Charles Darwin: le moderne edizioni traducono spesso “sauvage”, l’appellativo che egli indirizza agli uomini della Terra del Fuoco, con “indigeno” e non con "selvaggio", forse per paura che qualcuno getti giù anche le statue di Darwin come razzista. In realtà, la traduzione non scientifica di Einaudi nasconde una questione di vitale importanza per capire la visione darwiniana dell’evoluzione e dell’uomo, di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 07 /02 /2021 - 15:24 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Andrea Lonardo con due allegati. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Scienza e fede.

Il Centro culturale Gli scritti (7/2/2021)

Abitante della Terra del Fuoco, 
"selvaggio" nel linguaggio di
C. Darwin, ritratto nel corso
del viaggio del Beagle

Charles Darwin, nel suo diario Viaggio di un naturalista intorno al mondo, chiama gli abitanti della Terra del Fuoco “selvaggi”. Savage è il termine utilizzato dal naturalista.

Darwin non solo utilizza il termine “selvaggi” per quegli uomini, ma si esprime con modalità che sarebbero per noi inaccettabili, ma che erano abituali all’epoca. Afferma, ad esempio (per il testo integrale della narrazione si veda più in basso il primo allegato a questo nostro articolo):

«Era invero quello lo spettacolo più curioso e più interessante che io avessi mai veduto; non potevo credere che la differenza fra l'uomo selvaggio e l'uomo incivilito fosse tanto grande; essa è maggiore ancora di quella che passa fra l'animale domestico e l'animale selvatico, per la ragione che nell'uomo v'ha una più grande potenza di miglioramento».

«Il loro aspetto era basso e triviale».

«Quando penso a tutte le sue buone qualità [di Jemmy Button, il selvaggio prelevato dagli esploratori per essere portato in Inghilterra e poi riportato in Terra del Fuoco, colui che più si era occidentalizzato degli indigeni già sequestrati dai marinai che accompagnavano C. Darwin], mi sembra del tutto sorprendente che egli appartenesse alla stessa razza, e partecipasse dello stesso carattere di quei miserabili ed abbietti selvaggi che incontrammo qui la prima volta».

«Dopo che il nostro primo e grande sentimento di meraviglia fu passato, non vi era nulla di più ridicolo che lo strano misto di sorpresa e di imitazione che questi selvaggi mostravano ad ogni momento».

«I loro volti orribili erano imbrattati di pitture bianche; avevano la pelle sudicia ed untuosa, i capelli arruffati, la voce discorde e i loro gesti erano violenti. Guardando quella sorta di uomini non si poteva quasi credere che fossero nostri simili ed abitanti dello stesso mondo. È argomento comune di congettura pensare quale piacere possano godere nella vita gli animali inferiori: quanto più ragionevolmente si potrebbe fare la stessa domanda rispetto a questi barbari! La notte, cinque o sei esseri umani, nudi e appena protetti dal vento e dalla pioggia di questo tempestoso clima, dormono sul terreno umido raggomitolati come animali».

«Le differenti tribù quando fanno guerra sono cannibali. Secondo la testimonianza concordante del fanciullo preso dal signor Low e di Jemmy Bulton, è certamente vero che quando in inverno sono stretti dalla fame, uccidono e divorano le loro vecchie donne prima di uccidere i loro cani. Il fanciullo al quale il signor Low domandò perché facessero, questo rispose: «i cani prendono le lontre; le vecchie noi». Questo fanciullo descriveva il modo in cui le anziane venivano uccise, tenendole sopra il fumo in maniera tale da farle soffocare; egli imitava per scherzo le loro grida, e descriveva le parti del loro corpo che son considerate migliori da mangiare. Per quanto orribile debba essere la morte ricevuta dalle mani degli amici e dei parenti, i terrori delle vecchie quando la fame comincia a farsi sentire sono ancora più dolorosi da immaginare; ci fu detto che sovente esse fuggono via nei monti, ma sono inseguite dagli uomini e ricondotte indietro per essere macellate nelle loro proprie case!»

«Osservando questi selvaggi si può domandare donde sono venuti? Che cosa può aver spinto o qual mutamento può aver obbligato una tribù di uomini ad abbandonare le belle regioni del Nord, a scendere le Cordigliere o spina dorsale dell'America, ad inventare e fabbricare barche, che non sono adoperate dalle tribù del Chili, del Perù e del Brasile, e ad addentrarsi in una delle più inospitali contrade del mondo? Quantunque queste riflessioni debbano a prima vista occupare la mente, possiamo esser certi che sono in parte erronee. Non vi è ragione per credere che gli abitatori della Terra del Fuoco diminuiscano di numero; perciò dobbiamo supporre che godano di una certa tal quale felicità, qualunque essa possa essere, che rende loro cara la vita. La natura potenziando al massimo l'abitudine, e i suoi effetti ereditari, ha reso l'abitatore della Terra del Fuoco adattato al clima ed alle produzioni del suo miserabile paese».

