1/ La svolta nello Stato ebraico. Israele, Lapid: «C'è l'accordo di governo». Ora si attende la lista dei ministri dell’esecutivo con Bennett e il partito arabo, di Fiammetta Martegani 2/ Tregua in Israele/ Il problema resta aperto: chi ha regalato i palestinesi ad Hamas? È stata raggiunta una tregua tra Israele e Hamas. Ma in questa guerra la vera novità si registra sul fronte interno e coinvolge gli arabi israeliani. Un’intervitsa di Paolo Vites a Camille Eid
1/ La svolta nello Stato ebraico. Israele, Lapid: «C'è l'accordo di governo». Ora si attende la lista dei ministri dell’esecutivo con Bennett e il partito arabo, di Fiammetta Martegani
Riprendiamo da Avvenire del 3/6/2021 un articolo di Fiammetta Martegani. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Ebraismo e Israele.
Il Centro culturale Gli scritti (7/6/2021)
È finita ieri sera l’era di Benjamin Netanyahu, alla guida del governo di Israele da quasi tredici anni. A poco meno di mezzora dalla scadenza del mandato, (la mezzanotte locale, le 23 in Italia), Yair Lapid, leader centrista dell’eterogeneo “blocco del cambiamento”, ha informato il presidente Reuven Rivlin che avevano aderito al nuovo governo: Blu Bianco di Benny Gantz, Yamina di Naftali Bennett, “Israele Casa nostra” di Avigdor Lieberman, “Nuova speranza” di Gideon Saar, i Laburisti, la sinistra Meretz e il partito arabo islamista Raam.
Secondo le intese, Naftali Bennett sarà premier per i primi due anni mentre poi toccherà allo stesso Lapid. Per la prima volta, un partito arabo-israeliano – i conservatori islamisti di Ràam – partecipa ufficialmente alla formazione di un esecutivo dello Stato ebraico. «Il nuovo governo farà tutto il possibile per unire tutte le componenti della società israeliana»: ha assicurato Lapid al presidente Rivlin.
«Il nostro impegno – ha aggiunto – è di metterci al servizio di tutti i cittadini di Israele, inclusi quanti non sostengono questo governo». Con un riferimento ai forti attacchi provenienti dalla destra nazionalista, Lapid ha assicurato: «Ci impegniamo a rispettare quanti ci oppongono». Lapid ha poi informato Rivlin che intende sottoporre il nuovo governo alla approvazione della Knesset il più presto possibile. Poche ore prima, il Parlamento aveva eletto il nuovo presidente. «Lunga vita a Israele e al suo presidente». Con queste parole, Rivlin ha passato il testimone a Isaac Herzog, undicesimo capo dello Stato ebraico, eletto con 87 voti sui 120 della Knesset. L’altra candidata, Miriam Peretz, ne ha ottenuti 26.
Sette gli astenuti. È stata una della maggioranze più alte nella storia e il voto rispecchia la richiesta di un grande mediatore per Israele in questo particolare momento politico di divisione. Herzog, laburista, attivo promotore del processo di pace, è figura ideale per «costruire ponti», come ha detto lui stesso nel suo primo discorso da presidente eletto. Entrerà in carica il 9 luglio.
La campagna presidenziale è stata un esempio di rispetto e decoro in mezzo al caos politico attuale. Ed è stato incoraggiante vedere Herzog esprimere riconoscenza e ammirazione verso la sua sfidante – «Un’eroina, simbolo e fonte di ispirazione per tutti gli israeliani » – e ascoltare Perez – immigrata di origini marocchine che al Paese ha dato due figli: uno morto in Libano, l’altro ucciso a Gaza – congratularsi con il nuovo presidente, dicendo di pregare per la sua buona riuscita, perché «il suo successo è il mio successo e il successo di tutto il mio Paese».
Herzog ha detto di voler essere «il presidente di tutti». «Costruiremo ponti assieme. Daremo ascolto a qualsiasi posizione e a qualsiasi persona», ha sottolineato. Politico di lungo corso, non ha nascosto le grandi sfide che lo attendono: «È essenziale curare le ferite sanguinanti della nostra società – ha dichiarato – e proteggere i pilastri della nostra democrazia». E ancora: «Dobbiamo difendere la posizione internazionale di Israele e il suo buon nome fra i popoli. Dobbiamo anche combattere l’antisemitismo e l’odio contro Israele».
2/ Tregua in Israele/ Il problema resta aperto: chi ha regalato i palestinesi ad Hamas? È stata raggiunta una tregua tra Israele e Hamas. Ma in questa guerra la vera novità si registra sul fronte interno e coinvolge gli arabi israeliani. Un’intervitsa di Paolo Vites a Camille Eid
Riprendiamo da Il Sussidiario del 21/5/2021 un’intervitsa di Paolo Vites a Camille Eid. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Ebraismo e Israele.
Il Centro culturale Gli scritti (7/6/2021)
Tra Israele ed Hamas è stato raggiunto un accordo “simultaneo e reciproco” sul cessate il fuoco. La tregua è in vigore dalle 2 di stamattina. Fino a ieri si è assistito ad alcuni lanci di razzi dal Libano meridionale verso Israele nord: “Hezbollah ha smentito ogni responsabilità per il lancio di questi razzi” ci ha detto Camille Eid, giornalista libanese residente in Italia e collaboratore di Avvenire “si tratta di azioni di gruppi isolati di palestinesi. Bisognerebbe ricordare che in Libano ci sono tutt’oggi 350mila profughi palestinesi che attendono da anni di tornare a casa loro. Su quel fronte dalla fine della guerra del 2006 si verificano solo incidenti sporadici grazie alla presenza dell’Unifil”.
