1/ Ddl Zan, associazioni donne: “No all’identità di genere scorporata dal sesso”. "Le donne non sono una sfumatura dell'arcobaleno Lgbt" 2/ Ddl Zan: servono confronti veri, non la guerra dei comunicati, di Marina Terragni
1/ Ddl Zan, associazioni donne: “No all’identità di genere scorporata dal sesso”. "Le donne non sono una sfumatura dell'arcobaleno Lgbt"
Riprendiamo dall’Agenzia DiRE - indirizzo www.dire.it una nota con allegato documento dell’8/4/2021. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Sessualità e gender.
Il Centro culturale Gli scritti (18/4/2021)
ROMA – “Uomini e donne omosessuali e transessuali devono ottenere rispetto e protezione dalla legge. Noi sosteniamo questa richiesta. Ma la formula ‘identità di genere‘, al centro del ddl Zan, ha un grave impatto sulla vita delle donne. Anche includere le donne tra le minoranze da tutelare è un errore inaccettabile: non siamo una sfumatura dell’arcobaleno Lgbt, siamo la maggioranza del Paese”. Lo dichiarano in una nota stampa congiunta associazioni di donne, riportate in fondo al comunicato.
“Il tempo per correggere il ddl c’è, non accettiamo il prendere o lasciare né la liquidazione del nostro pensiero come omofobico. Noi femministe – continuano - prendiamo atto di essere riuscite a fare emergere che l’espressione ‘identità di genere’ non è ammissibile, come dimostra anche la richiesta del Comitato per la Legislazione avanzata alla Commissione Giustizia della Camera (e ignorata). Ci aspettiamo ora che la discussione al Senato vada nella direzione da noi indicata: sostituire il concetto di ‘identità di genere’ con un più limpido e inequivoco ‘transessualità'”.
LE RICHIESTE DELLE ASSOCIAZIONI:
NO ALL’INSERIMENTO DELLA LOTTA ALLA MISOGINIA
Le donne sono la maggior parte dell’umanità, non una delle minoranze del mondo Lgbtq+: questa è la prospettiva minoritaria transfemminista, non quella femminista. Pensare le donne come sfumatura dell’arcobaleno Lgbtq+ non è accettabile e produce un pericoloso disordine simbolico. La lotta alla misoginia necessita di un percorso assolutamente diverso. Per queste ragioni continueremo a chiedere che questa proposta di legge, pericolosa per le donne, venga emendata in sede di dibattito parlamentare come da noi richiesto. Diversamente non sosterremo in alcun modo questa legge”.
NO ALL’ ‘IDENTITÀ DI GENERE SCORPORATA DALLA RADICE SESSUALE’
In tutto il mondo l’’identità di genere’ viene oggi brandita come un’arma contro le donne. Non è più il luogo in cui il sesso si coniuga con tutte le determinazioni sociali e storiche, è oggi il luogo in cui si vuole che la realtà dei corpi - in particolare quella dei corpi femminili - venga fatta sparire. È la premessa all’autodeterminazione senza vincoli nella scelta del genere a cui si intende appartenere, è l’essere donna a disposizione di tutti. È il luogo in cui le donne nate donne devono chiamarsi ‘gente che mestrua’ o ‘persone con cervice’ perché nominarsi donne è trans-escludente.
È la ragione per la quale chi dice che una donna è un adulto umano di sesso femminile viene violentemente messa tacere, come è capitato a molte femministe: da Germaine Greer a Sylvane Agacinski, Julie Bindel, Chimamanda Ngozi Adichie e ora anche a J.K. Rowling, l’autrice di Harry Potter, perseguitata per essersi detta donna e aver rifiutato la definizione di ‘persona che mestrua’. È il luogo in cui le donne nate donne devono chiamarsi ‘gente che mestrua’ o ‘persone con cervice’ perché nominarsi donne è trans-escludente. La ragione per cui oggi ci viene un messaggio forte e chiaro di questa confusione di corpi e di linguaggi dietro una indefinita etichetta di ‘genere’. In California 261 detenuti che ‘si identificano’ come donne chiedono il trasferimento in carceri femminili. Il ‘genere’ in sostituzione del ‘sesso’- proseguono le associazioni- diviene quindi il luogo in cui tutto ciò che è dedicato alle donne può essere occupato dagli uomini che si identificano in ‘donne’ o che dicono di percepirsi ‘donne’: dagli spazi fisici, alle quote politiche destinate alle donne; dai fondi destinati alla tutela delle donne contro la violenza maschile, alle azioni positive, alle leggi, al welfare per le donne. In questo sparirebbe, furbescamente e in un solo colpo, il divario di potere tra i sessi, il gender gap, la violenza maschile e tutto il resto ed avremmo una società che improvvisamente si trova ad aver superato la disparità storica e sociale tra uomini e donne.
LE ASSOCIAZIONI FIRMATARIE DELLA NOTA
Udi Nazionale, Udi Napoli, Collettivo Luna Rossa, Associazione Freedomina, Associazione TerradiLei-napoli, Arcidonna, Associazione Salute Donna, RadFem Italia, In Radice - per l’Inviolabilità del corpo femminile, Se Non Ora Quando Genova, I-Dee, Associazione Donne Insieme, Arcilesbica, Arcilesbica Magdalen Berns, Associazione Trame, Catena Rosa, Ide&Azioni Associate. Hanno sottoscritto la nota molte attiviste della società civile.
