Le regole del Cadore (come di altre zone alpestri), una forma di auto-determinazione democratica che ha origini nel medioevo. Nota di Andrea Lonardo come introduzione al valore e al significato storico delle Regole

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 01 /08 /2021 - 15:10 pm | Permalink | Homepage
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sezione Medioevo.

Il Centro culturale Gli scritti (1/8/2021)

Museo delle regole a Dosoledo

Le regole del Cadore (come di altre zone alpestri), sono una forma di auto-determinazione democratica che ha origini nel medioevo. Nonostante ci fossero imperatori e re, le famiglie di una determinata zona avevano una completa autonomia sui pascoli e sui boschi. Esattamente come i Comuni medioevali coesistevano con Imperi e Regni, essendo autonomi e liberi, pur appartenendo loro, così le Regole erano delle consuetudini che non potevano essere modificate senza il consenso dei diversi paesi e borghi, fino a che le truppe inviate dal Direttorio della Rivoluzione Francese non soppressero tali libertà, che vennero poi ripristinate al termine di quel periodo.

Siamo in presenza del principio comunitario di base, dove le famiglie – i fuochi – di una determinata zona si danno delle regole per l’utilizzo dei pascoli o dei boschi in maniera che essi non siano mai utilizzati a sproposito e depauperati. Le Regole prevedono tutta una serie di accorgimenti per venire in soccorso delle famiglie dove ci fosse un lutto o un grave dissesto in maniera che mai nessuno della comunità venga a trovarsi solo e senza possibilità di sopravvivenza.

Nelle Regole si può vedere applicato quello che poi si chiamerà il “principio di sussidiarietà”, cioè i grandi organismi degli imperi e dei regni riconoscevano di dover concorrere a sostenere l’autodeterminarsi delle popolazioni, lasciando loro tutto quello spazio di libera iniziativa e di aiuto reciproco, che ha permesso nei secoli il mantenersi di quelle zone in maniera splendida da far desiderare ad ognuno di recarsi in vacanza in quei luoghi così ben gestiti.

È allora che nacque la libertà e il principio della fraternità sociale, come sostegno reciproco.

Già i termini stessi con cui vengono indicate le Regole nelle fonti e nella tradizione orale indicano questi fondamenti, poiché si fa riferimento alla comunione dei vicini che abitano e lavorano le terre possedute in comune. Nel termine “vicinia”  prevale la dimensione spaziale dell’abitare vicini (la prima apparizione del termine “vicinia” è in un documento del 1186 che riguarda i pascoli della zona di Visdende e di Frisòn), nel termine “faula” il momento assembleare (dal latino fabula), nel termine “regola” prevale l’idea della disciplina che ne consegue (regolare=bandire), nel termine “comune” prevale l’idea della comunità.

1/ Regola, da Wikipedia, l'enciclopedia libera (testo al 21/7/2021)

La Regola è un'antica istituzione diffusa in parte del Veneto e del Trentino, particolarmente nell'area dolomitica, nella quale le famiglie originarie del luogo, proprietarie (per allodio) in modo indiviso e collettivo dei beni fondiari, sono chiamate a gestire direttamente tali proprietà attraverso gli organi statutari. Attualmente rientrano nella disciplina della legge regionale.

L'antica Casa delle Regole
di Canale d'Agordo del 1640

Costituitesi nel basso medioevo, le Regole erano un tempo diffuse in tutto l'arco alpino (sinonimi sono comune, villa, colmello, desena, vicinia, patriziato).

Organizzazione

Capo di ogni Regola era, ed è tutt'oggi, il Marigo (in latino "mairicus"), assistito da Consiglieri ("laudatori"), da guardie del pascolo ("saltari"), da un cassiere ("cuietro"), e dal "precone", con funzioni di messo, che eseguiva le pignorazioni e gridava ad alta voce gli ordini del Marigo. Tutte le cariche erano annuali e gli eletti dovevano giurare sul Vangelo di compiere con coscienza il loro lavoro; ogni incarico era obbligatorio e chi rifiutava veniva multato e costretto a esercitarlo.

Il Laudo

Il Laudo è lo statuto delle Regole. La parola deriva dal latino "laudamos quod", cioè "decidiamo che" ed è stata una delle prime espressioni scritte della popolazione ampezzana e cadorina su come si dovevano utilizzare boschi e pascoli. Dai Laudi è possibile dedurre l'organizzazione della Regola nei tempi antichi.

Molta parte dei Laudi conteneva una serie di sanzioni previste per le infrazioni alle consuetudini regoliere: sì trattava di multe in denaro o di pignoramenti di capi di bestiame.

Il Laudo oggi regolamenta la vita regoliera nelle sue varie attività, stabilisce quali sono gli organi amministrativi e quali sono le loro funzioni, prevede i tipi di attività che possono essere esercitati sul territorio, compresi i modi concessione di porzioni di territorio per attività turistiche.

La Comunanza Regoliera e ogni singola Regola hanno il loro Laudo, ognuno con la propria autonomia, anche se sostanzialmente i testi sono analoghi, vista l'origine comune delle singole realtà regoliere.