«La perfetta uguaglianza che esiste fra gli individui componenti le tribù degli abitatori della Terra del Fuoco ritarderà per lungo tempo il loro incivilimento. Come vediamo che gli animali i quali sono spinti dall'istinto a vivere in società e ad obbedire ad un capo, sono più soggetti a miglioramenti, così vediamo la stessa cosa accadere nelle razze umane. Sia che noi consideriamo questo fatto come una causa od un effetto, le razze più civili hanno sempre governi più artificiali. […] D'altra parte, è difficile comprendere come possa sorgere un capo finché non vi sia una proprietà qualunque per mezzo della quale egli possa manifestare la sua superiorità ed accrescere il suo potere».

Si noti che al tempo di Darwin, poiché avvenivano solo allora i primi contatti con determinate popolazioni, risultava evidente che la povertà e l’arretratezza culturale di talune popolazioni non era dovuto al colonialismo o ad un particolare intervento di popolazioni più ricche, come quelle occidentali, bensì la miseria era un dato di fatto atavico in moltissime popolazioni, ben precedente l’incontro con qualsiasi bianco.

L’arretratezza culturale e la povertà degli indigeni della Terra del Fuoco non dipendeva da una cattiva gestione dei rapporti internazionali o economici, bensì dal non essere ancora stati toccati da popolazioni che erano cresciute nella “civilizzazione”, per quanto discutibile possa oggi sembrare tale appellativo di “civiltà”.

Curioso è che un editore abitualmente “scientifico” nelle traduzioni come Einaudi abbia attenuato l’impatto negativo del termine “selvaggio” dal testo di Darwin, traducendo spesso scorrettamente savage con “indigeno”[1]: evidentemente la paura della casa editrice è che i lettori del diario di viaggio di Darwin possano decidersi a contestare il grande naturalista, accusandolo di razzismo e rovesciandone le statue disseminate per il mondo, come hanno fatto, ad esempio, con quelle di Junipero Serra, il francescano che evangelizzò la California e dette il nome di San Francisco alla città.

Ma la problematicità della posizione di Darwin non risiede esclusivamente nel termine “selvaggio” rivolto agli abitanti della Terra del Fuoco di allora. Il problema più profondo è quello della sua prospettiva evoluzionista: Darwin, trasferendo all’evoluzione umana la sua visione della “selezione naturale”, non esita a proporre un giudizio sulle “razze” umane quasi esse siano “qualitativamente” diverse, perché diversamente evolutesi.

Ciò appare evidente nel suo scritto L’origine dell’uomo, nel quale Darwin si diffonde a spiegare, a partire dal suo punto di vista, perché gli uomini non abbiano le stesse capacità nei diversi continenti del mondo. Poiché al suo tempo era da escludere che ciò potesse essere avvenuto perché le etnie più ricche avrebbero sottratte beni agli altri, poiché mai, fino ad allora, l’occidente aveva incontrato le popolazioni della Terra del Fuoco e mai le aveva dominate, ecco che il naturalista cerca una soluzione nell’evoluzione e nella selezione naturale al motivo del divario di civilizzazione che gli appare evidente.

Poiché, infatti, le attuali teorie basate sulla competizione economica fra Nord e Sud del mondo non avevano allora alcun senso, ecco che egli doveva trovare in natura e non nel conflitto fra classi sociali o fra ricchi e poveri, una diversa spiegazione. 

Nel capitolo de L’origine dell’uomo, che pubblichiamo nel secondo allegato, Darwin cerca di capire perché talune nazioni abbiano progredito e altri luoghi, come la Terra del Fuoco, siano rimasti indietro.

Poiché Darwin ragiona rigidamente a partire dalla selezione naturale, dopo aver analizzato i dati evoluzionisticamente negativi dell’occidente, come il fatto di non sopprimere i nati deboli - come a suo dire avviene nei popoli non evoluti - o come la costatazione che le personalità meno intellettualmente capaci tendano a sposarsi prima e quindi ad avere un vantaggio evolutivo per la precocità delle nascite, il naturalista individua nello sviluppo delle capacità intellettuali la questione decisiva e sottolinea come ciò necessiti anche di condizioni economiche di alto livello: solo dove alcuni posseggono grandi proprietà è possibile che la specie progredisca con individui di successo che facciano poi emergere l’intero gruppo sociale.

Certo è che le considerazioni di Darwin sono sbalorditive, viste con occhi contemporanei, e il suo rigido determinismo è frastornante.

Qui una selezione di brani, mentre, in appendice, il capitolo completo:

«Fra i selvaggi, i deboli di corpo e di mente vengono presto eliminati e quelli che sopravvivono godono in genere di un ottimo stato di salute. D'altra parte, noi uomini civili cerchiamo con ogni mezzo di ostacolare il processo di eliminazione».

«Così i membri deboli della società civili si riproducono. Chiunque si sia interessato dell'allevamento di animali domestici non dubiterà che questo fatto sia molto dannoso alla razza umana».

«Eccettuato il caso dell'uomo stesso, difficilmente qualcuno è tanto ignorante da far riprodurre i propri animali peggiori».

