È nel decidersi che la persona si fa persona, che l'individuo diventa soggetto, che il ragazzo, il giovane diventa adulto..., di Carlo Maria Martini
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Riprendiamo dal web una riflessione del cardinale Carlo Maria Martini tratta da Conoscersi, decidersi, giocarsi!, Ed. CVX. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.
Il Centro culturale Gli scritti (3/11/2010)
La conoscenza di sé non è sufficiente, anzi può diventare un ostacolo, un alibi, può assumere uno sviluppo per così dire canceroso. Essa ha senso se ci apre a decisioni significative per l'esistenza. È dunque nel decidersi che la persona si fa persona, che l'individuo diventa soggetto, che il ragazzo, il giovane diventa adulto.
Vogliamo allora indicare un sottotitolo per la nostra riflessione: Tipologie delle decisioni significative, patologie e rimedi per curarle.
Sono "significative" le decisioni che imprimono una certa direzione alla nostra vita, che ne costruiscono la figura giorno dopo giorno.
Un'icona biblica di decisione significativa
Ci è utile trovare un'icona biblica capace di farei cogliere meglio la pregnanza del sottotitolo. La Bibbia offre molti esempi di decisioni significative. Tra i tanti, ne scelgo uno che è tratto dal Libro degli Atti degli Apostoli, al cap. 21.
Paolo sta salendo a Gerusalemme, dopo essere salpato da Mileto. Terminata la navigazione approda a Tolemaide e vi si ferma un giorno: “Ripartiti, giungemmo a Cesarea; ed entrati nella casa dell'evangelista Filippo, che era uno dei Sette (diaconi), sostammo presso di lui.
Le sue quattro figlie nubili avevano il dono della profezia. Eravamo qui da alcuni giorni, quando giunse dalla Giudea un profeta di nome Agabo. Egli venne da noi e, presa la cintura di Paolo, si legò i piedi e le mani e disse: "Questo dice lo Spirito santo: l'uomo a cui appartiene questa cintura sarà legato così dai Giudei a Gerusalemme e verrà quindi consegnato nelle mani dei pagani". All'udire queste cose, noi e quelli del luogo pregammo Paolo di non andare più a Gerusalemme.
Ma Paolo rispose: "Perché fate così, continuando a piangere e a spezzarmi il cuore? io sono pronto non soltanto a essere legato, ma a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù". E poiché non si lasciava persuadere, smettemmo di insistere dicendo: "Sia fatta la volontà del Signore!"” (At 21,8-14).
È sul tavolo una decisione: andare o meno a Gerusalemme, e i motivi per non andare sono molti. C'è infatti una situazione di pericolo, che l'Apostolo conosce bene e che ha già messo a fuoco a Mileto, nel suo discorso agli anziani di Efeso: “Ho servito il Signore con tutta umiltà, tra le lacrime e le prove che mi hanno procurato le insidie dei Giudei” (At 20,9).
Paolo sa per certo che a Gerusalemme incontrerà insidie maggiori di quelle sperimentate, precedentemente, un po' ovunque. D'altra parte, la sua coscienza delle difficoltà e dei pericoli è espressa bene pure nella seconda Lettera ai Corinti: “Viaggi innumerevoli, pericoli di fiumi, pericoli di briganti, pericoli dai miei connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nella città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli da parte di falsi fratelli ...” (2 Cor 11,26).
Egli intuisce quanto potranno fargli i suoi connazionali e i falsi fratelli che saranno presenti, in gran numero, a Gerusalemme. Ancor prima di giungere a Cesarea, i discepoli di Tiro, mossi dallo Spirito, l'avevano caldamente esortato a desistere (cf At 21,4).
Paolo ci offre quindi uno splendido esempio di decisione significativa che emerge da un contesto difficile ed è addirittura contrastata da persone carismatiche (la profezia di Agabo, i discepoli di Tiro che, "mossi dallo Spirito", lo implorano di non partire); una decisione attraversata da diversi segnali, di tipo spirituale, che lo fanno entrare in un certo senso nella notte dello spirito.
