L'iconografia dell'Assunzione di Maria a sessant'anni dalla proclamazione del dogma. Sonno di una madre, apoteosi di una sposa, di Timothy Verdon

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 30 /10 /2010 - 15:44 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da L’Osservatore Romano del 30/8/2010 un articolo scritto da . Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (30/10/2010)


In occasione del sessantesimo anniversario della proclamazione del dogma dell'Assunzione della Beata Vergine Maria - La costituzione apostolica di Pio XII Munificentissimus Deus venne firmata il 1 novembre 1950 - nel pomeriggio del 29 ottobre alla Chiesa Nuova in Roma si tiene il convegno "L'Assunta". Pubblichiamo stralci del suo intervento.

Nella costituzione apostolica emanata da Pio XII il 1 novembre del 1950, Munificentissimus Deus, tra le fonti addotte a sostegno del dogma dell'Assunzione della Beata Vergine vi è anche l'iconografia sacra. Mancanti gli espliciti passi scritturistici che normalmente permettono di parlare di "verità rivelata", Pio XII ha considerato l'insieme delle testimonianze patristiche, dottorali, liturgiche e iconografiche, nonché la stessa fede del popolo, come evidenza complessiva della sicura rivelazione dello Spirito.

Nella logica del suo iter metodologico, l'arte sacra è riconosciuta come un locus theologicus alla stregua degli scritti dei padri e dottori della Chiesa - un'attribuzione di importanza, questa, elaborata poi da Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI in ben noti testi.

In che modo, allora, l'arte della Chiesa illustra la millenaria fede dei cristiani nell'assunzione della Vergine? Per rispondere alla domanda, dobbiamo ricordare che la fine della vita di Maria, come l'inizio, non appartiene al Vangelo, ma alla tradizione ecclesiale. Testi apocrifi d'origine cristiano-giudaica, risalenti al II secolo e diffusi nella grande Chiesa entro il V-VI secolo, descrivono il suo "addormentarsi" definitivo, la Dormitio Virginis, introducendo l'evento con visioni e visite premonitrici da parte di angeli e di Cristo stesso; alcune di queste scene vengono anche rappresentate dagli artisti, ma assai raramente.

Al momento supremo, poi, tornano gli apostoli dalle terre lontane in cui erano impegnati nella predicazione, si ricompone l'originale nucleo pentecostale e Maria è di nuovo circondata dai più stretti collaboratori del suo Figlio. Spesso nell'arte medievale è raffigurato anche Cristo, che prende tra le braccia l'anima di sua madre, presentata come una bambina, così creando una sorta di "Madonna col bambino" rovesciata, dove il Figlio grande stringe a sé la mamma piccola, non viceversa.

Normalmente la Dormizione non veniva raffigurata senza un'indicazione chiara di ciò che viene dopo. Alla fine del medioevo, ad esempio, era d'uso raffigurare l'intero processo di "addormentamento" e apoteosi: nella monumentale vetrata di Duccio di Buoninsegna per il duomo di Siena sono raffigurate la Dormizione, l'Assunzione e l'Incoronazione una sopra l'altra, e ancora nell'enorme pala d'altare scolpito e dipinto di Veit Stoss per la cattedrale di Cracovia, dalla scena principale in basso - Maria non sul letto ma (curiosamente) inginocchiata mentre s'addormenta in mezzo agli apostoli - l'occhio sale a Cristo che la accoglie, e poi, nell'edicola della cimasa, alla Trinità che la incorona.

Questi due eventi - l'Assunzione e l'Incoronazione - concludono il racconto della vita di Maria, o, meglio, la trasferiscono in un'altra dimensione. Rappresentano in verità due fasi dell'unico processo di elevazione: l'equivalente, nella vicenda della madre, della risurrezione del Figlio seguita dalla sua ascensione alla destra del Padre. L'evento fondamentale è l'assunzione corporea della Vergine, che, sebbene definita in termini dogmatici solo nel 1950, fa parte del comune sentire dei cristiani sin dai primi secoli; un racconto apocrifo conservato in più versioni medievali, ma d'origine antica, descrive come "gli apostoli deposero il corpo (di Maria) nella tomba, piangendo e cantando pieni di amore e di dolcezza. Poi un'improvvisa luce celeste li circondò e caddero a terra, mentre il corpo santo fu assunto in cielo dagli angeli".

Nell'iconografia, l'evento visionario viene suggerito, nel Medioevo, dal clipeus: il cerchio simboleggiante il cielo, già comune nell'arte romana in scene raffiguranti l'apoteosi d'un eroe; più tardi il cerchio diventerà una raggiera o fulgore luminoso che, mentre è ancora per la via, associa Maria con il regno di luce in cui abita Dio - si pensi, a esempio, all'Assunta del Tiziano nella basilica dei Frari, a Venezia.

Simili formule iconografiche ricordano che per molti secoli si era dibattuto se Maria fosse stata assunta con o senza il corpo, come sottolineava Martin Jugie nell'importante volume pubblicato a due anni dall'enciclica pacelliana Deiparae Virginis: Martin Jugie, La mort et l'assomption de la Sainte Vierge, Etude historico-doctrinale (Città del Vaticano, 1944). Tra le voci citate da Jugie a favore dell'assunzione corporea c'era quella di Alessandro III (1159-1181), il quale articolò una delle formulazioni più eleganti a riguardo, affermando che Maria concepit sine pudore, peperit sine dolore et hinc migravit sine corruptione.