«In tutti i paesi che mantengono un grande esercito permanente, i giovani migliori sono coscritti ed arruolati. Sono perciò esposti a una morte precoce in guerra, sono spesso tentati dal vizio, e non possono sposarsi nel fiore degli anni. D'altra parte gli uomini più deboli e più bassi, con costituzioni peggiori, rimangono a casa ed hanno quindi una probabilità molto maggiore di sposarsi e di perpetuare la loro stirpe».

«L'eredità della proprietà per se stessa è ben lontana dall'essere un male, perché senza l'accumulo delle proprietà le arti non progredirebbero; ed è soprattutto con il potere di questi che le razze civili hanno esteso e vanno tuttora estendendo la propria cerchia in modo da prendere il posto delle razze inferiori. E l'accumulo moderato della ricchezza non può ostacolare il processo di selezione».

«La presenza di un gruppo di uomini ben istruiti, che non devono lavorare per il pane quotidiano, ha un'importanza che non è possibile sopravvalutare; essi infatti compiono tutto il lavoro intellettuale di alto livello, e da tale lavoro dipende ogni genere di progresso materiale».

«Gli uomini ricchi mercé la primogenitura possono scegliere, generazione per generazione, le donne più belle e affascinanti, le quali devono essere generalmente sane di corpo e attive di mente».

«Sebbene la civilizzazione arresti perciò in molti modi l'azione della selezione naturale, essa apparentemente favorisce un migliore sviluppo del corpo, grazie al buon nutrimento e alla libertà dalle fatiche occasionali. Questo si può dedurre dal fatto che gli uomini civili sono sempre stati riconosciuti, se confrontati ai selvaggi, fisicamente più forti di questi ultimi. Essi sembrano avere anche un eguale potere di resistenza, secondo quanto è stato dimostrato da molte avventurose spedizioni».

«Anche il grande lusso del ricco può non essere dannoso».

«Se ad ogni livello della società si dividessero i membri in due gruppi uguali, l'uno contenente gli intelletti superiori e l'altro gli intelletti inferiori, indubbiamente i primi riuscirebbero meglio in tutte le attività ed alleverebbero un maggior numero di figli».

«Quindi nelle nazioni civilizzate ci sarà una qualche tendenza ad un aumento sia quantitativo che qualitativo delle capacità intellettuali».

«Per quanto riguarda le qualità morali, è sempre in corso una certa eliminazione delle peggiori disposizioni, anche nelle nazioni più civili. I malfattori sono giustiziati o tenuti in prigione per lunghi periodi, in modo che non possano liberamente trasmettere le loro cattive qualità. Gli alienati ed i melanconici vengono rinchiusi o si suicidano. I violenti e i litigiosi fanno spesso una fine violenta».

«Nei paesi civili un ostacolo molto importante all'aumento del numero di uomini di una classe superiore è [dato dal] fatto che i poverissimi e gli irrequieti, che sono spesso degradati dal vizio, quasi inevitabilmente si sposano presto, mentre i cauti ed i frugali, che sono generalmente virtuosi, si sposano tardi […]. Inoltre, i figli nati da madri nel fiore degli anni sono più robusti e più grandi, quindi probabilmente più vigorosi, di quelli nati in altri periodi della vita della madre. Così i membri irrequieti, degradati e spesso viziosi di una società tendono ad aumentare ad un tasso maggiore di quelli in generale virtuosi e previdenti».

«È stato stabilito da un'enorme raccolta di dati statistici rilevati nel 1853, che in Francia gli scapoli tra i venti e gli ottanta anni morivano in proporzione maggiore degli ammogliati; per esempio su 1.000 scapoli dai venti ai trenta anni, ne morivano ogni anno 11,3; fra gli ammogliati 6,5».

«Il dott. Stark osserva a questo proposito: “Il celibato accorcia la vita più di qualunque malsana attività e più della residenza in una casa malsana o in un distretto dove non si sia mai avuto un miglioramento delle condizioni sanitarie”».

«È molto difficile dire perché una nazione civile si innalzi, divenga più potente e si diffonda più di ogni altra; o perché una stessa nazione progredisca più rapidamente in un periodo piuttosto che in un altro. Possiamo solo dire che ciò dipende dall'aumento del numero attuale della popolazione, dal numero di uomini dotati di maggiori qualità intellettuali e morali, come dal loro livello di superiorità. La struttura corporea sembra avere un'influenza minima, tranne per il fatto che la robustezza del corpo rende vigorosa anche la mente».

«Il risveglio delle nazioni europee dalle epoche più oscure è un problema che desta ancor più perplessità. In quel primo periodo, ha affermato Galton, quasi tutti gli uomini di natura gentile dediti alla meditazione o alla cultura non avevano altro rifugio che la Chiesa, che richiedeva il celibato; […] Il male che fece in questo modo la Chiesa cattolica è incalcolabile, sebbene senza dubbio fu in qualche modo controbilanciato da altri fattori. Ciò nonostante l'Europa ha incomparabilmente progredito».

«Apparentemente v'è molta verità nel credere che il magnifico progresso degli Stati Uniti, così come il carattere del popolo, sia effetto della selezione naturale; infatti tutti gli uomini più energici, coraggiosi ed irrequieti sono emigrati da tutte le parti d'Europa».

