2022)

Milano Taharrush Jama’i in arabo significa assalti e aggressioni sessuali. Una pratica odiosa messa in atto da uomini in branco che violentano donne in strada. Che sia proprio questo, il fenomeno avvenuto in piazza Duomo a Milano la notte di Capodanno lo spiega Maryan Ismail, originaria della Somalia, in Italia da oltre 40 anni (di cui 30 a Milano), docente di Antropologia dell’immigrazione in vari istituti e presidente della neonata associazione Unione islamica italiana. 

Ha analizzato i fatti in un lungo post su Facebook che in due giorni è stato condiviso quasi 1.500 volte.

L’antropologa Maryan Ismail

Perché pensa che si tratti proprio di Taharrush Jama’i, quel che è accaduto a Milano?
"Perché la strategia messa in atto è proprio quella. Le vittime, come in altri casi precedenti, sono state isolate e assalite con azioni precise. Gli aggressori formano tre cerchi stretti: il primo è quello che violenta fisicamente la ragazza, il secondo cerchio filma, fotografa e guarda lo spettacolo, mentre il terzo distrae la folla. Uno o due maschi del primo cerchio si fingono ‘protettori e salvatori’ e rassicurano la vittima convincendola che sono lì per aiutarla. Nel video con le ragazze tedesche si notano due giovani che sembra vogliano spingerle fuori dalle transenne, ma in realtà partecipano alla violenza. La tecnica di protezione ha lo scopo di disorientare la ragazza e di spezzarne la resistenza perché così non sa più di chi fidarsi. Patisce quindi anche un ulteriore e drammatico supplizio di tipo psicologico. La vittima viene palpeggiata, svestita, percossa, morsa, subisce penetrazioni digitali o di corpi estranei e, se c’è abbastanza tempo, violenza sessuale vera e propria".

I presunti aggressori di Milano come avrebbero appreso questa pratica? 
"Indubbiamente dal web. Non è un caso che i video a riguardo circolino sui social di lingua araba. I presunti aggressori indagati sono giovani e giovanissimi stranieri o italiani con genitori di origine nordafricana. Qualora fossero responsabili, non dovranno avere attenuanti culturali, ma essere giudicati per violenza sessuale di gruppo". 

Nel mondo arabo da quanto tempo si è affacciata questa pratica?
"Da moltissimi anni, anche se il fenomeno è esploso in Egitto nel 2011 durante la caduta di Mubarak ed è stato ben documentato dalla giornalista della Cbs Lara Logan, vittima di un assalto in piazza Tahrir. Le donne hanno iniziato a rispondere, a non accettare in maniera passiva le violenze. Si è anche appurato che velo e abito tradizionale non tutelano, e neppure la religione di appartenenza: le donne vengono colpite in quanto tali (anche bambine e anziane, si va dai 7 ai 70 anni). Alla base c’è la volontà di dominio. Ciascuna di noi avrebbe potuto finire in quella trappola: poteva esserci mia figlia o le sue amiche, potevo esserci io. In Egitto, in Marocco, in Pakistan, in Indonesia e non solo sono state promulgate leggi specifiche contro questo fenomeno, che poi abbiamo visto accadere a Colonia (a gennaio del 2016, ndr) e ora pure nella nostra Milano. Bisogna intervenire al più presto". 

Come? 
"Dobbiamo unirci, tutte noi persone perbene: italiani e stranieri, di qualunque religione e idea politica, mettendo da parte le ideologie. Bisogna promuovere un urgente e serio programma d’intervento nelle periferie, nelle scuole, nelle parrocchie, nei centri di aggregazione e non solo. I ragazzi devono capire che le donne non sono oggetti, ma sono le loro sorelle, le loro madri, fidanzate e mogli. Sono l’altra parte di sé. E si integri anche la legge del Codice rosso a tutela delle vittime".

© Il Giorno Riproduzione riservata

3/ Violenze di Capodanno a Milano, il diario della notte di terrore: «In 50 ci hanno accerchiate strappandoci anche i vestiti», di Cesare Giuzzi e Giuseppe Guastella

Riprendiamo da Il Corriere della Sera un articolo di Cesare Giuzzi e Giuseppe Guastella pubblicato il 13/1/2022. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Le nuove schiavitù e La crisi dell’Islam odierno.