Una decisione carica di conseguenze che segneranno tutta la sua vita, e che prende con piena coscienza, sentendosi probabilmente solo rispetto ai suoi collaboratori che non sono affatto d'accordo.
Nella nostra riflessione sul "conoscersi", richiamando le immagini bibliche del nostro cammino, avevamo citato la parola dell'apostolo Tommaso: “Andiamo anche noi a morire con lui” (Gv 11,16); dopo lo stupore per la decisione presa da Gesù, dopo aver considerato i rischi della sequela e aver lottato contro la fatica di assumerli, i Dodici decidono di andare dietro al Maestro.
Tutta la Bibbia è costellata di decisioni significative, anche vocazionali. Noi terremo presente in particolare l'icona di Paolo, ma nella vostra meditazione personale, potrete richiamarne alla mente molte altre.
R. Bultmann, che interpreta il vangelo di Giovanni con la categoria fondamentale della decisione esistenziale, scrive che non è il mondo a determinare l'appartenenza di un uomo al regno delle tenebre o a quello della luce; è la sua decisione. E aggiunge: “Il dualismo fatalistico della gnosi è diventato, in Giovanni, dualismo di decisione e la fede non è altro che la decisione per Dio contro il mondo”, resa possibile dal fatto che Dio incontra l'uomo rivelandosi in Gesù.
Una decisione donata da Dio: "non voi avete scelto me, ma io voi"; tuttavia, questa scelta che Dio ha fatto di me è resa operante nella decisione di fede del discepolo (cf R. Bultmann, Teologia del Nuovo Testamento, Queriniana, Brescia 1985, 407).
Chi lo desiderasse, potrebbe dunque contemplare il messaggio dell'evangelista Giovanni sotto la cifra della decisione esistenziale.
Sarebbe pure interessante che ciascuno di noi, riflettendo sulla propria esperienza, individuasse un'icona personale, un momento della vita in cui ha preso una decisione significativa in circostanze particolarmente difficili.
Io ricordo molto bene, per esempio, quando all'età di 18 anni ho fatto per la prima volta il Mese ignaziano di Esercizi spirituali. Arrivato alla meditazione che propone l'offerta di sé a Cristo re e Signore (cf Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali, n. 98), mi sentii confuso perché a ogni ragione in favore di quell'offerta di seguire Gesù nella via della povertà e dell'umiltà evangelica, si opponeva una ragione contraria e, più meditavo, più mi smarrivo.
A un tratto, ebbi improvvisamente l'intuizione che dovevo assolutamente decidermi, che non potevo salvarmi se non attraverso una decisione di cui coglievo le radici nell'amore del Signore per me e nella sua esigenza di totalità. Ne seguì una gran pace, anche se la decisione non era stata accompagnata dal conforto logico e razionale che avrei desiderato, anzi veniva controbilanciata da continue immaginazioni, fantasie e sofismi di ogni tipo.
Aiutati dunque dall'esempio di Paolo e di altri personaggi biblici, passiamo a considerare alcune tipologie della decisione per coglierne gli elementi comuni. Successivamente mi fermerò sulla patologia delle decisioni, cioè sulle difficoltà che si frappongono e sul modo di curarle.
Tipologia delle decisioni
Lasciando da parte il caso dell'opzione fondamentale - quella per la fede - che è indubbiamente il più importante, ma il più difficile da trattare sistematicamente, vorrei indicare quattro tipi di decisioni:
- abituali e moderatamente facili;
- abituali e che però richiedono un certo sforzo, uno slancio maggiore;
- decisioni che implicano un cambio di orizzonte;
- infine, quelle che ipotecano definitivamente il futuro.
Si tratta di tipologie puramente descrittive, utili a stimolare la vostra riflessione e quindi il dialogo.
1. Le decisioni abituali e moderatamente facili ritmano l'intera esistenza: andare a tavola quando è l'ora, pregare nei tempi stabiliti. Qui non viene messa in questione l'azione da compiere, perché è già parte di una precedente scelta.
2. Le decisioni abituali possono richiedere, per svariati motivi, uno sforzo maggiore. Per esempio, ci vuole un certo slancio nell'alzarsi al mattino quando si è molto stanchi; come pure nell'andare a scuola o al lavoro quando non se ne ha voglia o si è preoccupati per qualche grave problema.
