Odio l’ignobile Dante, di Davide Brullo
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Il Centro culturale Gli scritti (14/2/2021)
L'anniversario dantesco è diventato il mercimonio degli intellettuali salottieri, la fiera delle vanità, un profluvio di chiacchiere. Gli anniversari erigono odiosi ologrammi dei morti: ci si fa intorno al venerato defunto, lo si accarezza, si compra un libro, poi si archivia, in soffitta, cristallizzato tra motti, commenti, fotografie, minchiate.
Gli anniversari sono detestabili perché di norma sono la seconda – o l’ennesima – morte del beato estinto. Al posto di scoperchiare le tombe e di strappare a morsi il cadavere, lo si mummifica in una – munifica – teca di convenzionali celebrazioni.
Voglio dire: Dante pretende la lotta. “Se Dante mi annoia e se mi considero superiore a lui, lo affermo senza paura: è un mio diritto”, disse Witold Gombrowicz, dopo aver pubblicato un feroce pamphlet in cui sfidava la Commedia. Giuseppe Ungaretti andò in furia, scrisse un biglietto a Dominique de Roux: “Il libretto su Dante di quel polacco è vergognoso. È un fatto senza senso, idiota, che questa calunnia sia stata stampata. L’ho gettato via e mandato al diavolo questa cretina mostruosità”. Eppure, le ingiurie di Gombrowicz, rispetto agli inchini civici, ignobili, sono corroboranti.