«Per quanto oscuro sia il problema del progresso della civiltà, possiamo almeno vedere che la nazione che produce per un lungo periodo un grandissimo numero di uomini di elevato intelletto, energici, coraggiosi, patriottici e generosi, in linea di massima prevarrà sulle altre nazioni meno favorite».

«Da quanto vediamo ad esempio in alcune parti del Sud America, sembra che un popolo che si può definire civile, come quello dei coloni spagnoli, è soggetto a diventare indolente ed a regredire quando le condizioni di vita sono troppo facili. Nelle nazioni molto civili il continuo progresso dipende in grado subordinato dalla selezione naturale; infatti tali nazioni non ne soppiantano e non ne sterminano altre come fanno le tribù selvagge. Tuttavia i membri più intelligenti in seno ad una comunità a lungo andare riusciranno meglio di quelle inferiori e lasceranno una prole più numerosa: questa è una forma di selezione naturale».

Allegato A. Il capitolo La Terra del Fuoco tratto da Viaggio di un naturalista intorno al mondo di C. Darwin,  disponibile on-line, senza l’aggiustamento del termine “selvaggio” con il termine “indigeno” secondo le versioni più moderne e purgate

[…]

«Al nostro entrare fummo salutati in modo benevolo dagli abitanti di quella terra selvaggia. Una comitiva di indigeni nascosti in parte dalla intricata foresta, stavano appollaiati sopra una punta scoscesa sporgente nel mare; e mentre noi vi passammo sotto, si alzarono in piedi e sventolando i loro vestiti cenciosi mandarono un forte e sonoro grido.

I selvaggi tennero dietro alla nave, e un po' prima di notte vedemmo i loro fuochi, e udimmo nuovamente il loro aspro grido...

Quando fummo loro abbastanza vicini da farci udire, uno dei quattro indigeni che erano presenti si avanzò verso di noi, e cominciò a gridare con veemenza, volendo mostrarci il punto dove dovevamo approdare. Sbarcati che fummo la comitiva degli indigeni parve alquanto allarmata, ma continuò a parlare e gestire vivacissimamente.

Era invero quello lo spettacolo più curioso e più interessante che io avessi mai veduto; non poteva credere che la differenza fra l'uomo selvaggio e l'uomo incivilito fosse tanto grande; essa è maggiore ancora di quella che passa fra l'animale domestico e l'animale selvatico, per la ragione che nell'uomo v'ha una più grande potenza di miglioramento.

L'oratore principale era vecchio, e pareva essere il capo della famiglia; gli altri erano giovani robusti, alti circa un metro e ottanta centimetri. Le donne ed i bambini erano stati mandati via. Questi abitatori della Terra del Fuoco sono una razza molto differente da quei rachitici, meschini, miserabili che stanno più all'occidente; e sembrano più strettamente affini ai famosi Patagoni dello stretto di Magellano. Il loro unico vestimento consiste in un mantello fatto colla pelle del guanaco, con la lana al di fuori; lo portano gettato sulle spalle, lasciando le loro persone tanto coperte quanto scoperte. La loro pelle è di color rame rosso sudicio. Il vecchio aveva una rete di piume bianche intorno al capo, che in parte tenevano indietro la sua nera, ruvida, ed arruffata capigliatura. Il suo volto era attraversato da due larghe strisce trasversali ; una tinta di un bel rosso brillante andava da un orecchio all'altro includendo il labbro superiore; l'altra bianca di calce, si estendeva sopra e parallelamente alla prima per cui anche le sue palpebre erano in tal modo colorite. Gli altri due uomini erano ornati con righe di polvere nera fatta con carbone. Tutta la comitiva rassomigliava molto ai demoni che vengono rappresentati in opere come il Freischutz.

Il loro aspetto era basso e triviale, e l'espressione del loro volto era la diffidenza, la sorpresa, e lo sgomento. Dopo che noi regalammo loro qualche pezzo di panno scarlatto, che si ravvolsero immediatamente intorno al collo, divennero subito familiarissimi. Il vecchio mostrava ciò battendosi sul petto colla mano, mandando un suono chiocciante, come fanno alcuni quando danno da mangiare ai pulcini.

M'incamminai col vecchio, e questa dimostrazione d'amicizia fu ripetuta parecchie volte; e fu conclusa con tre forti percosse che mi furono date sul petto e sul dorso contemporaneamente. Egli allora si scoperse il petto onde potessi rendergli il complimento, ciò che feci con sua grande soddisfazione.

Il linguaggio di questo popolo, secondo le nostre nozioni, non merita quasi il nome di articolato. Il capitano Gook lo ha paragonato al suono che fa un uomo rischiarandosi la voce; ma certamente nessun europeo non si è mai rischiarato la voce, mandando suoni così aspri, gutturali e chioccianti. Sono eccellenti mimi; appena qualcheduno di noi tossiva o sbadigliava, o faceva un qualche movimento strano, essi immediatamente lo imitavano. Taluno della nostra comitiva cominciò a guardar biecamente e far smorfie; ma uno dei giovani indigeni (il volto del quale era tinto di nero, tranne una striscia attraverso agli occhi) riuscì a far smorfie ancor più brutte.

