1/ Le ultime esecuzioni capitali in Europa negli anni settanta, in Spagna nel 1974, in Francia nel 1977, nei paesi comunisti solo dopo il 1989. Le date sulla cessazione delle esecuzioni capitali nel mondo, di Andrea Lonardo 2/ La pena di morte in Europa e nel mondo: i fatti chiave. Il Parlamento si oppone duramente alla pena capitale e si batte per la sua abolizione a livello globale, dal sito del Parlamento Europeo 3/ L’ultima ghigliottina dello Stato Pontificio, di Antonio Dall'Osto (a cura di)
1/ Le ultime esecuzioni capitali in Europa negli anni settanta, in Spagna nel 1974, in Francia nel 1977, nei paesi comunisti solo dopo il 1989. Le date sulla cessazione delle esecuzioni capitali nel mondo, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sezione Magistratura e malavita.
Il Centro culturale Gli scritti (25/7/2021)
Si torna spesso a parlare degli ultimi due condannati a morte nello Stato Pontificio, Monti e Tognetti sui quali vedi l’articolo che segue, ma si dimentica di collocare tali esecuzioni nel contesto delle pene capitali che i diversi stati europei continuarono ad “amministrare” ben oltre quella data!
In Francia l’ultima esecuzione capitale avvenne più di 100 anni dopo, nel 1977. In quell’anno fu decapitato Hamida Djandoubi con l'accusa di omicidio e tortura dell'ex fidanzata.
In Spagna gli ultimi condannati a morte furono l'anarchico catalano Salvador Puig Antich e il tedesco-orientale Georg Michael Welzel (noto come cittadino polacco di nome Heinz Ches) che vennero uccisi con il terribile sistema della garrota il 2 marzo 1974.
Nei paesi comunisti la pena di morte non venne mai eliminata dagli ordinamenti giuridici e la Germania Orientale (DDR) ne vide la fine solo dopo che, nel 1989, la sua legislazione fu riformata a partire da quella della Germania occidentale. Così in Yugoslavia, Albania, Romania, ecc. l’abrogazione avvenne solo dopo la caduta del Muro di Berlino, nel 1989.
Anche i diversi movimenti comunisti armati, come le Brigate Rosse, hanno utilizzato la condanna a morte: il caso più famoso è quello di Aldo Moro, nel 1978, che venne ucciso con una mitraglietta, dopo un sedicente processo, in cui gli stessi brigatisti si erano dati il ruolo di giudici.
Lo stesso si deve dire dei diversi movimenti di estrema destra, che hanno sempre preteso di chiamare i loro attentati come “esecuzioni”.
Diversi sostenitori dell’estrema sinistra e dell’estrema destra invocano sovente la “pena di morte”, con slogan del tipo: “Morte agli sbirri”. Essi, da un estremo all’altro, continuano ad invocare un clima dove si giunga a punire con la morte chi viene ritenuto un ostacolo alla visione politica proposta.
Nella Cina comunista, che è il paese che insieme all’Iran e all’Arabia Saudita, amministra il maggior numero di pene capitali, non si conosce nemmeno con precisione il numero annuale dei condannati a morte.
Negli altri paesi d’Europa le date delle ultime esecuzioni capitali si collocano in maniera diversa, ma quasi tutte dopo la seconda guerra mondiale.
In Austria e Belgio le ultime condanne eseguite sono del 1950.
In Danimarca, nello stesso anno, l’ultima condanna eseguita è stata quella di Ib Birkedal Hansen, ucciso da un plotone di esecuzione il 20 luglio 1950.
In Olanda, invece, le ultime esecuzioni sono del 21 marzo 1952, quando due criminali di guerra, gli olandesi Andries Pieters e il tedesco Artur Albrecht, vennero uccisi da un plotone di esecuzione
Nel Regno Unito, che fu l’ultimo ad abolire la condanna a morte nel 1998, gli ultimi ad essere uccisi, in questo caso tramite impiccagione, furono Peter Allen e Gwynne Evans il 13 agosto del 1964 per l'omicidio di un fattorino.
L’abolizione della pena di morte per qualsiasi genere di reato, ivi comprendendo i reati di guerra, mentre la pena di morte era stata esclusa per i reati ordinari, avvenne in Austria nel 1968, in Finlandia e Svezia nel 1972, in Danimarca nel 1978, in Francia nel 1981, in Olanda nel 1982, in Germania nel 1987.
