1/ James Tissot, “La vita di Cristo” è una sorpresa continua. Trecentocinquanta. Tanti sono gli acquerelli che compongono La vita di Cristo disegnata da James Tissot. Un’opera d’arte unica, una conversione dello sguardo, di Francesco Baccanelli 2/ James Tissot, una grande Passione. Dalla pittura al cinema. L'artista francese influenzò i pionieri del cinema con i suoi Album sulla storia di Cristo, di Ariel Schweitzer

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 10 /01 /2022 - 00:48 am | Permalink | Homepage
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

1/ James Tissot, “La vita di Cristo” è una sorpresa continua. Trecentocinquanta. Tanti sono gli acquerelli che compongono La vita di Cristo disegnata da James Tissot. Un’opera d’arte unica, una conversione dello sguardo, di Francesco Baccanelli

Riprendiamo da Il Sussidiario del 3/10/2015 un articolo di Francesco Baccanelli. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Arte e fede.

Il Centro culturale Gli scritti (9/1/2022)

Trecentocinquanta. Tanti sono gli acquerelli che compongono La vita di Cristo disegnata da James Tissot (Nantes 1836, Chenecey-Buillon 1902) tra il 1886 e il 1894 e conservata per intero al Brooklyn Museum di New York.

Si tratta di un’opera davvero singolare: stupisce per la mole, per l’originalità delle soluzioni iconografiche, per la potenza creativa, per l’alta qualità tecnica, per la varietà dei registri cromatici.

La sua storia ha inizio nel 1885, quando Tissot, in seguito a un’esperienza mistica vissuta all’interno della chiesa di Saint-Sulpice a Parigi, decide di cambiare radicalmente la propria arte. Si dimette dal ruolo di cantore della mondanità parigina e londinese, abbandona i soggetti salottieri che gli hanno regalato tanta fama e, suscitando grande stupore nei suoi contemporanei, sceglie di dedicarsi esclusivamente alla rappresentazione di temi sacri.

Come primo capitolo di questa nuova fase di carriera, il pittore francese pensa a una serie di disegni dedicati ai Vangeli. Ha chiaro fin da subito che la sua opera non sarà una semplice raccolta degli episodi più famosi, ma un vero e proprio “racconto per immagini” di tutta la vicenda umana di Gesù. I disegni inoltre dovranno riprodurre fedelmente la realtà storica del tempo: contesti, ambienti, tratti somatici, abiti…

Tissot decide di non lasciare nulla al caso. Studia a fondo le Sacre Scritture, chiede aiuto a teologi e storici, visita più volte la Terra Santa, si interessa a questioni di archeologia e di antropologia.

Nel 1894, dopo otto anni di lavoro, La vita di Cristo è finalmente conclusa. Il suo debutto espositivo, avvenuto nello stesso anno a Parigi, si rivela un successo, così come la pubblicazione del libro che la riproduce quasi per intero (La vie de Notre Seigneur Jésus-Christ, Tours, Alfred Mame et fils, 1897) e la mostra itinerante che la porta prima a Londra e poi negli Usa (New York, Boston, Philadelphia, Chicago). Nell’anno 1900, su consiglio del pittore statunitense John Singer Sargent, il Brooklyn Museum decide di acquistarla.

L’aspetto più interessante di questa serie di acquerelli risiede senza dubbio nella straordinaria freschezza iconografica. Al suo interno troviamo scene mai rappresentate prima di allora nella storia dell’arte, scene rappresentate in un modo totalmente nuovo, personaggi marginali studiati in maniera approfondita, edifici storici ricostruiti con scrupolosa attenzione.

La serie si apre con una raffigurazione di Gesù, adulto, nascosto dietro le grate di due piccole finestre; davanti a lui, tralci di vite (in questo contesto il rimando è soprattutto a Gv 15,1: «Io sono la vera vite») e girasoli (simbolo di devozione). Ispirata vagamente a un passo del Cantico dei Cantici (Ct, 2,9: «Eccolo, egli sta dietro il nostro muro; guarda dalla finestra, spia attraverso le inferriate»), l’immagine svela lo scopo dell’artista: liberare il mistero cristiano dall’emarginazione moderna e riportarlo al centro della vita umana.

