Dall’antiquata contrapposizione Nord-Sud del mondo all’attuale antitesi Inner global-Inner local, di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Giovanni Amico. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per approfondimenti, cfr. la sezione Carità, giustizia e annunzio.
Il Centro culturale Gli scritti (28/3/2021)
Dalla contrapposizione Est-Ovest del mondo, tipica del secondo dopo-guerra, si era passati a quella Nord-Sud del mondo (cfr. su questo Est-Ovest, Nord-Sud o altrimenti? Nell’economia moderna la divisione fra ricchi e poveri passa ormai dentro ogni città, a Nuova Delhi come a Parigi, a Nairobi come a New York, alla Mecca come a Roma, a Pechino come al Cairo, di Giovanni Amico). In entrambe, era sempre l’occidente ad essere visto come la causa di ogni squilibrio.
Tale visione sta oggi mutando, anche se le modalità tradizionali alle quali ci si è abituati non permettono a tutti di cogliere subito le novità che emergono in maniera velocissima: oggi appare chiaro come sia semplicistico ritenere che il più grande potere economico e politico sia da localizzarsi in una qualche area del mondo. Esso è, invece, nelle mani di chi, nei diversi paesi del mondo, riesce ad imporre la sua leadership a livello globale, mentre restano indietro le persone e i gruppi sociali che non riescono a sollevarsi da un livello puramente locale. Ecco perché parliamo di Inner global, cioè di figure e gruppi che sono interni a qualsivoglia cultura, ma che abbiano potere globale e di Inner local e cioè di persone e gruppi che sono interni a qualsivoglia cultura, ma che abbiano un orizzonte puramente locale.
I grandi manager della comunicazione, del commercio internazionale, della finanza, del possesso dei big data possono essere oggi ancora statunitensi o europei, ma anche cinesi o indiani, arabi o sud-americani, africani o russi o giapponesi. Certamente ne fanno parte ancora cristiani, ma anche atei o agnostici, così come musulmani o induisti, buddisti o confuciani, cattolici, ortodossi o protestanti. Possono essere di destra, ma anche di sinistra, possono sostenere i Repubblicani o i Democratici, possono essere favorevoli o ostili a Putin, alleati o nemici della leadership cinese, avversari o amici dei Paesi del Golfo.
Di fatto sostengono la famiglia originaria oppure hanno una visione pro gender, possono essere singles o avere famiglia. Taluni sono filantropi, altri desiderosi di avere più denaro solo per sé. Sono bianchi o neri, di carnagione più giallastra o meticci, ma sono tutti Inner global.
Gli Inner global sono pochi e sono distribuiti ovunque. Nelle mani di questi Inner global che possono essere a New York, come a Stoccolma, a Parigi come a Pechino, a Bangalore come a Kinshasa, a Rio come a Nairobi, negli Emirati come a Bruxelles, è concentrata la maggior parte della ricchezza del mondo.
Dinanzi a questa oligarchia che detiene le informazioni sul web che determinano il commercio sta la gran massa degli Inner local, la gran massa delle persone semplici, anche qui europee o statunitensi, africane o asiatiche, sud-americane o arabe.
In ogni città del mondo è come se, ormai, ci fosse un piccolo gruppo di Inner global che beneficia del suo status, con stipendi altissimi e grandi proprietà, e, dall’altro, Inner local, una massa di persone che ha rendite infinitamente più basse e talvolta nemmeno una piccola casa per vivere o addirittura nemmeno un lavoro che offra una piccola rendita giornaliera.
Gli Inner global possono essere svedesi come congolesi, cinesi come sauditi, indiani come statunitensi, brasiliani come russi, emiratini come australiani.
Non c’è più un Nord del mondo localizzato geograficamente, ma ci sono ovunque quartieri diversi nelle diverse città e la nascita in un quartiere o in un altro della medesima città segna la differenza di reddito e di futuro.
Gli inner local sono ovunque, anche in Europa, - si pensi al sud dell’Europa, dall’Italia alla Grecia alla Spagna – come sono nei quartieri periferici delle metropoli della penisola arabica o nelle periferie dei centri della comunicazione cinesi, africani, indiani o sud-americani.
In qualsiasi regione del mondo gli Inner global non sono interessati allo sviluppo degli inner local.
Per questa diversa distribuzione delle ricchezze all’interno di ogni città del mondo, anche la migrazione tragicamente oggi non permette se non raramente di sviluppare diversamente la propria vita ed è sempre meno un ascensore sociale, mentre lo era agli inizi del novecento.
Un Inner local che migra mantiene quasi sempre lo status di Inner local nel nuovo contesto: era sfruttato nel suo paese d’origine, dove gli Inner global hanno ricchezze consistenti, e sarà sfruttato nel nuovo paese di destinazione dove Inner global diversi mantengono e difendono i loro privilegi.
La svolta alla quale si deve lavorare è quella di una crescita degli Inner local. Infatti l’uomo ha bisogno di vivere innanzitutto non delle relazioni astratte e commerciali con il mondo intero, ma innanzitutto il legame relazionale vivo e profondo con la sua famiglia di origine e con quella che crea, nel matrimonio e nella generazione dei figli.
La forza vera di noi, Inner local, è nella vitalità dei nostri rapporti umani, è nelle nostre amicizie, nella capacità di generare cultura nel piccolo, nelle case, nelle piazze, negli incontri a tu per tu, dove gli Inner global non hanno accesso. Dinanzi alla globalizzazione che esalta gli Inner global, noi Inner local sappiamo chi è l’uomo. Noi sappiamo che la globalizzazione è un dato di fatto, ma anche che l’essere uomini è un dato di fatto.