Questo Papa aveva spiegato la "necessità" dell'Assunzione e successiva Incoronazione con due argomenti straordinariamente sottili: in Maria la grazia di Dio era plena, non semiplena; e Cristo, origine di tutte le leggi divine in quanto Verbo, nell'attribuire tanto onore a Maria altro non fece che obbedire al comandamento di "Onorare il padre e la madre"!

L'arte medievale simboleggiava l'elezione speciale di Maria soprattutto mediante la metafora della regalità, ritenuta specialmente utile perché suggeriva un parallelismo tra l'ordine celeste e quello terrestre; non a caso, sopra la porta maggiore della cattedrale di Reims - chiesa ove per antica tradizione erano incoronati i re di Francia - troviamo l'incoronazione di Maria, quasi a legittimare il carattere sacrale attribuito al monarca.

Ma anche lontano dalle corti dell'Europa settentrionale, in libere repubbliche italiane quali Firenze e Siena, la poesia della regalità condizionava l'iconografia mariana; la prima opera eseguita per l'interno dell'erigenda cattedrale di Firenze, Santa Maria del Fiore, era un mosaico dell'Incoronazione della Vergine, opera di Gaddo Gaddi, e centotrenta anni dopo, al momento dell'ultimazione della chiesa, il soggetto della colossale vetrata sopra l'altar maggiore era sempre l'Incoronazione della Vergine, su disegno di Donatello.

Il vescovo Amedeo di Losanna, uno scrittore del XII secolo allievo di san Bernardo di Chiaravalle, dà il sapore di quest'accezione mariana della metafora regale. "La santa Vergine Maria fu assunta in cielo", dice. "Ma il suo nome ammirabile rifulse su tutta la terra anche indipendentemente di questo singolare evento, e la sua gloria immortale s'irradiò in ogni luogo prima ancora che fosse esaltata sopra i cieli (...) Abitava nel sublime palazzo della santità, godeva della massima abbondanza dei favori divini, e sul popolo credente e assettato, faceva scendere la pioggia delle grazie, lei che nella ricchezza della grazia aveva superato tutte le creature".

Essere regina implicava anche l'essere sposa, e i testi biblici che la liturgia associa a Maria - i salmi usati per spiegare il suo rapporto con Cristo - infatti legano la dignità regale a quella sponsale, come è suggerito nel salmo 45. Ancora Amedeo di Losanna offre la cifra immaginativa di questa tendenza, affermando che "Maria era la sposa ricca di gioielli spirituali, la madre dell'unico Sposo, la fonte di ogni dolcezza, la delizia dei giardini spirituali e la sorgente delle acque vive e vivificanti che discendono dal Libano divino (...) Mentre la Vergine delle vergini veniva assunta in cielo (...) si compì la profezia del salmista che dice al Signore: "Sta la regina alla tua destra in veste tessuta d'oro, in abiti trapunti e ricamati" (cfr. Salmi, 45, 10)".

Vicino a questo modo di immaginare la Vergine è il mosaico absidale di Santa Maria in Trastevere raffigurante Cristo e Maria seduti sullo stesso trono, così vicini che i loro corpi negli abiti d'oro ricamati di gemme si toccano e Cristo può mettere il braccio destro intorno alle spalle della Donna, la quale già porta la corona. Eseguito verso la metà del XII secolo - al tempo di Amedeo di Losanna cioè, e nel fitto della lotta dei papi a difesa dell'autonomia della Chiesa dall'ingerenza degli imperatori tedeschi - il mosaico intenzionalmente evoca elementi formali e contenutistici paleocristiani, allo scopo di suggerire un'ininterrotta continuità tra i secoli formativi della vita ecclesiale romana - i secoli crepuscolari dell'Impero - e il presente.

Così, mentre la donna raffigurata accanto a Cristo è certamente Maria - la chiesa in cui si trova il mosaico le è intitolata - la figura rappresenta anche e soprattutto la "Signora Chiesa", giovane e splendidamente vestita al momento delle nozze eterne. Cristo reca un libro con l'invito alla sua "eletta" a diventare lei stessa trono - Veni electa mea et ponam in te thronum meum - e l'"eletta" - la Chiesa - mostra un rotolo su cui leggiamo parole dal Cantico dei Cantici: Laeva eius sub capite meo, et dextera illius amplexabitur me - "La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia" (Cantici, 2, 6, cfr. 8, 3).

Vista nel catino dell'abside, sopra l'altare dove l'Eucaristia ripresenta la "passione" dello Sposo e il dono del suo corpo, quest'esplicitazione del traguardo sponsale - questo modo di concepire la futura beatitudine dei credenti come un abbraccio - tradisce un'insospettata umanità, una poetica personalista che sembra anticipare la nuova affettività del Duecento. E anticipa l'odierna formulazione liturgica - il testo del prefazio del 15 agosto - in cui si parla di Maria assunta al cielo come "primizia ed immagine della Chiesa" in cui Dio rivela il compimento del mistero della salvezza e fa risplendere per il suo popolo "un segno di consolazione e di sicura speranza".

(©L'Osservatore Romano - 30 ottobre 2010)