Il Centro culturale Gli scritti (23/1/2022)

«Tutto intorno era uno schifo, c’erano molti ragazzi e chiunque passasse si prendeva la libertà di mettere le mani addosso». Piazza Duomo, la mezzanotte è passata da una manciata di minuti. Nella calca del Capodanno, tra il sagrato e l’ingresso della Galleria, ci sono gruppi di ragazzi che si muovono velocemente. Spingono. Si avvicinano alle ragazze che festeggiano il nuovo anno, le toccano, infilano le mani sotto ai vestiti. A una sfilano il cellulare da una tasca. Un «branco» di cui, secondo gli investigatori, facevano parte anche il «torinese» Abdallah Bouguedra, 21 anni, e il «milanese» Abdelrahman Ahmed Mahmoud Ibrahim, 18 anni, fermati per rapina, violenza sessuale e lesioni.

In piazza ci sono due amiche di 19 anni. Vengono «agganciate» da «quattro o cinque ragazzi» nordafricani arrivati da Torino. Tra loro, secondo le indagini, c’è Bouguedra: ha i capelli tinti di biondo e un giubbotto rosso. «Non se ne andavano, volevano con insistenza il nostro numero di cellulare». Alla fine una delle vittime, nel tentativo di allontanarli, «fornisce il proprio profilo Instagram». Ma il gruppo non si ferma. «Abbiamo chiesto di essere lasciate in pace». Le giovani vengono circondate e aggredite. «I ragazzi molesti continuavano a trattenerci per le spalle, come per accompagnarci contro il nostro volere».

Sono attimi di terrore: «Siamo state travolte da 40/50 ragazzi, dai 16 ai 25 anni, ci hanno toccate. Ci spingevano e ci passavano da un ragazzo all’altro». Un amico vede la scena e cerca di difenderle, nel tentativo si romperà il dito di una mano. Riesce a «strappare» solo una delle due ragazze. «Ho urlato cercando la mia amica, sono salita su un muretto per individuarla ma l’ho persa di vista — ricostruisce la vittima con i magistrati —. Nel mentre sono arrivate le forze dell’ordine con scudi e manganelli. La massa di aggressori si è dileguata».

L’amica però viene brutalmente aggredita, trascinata «sollevandola da terra». «Era lì che cercava di coprirsi con il giubbino, non aveva più indumenti addosso, rannicchiata per terra piena di lividi, i pantaloni abbassati alle caviglie, è stata soccorsa da un operatore delle forze dell’ordine che l’ha aiutata a rialzarsi. Poi da un’ambulanza». Alla clinica Mangiagalli le riscontreranno ecchimosi e lesioni che documentano la violenza subita. Grazie alle testimonianze delle amiche, ai filmati amatoriali e della Scientifica, gli investigatori della polizia identificheranno nel gruppo dei violentatori anche il «milanese» Ibrahim. Ha un giubbotto verde e la felpa con il cappuccio giallo.

Mezz’ora dopo lo stesso ragazzo ricompare nell’aggressione di quattro amiche arrivate in piazza dopo aver cenato in un ristorante del centro. La dinamica è identica. «Stavamo andando in Galleria dai nostri amici. È arrivato un ragazzo basso con un piumino verde. Ha preso di mira una nostra amica, lei ha cercato di allontanarlo». Anche in questo caso arrivano subito altri giovani: «Ho sentito una mano che mi toccava, mi sono girata sconvolta e gli ho urlato: “Che ca... fai?”. Lui però s’è messo a ridere insieme agli amici». Pochi secondi e la giovane «viene travolta da un’ondata di uomini che la palpeggiano violentemente, al punto da romperle i collant».

Un uomo la aiuta a rialzarsi, lei si accorge che le manca la borsetta. A quel punto arrivano due ragazzi con accento nordafricano: «Vado a trovarti la borsa». Uno torna a mani vuote prima di allontanarsi ancora: «Ho avuto l’impressione che lui fosse il capo del branco».

© Corriere della Sera Riproduzione riservata