2/ Ddl Zan: servono confronti veri, non la guerra dei comunicati, di Marina Terragni
Riprendiamo dal Feminst Post un articolo di Marina Terragni pubblicato il 10/4/2021. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Sessualità e gender.
Il Centro culturale Gli scritti (18/4/2021)
Il femminismo critico nei riguardi del ddl Zan nei giorni scorsi ha emesso un comunicato - vedere sopra – in cui si tornano a elencare le ragioni per le quali ci opponiamo non a una legge contro l’omotransfobia, ma a QUESTA legge contro l’omotransfobia. Ragioni che sono sempre le stesse, da mesi, e in quanto tali perfettamente opinabili in un confronto - se venisse accettato, ma finora non è successo -.
È piuttosto deprimente che anziché considerare queste ragioni, anziché confrontarsi su queste ragioni si intraprenda una guerra dei comunicati allo scopo di dimostrare che le VERE femministe sono a favore del Ddl così com’è. L’ultimo, messo in piedi in fretta e in furia, sottoscritto da “attiviste di Se Non Ora Quando” (?) - che in quanto tale non esiste più da anni: esistono solo Snoq Libere, Snoq Factory, Snoq Genova e di altre città, ma Se Non Ora Quando no - e da un elenco di nomi - alcuni dei quali, scopriamo accidentalmente, non sapevano nemmeno di avere sottoscritto - e poi diffuso dalla grancassa dei siti Lgbtq+.
Tutto questo non è serio, è umiliante, riduce la politica a un gioco da tavolo e a un firmificio.
Potremmo rispondere esibendo le quasi 17 mila firme e le 320 associazioni, tra cui molte italiane, che hanno sottoscritto la Declaration on Women’s Sex-Based Rights (vedere qui), rete gender critical globale che si estende in 130 nazioni, ovvero in più della metà delle nazioni del mondo (di questa rete siamo le referenti italiane). Oppure menzionare la partnership politica con le femministe spagnole di Contra Borrado in lotta contro la Ley Trans e l’identità di genere (vedere qui), decine e decine di associazioni che sono efficacemente al nostro fianco. Potremmo menzionare l’americano Women Liberation Front (Wolf) e molte altre realtà. O anche semplicemente provare a ingaggiare come testimonial personagge-i dello showbitz.
In tutta franchezza non ci sentiamo di accettare questo piano.
Le questioni in gioco sono troppo importanti, toccano la radice dell’umano e la vita delle donne, delle ragazze, delle bambine e dei bambini, e non si può liquidare con un raccatto firme più o meno inventate.
L’onorevole Zan e gli altri firmatari della legge contro l’ombitransfobia hanno scelto di farsi eleggere in rappresentanza di tutte e tutti, compito che richiede un alto senso di responsabilità nonostante lo stato di salute non eccellente delle nostre istituzioni rappresentative. A lui e a loro chiediamo di mantenere la discussione al livello che merita. Soprattutto, di accettare di discutere: il confronto che stiamo chiedendo da mesi viene regolarmente rifuggito. Ogni tentativo è stato ignorato: per quale ragione?
Come Zan sa benissimo, noi non siamo Pillon. La verità delle nostre vite non consente di iscriverci alla destra omofobica. Le nostre biografie sono strettamente a intrecciate a quelle di sorelle e fratelli lesbiche, gay e trans, e per una parte di noi coincidono. Il femminismo, come ha riconosciuto Michel Foucault, ha dato moltissimo alla lotta Lgbt, e l’abbiamo fatto anche noi singolarmente, fino alle ultime piazze per le unioni civili.
Questo forse rende più complesso tenere conto delle nostre argomentazioni critiche al ddl, e misurarcisi. Anche perché siamo convinte che Zan e gli altri firmatari del ddl comprendono benissimo di che cosa stiamo parlando.
È davvero così difficile capire che non è possibile che una parlamentare venga perseguita per avere detto che “solo le donne partoriscono” (sta capitando in Norvegia)? Che è assurdo permettere a persone con corpi di uomini intatti partecipare alle competizioni sportive femminili? Che è molto pericoloso per le donne consentire a uomini che per ragioni di comodo si dichiarano donne di essere detenuti nelle carceri femminili (sta capitando in California, 270 richieste di trasferimento)? Che uno che si percepisce donna da 15 mesi non può pretendere, come sta facendo, di entrare in un convento femminile (sta capitando in Olanda)? (qui menzioniamo solo fatti degli ultimi giorni). Che non si possono imbottire di ormoni bambine e bambini di 8 anni, rendendoli rachitici e infertili, solo perché mostrano comportamenti non perfettamente conformi al loro sesso, come peraltro è capitato a quasi tutte-i noi? E che non è accettabile che a Vancouver, Canada, un padre sia stato incarcerato per essersi opposto ai puberty blockers somministrati alla sua bambina? (oggi si terrà una manifestazione in solidarietà dell’uomo, già minacciata dai transattivisti).
No, non è difficile. Chiunque abbia buon senso lo capisce. Questa è l’identità di genere, nella sua versione non glitterata e fashion. Il fatto è che l’identità di genere sta al centro del ddl Zan, e noi vogliamo parlarne. Vogliamo parlare di questo e di altre cose.
Chiudiamo quindi con l’ennesima richiesta a Zan e agli altri firmatari del ddl di accettare un confronto serio, approfondito e argomentato (dell’unica che giusto nei giorni scorsi si era detta forse disponibile, Monica Cirinnà, non abbiamo più tracce).