La lettera a Diogneto: «Abitano ciascuno la loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutte le attività di buoni cittadini e accettano tutti gli oneri come ospiti di passaggio. Ogni terra straniera è patria per loro, mentre ogni patria è per essi terra straniera. Obbediscono alle leggi stabilite, ma, con il loro modo di vivere, sono superiori alle leggi. I cristiani sono nel mondo quello che è l'anima nel corpo. La carne, pur non avendo ricevuto ingiustizia alcuna, si accanisce con odio e muove guerra all'anima; così anche il mondo odia i cristiani pur non avendo ricevuto ingiuria alcuna, solo perché questi si oppongono al male. Sebbene ne sia odiata, l'anima ama la carne e le sue membra, così anche i cristiani amano coloro che li odiano». La Lettera a Diogneto come chiave dinanzi all’Ascensione e al comando di guardare al cielo e al contempo di annunciare il vangelo ad ogni uomo
Riprendiamo sul nostro sito i passaggi più famosi della magnifica Lettera a Diogneto. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sezione Cristianesimo e religioni.
Il Centro culturale Gli scritti (16/5/2021)
1/ La lettera a Diogneto. Breve introduzione di Andrea Lonardo
Si potrebbe dire che la provvidenza ha voluto che il manoscritto della Lettera a Diogneto[1] giungesse fino a noi. Il testo fu scoperto per caso in una pescheria di Costantinopoli, dove era stato destinato a divenire materiale di imballaggio, nel 1436[2]. Fu “casuale” non solo che venne così salvato quando ci si accorse dell’inestimabile valore del testo, impedendo che servisse solo a spedire altrove pesce o altro materiale da pescheria, ma che ciò avvenisse 17 anni prima che i turchi distruggessero tutto a Costantinopoli, quando essi la conquistarono e la consegnarono alla razzia.
Dopo varie peripezie il manoscritto[3] giunse a Strasburgo[4], per cui è noto anche come Manoscritto di Strasburgo, dove andò distrutto nel 1870 in seguito ad un bombardamento dell’artiglieria prussiana. Provvidenzialmente – l’ennesima volta – ne erano state redatte due recensioni accurate nel 1842 e nel 1861, oltre a due copie risalenti al XVI secolo, tramite le quali è possibile leggerlo senza dubbio alcuno sull’autenticità della lettera del testo.
Del testo non si conosce né l’autore, né la data, né il luogo di composizione. Si ritiene, però, che il testo sia stato scritto fra la fine del II secolo e gli inizi del III secolo in ambiente alessandrino, oppure in Asia Minore o ancora a Roma[5].
Fu il Concilio Vaticano II a rendere famosa in età moderna la lettera a Diogneto citandola ben tre volte, in Lumen gentium 38, in Dei Verbum 4 e in Ad gentes 15.
2/ Lettera a Diogneto (qui i passi più noti, proposti anche nell’Ufficio delle Letture)
Dalla «Lettera a Diogneto» (Capp. 5-6; Funk, pp. 397-401)
I cristiani non si differenziano dal resto degli uomini né per territorio, né per lingua, né per consuetudini di vita. Infatti non abitano città particolari, né usano di un qualche strano linguaggio, né conducono uno speciale genere di vita. La loro dottrina non è stata inventata per riflessione e indagine di uomini amanti delle novità, né essi si appoggiano, come taluni, sopra un sistema filosofico umano.
Abitano in città sia greche che barbare, come capita, e pur seguendo nel vestito, nel vitto e nel resto della vita le usanze del luogo, si propongono una forma di vita meravigliosa e, per ammissione di tutti, incredibile. Abitano ciascuno la loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutte le attività di buoni cittadini e accettano tutti gli oneri come ospiti di passaggio. Ogni terra straniera è patria per loro, mentre ogni patria è per essi terra straniera. Come tutti gli altri si sposano e hanno figli, ma non espongono i loro bambini. Hanno in comune la mensa, ma non il talamo.
Vivono nella carne, ma non secondo la carne. Trascorrono la loro vita sulla terra, ma la loro cittadinanza è quella del cielo. Obbediscono alle leggi stabilite, ma, con il loro modo di vivere, sono superiori alle leggi.
