1/ Le vere relazioni nascono senza fantasmi materni, di Mariolina Ceriotti Migliarese 2/ Perché le donne sono critiche verso l'uomo, di Mariolina Ceriotti Migliarese
1/ Le vere relazioni nascono senza fantasmi materni, di Mariolina Ceriotti Migliarese
Riprendiamo da Avvenire del 28/11/2021 un articolo di Mariolina Ceriotti Migliarese. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Educare all’affettività.
Il Centro culturale Gli scritti (26/12/2021)
Per diventare pienamente se stesso il maschio adulto deve rinunciare alla madre, e non può portarla con sé se non come nostalgia. Non si tratta solo di rinunciare al rapporto infantile con la madre reale, dalla quale crescendo ogni figlio deve prendere le distanze, ma anche e soprattutto di rinunciare alla fantasia inconscia e onnipotente di un ricongiungimento con lei attraverso l'incontro con un'altra donna.
Il distacco dalla madre e la capacità adulta di "stare solo" rappresentano prerequisiti indispensabili all'incontro maturo del maschio con la donna: incontro con il femminile di una donna concreta, con le sue caratteristiche, i suoi limiti e i suoi progetti, così diversa dall'immagine onnipotente e idealizzata che il bambino costruisce della donna-madre.
La potenza dell'archetipo materno è qualcosa di strutturale, perché è legata alla dipendenza biologica e alla sproporzione delle risorse tra mamma e bambino. Questo comporta che, soprattutto per l'inconscio maschile, la madre rappresenta colei che accoglie tutti i bisogni e dà loro una risposta; la madre è colei che sa mettere il figlio prima di se stessa e dare con generosità senza pretendere in cambio.
Ma il rapporto con la madre ha un'altra caratteristica: come diceva lo psicoanalista Franco Fornari, il potere del bambino sulla madre si fonda sulla sua stessa incapacità: «Quanto più il bambino è inetto e bisognoso, tanto più è potente presso il cuore della madre... La potenza del bambino presso il cuore della madre si fonda pertanto sulla sua impotenza». Non solo dunque la relazione è fortemente asimmetrica, ma è fondata sul bisogno; non è una relazione di scambio, ma di appropriazione: qualcuno prende (il bambino) e qualcuno dà (la madre), e il prendere unilaterale del bambino è implicitamente legittimato dalla disponibilità a dare della madre.
Dal punto di vista dello sviluppo, questo configura una modalità affettiva che possiamo definire di tipo narcisistico: in questa modalità, la persona è concentrata solo su di sé, percepisce i suoi bisogni come diritti e mette al primo posto la loro soddisfazione. L'altro è, a tutti gli effetti, solo un oggetto che ha il compito di soddisfare il proprio desiderio, e il suo valore non è un "valore in sé", ma solo un "valore per me", che si esaurisce se e quando l'oggetto non è più in grado di dare la soddisfazione attesa.
In questa dimensione, anche il rapporto affettivo e sessuale si trasforma in un rapporto di fruizione, nel quale ci si sente in diritto di prendere dall'altro ciò che serve e finché serve, senza sentirsi tenuti a dare. In questo caso, anche se fanno l'amore, le persone si trovano sul piano di un'affettività pregenitale: un livello infantile dominato dall'appropriazione. Un livello nel quale il rapporto può essere piacevole, ma non riesce ad essere generativo e si esaurisce fino a consumarsi.
Perché il rapporto diventi generativo, l'uomo deve imparare a guardare alla donna in modo diverso, scoprendo in lei l'assoluta parità di valore e insieme la differenza che può arricchirlo: deve scoprire la dimensione genitale dello scambio, che richiede riconoscersi l'un l'altro come portatori di doni differenti e preziosi. Con questo sguardo nuovo, l'uomo potrà vedere nella donna che ama non il prolungamento di un fantasma materno, ma piuttosto la compagna che può accogliere il suo dono maschile e aprirsi, se lo vuole, anche alla possibilità di diventare madre.
