Dobbiamo tornare ad essere comunisti e proprio sul tema del lavoro. Dell’assenza del tema comunista (e cristiano) del lavoro il 1° maggio, di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Giovanni Amico. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sezione Lavoro e professione.
Il Centro culturale Gli scritti (9/5/2021)
I temi del lavoro, della durezza delle condizioni lavorative, della mancanza di lavoro, della disparità degli stipendi - anche fra rapper e commesse di supermercato - è stato il punto di partenza della riflessione marxista e comunista, così come lo è stato del pensiero cattolico: nel pensiero cattolico e in quello comunista è sempre stato evidente che è il lavoro a permettere a ogni persona di portare il proprio contributo al bene, dove il proprio “mestiere” è sempre stato visto non solo come fonte di guadagno, ma come contributo alle città e al paese.
Tutto invece, sia nel dibattito pubblico, sia nelle celebrazioni del 1° maggio, allontana dal tema del lavoro, dell’equa retribuzione, del senso del lavoro, del suo farlo “a regola d’arte”.
È come se si parlasse di altro, perché non si ha niente da dire sul lavoro e sulla differenza degli stipendi e sulla disoccupazione e su come creare posti di lavoro per i nuovi migranti e sul senso del lavoro stesso.
Il dramma delle nuove migrazioni è che fa spostare popolazioni da un confine all’altro della terra per farli ritrovare ancora più poveri e, soprattutto, senza lavoro. Mai si sente parlare qualcuno di occasioni lavorative per i migranti e tantomeno il 1° maggio.
L’articolo della Costituzione che definisce la nostra repubblica fondata sul lavoro, nato dal convergere delle prospettive comunista e cattolica, è sottaciuta. Si discute di altri presunti diritti, perché non si ha, purtroppo, niente di comunista e di cattolico da dire sul lavoro!