In Italia l’ultima esecuzione capitale fu il 4 marzo del 1947 quando vennero uccisi tramite fucilazione Francesco La Barbera, Giovanni Puleo, Giovanni D'Ignoti che avevano ucciso 10 persone a bastonate in occasione di una rapina. La Costituzione eliminò un anno dopo la pena capitale per reati “civili” nel 1948, ma non nel Codice Penale Militare di Guerra, dove rimase fino al 1994 quando fu abolita per legge.
Fu così solo con la legge costituzionale del 2 ottobre 2007, n. 1 (Modifica all'articolo 27 della Costituzione, concernente l'abolizione della pena di morte) che venne modificato l'art. 27 della Costituzione della Repubblica Italiana eliminando le residue disposizioni in tema, sancendo per via costituzionale la non applicabilità della pena di morte in qualsivoglia circostanza.
L’articolo 27 della Costituzione Repubblica recitava fino al 2007, infatti: “Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra”.
La Spagna ha definitivamente abolito, anche per crimini di guerra, la pena di morte nel 1995, il Belgio nel 1996, il Regno Unito, ultimo in Europa occidentale, nel 1998.
La Russia – ex Unione Sovietica – non ha ancora mai abolito la pena di morte, ma è giunta, ad ora, ad una moratoria, per cui essa non si amministra più.
La Bielorussia è l’unico paese europeo che ancora pratica esecuzioni capitali.
Queste condanne capitali sono, ovviamente, quasi tutte successive alle esecuzioni dei gerarchi nazisti cui portò, il 16 ottobre 1946, il Processo di Norimberga, celebrato con il concorso di tutte le forze alleate vincitrici della guerra, e sono successive anche all'esecuzione di Benito Mussolini, decisa dalla resistenza, e all'esecuzione in Israele nel 1962, di Adolf Eichmann.
Per quel che riguarda lo Stato Pontificio ed il nuovo stato della Città del Vaticano, come si diceva, l’ultima esecuzione risale al 1868. La Legge sulle Fonti del Diritto emanata nel 1929, quando venne riconosciuto i nuovo stato, all’articolo 4 faceva riferimento alla pena di morte in relazione all’attentato alla vita del pontefice.
La Legge emanata da Paolo VI il 21 giugno 1969 all’articolo 44, 1 abrogò l’articolo 4, eliminando così la pena di morte (il testo in AAS. Suppl 40 1969, 25; cfr. su questo G. Ghirlanda, La pena di morte alla luce di una riflessione teologica sul diritto. La pena di morte nel recente insegnamento della Chiesa, in “Gregorianum” 88, (2007), n. 1, pp. 154-191.
Con il Catechismo della Chiesa Cattolica nel 1997 la Chiesa si è schierata per l’abolizione della pena di morte in ogni paese del mondo, con una correzione che recitava: «Oggi, a seguito delle possibilità di cui lo Stato dispone per reprimere efficacemente il crimine rendendo inoffensivo colui che l'ha commesso, senza togliergli definitivamente la possibilità di redimersi, i casi di assoluta necessità di soppressione del reo “sono ormai molto rari, se non addirittura praticamente inesistenti”» (art. 2267).
Il rifiuto non era ancora, quindi, una condanna assoluta, ma un ripudio basato sulla constatazione che ormai non esiste più alcuna necessità di utilizzare la pena di morte e anche se un nuovo Mussolini o un nuovo Stalin o un mafioso o un pedofilo fossero catturati vivi non necessiteranno più di essere giustiziati, perché esistono forme diverse di detenzione.
Infine papa Francesco ha corretto con un rescritto anche tale formulazione riscrivendo l’articolo in questo modo: «Per molto tempo il ricorso alla pena di morte da parte della legittima autorità, dopo un processo regolare, fu ritenuta una risposta adeguata alla gravità di alcuni delitti e un mezzo accettabile, anche se estremo, per la tutela del bene comune. Oggi è sempre più viva la consapevolezza che la dignità della persona non viene perduta neanche dopo aver commesso crimini gravissimi. Inoltre, si è diffusa una nuova comprensione del senso delle sanzioni penali da parte dello Stato. Infine, sono stati messi a punto sistemi di detenzione più efficaci, che garantiscono la doverosa difesa dei cittadini, ma, allo stesso tempo, non tolgono al reo in modo definitivo la possibilità di redimersi. Pertanto la Chiesa insegna, alla luce del Vangelo, che “la pena di morte è inammissibile perché attenta all’inviolabilità e dignità della persona”, e si impegna con determinazione per la sua abolizione in tutto il mondo».