Ripetevano correttamente qualunque parola di ogni frase che noi indirizzavamo loro, e per un certo tempo si ricordavano quelle parole. Tuttavia noi europei sappiamo quanto sia difficile distinguere bene i suoni di un linguaggio forestiero. Chi di noi, per esempio, potrebbe tener dietro ad un indigeno americano in una frase che avesse più di tre vocaboli? Tutti i selvaggi sembrano avere in un grado non comune questa facoltà d'imitazione. ..

Quando alcuno della nostra comitiva si mise a cantare, la loro sorpresa fu tanto grande che quasi caddero per terra. Con pari meraviglia ci videro ballare; ma uno dei giovani richiesto non ebbe difficoltà a fare un giro di waltzer. Per quanto poco avvezzi fossero agli europei, tuttavia temevano e conoscevano le nostre armi da fuoco; per nulla al mondo si sarebbero decisi a prendere un fucile in mano...

Non ho ancora parlato degli abitatori della Terra del Fuoco che noi avevamo a bordo. Durante il primo viaggio della Adventure e della Beagle, dal 1826 al 1830, il capitano Filz Roy s'impadronì di una brigata di indigeni come ostaggi di una barchetta, che era stata rubata, con grande pericolo di una comitiva impiegata nello studio delle coste; ed egli portò alcuni di questi indigeni ed un bambino che aveva comperato con un bottone di vetro, con sé in Inghilterra deliberato di educarli e di istruirli nella religione a sue proprie spese. Uno dei principali propositi del capitano Fitz Roy per imprendere il nostro presente viaggio fu quello di riportare questi indigeni nel loro paese natio. E prima che l'ammiragliato avesse deciso di allestire questa spedizione, il capitano Fitz Roy aveva generosamente noleggiata una nave, e gli avrebbe riportati egli stesso indietro. Gli indigeni erano accompagnati da un missionario, il Rev. Matthews; il capitano Fitz Roy ha pubblicato intorno ad esso ed agli indigeni una piena ed eccellente relazione.

Due uomini di cui uno morì di vaiolo in Inghilterra, un fanciullo ed una bambina erano stati presi in origine; ed avevamo a bordo York Minster, Jemmy Button (il cui nome esprime il prezzo che era costato) e Fuegia Basket.

York Minster era un uomo già adulto, piccolo, grosso e robusto; aveva indole riservata, taciturna, cupa e quando era eccitato, la sua collera era violenta; sentiva profonda l'affezione per i pochi amici che aveva a bordo; la sua intelligenza era buona.

Jemmy Button era il prediletto di tutti, ma esso pure era molto collerico; l'espressione del suo volto faceva nota la sua buona indole. Era allegro, rideva spesso e si immedesimava molto con le pene altrui; quando il mare era grosso io spesso soffrivo, ed egli mi veniva vicino dicendomi con voce lamentevole: «poveretto, poveretto!». Il vedere, però, un uomo soffrire di mal di mare, dopo la sua lunga esperienza di navigazione, gli pareva cosa tanto ridicola, che spesso era obbligato a volgersi da una parte per sorridere o ridere, e intanto ripeteva il suo «poveretto, poveretto». Aveva molto patriottismo; ed amava lodare la sua propria tribù ed il suo paese in cui con molta verità diceva essere abbondanza di alberi, e sparlava di tutte le altre tribù; asseriva con grande fermezza che nella sua terra non vi era il Diavolo.

Jemmy era piccolo, grosso e grasso, ma vanitoso della sua persona; portava sempre i guanti; i suoi capelli erano tagliati con bel garbo, ed era desolato quando le sue lucide scarpe venivano inzaccherate. Si compiaceva di guardarsi in uno specchio; ed un allegro ragazzetto indiano del Rio Negro che avemmo con noi per alcuni mesi a bordo, si accorse di questa debolezza e soleva prenderlo in giro; Jemmy, che era piuttosto geloso per l'attenzione che avevamo per quel fanciullo, non amava per nulla essere dileggiato e soleva dire, con un cenno disdegnoso del capo: «Troppo allodola». Quando penso a tutte le sue buone qualità, mi sembra del tutto sorprendente che egli appartenesse alla stessa razza, e partecipasse dello stesso carattere di quei miserabili ed abbietti selvaggi che incontrammo qui la prima volta.

Infine Fuegia Basket. Era una graziosa, modesta e riservata fanciulla, con una espressione piuttosto piacevole, sebbene talora un po' torva; imparava presto qualunque cosa, specialmente le lingue. Lo dimostrò imparando un po' di portoghese e di spagnuolo, durante il nostro breve soggiorno a Rio Janeiro e Montevideo, e per la sua conoscenza dell'inglese. York Minster era gelosissimo di qualunque attenzione che le si usasse, perché era evidente che aveva in animo di sposarla appena essi fossero stabiliti a terra.

