Si incrina l’immagine del nuovo Nord del mondo, dall’Arabia Saudita agli Emirati. I paesi arabi che dominano il mondo insieme agli USA non tollerano dissidenze. Il caso della principessa Latifa Al Maktoum reclusa in casa dal padre e l’omicidio di Jamal Khashoggi, di Giovanni Amico
1/ Si incrina l’immagine del nuovo Nord del mondo, dall’Arabia Saudita agli Emirati. Breve nota di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito una breve nota di Giovanni Amico. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Islam: paesi a maggioranza islamica e Islam: la questione dei diritti e della libertà religiosa.
Il Centro culturale Gli scritti (21/2/2021)
Il caso della principessa Latifa (di cui Gli scritti si è già occupato, data la rilevanza del caso: cfr. La sfida della principessa Haya: “Salvatemi dall’emiro di Dubai”. Si è aperta a Londra la battaglia legale tra lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum, e la moglie, fuggita con i figli, di Francesca Ca ferri) e quello del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi (di cui Gli scritti si è già occupato, anche qui data la rilevanza del caso: cfr. Tre articoli sul caso Khashoggi) incrinano l’immagine di paesi moderni e liberi che i nuovi potentati arabi intendono accreditare.
Nel caso della principessa si tratta di un sequestro familiare di persona, nel caso del giornalista saudita addirittura di un omicidio perpetrato contro un dissidente, probabilmente su diretto ordine del sovrano.
Per il suo assassinio sono stati fintamente puniti alcuni funzionari solo per distogliere l'attenzione dai mandanti e, ovviamente, non è stata fatta alcuna ricerca per appurare dove sia stato occultato il corpo del povero giornalista, ucciso nel consolato di Istanbul dove si era recato per firmare i documenti per il prossimo matrimonio, mentre la fidanzata lo aspettava all'esterno: se si fosse indagato sul cadavere, infatti, sarebbero immediatamente emerse le responsabilità governative, ben più in alto degli esecutori materiali dell'atto.
Ciò che appare incredibile è il silenzio delle democrazia occidentali, poiché sia gli Emirati che l’Arabia Saudita sono troppo ricchi e potenti perché non solo la politica, ma anche la stampa e il mondo dei media si decidano per una battaglia che li contesti. Si può protestare – e giustamente – per Giulio Regeni e per Patrik Zaki, perché in fondo l’Egitto non è ancora un paese dominante, ma nessuno ha interessi ad aprire contenziosi con il mondo arabo del Golfo che appartiene economicamente al Nord del mondo e determina gli equilibri mondiali ben più dell’Italia, della Grecia o della Spagna che hanno cessato da anni di determinare la politica internazionale, sostituiti ormai dai nuovi potentati, fra cui quelle nazioni della penisola arabica.
Le agenzie di stampa sottolineano che anche Netflix e Amazon hanno preferito non acquistare il docufilm, per non disturbare quei paesi così benestanti che è sempre comodo avere come amici.
Certo è che alla questione della libertà di pensiero che da sempre è uno dei lati oscuri dell’Islam, nelle nazioni arabe capitaliste e dominanti l’economia mondiale ora si aggiunge anche il despotismo dei sovrani che accresce ostacoli a tale libertà.
2/ Il video della principessa Latifa Al Maktoum, girato di nascosto in gabinetto, denuncia il suo rapimento da parte del padre, sovrano di Dubai, lo sceicco Mohammed bin Rashid Al Maktoum
Riprendiamo sul nostro sito una nota dell’agenzia di stampa ANSA pubblicata il 16/2/2021. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Islam: paesi a maggioranza islamica e Islam: la questione dei diritti e della libertà religiosa.
Il Centro culturale Gli scritti (21/2/2021)
Dovrebbe avere una vita da favola, circondata da lusso e attenzioni, e invece si è ritrovata a subire una prigionia da incubo, sotto il rigido controllo della polizia. La principessa Latifa, figlia dell'emiro di Dubai Mohammed bin Rashid Al Maktoum, lancia un nuovo inquietante appello sulle condizioni in cui la costringe a stare da anni il suo padre-padrone, nonché uno degli uomini più ricchi del pianeta.
E lo fa tramite una serie di video girati con uno smartphone di nascosto e fatti arrivare al programma Panorama della tv britannica Bbc. "Mi trovo in una villa e questa casa è stata trasformata in una prigione, tutte le finestre sono sbarrate, non le posso aprire, ci sono cinque agenti di polizia fuori dall'abitazione e due al suo interno", le parole della 35enne sceicca, che dice di essersi rinchiusa in bagno per registrare i suoi messaggi di sos, l'unico luogo in cui può farlo senza essere scoperta.
In un'altra registrazione, pubblicata online sul sito di news della Bbc, la figlia di primo letto dell'emiro, e protagonista anni fa d'un rocambolesco tentativo di fuga via mare finito con la cattura da parte delle unità di commando inviate dal padre fino al largo delle coste indiane, lancia l'accusa di essere stata perfino "drogata" in quell'occasione, per essere poi ricondotta nella sua prigione dorata. Nell'ultimo video appare ancora più angosciata: "Non so proprio cosa vogliano fare di me - aggiunge - la situazione peggiora di giorno in giorno, sono proprio stanca di tutto questo". L'invio di messaggi segreti di aiuto si sono poi interrotti e alcuni amici della principessa hanno consegnato i video all'emittente e chiesto l'intervento delle Nazioni Unite. Da tempo le autorità degli Emirati affermano invece che Latifa si trova al sicuro presso la sua famiglia. Era anche stata messa in giro la voce di un suo disturbo bipolare, che si è poi rivelata falsa.
