L'impatto della legge Zan sulla libertà d'espressione non è un possibile "effetto collaterale" ma l'obiettivo primario, la ragion stessa d'essere della legge, di Andrea Colombo
Riprendiamo sul nostro sito un post di Andrea Colombo, giornalista de Il manifesto, pubblicato sul suo profilo FB l’1/4/2021. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sezione Laicità e diritti umani.
Il Centro culturale Gli scritti (4/4/2021)
La legge Zan, come tutte quelle simili e precedenti, non mira a punire comportamenti: per quello ci sono già il codice penale e la legislazione normale. Mira a educare "sanzionando e punendo". Vuole intervenire sulle mentalità, non sulle azioni: per questo il legislatore ha aggirato le raccomandazioni della Commissione Affari costituzionali e i dubbi del presidente della Corte costituzionale sul rischio di lesione della libertà d'espressione limitandosi a riprodurre più o meno alla lettera il dettato costituzionale in materia.
L'impatto sulla libertà d'espressione non è un possibile "effetto collaterale" ma l'obiettivo primario. Le storture conseguenti, come il folle dibattito anglo-sassone sulla possibilità di definire donna una donna senza offendere le trans e per ciò stesso discriminarle, sono la ragion stessa d'essere della legge. Dunque non "possibili" ma inevitabili.
Essendo la sinistra in quasi tutte le sue diverse sfumature da sempre convinta che procedere a colpi di proibizioni e sanzioni sia il modo migliore per educare un popolo, e che il suo compito sia precisamente educare il popolo, non stupisce che si esalti per leggi simili.