Il Tondo Doni di Michelangelo nell’interpretazione di Timothy Verdon, di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 01 /12 /2021 - 23:10 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Arte e fede e Michelangelo.

Il Centro culturale Gli scritti (1/12/2021)

Qui il video di Timothy Verdon https://www.facebook.com/watch/?v=286042019113904

In un video per la Galleria degli Uffizi di Firenze, Timothy Verdon commenta il Tondo Doni, dipinto da Michelangelo nel 1504 per Agnolo Doni e per la sua sposa Maddalena Strozzi, ritratta da Raffaello come Maddalena Doni.

Verdon spiega che i dipinti di forma circolare non erano prodotti per le chiese, ma che tale forma era riservata al tempo ai dipinti per la camera da letto, per la camera nuziale degli sposi.

Agnolo e Maddalena desideravano in quel tempo avere un erede, un figlio maschio, e commissionarono a Michelangelo l’opera, come espressione del loro desiderio di concepire un bambino: l’opera ha a che fare con questo desiderio.

Il soggetto non è la Sacra Famiglia, come ipotizzò Vasari, bensì il Concepimento del Bambino Gesù. L’opera è originalissima e non se ne conosce un’altra simile, a testimonianza del genio teologico di Michelangelo che, da credente, studiava immagini che premettessero di rappresentare la fede cristiana.

Il centro geometrico dell’opera è il grembo di Maria. La Madonna ha un piccolo libro sulle ginocchia, come nelle scene di Annunciazione. Se, fino ad allora, Dio aveva parlato tramite il Libro delle Sacre Scritture ora la Parola si faceva carne: tutta la Bibbia aveva preparato e annunciato questo momento.

L’anziano che è al culmine dell’opera non è Giuseppe, ma Dio Padre, nella sua potenza. Nonostante la sua forza egli è vicinissimo a Maria.

Il Figlio è dipinto come se si preparasse a discendere nel grembo della Vergine: poggia i suoi piedi sulla veste del Padre. Maria è dipinta, come quasi sempre in Michelangelo come muscolosissima e, unica nel suo genere in pittura, ha le braccia scoperte.

Ma soprattutto il Padre, Dio, è pieno di potenza e di forza.

Dietro il gruppo in primo piano, un muro divide la scena in due. Quel muro rappresenta il passaggio al tempo nuovo dell’incarnazione. E, infatti, subito dietro di esso sta Giovanni Battista, patrono di Firenze, anch’esso bambino. Porta una croce, proprio perché è destinato ad annunciare il Cristo. Il Battista è l’ultimo dell’Antico Testamento e, dopo di lui, comincia il tempo della salvezza e il più piccolo del regno, il più piccolo discepolo di Gesù, è più grande di lui, ha varcato quel muro.

Dietro di lui stanno cinque figure che rappresentano il mondo pagano. Meglio ancora si potrebbe dire che rappresentano l’umanità intera che, prima ancora dei profeti, attende di essere salvata, attende l’incarnazione. Come sempre in Michelangelo e in tutto il Rinascimento, non è solo il popolo ebraico ad annunziare che verrà la salvezza, ma è l’uomo in quanto tale, con le sue Sibille ed i suoi poeti, ad attendere la salvezza.

Giovanni Battista fa da raccordo fra l’umanità prima del Cristo e il momento dell’incarnazione che inaugura i tempi nuovi.