Elodie: «Io, cresciuta al Quartaccio fra droga in famiglia e amiche incinte a 15 anni. Ma si può venirne fuori». La cantante: il mio passato nel Quartaccio è la mia fortuna, non ho subìto la vita. E già da piccola provavo a proteggere mia sorella Fey, di Chiara Maffioletti

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 18 /03 /2021 - 15:05 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo da Il Corriere della Sera un articolo di Chiara Maffioletti pubblicato il 4/10/2020. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. Per ulteriori testi, cfr. la sezione Musica contemporanea.

Il Centro culturale Gli scritti (18/3/2021)

Nelle strade di Quartaccio, a Roma, qualche anno fa, c’era una ragazza con troppa libertà e grandi sogni. Li sentiva, avvertiva da sempre di voler fare «qualcosa di grande», ma non ci si soffermava e ancora meno si azzardava a condividerli con qualcuno, cresciuta com’era: quando devi difenderti da subito e per tutto, un talento o anche solo un’ambizione diventano per gli altri il tuo punto debole, il tasto dove andare a colpire. E quindi Elodie Di Patrizi non ne parlava, quasi non ci pensava. Ma dentro di lei sapeva che prima o poi, chissà come, ma da quel quartiere se ne sarebbe andata, che la sua vita non sarebbe rimasta quella che per vent’anni pareva l’unica possibile. «Oggi non mi sento tormentata e sono piuttosto lucida riguardo a quello che è stato. Considero il mio passato la mia fortuna: mi ha dato la possibilità di vedere la vita cruda fin dall’inizio e non l’ho subìta».

La famiglia

In ogni parola di Elodie c’è un carico di verità raro. Niente retorica, nessun dolore. Solo una finestra spalancata su un mondo che ti fa guardare a lei come a una specie di miracolo, incarnazione perfetta di uno quei fiori che contro ogni logica rompono l’asfalto e vedono la luce. «I miei si sono separati quando avevo otto anni ma anche prima non erano molto felici, a casa non c’era una bella arietta — racconta —. Mia mamma faceva la cubista, era una ragazza con problemi, mi ha avuta a 21 anni. Entrambi hanno sofferto molto ed erano onesti in questo, non hanno mai camuffato il loro malessere. Ma per me che ero una ragazzina e lì vedevo così erano dei folli». Anche lei era «un personaggetto particolare: le cose non mi scomponevano, ho avuto problemi complessi dentro casa, ma era come se li vedessi da fuori». I problemi dei suoi genitori, quando lei era solo una bambina, erano complessi davvero. «Tossicodipendenza. Io l’ho capito dopo un po’ ma non ho reagito arrabbiandomi, anche se poi ho avuto dentro di me tanta rabbia per parecchio tempo. Ho detto vabbè vi do una mano, cerco di capire come aiutare. Non mi va di addossare colpe a loro, ma sono stata anni a tentare di sistemare una cosa che non è sistemabile, non da una ragazzina».

Senza acqua calda

«Erano persone che stavano molto male». Un macigno che viaggiava «assieme a tutta una serie di rotture pratiche: tornavo a casa e non c’era l’acqua calda, non riuscivo a studiare, provavo a proteggere mia sorella che ha tre anni meno di me: cercavo di non farle capire quanto andassero male le cose. Una situazione che mi creava un nervoso, una rabbia enorme, ma che non mi ha mai fatto sentire una sconfitta». «Potrei fare un film dai miei otto anni ai 23, con tutti i personaggi della mia vita: anche solo sul pianerottolo c’erano spacciatori, gente sessualmente promiscua, alcolizzati, la mia famiglia che non era quella del Mulino bianco. Ma tutto il quartiere aveva volti parecchio coloriti: osservandoli è come se avessi studiato, ho amato tante di quelle persone. Mi hanno dato la possibilità di vedere le vita con serenità: tutte le cose si risolvono e anche quando soffri è una fortuna, perché stai vivendo». Un corso intensivo di umanità che oggi la fa sentire «tanto ricca: ho vissuto un sacco di esperienze anche senza girare, anche perché: dove andavo? Alla fine, siamo stati tutti tanto male ma adesso stiamo tutti bene. E sono orgogliosa della mia famiglia: sono frutto della loro storia». È felice però che nessuno, oggi, viva più in quella casa: «Sono successe troppe cose brutte». Lei ogni tanto torna a trovare le sue amiche storiche: «Le mie vicine del pianerottolo, altre ragazze con cui giocavo in cortile. Come me hanno vissuto cose difficili per la loro età, c’è chi l’ha presa in un modo, chi in un altro. Con alcune siamo riuscite a sviscerare quello che ci era successo solo da grandi, con altre non ne abbiamo parlato mai. Anche se ripeto sempre che non è colpa nostra, quello che è stato non deve condizionare la tua vita ma deve diventare un punto di forza perché significa che sei stato in grado di andare avanti e alzare l’asticella: dovremmo tutti sentirci più forti, mentre i figli di situazioni eccessive spesso se ne vergognano». Un primo passo necessario per evitare di sentirsi «dentro una gabbia, se no ci rimani incastrato. Parliamo di persone con situazioni hardcore, quindi dovrebbero essere iper aperti no? Invece c’è molta chiusura, c’è paura. In quei contesti non c’è un filtro aperto ma una totale mancanza di comunicazione». Anche lei si è vergognata, per qualche tempo, della sua storia.