Dopo questo momento introduttivo, comincia il vero e proprio racconto. Episodi famosi, episodi poco noti, episodi di raccordo. Tra i primi acquerelli, riconosciamo l’Annunciazione, la Visitazione, la Nascita di Gesù, la Presentazione al tempio, la Fuga in Egitto. Poi, come nei Vangeli, si salta a Gesù dodicenne, nel tempio, in mezzo ai dottori. Un solo (splendido) foglio per raccontare il periodo di lavoro nella bottega di Giuseppe, ed ecco che già si arriva alla vita pubblica. Compaiono gli apostoli, i miracoli, le parabole. Troviamo l’emorroissa che, a carponi, usa le sue poche forze per allungarsi a sfiorare il mantello di Gesù. Il giovane ricco che se ne torna a casa triste, con gli abiti sfarzosi che gli scaldano il corpo ma non il cuore. Gesù che sta insegnando il Padre Nostro, la preghiera che congiunge l’uomo con Dio (ai suoi piedi vediamo gli apostoli seduti per terra, sopra la sua testa un cielo bagnato di luce).

Quando poi si arriva alla passione, alla risurrezione, alle ultime vicende descritte dai Vangeli, il “racconto per immagini” di Tissot diventa ancora più profondo e intenso. Lo si nota benissimo nell’acquerello che raffigura La crocifissione vista dalla croce (il titolo originale è Ce que voyait Notre-Seigneur sur la croix), probabilmente il momento più alto, per potenza iconografica e qualità compositiva, dell’intera opera. Il pittore francese, che nei fogli precedenti ha già rappresentato il Golgota da più angolature, in questo assume il punto di vista di Gesù e prova a ricomporre l’immagine che si presentò ai suoi occhi durante l’agonia. Il risultato è di grande effetto: è praticamente impossibile passare al foglio successivo senza pensare, almeno per un istante, alla sofferenza vissuta sulla croce da Gesù, al suo trovarsi abbandonato dall’uomo, al suo abbandonarsi nelle mani di Dio.

A Tissot i temi cristiani offrono nuove possibilità di ricerca. La sua arte, prima consacrata esclusivamente alle divinità del lusso e del piacere, trova nel Vangelo una preziosa chiave di lettura della realtà. Attraverso La vita di Cristo riesce ad aprirsi alla dimensione dello spirito e a confrontarsi con le domande cruciali dell’esistenza. Vengono in mente le riflessioni di Arturo Martini sull’arte cristiana: «Per noi artisti Cristo rappresenta la figura più grande e più espressiva del nostro mondo. Il legame con l’infinito mancò alla religione pagana: per i Greci Giove o la più bella delle Veneri erano forze di natura idealizzate, forme per la gioia dei sensi. La visione totale dell’essere si stabilisce con l’Incarnazione».

© Il Sussidiario RIPRODUZIONE RISERVATA

2/ James Tissot, una grande Passione. Dalla pittura al cinema. L'artista francese influenzò i pionieri del cinema con i suoi Album sulla storia di Cristo, di Ariel Schweitzer

Riprendiamo da Il Manifesto del 3/4/2021 un articolo di Ariel Schweitzer, storico del cinema, critico e docente all’Università di Tel Aviv, redattore dei Cahiers du Cinéma, autore di numerose retrospettive dedicate a Bresson, Jean-Luc Godard, Jacques Rivette, Vittorio De Sica, Amos Gitai, David Perlov et Uri Zoha. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Arte e fede.

Il Centro culturale Gli scritti (9/1/2022)

Un acquarello di Tissot. Gesù servito dagli angeli

Che una sensibilità cinematografica abbia contrassegnato l’opera di James Tissot ancor prima della nascita della settima arte è uno degli aspetti messi in evidenza dalla mostra «James Tissot l’ambigu moderne» (James Tissot, l’ambiguità moderna) tenuta al Musée d’Orsay lo scorso anno. Ammiratore del «narrative painting» della tradizione inglese, Tissot si trasferisce a Londra nel 1871. Qui sviluppa una messa in scena pittorica i cui personaggi sono soggetti di un intrigo misterioso, una storia che lo spettatore è chiamato a indovinare e sviluppare. È il caso di una delle sue opere emblematiche Too Early (1873) in cui gli invitati a un ballo aristocratico sembrano imbarazzati per il fatto di essere arrivati «troppo presto».

Ma è soprattutto dopo la morte della sua compagna, la modella Kathleen Newton nel 1882 che queste risonanze diventano più evidenti. Adepto dello spiritismo, Tissot tenta durante una seduta guidata dal medium inglese William Eglinton di evocare lo spirito della Newton. In preda a una crisi esistenziale la sua ricerca assume un risvolto mistico e religioso quando gli si rivela la figura di Cristo nella chiesa di Saint Sulpice. Il risveglio della fede cattolica lo spinge a recarsi per tre volte in Terra Santa (1886, 1889, 1896), viaggi che ispirano la grande opera della fine della sua vita: 365 disegni e acquarelli consacrati alla Passione di Cristo, esposti prima al Salon di Parigi nel 1894, poi pubblicati in Francia nel 1896 in un album in due volumi e poco dopo in una edizione inglese.

