Wassily Kandinsky, Ognissanti I, 1911, Monaco, Städtische Galerie im Lenbachhaus
Riprendiamo sul nostro sito un testo apparso sul sito della Chiesa di Cusano a firma Flavia, senza indicazione di data. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sezione Arte e fede. Cfr. in particolare 1/ Alle origini di una nuova spiritualità. I "San Giorgio" di Wassily Kandinsky, di Micol Forti 2/ Kandinskij errante in patria, di Ada Masoero 3/ L'autista russo che "salvò" l'avanguardia. Malevic, Chagall, Kandinsky: un museo che sfuggì alle purghe di Stalin e Krusciov, di Dario Pappalardo.
Il Centro culturale Gli scritti (7/11/2021)
Tra i molti soggetti che frequentano la fantasia e l’immaginazione di Kandinsky si avverte, intorno al primo decennio del XIX secolo, una massiccia presenza di soggetti sacri e religiosi tratti prevalentemente dalla cultura popolare e folkloristica russa e da quella tedesca di età medievale.
L’artista abbandona progressivamente i canoni iconografici tradizionali e la stabilità degli schemi compositivi, privilegiando un’esplosione cromatica che sembra confondere le forme abbagliando lo sguardo dello spettatore, che si trova davanti a un’opera che richiama la vivacità degli smalti medievali o quella dei mosaici bizantini.
Eppure, a ben guardare, in questa fantasmagoria di colori e di immagini si ritrovano elementi che derivano dalla più radicata tradizione scritturistica.
Nell’angolo in alto a sinistra è raffigurata, con mura e torri, la Gerusalemme celeste, illuminata da un grande sole rosso simbolo di Dio.
Davanti a lei la figura di un grande angelo che suona la tromba del giudizio, mentre al centro vola una colomba che porta nel becco un ramoscello d’ulivo.
Al centro della scena si affollano vari personaggi alcuni dei quali hanno il capo circonfuso da un nimbo dorato; due si abbracciano, altri hanno gli occhi chiusi come se attendessero di essere svegliati dal sonno della morte nel giorno del giudizio.
Ma a colpire l’attenzione dello spettatore è la figura di un cavaliere che con elmo piumato, lancia e scudo cavalca un bianco destriero dopo aver sconfitto il drago, che si vede a terra, e dopo aver liberato la principessa raffigurata accanto a lui. Ovviamente il cavaliere rimanda a San Giorgio il cui culto, diffuso almeno dal IV secolo, si radica profondamente in Occidente e nel vicino Oriente, facendo della lotta di san Giorgio contro il drago, raccontata nella Legenda Aurea, il simbolo del conflitto tra bene e male e della vittoria del primo sul secondo.
Sull’estrema destra del dipinto anche la luna, una farfalla, un uccello e un grande fiore (probabilmente un gira-Sole) partecipano alla gloria dei Santi, mentre una campitura nera con teschi e ossa ci porta nel regno dei morti “dove sarà pianto e stridore di denti”.
Tuttavia a determinare il significato più pregnante della composizione è il Golgota sormontato dal Crocifisso, che si erge al centro del quadro. Come a dire: solo attraverso il sacrificio di Cristo potremo diventare cittadini del cielo secondo le parole di San Paolo “La nostra cittadinanza infatti è nei cieli e di là aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al suo corpo glorioso, in virtù del potere che egli ha di sottomettere a sé tutte le cose.”