Conoscere le Scritture è credere nella Trinità: «Non conosciamo Dio per altra via che quella delle Sacre Scritture. Noi dobbiamo quindi sapere tutto quanto le divine Scritture ci annunziano». Che differenza fra ciò che afferma il Contro Noèto e ciò che noi oggi intendiamo quando affermiamo che è decisivo leggere la Bibbia! Breve nota di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 26 /12 /2021 - 16:02 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Sacra Scrittura e Cattolicesimo.

Il Centro culturale Gli scritti (26/12/2021)

Per i padri della Chiesa conoscere le Scritture non voleva dire semplicemente saper padroneggiare la Bibbia, i suoi generi letterari e saperne interpretare e narrare la storia. Per i padri della Chiesa conoscere le Scritture significava credere nella Trinità, credere in Dio che è beato prima che esista il creato, credere alla sua libera creazione del mondo e al dono del Figlio che ci rivela il Padre e salva e a dono dello Spirito.

Così scrive il Contro Noèto, con parole meravigliose che non eliminano le moderne aggiunte al valore della conoscenza biblica, ma le forniscono l’orizzonte:

«Uno solo è Dio, fratelli, colui che noi non conosciamo per altra via che quella delle Sacre Scritture. Noi dobbiamo quindi sapere tutto quanto le divine Scritture ci annunziano e conoscere quanto esse ci insegnano. Dobbiamo credere al Padre, come lui vuole che gli crediamo, glorificare il Figlio come vuole che lo glorifichiamo, ricevere lo Spirito Santo come desidera che lo riceviamo. Procuriamo di arrivare a una comprensione delle realtà divine non secondo la nostra intelligenza e non certo facendo violenza ai doni di Dio, ma nella maniera in cui egli stesso volle rivelarsi nelle Sacre Scritture. Dio esisteva in sé perfettamente solo. Nulla c'era che fosse in qualche modo partecipe della sua eternità. Allora egli stabilì di creare il mondo. Come lo pensò, come lo volle e come lo descrisse con la sua parola, così anche lo creò. Il mondo cominciò ad esistere, perciò, come lo aveva desiderato. E quale lo aveva progettato, tale lo realizzò. Dunque Dio esisteva nella sua unicità e nulla c'era che fosse coeterno con lui. Niente esisteva se non Dio. Egli era solo, ma completo in tutto. In lui si trovava intelligenza, sapienza, potenza e consiglio. Tutto era in lui ed egli era il tutto. Quando volle, e nella misura in cui volle, egli, nel tempo da lui prefissato, ci rivelò il suo Verbo per mezzo del quale aveva creato tutte le cose. Poiché dunque Dio possedeva in sé la sua Parola, ed essa era inaccessibile per il mondo creato, egli la rese accessibile. Pronunziando una prima parola, e generando luce da luce, presentò alla stessa creazione come Signore il suo stesso Pensiero, e rese visibile colui che egli solo conosceva e vedeva in se stesso e che prima era assolutamente invisibile per il mondo creato. Lo rivelò perché il mondo lo vedesse e così potesse essere salvato. Questi è la Sapienza che venendo nel mondo si rivelò Figlio di Dio. Tutto fu creato per mezzo di lui, ma egli è l'unico che viene dal Padre. Questi poi diede una legge e dei profeti e li fece parlare nello Spirito Santo perché, ricevendo l'ispirazione della potenza del Padre, annunziassero il volere e il disegno del Padre. Così dunque fu rivelato il Verbo di Dio, come dice il beato Giovanni che sommariamente riprende le cose già dette dai profeti mostrando che questi è il Verbo, nel quale tutto fu creato. Dice Giovanni: "In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Tutto è stato fatto per mezzo di lui, senza di lui nulla è stato fatto" (Gv 1, 1. 3). Più avanti dice: Il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo ha conosciuto. Venne presso i suoi, ma i suoi non lo hanno accolto (cfr. Gv 1, 10-11)» (Dal trattato Contro Noèto di sant'Ippolito, sacerdote, cap. 9-12; PG 10, 815-819).