Quantunque parlassero e comprendessero bene la lingua inglese, era singolare la difficoltà che ci voleva ad ottenere da essi alcune informazioni intorno ai costumi dei loro compaesani; questo era dovuto in parte alla loro apparente incapacità di comprendere le più semplici alternative. Chiunque sia avvezzo ai bambini, sa quanto raramente si può ottenere da essi una risposta anche ad una domanda semplicissima, come sarebbe per esempio se un oggetto è nero o bianco; l'idea del nero o del bianco sembra riempire alternativamente il loro cervello. Così era con questi abitatori della Terra del Fuoco, e quindi non si poteva essere sicuri in generale, a furia di domande, di avere compreso giustamente quello che essi avevano detto. La loro vista era notevolmente acuta: tutti sanno che i naviganti per la lunga pratica, possono scorgere un oggetto lontano molto più presto che non un uomo che sta sempre in terra; ma tanto Jork quanto Jemmy erano molto superiori in questo a qualunque marinaio del bordo; parecchie volte essi avevano detto quello che era un oggetto lontano, e sebbene tutti ne dubitassero, la cosa si era verificata dopo essere stata esaminata con un cannocchiale. Erano al tutto consci di questa facoltà e Jemmy quando aveva qualche piccola questione coll'ufficiale di guardia, diceva: Io vedo nave, io non dico.

Fu interessante osservare il modo di fare dei selvaggi, quando sbarcammo, verso Jemmy Button; immediatamente essi si accorsero della differenza che passava fra lui ed essi, e parlarono molto fra loro di questo. Il vecchio indirizzò un lungo discorso a Jemmy che pareva un invito a rimaner con loro. Ma Jemmy comprendeva poco il loro linguaggio, ed era inoltre molto vergognoso dei suoi compaesani. Quando York Minster venne poi a terra, essi l'osservarono nello stesso modo e gli dissero che avrebbe dovuto tagliarsi la barba; tuttavia egli non aveva più di una ventina di peli sul volto, mentre noi tutti portavamo le nostre fitte barbe. Essi esaminarono il colore della sua pelle e la compararono con le nostre. Uno di noi aveva le braccia nude ed essi espressero la più allegra sorpresa ed ammirazione per la sua bianchezza, precisamente nello stesso modo che ho osservato fare dall'urang-utang del giardino zoologico di Londra.

Ci sembrò che essi scambiassero due o tre degli ufficiali, i quali erano un po' più bassi e più bianchi, sebbene adorni di folte barbe, per le signore della nostra brigata. Il più alto degli indigeni si mostrava molto contento perché la sua statura era stata osservata. Quando veniva messo dorso contro dorso coll'uomo più alto del bordo, egli cercava di collocarsi sopra un terreno più alto e si metteva sulla punta dei piedi. Apriva la bocca per mostrare i denti, e voltava la faccia per farsi vedere di profilo; e tutto questo faceva con tanta vivacità, che oso dire che egli si credeva il più bell'uomo della Terra del Fuoco. Dopo che il nostro primo e grande sentimento di meraviglia fu passato, non vi era nulla di più ridicolo che lo strano misto di sorpresa e di imitazione che questi selvaggi mostravano ad ogni momento...

[...]

Un giorno mentre andavamo a terra presso l'isola Wollaston, passammo vicini ad una barchetta con sei indigeni. Queste erano le creature più abiette e miserabili che io avessi mai veduto. Sulla costa orientale, gli indigeni, come abbiamo detto, indossano indumenti di guanaco, e sulla costa occidentale, pelli di foca. Fra queste tribù centrali gli uomini generalmente hanno una pelle di lontra, o qualche simile cencio largo appena come un fazzoletto, che non basta quasi a coprir loro le spalle fino ai lombi. È tenuto con cordicelle che attraversano il petto, e secondo la parte da dove soffia il vento gira da un lato all'altro. Gli indigeni della barchetta erano del tutto nudi, e nuda era anche una donna che si trovava con essi. Pioveva a dirotto, e l'acqua dolce unita alla salata sgocciolava sul loro capo. In un altro porto non molto lontano, una donna che allattava un bambino nato da poco tempo, venne un giorno vicino alla nave e vi rimase un certo tempo per semplice curiosità, mentre il nevischio cadeva e si induriva sul suo petto nudo e sulla pelle del suo bambino nudo!

Questa povera gente appariva macilenta, i loro volti orribili erano imbrattati di pitture bianche; avevano la pelle sudicia ed untuosa, i capelli arruffati, la voce discorde e i loro gesti erano violenti. Guardando quella sorta di uomini non si poteva quasi credere che fossero nostri simili ed abitanti dello stesso mondo. È argomento comune di congettura pensare quale piacere possano godere nella vita gli animali inferiori: quanto più ragionevolmente si potrebbe fare la stessa domanda rispetto a questi barbari! La. notte, cinque o sei esseri umani, nudi e appena protetti dal vento e dalla pioggia di questo tempestoso clima, dormono sul terreno umido raggomitolati come animali. Quando l'acqua è bassa, d'inverno o d'estate, di notte o di giorno essi debbono alzarsi per staccare le conchiglie dalle rocce; e le donne talora si tuffano per raccogliere ricci di mare, oppure stanno pazientemente nelle loro barche e con una lenza adescata senza amo, fanno saltar fuori i pesciolini con una sferzata. Se una foca viene uccisa, od il carcame galleggiante di una balena putrefatta viene scoperto, allora si fa festa; a questo miserabile cibo vengono aggiunte alcune insipide bacche e funghi.