La maturità mai fatta

«Ti senti sporco, questa è la verità. È un contesto che rischia di inghiottirti. Non studiamo, a nessuno gliene frega niente, ma chi ti chiede i voti della pagella? I miei genitori non sono mai andati a parlare con un professore. Io ho la terza media e per dirlo ci ho messo anni: mi vergognavo come una ladra». Nonostante la sua intelligenza non comune, Elodie anche oggi vive questa cosa come un difetto enorme: «Rimpiango moltissimo il fatto di essere ignorante. Mi fa sentire a disagio, anche perché sono stata vigliacca: ho fatto il liceo fino al quinto anno, senza mai essere bocciata. Arrivata a maggio, mi sono ritirata. Non mi sentivo all’altezza di fare l’esame. Certo, allora mica l’ho detto così, ho fatto la coatta: mi ero inventata una storia del tipo che non avevo bisogno che qualcuno mi giudicasse, che mi dicesse se fossi pronta o meno. Ma avevo solo paura del fallimento, una cosa che mi ha accompagnata a lungo». Non ha dubbi sul fatto che, specie in quartieri come il suo, «servirebbero delle super scuole, l’unica via d’uscita è lo studio, solo quello. Se tu studi vedi che ti passa la voglia di fare cavolate: ti si apre un mondo. Ma gli strumenti me li devi dare, invece se ne fregano. Senza, se sei giovane è un attimo che ti trovi a rubare o spacciare». Anche lei è stata «una ragazzina complicata. A 12 anni mi facevo le canne tutto il giorno: iniziavo la mattina e finivo la sera. Ogni giorno. Ho iniziato in seconda media, per stare tranquilla: ero sempre arrabbiata. Facevamo delle collette con le amiche e quelle erano le mie giornate: al liceo non capivo le lezioni, tornavo a casa e me le facevo di nuovo, tanto nessuno diceva niente, ognuno faceva come gli pareva. Bevevo anche, uscivo e tornavo alle 7 del mattino, a 15 anni: ho avuto una libertà totale. E se hai troppa libertà sbagli». Diverse sue amiche hanno avuto figli a 15, 16 anni. «Ecco io quello no, ero proprio vergine, anzi. Una delle più rigide su certe cose. Quando una mia amica si era fidanzata con un tossico di eroina ero impazzita: l’ho sequestrata dentro casa, le ho detto tu da qua non esci. Questo ha cercato di entrare, mia madre era spaventata, mi minacciava... ma cosa minacci, vatti a fa’ ‘na pera».

Scappata di casa

Normale, forse, che oggi gli insulti sui social non la scompongano più di tanto: «Ho già sentito tutti quelli possibili, pure con le mie amiche c’era una gara a chi era più scurrile. A un certo punto mi divertiva ma capivo che non volevo starci lì: i miei spasimanti mi spaventavano, vedevo queste ragazze fare figli... così me ne sono andata perché poi, se resti, rischi di non uscire più e io non volevo». A 19 anni si è trasferita a vivere in Salento, con un uomo. «Sono scappata di casa perché la situazione era veramente tosta e non sapevo più come gestirla. Mia sorella si era arrabbiata come una bestia perché quando sono andata via ha scoperto tutto. Nei periodi negativi devi tenere botta e resistere, ricordare, con lucidità, che le cose possono cambiare. Ma io non avevo più voglia di difendermi». Con il tempo l’ha capito anche sua sorella, Fey. Sono molto unite. «È lesbica ma non lo diceva. Lo sapevamo tutti ma lei non lo voleva dire e quando l’ha fatto si è messa a piangere... ma cosa piangi, le ho detto, ma fai come ti pare, basta che sei felice». Certo, anche poter parlare liberamente del proprio orientamento sessuale in quel contesto non è semplice: «Figurati se non ti chiamano frocio. Ma succede se ammetti qualunque cosa di tuo, di intimo: lo usano per attaccarti. Tutto così, una gara a chi umilia di più... ma se sei perso pure te, ma cosa vuoi da me». Elodie non è mai riuscita a mandare giù le ingiustizie: «Non sto zitta, sono “impiccetta”. Odiavo i bulli ma ero scontrosa come un bullo. Avevano paura di me perché ero un po’ isterica, secca secca, nervosa. Avevano paura dei miei occhi, di cos’altro? Ai bulli devi far capire che sei forte, fargli sentire quel disagio che vogliono incutere loro stessi». E lei lo faceva alla grande, «perché l’umiliazione mi fa stare proprio male, la sento addosso a me. Alle medie c’era una professoressa di filosofia tutta particolare: non si faceva la tinta, aveva dei peli di gatto sui vestiti, gli occhiali storti ma il suo modo mi faceva volare. Quando mi confessava che qualcuno l’aveva fatta impazzire, anche in un’altra classe, io entravo tutta spavalda e chiedevo: “Chi ha trattato male la professoressa?”». Un senso di protezione che ha provato per tutti, amiche comprese: «Alcune si sono perse, un’altra è finita in carcere. In generale stanno bene però, ma vivono situazioni che potevano sistemare meglio... sono sempre subordinate a questi cavolo di mariti che diventano dei figli e si appoggiano. Una è stata tosta, l’ha mandato a quel paese, sta crescendo da sola i suoi figli, lavora, non si compra un vestito... sono in tante così, con uomini che vogliono fare i pischelli per sempre. Quasi tutte a quelli gli fanno barba e capelli e non se ne rendono conto. Hai due figli che tiri su da sola, lavori, torni a casa e pulisci, sistemi tutti e riesci essere per bene: ma non ti rendi conto che hai due palle così?». Uno, dieci, cento fiori, che come lei sono riusciti a non soffocare e bucare l’asfalto.

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