La chiusura delle edizioni Dehoniane, dopo la chiusura della rivista Il Regno, poi ripartita grazie a finanziamenti. Breve nota di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sezione Educazione e cultura.
Il Centro culturale Gli scritti (7/11/2021)
Tanti articolisti, ma sempre troppo pochi, si sono soffermasti sulla chiusura di una casa editrice, di una casa che produceva libri, le edizioni Dehoniane. Pochi si soffermano, infatti, sull’importanza dei libri.
Ancor meno autori si sono soffermati su una tale chiusura in una prospettiva più ampia.
1/ È mancata, innanzitutto, la denuncia di un cristianesimo che non invita più a leggere! Pochi si accorgono di quanto sia necessaria, per una fede matura, la lettura, l’approfondimento, il lavoro personale dinanzi ad un libro-
Anche nel periodo più duro del Covid pochissime diocesi hanno invitato i credenti a leggere qualcosa, pochissime diocesi hanno consigliato qualche libro da leggere nelle case, per gli adulti, ma anche per i genitori e i figli.
Tutto viene affidato nella Chiesa a laboratori, a percorsi di gruppo, a lectio comunitarie: si è dimenticato che la fede è anche un lavoro personale e che i cristiani hanno sempre scritto libri.
Tale disinteresse per il libro va peraltro di pari passo con l’analoga indifferenza del mondo laico e della scuola nei confronti della lettura. L’appiattimento che si registra ovunque fa sì che sia raro trovare qualche persone che consiglia libri, che si appassiona ad essi, che li presenta in classe come un tesoro, proprio per invitare gli studenti a diventare giovani lettori per passione.
In tale apatia brillano educatori come D’Avenia, Nembrini, Benigni, Contu e numerosi altri che, invece, rimandano sempre, e poi ancora sempre di nuovo, al rapporto personale con un testo come elemento costitutivo del diventare persone mature.
Non si tratta, allora, semplicemente della chiusura di una determinata casa editrice, ma di un mondo che non incoraggia a leggere e, indirettamente, ferisce gli editori.
2/ Un secondo elemento che deve essere considerato è quello della triste chiusura di molte librerie cattoliche e non cattoliche. Chiunque conosce città, paesi e quartieri sa di quante librerie abbiano chiuso i battenti negli ultimi anni e di quante siano oggi a rischio.
La grande distribuzione on-line – ad esempio quella di Amazon, ma non solo – distrugge quei presidi territoriali di cultura che sono le librerie. Alle librerie è stato imposto di non poter consentire uno sconto di più del 5%, mentre i colossi fanno arrivare, il giorno dopo l’ordine, un libro direttamente a casa tua, con una facilità di distribuzione e, quindi, di risparmio per il cliente che indebolisce le librerie: quei luoghi dove i libri venivano sfogliati, toccati con le mani, visti l’uno a fianco dell’altro per scegliere il migliore, stanno chiudendo.
Anzi le poche librerie superstiti sono sempre più simili a dei supermercati con prodotti di poca qualità dove si trovano ormai solo le opere di successo, le opere che rendono capitalisticamente denaro al libraio, mentre non si trovano più né i classici, né le novità che contano davvero, perché non sono di moda.
Una catena come Feltrinelli, che era nata per portare libri in periferia e per vendere libri di contro-informazione, si trova ormai ad avere librerie solo nei centri delle città e solo con i successi editoriali, spesso di pessimo gusto e destinati a sparire nel giro di qualche anno.
Anche gli ordini religiosi non investono più nella produzione di testi di valore.
3/ Infine, non si può non porre anche una domanda sugli specifici indirizzi editoriali delle diverse case editrici. Nuove case editrici cattoliche hanno percepito che i lettori chiedono testi diversi, chiedono libri che aiutino a fondare la fede, a comprenderne le ragioni, e non solo testi che sottilizzino su questo o su quel punto.
Altre riviste e case editrici hanno fatto scelte diverse e non si può non domandarsi se linee editoriali che andavano per la maggiore negli anni ’70-’90 siano di punta anche oggi.