Sovente soffrono la fame: ho udito il signor Lovv, navigatore maestro, il quale conosce intimamente gli indigeni di questo paese, dare una curiosa relazione dello stato di centocinquanta indigeni della costa occidentale, i quali erano magrissimi ed in grande miseria. Una serie di uragani aveva impedito le donne di raccogliere molluschi sulle rocce, ed essi non potevano uscire colle barche per prender foche. Una piccola brigata di questi uomini partì per un viaggio, e gli altri indigeni gli dissero che erano andati per un viaggio di quattro giorni in cerca di cibo; al loro ritorno Low andò ad incontrarli, e li trovò eccessivamente stanchi, ogni uomo portava un gran pezzo quadrato di balena imputridita con un buco in mezzo, dal quale avevano passato la loro testa, come fanno i Gauchos nei loro mantelli. Quando il pezzo di balena era in un Wigwam [una sorta di covone di fieno], un vecchio lo tagliava in fette sottili, e bofonchiando, le faceva arrostire per un minuto, distribuendole poi alla famelica brigata, che durante questo tempo conservava un profondo silenzio. Il signor Low crede che quando una balena viene gettata sulla sponda, gli indigeni ne seppelliscono grossi pezzi nella sabbia per adoperarli poi in tempo di carestia; ed un fanciullo indigeno che egli aveva a bordo trovò una di queste provviste sepolte.

Le differenti tribù quando fanno guerra sono cannibali. Secondo la testimonianza concordante del fanciullo preso dal signor Low e di Jemmy Bulton, è certamente vero che quando in inverno sono stretti dalla fame, uccidono e divorano le loro vecchie donne prima di uccidere i loro cani. Il fanciullo al quale il signor Low domandò perché facessero, questo rispose: «i cani prendono le lontre; le vecchie noi». Questo fanciullo descriveva il modo in cui le anziane venivano uccise, tenendole sopra il fumo in maniera tale da farle soffocare; egli imitava per scherzo le loro grida, e descriveva le parti del loro corpo che son considerate migliori da mangiare. Per quanto orribile debba essere la morte ricevuta dalle mani degli amici e dei parenti, i terrori delle vecchie quando la fame comincia a farsi sentire sono ancora più dolorosi da immaginare; ci fu detto che sovente esse fuggono via nei monti, ma sono inseguite dagli uomini e ricondotte indietro per essere macellate nelle loro proprie case!

Il capitano Fitz Roy non riuscì mai a stabilirei se gli abitatori della Terra del Fuoco abbiano una qualche credenza precisa in una vita futura. Essi seppelliscono i loro morti talora nelle caverne e talaltra nelle foreste dei monti; non sappiamo quali cerimonie compiano. Jemmy Button non voleva mangiare uccelli di terra «perché mangiano gli uomini morti»; essi non amano neppure menzionare i loro amici morti. Non abbiamo nessuna ragione per credere che seguano una qualche regola di religione; sebbene forse il bofonchiare del vecchio prima di distribuire alla sua affamata famiglia la balena imputridita potesse essere di questa natura.

Ogni famiglia o tribù ha un indovino o scongiuratore, l'ufficio del quale non potemmo mai riconoscere pienamente. Jemmy credeva nei sogni, sebbene come ho detto, non credesse nel diavolo; non credo che i nostri indigeni fossero molto più superstiziosi di alcuni dei marinai, perché un vecchio nostromo credeva fermamente che i continui e forti uragani, da noi incontrati al di là del Capo Horn, fossero cagionati dall'avere noi a bordo abitatori della Terra del Fuoco. Quello che più si accostava ad un sentimento religioso che mi fu dato udire, venne dimostrato da York Minsler, il quale quando il signor Bynoe uccise alcuni anatrini per esemplari, disse nel modo più solenne: «Oh signor Bynoe, molta pioggia, molta neve e molto vento.» Evidentemente questa era una punizione per aver sciupato il cibo che serve all'uomo. Egli raccontava pure con piglio selvaggio ed eccitato, che suo fratello, un giorno, mentre tornava per prendere alcuni uccelli morti che aveva lasciato sulla costa, osservò che alcune penne erano state fatte volare dal vento. Suo fratello disse: (York imitava il suo fare), «Che significa questo?» E trascinandosi in avanti, guardò sopra il dirupo e vide «un selvaggio» che prendeva i suoi uccelli; egli si trascinò ancora un po' più vicino, e gli precipitò addosso una grossa pietra che lo uccise. York asseriva che per molto tempo di poi gli uragani non cessarono e cadde molta pioggia e molta neve. Per quanto potemmo capire, egli considerava gli elementi come agenti vendicatori: è chiaro in questo caso, quanto naturalmente in una razza un po' più avanzata sul piano culturale gli elementi sarebbero stati personificati. Mi è sempre stato oscuro cosa fossero questi «cattivi uomini selvaggi»; da quel che disse York, quando trovammo il luogo simile al covo di una lepre, ove un uomo solo aveva dormito la notte prima, credetti che fossero ladri scacciati dalle loro tribù; ma altri oscuri discorsi mi fecero dubitare di questo; ho talvolta pensato che la spiegazione più probabile si è che fossero matti.