2/ La pena di morte in Europa e nel mondo: i fatti chiave. Il Parlamento si oppone duramente alla pena capitale e si batte per la sua abolizione a livello globale, dal sito del Parlamento Europeo
Riprendiamo sul nostro sito dal sito del Parlamento Europeo un articolo redazionale (https://www.europarl.europa.eu/news/it/headlines/world/20190212STO25910/la-pena-di-morte-in-europa-e-nel-mondo-i-fatti-chiave), pubblicato il 25/2/2019 e aggiornato il 3/8/2020. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sezione Magistratura e malavita.
Il Centro culturale Gli scritti (25/7/2021)
La pena capitale è il più premeditato degli assassinii
Albert Camus
Pena di morte nel mondo. La pena di morte: i fatti e le cifre
Secondo i dati del 2019 sono 142 i paesi nel mondo che hanno abolito la pena di morte per legge o nella pratica, lasciando a 56 il numero dei paesi che ancora praticano esecuzioni capitali. Sono state almeno 657 le esecuzioni registrate in 20 paesi (escludendo la Cina, dove si crede che siano migliaia le sentenze eseguite), mentre sono oltre 25mila le persone nel braccio della morte. Il numero di esecuzioni nel 2019 è stato il più basso dell'ultimo decennio. Nel 2018 le esecuzioni erano state 690, mentre nel 2017 ne erano state eseguite 993.
Circa l’86% di tutte le esecuzioni registrate nel 2019 ha avuto luogo in quattro paesi - Iran, Arabia Saudita, Iraq e Egitto. Tali stime sono ignote per la Cina, che protegge questi dati con il segreto di stato. (Fonte: Amnesty International)
C’è una forte opposizione contro l’abolizione della pena di morte in Asia, nel mondo arabo e negli Stati Uniti. Tuttavia quattro quinti dei 55 paesi in Africa hanno abolito la pena di morte o hanno stabilito delle moratorie.
Come l’UE combatte la pena di morte
Come parte del suo impegno per difendere i diritti umani, l’Unione europea è il più grande donatore nella lotta contro la pena di morte nel mondo. Tutti i paesi europei hanno abolito la pena di morte in linea con la Convenzione europea dei diritti dell'uomo.
L’UE combatte la pena di morte in molti modi. Ad esempio vieta il commercio di merci che potrebbero essere utilizzate per la pena di morte e utilizza le politiche commerciali per incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo. Inoltre supporta le organizzazioni della società civile nei paesi che ancora applicano la pena di morte, facendo un lavoro di documentazione e di sensibilizzazione.
L’Unione europea, come osservatore permanente dell’ONU, sostiene convintamente tutte le azioni che pongono fine alla pena di morte dove è ancora praticata.
Il Parlamento europeo adotta le risoluzioni e ospita i dibattiti che condannano le azioni dei paesi che ancora utilizzano la pena capitale. Una risoluzione del 2015 sulla pena di morte condannava il suo uso per sopprimere l’opposizione, oppure per ragioni di credo religioso, omosessualità e adulterio.
La Bielorussia è l’unico paese del continente europeo che continua a praticare le esecuzioni capitali. In Russia c’è invece una moratoria.
3/ L’ultima ghigliottina dello Stato Pontificio, di Antonio Dall'Osto (a cura di)
Riprendiamo da Settimana News del 25/11/2018 (http://www.settimananews.it/societa/lultima-ghigliottina-dello-pontificio/) un articolo a cura di Antonio Dall'Osto. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Magistratura e malavita.
Il Centro culturale Gli scritti (25/7/2021)
Il 24 novembre 1868 è il giorno in cui, per l’ultima volta nello Stato Pontificio, furono giustiziati due condannati a morte. Si chiamavano Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti. Furono portati nella Piazza dei Cerchi, con le mani legate, provvisti dei sacramenti, e ghigliottinati. La rivista dei gesuiti, Civiltà Cattolica, dedicò all’avvenimento 51 pagine [N.B. de Gli scritti: qui il resoconto originale della rivista: In nome del Papa Re e la vera storia della morte di Monti e Tognetti pentiti dell’eccidio commesso (dalla relazione dei fatti pubblicata da La Civiltà Cattolica].
Nessuno immaginava, almeno Monti e Tognetti, che la loro sorte non sarebbe più stata seguita da altri nello Stato Pontificio. Furono infatti gli ultimi ad essere ghigliottinati.