2/ Perché le donne sono critiche verso l'uomo, di Mariolina Ceriotti Migliarese
Riprendiamo da Avvenire del 12/12/2021 un articolo di Mariolina Ceriotti Migliarese. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Educare all’affettività.
Il Centro culturale Gli scritti (26/12/2021)
Ma le donne amano gli uomini? Non: se ne occupano, li sopportano, li accudiscono, li curano. La domanda che mi pongo è proprio se li amano; la domanda è se noi donne li amiamo: se ne comprendiamo la specificità, il valore, la bellezza.
Se li apprezziamo davvero. Se sappiamo amarli malgrado la loro fragilità, che così spesso ci delude. Non è facile per un maschio accontentare una donna, perché in ciascuna di noi, segretamente, ci sono aspettative altissime, legate nell'inconscio all'ideale astratto del padre: generoso, coraggioso, forte, sicuro di sé, ma anche capace di cura e di tenerezza.
Un padre da ammirare, e che ci guarderà come figlie speciali. Un padre che in realtà nessuna di noi ha davvero avuto, semplicemente perché i padri umani sono solo dei papà "normali", con pregi e difetti. Ma nella sproporzione delle percezioni e dei desideri infantili ha preso forma in noi questa immagine ideale, e nell'incontrare il maschile, continuità con il maschile paterno, il desiderio inconscio si riattiva: l'uomo che amiamo e che ci ama sarà finalmente capace di saturare questo desiderio.
All'inizio di una relazione d'amore questo sembra avverarsi: lo sguardo innamorato di un uomo apre la donna alla sua femminilità, la aiuta a vedere e conoscere se stessa. Sentirsi amata, apprezzata, scelta, le permette di confermarsi nella sensazione di avere valore e le dà una sicurezza nuova.
L'uomo che sa guardarla così si fa spazio nel suo cuore. Ma subito al di là dell'innamoramento, la costruzione di un rapporto di coppia pretende una parità difficile: chiede di uscire dall'idealizzazione reciproca e di accettare l'altro nella sua realtà. Chiede perciò di accogliere anche le zone d'ombra e le fragilità, non come elementi di delusione, ma semplicemente come dati reali, con cui dobbiamo imparare serenamente a confrontarci.
Io credo che questo passaggio sia particolarmente difficile soprattutto per le donne, mentre, secondo la mia esperienza, gli uomini sono in generale più disposti ad incontrare la realtà della donna così com'è, senza cessare di desiderarla.
Potrei esprimermi così: quando una donna "si spoglia" per consegnare la sua intimità, l'uomo la sente più vicina e desiderabile; la vulnerabilità della donna, la sua stessa fragilità, non rappresentano un limite all'amore dell'uomo. Ciò che lo disamora è incontrare uno sguardo che non sa accoglierlo, che lo giudica, che lo sminuisce.
Ma quando è l'uomo che "si spoglia" per affidarsi a sua volta, la donna incontra una vulnerabilità che la sgomenta: la fantasia dell'uomo-padre, potente e sicuro, cui consegnarsi con fiducia, incontra la realtà di un uomo vero, con tutti i suoi limiti, le sue esitazioni, le sue paure e incertezze; l'uomo che si consegna a lei è anche un uomo-figlio, e questo disorienta l'inconscio.
Forse per questo motivo le donne sono spesso tanto critiche con gli uomini che hanno scelto: faticano a trovare in se stesse l'equilibrio giusto, per amare la realtà che incontrano e accettare la sua naturale imperfezione. La posizione di figlia e la posizione di madre sono entrambe asimmetriche, e non permettono perciò una vera relazione di scambio. Per dare inizio a uno scambio vero, bisogna accogliere il tema della differenza: per la donna, si tratta di comprendere il maschile come vero portatore di novità, come punto di vista differente e originale sul mondo. È questo il punto di partenza possibile per la curiosità e per l'amore.