La serie colpisce sia per la sua forza narrativa, il suo realismo inedito e la rappresentazione della Passione sia per una messa in scena quasi cinematografica che moltiplica i punti di vista in soggettiva di Cristo sulla croce. Ogni scena della Passione è scandita su più «piani» che, in successione creano una continuità narrativa tali da evocare il montaggio cinematografico e anche il fumetto contemporaneo.

Più cattolico che orientalista nel suo percorso, Tissot dipinge nel suo album paesaggi e costumi orientali che spesso contrastano con la rappresentazione piuttosto europeizzata della maggior parte dei suoi predecessori. Per accentuare il realismo delle scene il pittore si serve delle fotografie che mette in scena lui stesso nella sua casa parigina, dove modelle in costume d’epoca restituiscono di fronte all’apparecchio scene della Passione. Assai interessato all’invenzione del cinema Tissot organizza la divulgazione dei suoi acquarelli in spettacoli di lanterna magica, spesso nelle chiese di Parigi e altrove.

Autentico successo mondiale, l’album La vita di nostro signore Gesù Cristo influenzerà profondamente alcune delle prime rappresentazioni della Passione al cinema. Alice Guy si ispira all’album di Tissot per il suo La naissance, la vie et la mort du Christ (qualche fonte cita il film come un adattamento diretto dell’opera di Tissot). Realizzato nel 1906, questo film di 35 minuti, composto da 25 scene e girato con più di 300 comparse è considerato come una delle produzioni più ambiziose dell’epoca.

Messo in scena come dei tableaux vivants, quasi senza movimenti di camera, gli episodi sono girati soprattutto nello studio di rue des Alouettes a Parigi, con una scenografia di cartone realizzata con fondali dipinti. Quattro episodi sono stati girati in esterni, nella foresta di Fontainebleau, fatto inusuale all’epoca per un film di finzione, tra cui la bellissima scena del Golgota (anche la scena della Crocifissione è stata girata in studio).

Alice Guy è una innovatrice anche quando utilizza la sovraimpressione in scene a dimensione fantastica e mistica, in particolare l’Ascensione alla fine del film. Come mette in evidenza acutamente Valentine Robert nel suo articolo del catalogo della mostra, certe scene girate da Alice Guy, come quella della flagellazione, sono la ricostruzione quasi esatta degli acquarelli di Tissot in quanto ad arredi e ambientazione o posizione degli attori. Nella scena del miracolo della Veronica si nota un cambiamento di asse nella posizione del tableau-vivant quando la cinepresa isola la figura della Veronica in un piano ravvicinato, una rarità per l’epoca, una rottura rispetto ai film fatti fino a quel momento. Ci si può d’altra parte chiedere se questo piano non avrebbe portato certi commentatori ad affermare, a torto, che La naissance, la vie et la mort includa immagini in soggettiva del Cristo ispirati direttamente al percorso creativo di Tissot.

Osservando più da vicino è chiaro che il Cristo ha già lasciato la scena prima del cambiamento di asse e che il piano ravvicinato su Veronica e il suo velo non può in nessun caso rappresentare il suo punto di vista.
Per quanto sia innovatore e vicino all’universo di Tissot, La naissance, la vie et la mort du Christ resta un film piuttosto teatrale, segnato da un’estetica da studio e dalla drammaturgia tipica dei tableaux-vivants. In maniera ben più evidente lo stile Tissot – il suo realismo e la sua drammaturgia narrativa – si manifesta soprattutto in From the Manger to the Cross (Dalla mangiatoia alla croce) del canadese Sidney Olcott, girato nel 1912 e considerato uno dei primi lungometraggi della storia del cinema (70 minuti nella versione più conosciuta). Ispirato dal percorso del pittore francese Olcott decide di andare a girare in Palestina. Con la sua troupe Kalem, composta da attori, produttori e tecnici, intraprende il viaggio in nave da New York. Prima di arrivare in Palestina la troupe gira l’episodio della fuga in Egitto davanti alle piramidi e la Sfinge di Giza.

