È impressionante come la Chiesa sappia della centralità della misericordia e dell’elemosina, da chiederla anche al povero verso chi è ancora più povero. Appunti su Leone Magno, di Andrea Lonardo
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Il Centro culturale Gli scritti (21/2/2021)
L'obolo della vedova
È impressionante come la Chiesa sappia della centralità della misericordia e dell’elemosina, da chiederla anche al povero verso chi è ancora più povero.
Questo fatto segna la differenza da ogni visione assistenzialista del welfare, perché rende protagonista il povero e lo trasforma da passivo usufruitore in fratello e in compagno di cammino.
L’indicazione che anche il povero deve fare l’elemosina è già nei Padri della Chiesa e così ricorda san Leone Magno (brano nell’Ufficio di letture del giovedì dopo le Ceneri):
«Ai doverosi e santi digiuni nessuna opera si può associare più utilmente dell'elemosina, la quale sotto il nome unico di "misericordia" abbraccia molte opere buone. In ciò i fedeli possono trovarsi uguali, nonostante le disuguaglianze dei beni. L'amore che dobbiamo ugualmente a Dio e all'uomo non è mai impedito al punto da toglierci la possibilità del bene. Gli angeli hanno cantato: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2, 14). Ne segue che diventa felice e nella benevolenza e nella pace, chiunque partecipa alle sofferenze degli altri, di qualsiasi genere esse siano. Immenso è il campo delle opere di misericordia. Non solo i ricchi e i facoltosi possono beneficare gli altri con l'elemosina, ma anche quelli di condizione modesta o povera. Così disuguali nei beni di fortuna, tutti possono essere pari nei sentimenti di pietà dell'anima» (Dai Discorsi di san Leone Magno, papa, Disc. 6 sulla Quaresima, 1, 2; Pl 54, 285-287).
E, difatti, ognuno di noi conosce dei poveri che sono esempio di generosità impressionante.
Ma se così vive il povero, quanto l’invito alla elemosina e alla misericordia deve toccare ognuno di noi!