La masturbazione è la delusione del desiderio. Lettere dei lettori di D a uno dei filosofi più attenti alla nostra contemporaneità: eccone una, sull'autoerotismo e sulle angosce di un credente, di Umberto Galimberti
Riprendiamo da La repubblica del 18/7/2020 un articolo di Umberto Galimberti. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Educazione all’affettività.
Il Centro culturale Gli scritti (10/10/2021)
Ho diciotto anni e mi trovo in uno stato terribile da cui ero riuscito a evadere, ma che ora sembra avermi in pugno. In Francia, dove studiavo, mi ero distaccato completamente dall’autoerotismo, per il quale mi sentivo in colpa perché mi obnubilava e oscurava la mente, sublimando nella cultura. Sono cristiano, vado a messa e anche la fede mi aveva aiutato. Tornato in Italia mi invaghii di una ragazza che mi piaceva, ma un’amica mi disse che a lei piaceva un altro. A quel punto ricaddi nell’autoerotismo, che Kant definiva “follia morale”, come sfogo a ciò che la cultura non poteva darmi. Ora avverto poca passione, tanta accidia assieme a una libido non sublimata nello studio, distrazione e soprattutto angoscia.
Lettera firmata
Per attutire la sua angoscia potrebbe esserle utile la lettura di Ludger Lütkehaus, La solitudine del piacere (ed. Cortina) dove si dimostra che, paradossalmente, fu proprio nell’Età dei Lumi, che si proponeva di superare il buio dei secoli precedenti percorsi da pregiudizi religiosi e da superstizioni, a condannare la masturbazione con un’intolleranza che mai si era vista nei secoli precedenti.
Infatti, Ippocrate e Galeno, i grandi medici dell’antica Grecia, consideravano la masturbazione a partire dalla teoria degli umori che andavano, a seconda delle circostanze, ora contenuti, ora espurgati, dove il liquido seminale era considerato alla stessa stregua del liquido biliare. La mitologia greca, a sua volta, come ci ricorda James Hillman nel suo Saggio su Pan (Adelphi), aveva messo la masturbazione sotto la protezione di Pan, che Ermes portò nell’Olimpo, dove questa divinità pastorale fu accolta da tutti gli dèi (“pan” in greco vuol dire “tutto”) che si congratularono per i suoi non comuni tratti fallici. A loro volta gli Stoici, che invitavano al distacco dalle passioni, consideravano la masturbazione una forma di autosufficienza e indipendenza dagli altri. Persino la teologia medioevale non fu particolarmente severa nei confronti della masturbazione, se è vero che San Tommaso si limitò a considerarla come un sintomo di mollezza (mollities), debolezza e nulla più.
Fu nell’età dei Lumi, col progredire della scienza, che il medico Simon-André Tissot scrisse due trattati sui danni prodotti dalla masturbazione da lui così elencati: “disturbi visivi, occhiaie, foruncoli, bulimia, problemi digestivi, tremito alle ginocchia, blefarospasmo, mal di testa, malattie veneree, calvizie, tisi, mielite”. La sua tesi fu accolta con entusiasmo da Rousseau e da Kant che equiparano la masturbazione al suicidio, con l’unica differenza che il masturbatore distrugge nel tempo la vita che il suicida sacrifica con un gesto.
Seguirono trattati da parte di pedagogisti come Christian Salzmann che nel suo Dei peccati segreti della gioventù elenca pratiche per dominare la masturbazione e avvertimenti per l’arredo dei collegi: letti troppo soffici, camere troppo buie, spazi troppo segreti perché “cominciamento di ogni vizio è lo star da soli”. E così anche la solitudine venne guardata con sospetto, perché può indurre al vizio detto appunto “solitario”.
Ma oltre alla scienza medica, nel Settecento nasce anche l’economia in senso moderno, che a sua volta non si esonera dall’intervenire sul tema della masturbazione che, dal suo punto di vista, è pur sempre uno spreco, come ci ricorda Paul Demeaux, specialista in masturbazione e tubercolosi, là dove scrive: “sperperare il proprio seme è come gettar soldi dalla finestra”.
Fu così che l’età della ragione si è rivelata più arretrata e persecutoria di quanto non sia stata nei secoli precedenti la religione, forse perché, più della ragione (scientifica ed economica), la religione ha maggior dimestichezza con la carne e con le sofferenze della sua solitudine.
E in effetti non è il sesso, ma la solitudine alla base della masturbazione, perché di fondo il desiderio non desidera se stesso, ma l’incontro con l’altro, perché solo desiderando l’altro o sentendomi desiderato dall’altro, mi scopro come essere sessuato.
Ma per capire questa verità, bisogna liberare la sessualità dai limiti angusti e circoscritti della fisiologia, in cui la trattiene la descrizione della scienza medica. A questo punto si tranquillizzi e promuova relazioni.