Ed è proprio l'azione a essere chiamata in causa, in quanto ci si chiede: perché qui e adesso? perché non più tardi? Sono molte le decisioni di questo tipo nella vita: siamo stanchi e affaticati dal peso della giornata e ci troviamo di fronte a un'ennesima richiesta; dobbiamo rispondervi, ma perché non rimandare a un altro momento? non sarebbe meglio addirittura rifiutarsi inventando delle scuse? Per non rimandare o per non rifiutarci, abbiamo bisogno di compiere uno sforzo, di avere uno slancio maggiore.
3. Ci sono poi le decisioni che implicano un cambio di orizzonte, con conseguenze per il proprio futuro, almeno a breve o a medio termine: scegliere il servizio civile anziché quello militare; accettare, se si è preti, un ministero che il Vescovo propone ma senza richiederlo strettamente.
Si tratta di decisioni che esigono, oltre lo sforzo, una riflessione più attenta, in quanto non basta seguire l'abitudine. Un altro esempio: un giovane incontra un gruppo di coetanei che stanno sempre insieme, si divertono, vanno in discoteca; inizialmente sembra non gli chiedano nulla di male, e tuttavia capisce che, una volta entrato nel giro, non potrà uscirne e deve dunque decidere con un atto impegnativo, carico di conseguenze per la sua vita.
4. Le decisioni che ipotecano il futuro in maniera definitiva riguardano la scelta del matrimonio, della vita consacrata, della vita sacerdotale, di un tipo di servizio che, concretamente, porrà la persona in una situazione nuova coinvolgendola per tempi lunghi. Oppure, si tratta, al contrario, della decisione di divorziare, di rompere i legami con la vita di consacrazione.
Elementi comuni alle diverse tipologie
Volendo cercare gli elementi comuni ai quattro tipi di decisioni appena ricordati, ci accorgiamo che il primo elemento è costituito dal fatto che esse, comprese le più semplici, sono anzitutto atti di volontà.
Il secondo elemento è che questi atti di volontà sono radicati nell'emotività del soggetto; coinvolgeranno per uno o per cinque o per dieci, comunque la mozione dei sentimenti, degli affetti, è sempre presente.
Il terzo elemento comune è lo sforzo che gli atti di volontà comportano: da sforzo zero (quando vado a mangiare avendo fame) a sforzo enorme. Può costarmi moltissimo decidere di sottopormi a un intervento chirurgico su cui non concordano nemmeno gli specialisti.
Il quarto elemento è pure interessante: in questi atti conta prima la ragionevolezza della decisione e dopo la difficoltà. Un'azione è migliore, è preferibile, è da scegliere non perché più comoda e più facile (nemmeno perché è più ardua), bensì perché è più conforme alla ragione, alla fede, quindi è bella, utile, moralmente comandata.
La ragionevolezza, illuminata dalla fede, mi si presenta attraverso il magma incerto del piacere/dispiacere, dell'inclinazione/ripugnanza, dello sforzo/facilità, per indicarmi la direzione.
Il quinto elemento comune: a misura che si passa dal primo caso al secondo, dal secondo al terzo e dal terzo al quarto, occorre essere pronti a combattere e a lottare per la decisione ragionevole.
Patologie di una decisione ragionevole e illuminata
Quali sono le patologia di un decidersi autentico? Sono molte, in verità, ma per semplicità le riduco a quattro categorie che ritengo fondamentali.
1. L'opposizione altrui (pensiamo agli amici e ai collaboratori di san Paolo, che insistentemente gli chiedono di non andare a Gerusalemme). Tale opposizione può essere reale o temuta: che cosa diranno gli altri? Solitamente, il timore dei giudizi o di farsi dei nemici, di crearsi delle noie, è un grosso ostacolo alla decisione.
2. Un'altra patologia si riferisce ai danni che pavento per me, reali o immaginari: che cosa mi accadrà se scelgo un nuovo lavoro che mi viene offerto? e che cosa succederà se vi rinuncio?