Arrivati a Gerusalemme, nel cuore della città vecchia impostano il set costruendo uno studio per gli interni su un terreno nei pressi del loro hotel. Scritto da Gene Gauntier, pioniera del cinema americano e moglie di Olcott, che interpreterà la vergine Maria, la sceneggiatura è direttamente ispirata all’album di Tissot di cui certi testi che accompagnano gli acquerelli sono stati utilizzati da Olcott come didascalie tra una scena e l’altra. Olcott rompe con la tradizione dei tableaux-vivants creando una vera continuità narrativa tra le diverse scene, raccontando la vita di Gesù dalla nascita alla morte con l’idea di girare ogni episodio nello stesso luogo dove si supponeva fosse realmente accaduto – l’Annunciazione a Nazareth, la nascita a Betlemme, l’incontro con i discepoli al lago di Tiberiade (dove è stata girata una scena impressionante di Gesù che cammina sulle acque in sovrimpressione).

Con l’attore inglese shakespeariano  Robert Henderson Bland che interpreta Gesù, numerose comparse furono ingaggiate sul posto (tra questi beduini e palestinesi a interpretare i discepoli). Uscito nel 1913 il film fu un immenso successo mondiale, con successivi rifacimenti nel 1918, 1922 e 1938 che avrebbero poi ispirato tutti gli adattamenti successivi della Passione. Tra le altre quelle di Intolerance di Griffith (1916) con la testimonianza del suo assistente a proposito dell’influenza di Tissot sulla composizione di certe scene.

L’influenza di Tissot si fa sentire in altre produzioni dell’epoca di carattere biblico, anche fuori dalla Francia o negli Stati Uniti, come nella produzione italiana CHRISTUS di Giulio Antamoro del 1916. Le citazioni pittoriche (così come letterarie) in questi film favorirono un processo di legittimazione del cinema presso la classe borghese, fino a quel momento assai riluttante nei confronti di ciò che era ancora considerato un passatempo popolare e da baraccone.

I riferimenti all’arte di Tissot (e di Gustav Doré) finirono per accordare a questi film un certo prestigio e accrebbero il loro potenziale commerciale perché allargavano il ventaglio di pubblico.

Il lavoro di Tissot costituisce quindi esempio lampante di una circolazione di riferimenti tra diversi campi artistici a cavallo del diciannovesimo secolo.

Incrociando diversi fenomeni della modernità (spiritismo, fotografia, lanterna magica, cinema), Tissot li assimila nella sua pittura e influenza a sua volta parecchi pionieri del cinema nel loro tentativo di prolungare la rappresentazione della vita di Cristo con l’immagine in movimento. Pier Paolo Pasolini se ne ricorda quando gira Il Vangelo secondo Matteo (1964). Con il forte marchio dell’iconografica religiosa rinascimentale, non evoca precisamente l’influenza dell’album di Tissot. Ma come Sidney Olcott, desidera inizialmente girare la Passione in Palestina. Effettua nel 1963 un viaggio sul posto in compagnia del gesuita don Andrea Carraro, come testimonia il suo Appunti in Palestina per il Vangelo secondo Matteo (1965).

Si vede Pasolini percorrere il paese sulle tracce dei luoghi biblici e non nascondere la sorpresa scoprendo, ad esempio, che il Giordano è un fiumiciattolo ben lontano dall’immagine di un imponente corso d’acqua agitato come gli aveva fatto immaginare l’iconografia pittorica dedicata al soggetto. Eppure Pasolini vede in questo «ridimensionamento», nella modestia dei paesaggi, un elemento perfettamente coerente con la vita di Cristo, il suo sacrificio e la sua devozione spirituale. Il cineasta afferma anche che il paesaggio della regione è già troppo danneggiato dalla modernità e che in Israele non resta praticamente nulla della dimensione arcaica che aveva immaginato per il suo film. Ci si può interrogare su quest’ultima constatazione: certo, nel 1963, non è più lo scenario deserto e arido che avevano visitato qualche decennio prima Tissot e Olcott, ma Israele è ancora un giovane paese in via di sviluppo poco popolato (235.000 abitanti) e relativamente poco edificato.

Si ha l’impressione che Pasolini proietti sul paesaggio israeliano una riflessione che ha cominciato a sviluppare all’epoca in rapporto all’Italia (e all’Occidente) postindustriale, criticando la distruzione del paesaggio armonioso delle città antiche a causa della bruttezza urbanistica e dell’architettura moderna (una riflessione che è al centro del suo corto film saggio del 1973, La Forma della città). Quale sia la ragione (sembrerebbe che lo abbia deciso anche prima del viaggio in Palestina), Pasolini ha scelto di girare la sua Passione nel sud Italia, in particolare in Calabria e Puglia, il cui paesaggio considerava più biblico di quello di Terra Santa, probabilmente anche più propizio a una lettura contemporanea e «mistico-marxista» della vita di Cristo.

© Il Manifesto RIPRODUZIONE RISERVATA

Tissot, Quello che vedeva nostro Signore dalla croce