La scelta di eliminare i classici nelle Università per seguire le visioni gender ha un aspetto positivo. Crescerà la voglia di tantissimi di riscoprire questi autori, trovando maestri più adeguati a presentarli dell’intellighenzia che li rifiuta, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Letteratura e Educazione e università.
Il Centro culturale Gli scritti (3/5/2021)
La scelta di eliminare i classici da talune Università per seguire le visioni gender, tipicamente occidentali, mostra quanto gli intellettuali si stiano allontanando dalla realtà e dalla gente. Tali istituzioni rifiutano proprio gli autori più amati dalla gente, quelli che, nonostante i limiti del contesto cui appartenevano – il contesto della nostra epoca ha limiti ben maggiori di quelli dei classici -, toccavano i cuori e le menti, allargando infinitamente lo sguardo di chi li ha letti nei secoli.
Gli autori cui tali Università invitano a rivolgersi ad esclusione dei classici sono, invece, legati esclusivamente al loro determinato contesto, con i pregiudizi della nostra epoca, poiché non esiste cultura che non ne abbia. Sono talmente legati al loro contesto a differenza dei classici che la maggior parte di essi già si rivelano superati, dopo pochissimi anni dalla loro composizione – ciò appare evidente per esperienza, ma è ovvio anche teoreticamente, poiché l’annullamento dell’idea di classico, e cioè dell'idea di un testo che dura nei secoli, renderà i testi odierni datati già fra 10 anni e tale è già il destino dei testi scritti negli anni '60, '70 e '80!
Se le scelte di escludere i classici perché non conformi all'ideologia gender o perché non politicamente corretti su temi sensibili, impoveriranno qualche generazione di studenti e saranno poi necessariamente riviste dalle prossime generazioni poiché miopi, ciò libera però uno spazio incredibile per l’oggi, perché i grandi autori, rifiutati da tali istituzioni, ridiverranno pane quotidiano per la gente comune, desiderosa di conoscere quei testi, perché sa che sono immortali - incredibile è la reazione della gente alle letture di Benigni o di Nembrini quando spiegano i grandi classici.
Ognuno di noi è testimone di quanto, in questi anni, esista un ritorno di passione verso i classici e quanto una lettura più esistenziale e libera di Dante e Leopardi, di Manzoni e Shakespeare, stia facendo breccia nei cuori e nelle menti di tanti.
Mentre sorridiamo, allora, delle scelte di tali istituzioni, ricordiamo che non è importante innanzitutto contestarle, quanto, molto di più, elaborare proposte perché tali autori siano riconsegnati all’uomo del III millennio che non mancherà di sentirsi compreso da chi lo aiuterà a capire quei classici che l’intellighenzia vuole cancellare.
Non bisogna preoccuparsi troppo nel lungo periodo della cultura della cancellazione - la cancel culture -, perché essa è la cancellazione della cultura e la cultura nel tempo si riprenderà necessariamente i suoi spazi, a scapito di chi sceglie la via dell'ignoranza.
La cultura che cancella i classici mostra la sua intolleranza, dichiarando quali siano i testi da conoscere e quali quelli da escludere, censurando autori e libri e mostrando che è puro flatus vocis il suo dichiarare di essere interessata a conoscere ogni cultura e ogni posizione. Ma certo, bisogna piuttosto preoccuparsi di riapproriarsi di quei testi e di quegli autori.