Situazione

L'organizzazione delle Regole in Veneto è definita dallo statuto (laudo) e si basa sul fuoco, ovvero sul nucleo familiare rappresentato in assemblea da un suo membro. L'insieme dei fuochi ha il compito di gestire i beni di proprietà collettiva (patrimonio antico). Questi beni sono invendibili e indivisibili poiché la loro consistenza deve essere mantenuta nel tempo, inoltre, non possono essere utilizzati per attività al di fuori dell'ambito agro-silvo-pastorale.

Questi diritti sono solitamente trasmessi per via paterna ma, in tempi recenti, alcune Regole hanno permesso la trasmissione anche per via materna. Le famiglie che partecipano alla Regola e che risultano iscritte in un apposito albo sono sempre e soltanto quelle radicate da generazioni nel territorio. Sono ammesse nuove inclusioni di famiglie che sono residenti da molti decenni (80-100 anni, varia a seconda dello Statuto delle singole Regole), dopo essere state approvate dall'Assemblea dei Regolieri, la quale stabilirà il contributo di benintrando.

2/ Regole d’Ampezzo

Dal sito Regole d’Ampezzo (https://www.regole.it/IT/pagina108-origini-di-un-antica-istituzione).  Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. cfr. la sezione Medioevo.

Il Centro culturale Gli scritti (1/8/2021)

Origini di un'antica istituzione

La proprietà collettiva di boschi e pascoli rappresentò per lunghi secoli la fonte essenziale dei mezzi di sopravvivenza della gente di montagna. Nacque con i primi abitanti della valle, presumibilmente tribù celtiche, che utilizzavano il pascolo in comune. I romani consideravano i pascoli pertinenze dei masi di fondovalle e li chiamavano compascua pro indiviso: i pascoli erano proprietà privata di una comunità.

L'istituto regoliero si consolidò a seguito delle invasioni longobardiche (dal 578 d.C.); i Longobardi apportarono il fondamentale concetto di proprietà gentilizio, vivo tutt'oggi. I terreni erano considerati concessione dello Stato alla famiglia e dovevano rimanere indivisi; se una famiglia non aveva discendenti i terreni ritornavano in proprietà alla tribù. Si affermò così il concetto che i pascoli erano proprietà collettiva dei consorti originari e le Regole divennero una comunità chiusa.

Sotto la dominazione dei Franchi (dal 774) il Cadore divenne una contea divisa in dieci "centene", comunità rurali; Ampezzo divenne così una circoscrizione autonoma e tale rimase fino al 1511. Il feudalesimo franco non influì sulle istituzioni presenti, in quanto i Signori feudali non furono mai interessati allo sfruttamento dei territori d'alta montagna. Nel 1235 il conte Da Camino, feudatario del Cadore, emanò i primi Statuti che sancivano le consuetudini locali e riconoscevano ufficialmente le Regole.

Dapprima si formarono le Regole «di monte» – oggi chiamate «Alte» per distinzione con le Regole «Basse» –, per la gestione in comune dei pascoli d'alta montagna. La prima Regola documentata è la Regola di Lerosa e Travenanzes o Vinigo (1225); seguono poi le Regole di Falzarego (1238), Lareto (1317), Ambrizola. I consorti di Falzarego e quelli di Ciostego si unirono già rispettivamente nel 1318 e nel 1377 con quelli di Ambrizola; nel 1331 quelli di Ciasadió si confederarono con quelli di Lareto. Si formarono in tal modo tre grandi consociazioni: Ambrizola con i pascoli sulla destra orografica del Boite; Lareto sulla sua sinistra e i consorti di Vinigo nella valle del Felizon.

Nel 1337, dopo la morte di Rizzardo Da Camino senza eredi, il Cadore fu costituito Comune Rurale Autonomo. Nel 1338 i rappresentanti delle Centene stilarono uno Statuto che rimase in vigore fino all'epoca napoleonica e che riconosceva le singole Regole. Con lo Statuto cadorino del 1338 venne riconosciuta la piena proprietà dei boschi alla comunità degli originari; quindi i boschi posti in Ampezzo erano proprietà privata e indivisa degli Ampezzani. I boschi erano gestiti dalla Comunità d'Ampezzo, in origine Regola di fondovalle. A partire dal XIV secolo compaiono anche le prime vize, boschi in cui le Regole o la Comunità d'Ampezzo proibivano il taglio e il pascolo per un certo numero di anni, una sorta di «riserva naturale integrale» ante litteram.

Durante questo periodo di autonomia (1347-1420) le Regole si consolidarono e vennero compilati i primi Laudi, le raccolte scritte delle consuetudini regoliere: del 1331-1333 è il Laudo della Regola d'Ambrizola; del 1363 il Laudo della Regola di Lareto. Nel 1412 durante la guerra tra il re Sigismondo e Venezia alcuni Regolieri di Vinigo, allora proprietari di Ospitale e della valle del Felizon, vennero fatti prigionieri dalle truppe tirolesi. Per ottenere la somma sufficiente per la liberazione dei propri Consorti i Regolieri di Vinigo vendettero ai Regolieri di Lareto i pascoli di Ospitale, Lerosa e Travenenzes. Nel 1420 Venezia s'impadronì di tutto il Friuli. La Serenissima riconfermò gli Statuti del 1338; in tal modo il paese riuscì a mantenere intatta la sua costituzione, immutati i suoi privilegi, invariate le sue consuetudini, cambiando solo il protettorato.