3. Distinguo dalla precedente la patologia delle fantasie delle opposizioni e dei danni, che possono molto oscillare il campo decisionale muovendolo in una direzione o nell'altra. Proprio perché in ogni decisione è posta in gioco l'emotività, facilmente le fantasie si scatenano fino a confonderci; è quanto è accaduto a me, durante il Mese ignaziano di Esercizi spirituali, nel momento in cui dovevo decidermi per offrirmi di seguire Gesù in povertà e umiltà.
4. Una patologia più sottile e più insidiosa, è quella della paura di aver paura, cioè il timore di entrare in uno stato conflittuale. Questa patologia impedisce a molte persone di prendere decisioni significative perché, non volendo turbare alcuni equilibri raggiunti, preferiscono continuare nel loro trantran.
Conosco tanti giovani, e anche tanti adulti, che non giungono a decisioni mature per mancanza del coraggio di esaminarle, per paura delle insorgenze negative esterne o interne. E così, purtroppo, fanno delle scelte riguardanti la professione, la famiglia, la vita affettiva, sentimentale, senza avere la necessaria maturità.
La cura della patologia
Infine, esprimo alcuni rimedi utili a curare, a vincere gli ostacoli che si frappongono alla decisione.
1. È pedagogicamente fondamentale, per aiutare i ragazzi e i giovani, promuovere il coraggio e la prontezza nelle decisioni del secondo tipo, cioè in quelle abituali, ma che richiedono uno sforzo maggiore. In tal modo l'individuo matura una certa abitudine a guardare in faccia gli ostacoli frapposti dalla fantasia o dalla paura.
2. Per prendere decisioni del terzo e del quarto tipo, è necessario entrare nel mondo delle scelte divine mediante l'esercizio della "lectio divina". Perché la lectio divina mette a contatto con le grandi decisioni di Dio, le decisioni che il Signore fa compiere al suo popolo, la decisione di Gesù continuamente rinnovata nell'Eucaristia, e a poco a poco esse diventano il nostro mondo.
3. Ancora per le decisioni del terzo e del quarto tipo, bisogna imparare, con l'aiuto del direttore spirituale, a discernere le mozioni interiori: fantasie, paure, immaginazioni, inclinazioni, attrazioni. Imparare a discernerle in noi per potere, a nostra volta, essere di aiuto ad altri.
4. Le decisioni di secondo tipo sono sempre il nostro cavallo di battaglia e, per vincere gli ostacoli in proposito, è bene abituarsi a vivere la comunione dei santi. Esemplifico: sapere che la comunità mi aspetta per la celebrazione della Messa a una determinata ora, mi sollecita a superare la pigrizia e la fatica dell'alzata mattutina, la voglia di dormire un po' di più.
Il fatto di dover rispondere di me e di avere delle responsabilità verso gli altri, è molto stimolante. Non a caso la vita eremitica è estremamente difficile. La comunione dei santi, l'esempio di persone più brave, più fedeli, più generose di noi, la consapevolezza che altri attendono da noi determinati servizi, ci conforta, ci incoraggia, ci sostiene, magari anche ci premia o ci rimprovera; tutto questo meccanismo è ricco di profonda vitalità.
Allora le buone abitudini prese diventano importanti, perché esprimono il nostro modo di inserirci in una comunità.
5. Un altro rimedio, per curare le patologie è di resistere dove la confusione vorrebbe impadronirsi di noi. Torneremo su questo tipo di "cura", che è estremamente valido per evitare l'inautenticità di decisioni gravi. Resistere tenendo presente che, nel momento della confusione, non dobbiamo per alcun motivo mutare quanto abbiamo deciso nel momento della serenità.
6. Infine, occorre talora compiere qualche atto coraggioso a cui ci sentiamo spinti, per cui veniamo debitamente consigliati, ma per il quale proviamo ancora paura e disagio. È la cura del tuffo.
Non si tratta qui di confusione, bensì di indecisione: si sa che cosa si deve fare, però sembra esserci un motivo per aspettare. Allora, opportunamente consigliati, ci si butta, si salta. È un decidersi nel suo momento esistenziale e ha come conseguenza uno stato di grande pace.