Il reato commesso
Erano colpevoli di avere compiuto un attentato, il 22 ottobre 1867, contro una caserma, in Vaticano, facendo saltare una polveriera e uccidendo 25 soldati del reggimento internazionale di fanteria, creato per proteggere lo Stato pontificio. Ciò avvenne proprio nel momento in cui le truppe del generale Hermann Chancellor si trovarono a confrontarsi con il corpo rivoluzionario di Garibaldi.
[…] Il 16 ottobre 1868, un tribunale condannò a morte il 33enne Monti e il suo compagno di cospirazione, il 25enne Tognetti. Nessuno ebbe il coraggio di chiedere la grazia a papa Pio IX (1846-1878) i cui nervi erano a pezzi.
Il cronista ricorda che le autorità ecclesiastiche si erano assiduamente preoccupate della salvezza dell’anima dei due infelici, incaricando a questo scopo due sacerdoti. Alla fine di ottobre, iniziò il padre passionista Giuliano, recandosi nel carcere di via Giulia a parlare della bontà di Dio e a predicare gli esercizi.
Compito del padre era di preparare i due condannati a presentarsi davanti al tribunale di Dio in «una condizione matura e riposata». Anziché giustiziare i condannati «come animali da macello» – come accadeva negli altri Stati, per un falso senso di umanità –, nello Stato Pontificio la condanna doveva avere il senso di «una piena e giusta riparazione».
I condannati, di fronte al termine della loro vita terrena, furono così aiutati a volgere i loro pensieri al cielo. Tognetti cercò rifugio soprattutto nella Madre di Dio; recitava ogni sera il rosario e invitava i suoi cinque compagni di cella ad unirsi a lui nella preghiera. Similmente Monti: fece una confessione generale di tutta la sua vita, meditava sulle sofferenze di Gesù e introdusse anche un suo compagno di carcere alla dottrina cattolica.
Monti era preoccupato per la sua giovane moglie, probabilmente un po’ facile a debilitarsi, e per il figlioletto Ciro di 20 mesi. Si accomiatò da lui con una commovente lettera di addio. Alla moglie Lucia lasciò, povero com’era, solo un’immaginetta con alcune parole di consolazione sul retro. Il papa in seguito si prese cura della vedova e dell’orfano.
Monti scrisse anche a Pio IX una testimonianza della sua conversione; il papa avrebbe dovuto aprirla solo dopo la sua morte. Disse di rinnegare la rivoluzione e tutto ciò «che era contrario alla legge di Dio e alla santa Chiesa». E concludeva: «Con sincero desiderio, baciando il suo santo piede, chiedo di nuovo perdono».
La vigilia del 24 novembre, otto ore prima di salire al patibolo, Tognetti seppe che era giunto il momento. Da quel momento, dicono, sembrava «come trasformato dalla forza della fede». Il fatto di dover morire il mattino seguente lo accettò «soavemente come un agnello e in raccoglimento come un vero cristiano».
Ringraziamento al personale giudiziario
Fu preso in consegna dall’«Arciconfraternita di San Giovanni Battista decollato», una pia associazione che si occupava di accompagnare alla morte i condannati e si prendeva cura della loro sepoltura.
L’addio di Tognetti al personale giudiziario fu pieno di parole di ringraziamento e di esortazioni per una vita migliore, che commossero i presenti fino alle lacrime. Fu portato alla cappella «Monti». Peppe – disse –, l’ora della nostra salvezza è vicina; noi raccogliamo i frutti del sangue di Cristo».
Tognetti pregava in continuazione, recitò il rosario e fece due «Via crucis» di seguito, alternandole con il Padre nostro, l’Ave Maria, il Gloria e la Salve Regina. Giunto sulla piazza dell’esecuzione, presso la chiesa di Santa Maria in Cosmedin, chiese perdono al comandante della caserma che aveva fatto saltare in aria. Lo fece così sinceramente che il colonnello lo abbracciò e gli promise che la truppa si sarebbe occupata della sua povera madre. La lama della ghigliottina si abbatté prima su Monti e poi su Tognetti. «Tutto intorno – dicono le cronache – regnava un silenzioso raccoglimento».
Uno dei carnefici dichiarò: «Non ho mai visto una disposizione così esemplare nei condannati e mai una così grande commozione religiosa nei presenti: è stato un vero trionfo della misericordia di Dio, più che non della giustizia umana».
Due anni dopo quegli avvenimenti ci fu la Breccia di Porta Pia che segnò la fine dello Stato Pontificio. E oggi, a 150 anni di distanza, papa Francesco – che reca impressa la misericordia nel suo stemma – ha dichiarato la pena di morte incompatibile con la fede cattolica. (ripreso da KNA)