Amano tutti e da tutti sono perseguitati. Sono sconosciuti eppure condannati. Sono mandati a morte, ma con questo ricevono la vita. Sono poveri, ma arricchiscono molti. Mancano di ogni cosa, ma trovano tutto in sovrabbondanza. Sono disprezzati, ma nel disprezzo trovano la loro gloria. Sono colpiti nella fama e intanto si rende testimonianza alla loro giustizia.
Sono ingiuriati e benedicono, sono trattati ignominiosamente e ricambiano con l'onore. Pur facendo il bene, sono puniti come malfattori; e quando sono puniti si rallegrano, quasi si desse loro la vita. I giudei fanno loro guerra, come a gente straniera, e i pagani li perseguitano. Ma quanti li odiano non sanno dire il motivo della loro inimicizia.
In una parola i cristiani sono nel mondo quello che è l'anima nel corpo. L'anima si trova in tutte le membra del corpo e anche i cristiani sono sparsi nelle città del mondo. L'anima abita nel corpo, ma non proviene dal corpo. Anche i cristiani abitano in questo mondo, ma non sono del mondo. L'anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile, anche i cristiani si vedono abitare nel mondo, ma il loro vero culto a Dio rimane invisibile.
La carne, pur non avendo ricevuto ingiustizia alcuna, si accanisce con odio e muove guerra all'anima, perché questa le impedisce di godere dei piaceri sensuali; così anche il mondo odia i cristiani pur non avendo ricevuto ingiuria alcuna, solo perché questi si oppongono al male.
Sebbene ne sia odiata, l'anima ama la carne e le sue membra, così anche i cristiani amano coloro che li odiano. L'anima è rinchiusa nel corpo, ma essa a sua volta sorregge il corpo. Anche i cristiani sono trattenuti nel mondo come in una prigione, ma sono essi che sorreggono il mondo. L'anima immortale abita in una tenda mortale, così anche i cristiani sono come dei pellegrini in viaggio tra cose corruttibili, ma aspettano l'incorruttibilità celeste.
L'anima, maltrattata nei cibi e nelle bevande, diventa migliore. Così anche i cristiani, esposti ai supplizi, crescono di numero ogni giorno. Dio li ha messi in un posto così nobile, che non è loro lecito abbandonare.
Note al testo
[1] L’indirizzo “a Diogneto” è nel primo versetto del testo, ma non si sa se indichi un personaggio reale – il nome è noto nell’antichità ed è portato, ad esempio, da uno dei maestri di Marco Aurelio (cfr. su questo l’Introduzione di S. Zincone, in A Diogneto, Roma, Borla, 1977, pp. 28-29) - o invece essere un nome simbolico e non individuale, significando infatti “generato da Dio”, ad indicare chiunque volesse rivolgersi a conoscere il cristianesimo.
[2] Per la storia testuale del manoscritto, cfr. l’Introduzione di S. Zincone, in A Diogneto, Roma, Borla, 1977, pp. 7-8.
[3] Il manoscritto comprendeva 22 scritti di epoche diverse di carattere apologetico, la maggior parte dei quali già noti.
[4] La voce Lettera a Diogneto di Cathopedia, consultata in data 16/5/2021, afferma che «un giovane chierico latino, Tommaso d'Arezzo, che si trovava a Costantinopoli per studiare il greco, recuperò per caso dal banco di un pescivendolo di quella città un manoscritto greco, destinato a fornire carta per imballare il pesce. Il codice da lui acquistato passò in seguito al domenicano Giovanni Stojkovic di Ragusa, legato del concilio di Basilea a Costantinopoli, il quale lo portò a Basilea. Pervenne poi all'umanista Giovanni Reuchlin; quindi, nel 1560 o nel 1580, all'abbazia di Marmoutier in Alsazia; di là, tra il 1793 e il 1795, alla Biblioteca municipale di Strasburgo. Il 24 agosto 1870, durante la guerra franco-prussiana, il fuoco dell'artiglieria prussiana incendiò la biblioteca distruggendo così anche il manoscritto della lettera».
[5] Cfr. su questo Diogneto (A), in Nuovo dizionario patristico e di antichità cristiane, A. Di Berardino (dir.), Genova-Milano, Marietti, 2006, vol. I, col. 1429.