Tutti casa e chiesa, gli azzurri e il viaggio partito dagli oratori. Da Mancini e Vialli a Bonucci e Raspadori, la Nazionale ha le radici nei campi di parrocchia, di Matteo Pinci (un estratto)
Riprendiamo dal profilo FB di Gigi De Palo una sintesi da lui realizzata dell’articolo Tutti casa e chiesa, gli azzurri e il viaggio partito dagli oratori, di Matteo Pinci pubblicato su Repubblica del 18/6/2021. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Sport e tempo libero.
Il Centro culturale Gli scritti (28/6/2021)
I primi gol di Manuel Locatelli con la scuola calcio della chiesa di Pescate, vicino Lecco, sono ormai leggendari. Ma su quei campi hanno il sapore di storie antiche.
Giacomo Raspadori ha cominciato col padre Michele e il fratello Enrico sui campi del San Bartolomeo di Bondanello, a Castel Maggiore.
Il “gallo” Belotti, prima di dover convincere Mancini a trovargli un posto in Nazionale, aveva avuto un problema analogo con don Sergio all’oratorio San Pancrazio di Gorlago: in quel caso fu sufficiente fare il chierichetto per giocare.
I talent scout di Federico Bernardeschi si chiamano suor Lucia e suor Elisa, l’adolescenza calcistica di Jorginho è ambientata in un monastero, mentre Bonucci deve tutto a don Alfredo, per tanti anni parroco di Pianoscarano a Viterbo: Leo non stava fermo un minuto durante la messa, meglio utilizzarlo in partita (era un centrocampista, all’inizio).
Sirigu iniziò da centravanti nell’oratorio della Madonna di Fatima a Siniscola, Nuoro.
Spinazzola il campo ce l’aveva sotto casa a Foligno nella Virtus e poteva arrivarci da solo, con la mamma a guardarlo dalla finestra.
Mancini e Vialli sono cresciuti proprio in oratorio: San Sebastiano a Jesi e Cristo Re a Cremona. Il futuro ct giocò una partita anche il giorno della prima comunione: uscì dalla chiesa, corse direttamente al campetto, segnò due gol.