Natale di sangue, strage di cristiani nel Myanmar. I militari hanno massacrato e bruciato decine di civili nello Stato a maggioranza cristiana del Kayah: donne e bimbi tra i 38 morti. Spariti 2 di Save the Children, Rinviata la sentenza per Suu Kyi, di Stefano Vecchia
Riprendiamo da Avvenire del 27/12/2021 un articolo di Stefano Vecchia. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Nord-Sud del mondo.
Il Centro culturale Gli scritti (9/1/2022
Il capo della giunta militare golpista nel Myanmar,
il generale Min Aung Hlaing - Reuters
Le fonti della resistenza contro il regime militare in Myanmar hanno segnalato un nuovo massacro operato dai militari il 24 dicembre a Hpruso, nello Stato orientale di Kayah, dove autoveicoli di una colonna in transito su una strada di grande comunicazione sono stati attaccati e poi bruciati e i passeggeri trucidati. Sarebbero 38 i morti, tra cui un bambino e due operatori dell'organizzazione umanitari Save the Children che risultano dispersi. Un massacro portato a sangue freddo per le milizie locali Karenni ma che per le forze armate è dovuto al mancato stop dei veicoli a un posto di blocco. Nel Kayah quasi la metà della popolazione è cristiana, per lo più cattolici.
Il sottosegretario dell'Onu per gli Aiuti umanitari, Martin Griffith si è detto "inorridito" e ha condannato "questo incidente grave e tutti gli attacchi contro civili nel Paese, che sono proibiti in base al diritto umanitario internazionale". A conferma della brutalità della repressione militare, pochi giorni fa la Bbc aveva confermato quattro uccisioni di massa avvenute a luglio di civili per complessive 40 vittime seppelliti frettolosamente nella foresta nell'area di Sagaing, al centro di scontri tra militari e forze di difesa popolare.
Il convoglio assalito e dato alle fiamme
Forse suggerito dall'attenzione internazionale verso il regime, è arrivato un nuovo rinvio del tribunale militare chiamato a giudicare Aung San Suu Kyi per possesso illegale di ricetrasmittenti e di apparecchi per interferire nei segnali radio. La sentenza attesa per oggi e già rinviata dal 20 dicembre è stata spostata al 10 gennaio. La notizia è stata diffusa da fonti vicine alla donna che è diventata simbolo della lotta nonviolenta contro la dittatura e dal 2015, come Consigliere nazionale e ministro degli Esteri, ha di fatto indirizzato il Paese. Sono una decina i capi d'imputazione per la 76enne Premio Nobel per la Pace, di cui, due già arrivati a giudizio per complessivi quattro anni di carcere.
Dal colpo di stato del primo febbraio scorso anche lei come il presidente, e buona parte della classe politica e istituzionale, sono agli arresti e in decine di casi già rinviati a giudizio per "crimini" che per la maggior parte sono pretestuosi e mirano a costringere Aung San Suu Kyi e la sua Lega nazionale per la democrazia ad accettare il controllo dei militari sul Myanmar e il percorso verso nuove elezioni "democratiche" e una nuova leadership in sostituzione di quella uscita dal voto del novembre 2020 sconfessato dal regime.