Quello che quasi tutti gli organi di stampa sembrano ignorare o lasciare in secondo piano, è come sia nata questa nuova guerra, in modo completamente diverso dalle precedenti, in seguito all’iniziativa di elementi di estrema destra israeliana che hanno provocato i palestinesi di Gerusalemme est: “L’altro grande elemento di novità sono state le prime manifestazioni della storia nei giorni scorsi che hanno visto insieme palestinesi che vivono a Gerusalemme e in Cisgiordania, una cosa che Netanyahu non aveva previsto e che segna una svolta di cui non conosciamo le conseguenze”.
Sono stati lanciati anche missili dal Libano. È un nuovo fronte?
No, è dal 2006 che gli incidenti in quella parte dei confini israeliani sono minimi grazie alla presenza delle forze di interposizione dell’Onu. Purtroppo in Libano ci sono oltre 350mila profughi palestinesi abbandonati da anni e tra loro qualche gruppo ha interesse a trascinare il Paese nella nuova escalation.
C’è però il sostegno iraniano ad Hamas e gli interessi in questa area sono tanti.
Certo, e questo aspetto viene spesso sottovalutato. Vediamo, infatti, un movimento sunnita come Hamas ricorrere all’Iran sciita per trovare sostegno, dando a Teheran la possibilità di presentarsi al mondo islamico come l’unico difensore dei diritti dei palestinesi. Ma perché lasciare all’Iran questo monopolio? È un gravissimo errore.
La polemica sempre aperta è che Hamas sfrutta la questione palestinese. Recenti sondaggi in vista delle elezioni legislative, poi rimandate dall’Autorità palestinese, davano una vittoria schiacciante di Hamas. Questo vuol dire che il popolo palestinese ormai sta con loro?
È vero: i sondaggi prevedevano una vittoria di Hamas alle elezioni del 22 maggio, poi annullate. Comunque, i palestinesi stanno con Hamas perché non vedono un’alternativa valida. È ovvio che sia così.
Perché?
Abu Mazen non prende posizione, è inattivo, da anni non conta più nulla. Si è attaccato come pretesto per rinviare le elezioni al fatto che Israele non concedeva il voto ai palestinesi di Gerusalemme est, ma è stata una scusa perché sapeva che avrebbe perso. I palestinesi si sentono abbandonati da tutti, anche dai paesi arabi che stanno firmando accordi di pace con Israele. Il rinvio di queste elezioni ha mandato a picco il processo di riconciliazione inter-palestinese tra i due governi di Ramallah e Gaza. In questo modo Hamas si è rafforzata, denunciando un colpo di stato di Abu Mazen. Tutto questo porta al rafforzarsi delle parti fondamentaliste in Israele e a Gaza.
Nessuno si sta accorgendo della grande novità in atto: per la prima volta nella storia lo scorso martedì migliaia di arabi israeliani hanno manifestato con i palestinesi contro gli espropri e i soprusi. Che significato ha?
Questo è l’aspetto di grande novità che Israele deve affrontare. A Netanyahu faceva comodo continuare a denunciare Hamas come forza terroristica staccata dal popolo palestinese, dicendo che la sua guerra è contro una aggressione terroristica e misconoscendo il fatto che la scintilla è stata a Gerusalemme. La novità adesso è che anche gli arabi che vivono all’interno dello Stato di Israele, circa il 20% della popolazione, si dichiarano parte integrante del popolo palestinese, e questo preannuncia degli sviluppi che ancora non conosciamo.
Lei è stato recentemente accusato di difendere Hamas e attaccare Israele. Cosa risponde?
Non difendo affatto Hamas e aborro le ideologie fondamentaliste, a qualsiasi religione appartengano. Ho al mio attivo un libro e decine di articoli sui movimenti radicali islamici, facilmente consultabili. Sono critico di Israele perché la sua politica di espropriazione e di annessione continua finisce per attizzare il radicalismo invece di combatterlo. Capisco che possa dare fastidio il fatto che un cristiano maronita come me difenda i palestinesi. Ma per me è una questione di principio e di giustizia. I libanesi hanno avuto un’amara esperienza con la presenza armata palestinese, ma ciò non mi ha mai impedito di credere nella giustizia della loro aspirazione a uno Stato sovrano in cui vivere in pace. Lo faccio anche dal punto di vista umano, di fronte a uno squilibrio informativo spesso incondizionato a favore di Israele.
Ci spieghi.
L’episodio dello sgombero dell’edificio della stampa dieci minuti prima di bombardarlo perché in una stanza di quel palazzo ci sarebbero stati dei terroristi, i bombardamenti su abitazioni civili, la morte dei bambini, sono una sproporzione ingiustificabile. Certamente condanno anche Hamas. Ma anche Dio, prima di distruggere Gomorra, si era detto disponibile a risparmiarla se vi fossero stati trovati anche solo dieci giusti. I bambini morti a Gaza in questi giorni sono terroristi o vittime innocenti?
Quali prospettive vede?
Si è arrivati a una tregua, ma fra tre anni potremmo essere allo stesso punto. Occorre andare alla radice del problema. Ci sono tante soluzioni che non sono più prese sul serio, come quella dei due Stati che convivono oppure quella dello Stato binazionale. Ma evidentemente a qualcuno fa comodo che si resti in questa situazione.
(Paolo Vites)