Diversi personaggi pubblici hanno preso a cuore la sorte della principessa prigioniera. Come l'ex alto commissario Onu ed ex presidente irlandese, Mary Robinson, che aveva descritto Latifa come una "giovane donna turbata" dopo averla incontrata nel 2018 e ora dice di essere stata "orribilmente ingannata" dalla famiglia dell'emiro. Ha chiesto un'azione internazionale per stabilire le condizioni attuali e il luogo in cui si trova esattamente la 35enne, che ha tentato la fuga dal padre-padrone ben due volte senza riuscirci: da adolescente nel 2002 e poi nel 2018. Questo è solo l'ultimo dei problemi per il potente emiro di Dubai, che conta però su alleanze e interessi miliardari con l'Occidente.
3/ “The dissident”, film-coraggio sui sauditi killer, di Alessandra De Luca
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Alessandra De Luca pubblicato su Avvenire del 14/2/2021. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Islam: paesi a maggioranza islamica e Islam: la questione dei diritti e della libertà religiosa.
Il Centro culturale Gli scritti (21/2/2021)
Esce su Miocinema il lavoro del regista Bryan Fogel sul brutale assassinio del giornalista saudita Jamal Khashoggi voluto dal principe Mohammed bin Salman, nell'indifferenza dell'Occidente
Il nome di Jamal Khashoggi probabilmente non vi dirà nulla. Era un giornalista saudita, molto vicino alla famiglia reale che, a causa del giro di vite nel trattamento degli attivisti per i diritti umani, decide nel giugno del 2017 di lasciare il suo Paese e di trasferirsi negli Stati Uniti, dove inizia a collaborare regolarmente con il Washington Post. Khashoggi collabora anche con lo studente saudita Omar Abdulaziz, arrivato in Canada nel 2009 per frequentare la McGill University. In seguito alle sue critiche alla repressione saudita però la borsa di studio gli viene revocata dal governo del suo Paese e nel 2014 gli viene concesso l’asilo politico in Canada.
I due lavorano a vari progetti per portare una maggiore libertà di espressione in Arabia Saudita, elaborando anche programmi informatici per contrastare il controllo statale saudita dei social media e creando una squadra di utenti (the bees/le api) che denunciano la propaganda del regime. ll cellulare di Abdulaziz viene però hackerato dal governo saudita utilizzando il software spia Pegasus, acquistato dalla società israeliana NSO Group, e il 2 ottobre 2018, quando Khashoggi si reca al consolato saudita di Istanbul per ritirare i documenti necessari a sposare la fidanzata Cengiz, sparisce nel nulla. Solo il 20 ottobre, in seguito alle indagini della polizia turca, i sauditi ammettono che il dissidente è morto all’interno del consolato.
Scopriremo che il suo cadavere è stato smembrato con una sega da macellaio, gli arti e la testa sono stati staccati, il busto segato in due. L’uomo è morto pochi minuti dopo il suo ingresso nell’edificio mentre la fidanzata lo attendeva in strada. Lo sconvolgente documentario The Dissident realizzato da Bryan Fogel e disponibile con Lucky Red sulla piattaforma Miocinema, ricostruisce meticolosamente la storia di un massacro annunciato, le indagini condotte in Turchia e negli Usa, le responsabilità del Principe ereditario saudita Mohammed bin Salman considerato il mandante dell’omicidio, le pressioni su Abdulaziz, esercitate attraverso l’incarcerazione del fratello e di un gruppo di amici senza nessun capo di imputazione.
Ma ci restituisce anche la sostanziale indifferenza delle Nazioni Unite, dell’Europa e degli Usa di Trump pronti, in nome del petrolio e del denaro, a chiudere un occhio, anzi due, di fronte allo scandaloso e sistematico disprezzo dei diritti umani. «Fin dall’inizio, mi era chiaro che questo sarebbe stato un film sulla verità», ha dichiarato il regista, già vincitore di un premio Oscar per Icarus, sullo scandalo doping alle Olimpiadi di Sochi, in Russia, e la cosa che più lo ha sconvolto è stata «il dover affrontare lo schiacciante ammontare di prove e la sconcertante quantità di condotte illecite e di malafede. Non una singola nazione è stata disposta a prendere posizione contro il denaro rappresentato da questa monarchia assoluta».
A sconvolgervi però non sarà solo la brutalità di un assassinio che punisce il coraggio della verità e della libertà, ma anche il resoconto dei meccanismi di violazione della privacy che consentono alle dittature di manipolare la popolazione attraverso i social media. Un sistema complesso che invece di essere messo al servizio della lotta contro terrorismo e criminalità è diventata un’arma potentissima nelle mani di chi cancella libertà di pensiero e di parola.