Le varie tribù non hanno nessun governo e nessun capo; tuttavia ognuna è circondata da altre tribù nemiche, che parlano differenti dialetti, e sono separate fra loro soltanto da una landa deserta o da un territorio neutrale: la causa della loro guerra sembra essere il modo di sostentamento. Il loro paese è una massa rotta da aspre rocce, da alte colline e da intatte foreste, e queste si vedono in mezzo alle nebbie ed alle infinite burrasche. La terra abitabile è ridotta ai ciottoli della spiaggia; per cercarsi il cibo essi sono obbligati a girare continuamente da un luogo all'altro e la costa è così scoscesa che non possono muoversi se non nelle loro miserabili barchette. Non possono conoscere il piacere di avere una casa ed ancor meno quello degli affetti domestici; perché il marito è per la moglie padrone brutale di una laboriosa schiava. Si vide mai fatto più mostruoso di quello che osservò Binoe, di una povera madre che raccolse il suo bambino morente e coperto di sangue, che il marito aveva spietatamente slanciato contro le rocce per aver lasciato cadere un cestino di ricci di mare! Quanto poco possano le più alte facoltà della mente venir poste in azione: che cosa vi è qui perché l'immaginazione possa dipingersi, perché la ragione possa comparare, perché il giudizio possa decidere? Staccare una conchiglia dalla roccia non richiede la più piccola maestria, il più piccolo lavoro mentale. La loro abilità può essere per alcuni rispetti comparata agli istinti degli animali; perché non è migliorata dall'esperienza; la barchetta, la opera loro più ingegnosa, per quanto povera, è rimasta la stessa, come vediamo da Drake, durante questi ultimi duecentocinquanta anni.

Osservando questi selvaggi si può domandare donde sono venuti? Che cosa può aver spinto o qual mutamento può aver obbligato una tribù di uomini ad abbandonare le belle regioni del Nord, a scendere le Cordigliere o spina dorsale dell'America, ad inventare e fabbricare barche, che non sono adoperate dalle tribù del Chili, del Perù e del Brasile, e ad addentrarsi in una delle più inospitali contrade del mondo? Quantunque queste riflessioni debbano a prima vista occupare la mente, possiamo esser certi che sono in parte erronee. Non vi è ragione per credere che gli abitatori della Terra del Fuoco diminuiscano di numero; perciò dobbiamo supporre che godano di una certa tal quale felicità, qualunque essa possa essere, che rende loro cara la vita. La natura potenziando al massimo l'abitudine, e i suoi effetti ereditari, ha reso l'abitatore della Terra del Fuoco adattato al clima ed alle produzioni del suo miserabile paese...

Pochi e forse nessuno di questi indigeni aveva mai veduto un uomo bianco; certamente nulla poteva esser maggiore della loro sorpresa alla comparsa delle quattro barche. Sopra ogni punto vennero accesi fuochi (da ciò il nome di Terra del Fuoco), tanto per attirare la nostra attenzione, quanto per divulgare questa notizia in ogni luogo. Alcuni uomini corsero per alcune miglia lungo la spiaggia. Non dimenticherò mai quanto un gruppo di essi mi sia apparso selvaggio e orrido; ad un tratto quattro o cinque uomini apparvero sul margine di un dirupo sporgente; erano del tutto nudi e i loro lunghi capelli cadevano loro sul volto; tenevano in mano rozzi bastoni, e mentre balzavano sul terreno, muovevano le braccia intorno al capo mandando grida spaventose.

All'ora del pranzo sbarcammo in mezzo ad una comitiva di indigeni. Dapprima non parevano disposti ad accoglierci amichevolmente, dato che finché il capitano si avanzava alla testa delle altre barche, tennero in mano le loro fionde. Tuttavia li compiacemmo in breve con alcuni piccoli doni, come nastri rossi da legare intorno al capo. Amavano il nostro biscotto; ma uno dei selvaggi avendo toccato col dito un pezzo della carne conservata nelle scatole di latta, che io stavo mangiando e sentendola molle e fredda, mostrò lo stesso disgusto che avrei provato io per un pezzo di balena imputridita. Jemmy si vergognava non poco dei suoi compatrioti, ed asseriva che la sua tribù era di gran lunga differente, ma in ciò s'ingannava di molto.

Era molto facile piacere a questi selvaggi, ma difficile soddisfarli. Giovani e vecchi, uomini e bambini, non cessavano mai dal ripetere la parola «yarnmerschooner» che significa dammi. Dopo di aver additato quasi ogni oggetto uno dopo l'altro, anche i bottoni dei nostri vestiti, ed aver ripetuto la loro frase prediletta in tutte le intonazioni possibili, l'adoperavano poi in un senso neutro, e ripetevano a caso yarnmerschooner. Dopo di aver domandato ogni articolo molto caldamente, mostravano poi con un semplice stratagemma le loro giovani mogli od i loro bambini, come per dire: «Se non lo vuoi dare a me lo darai certamente a questi».

La sera tentammo invano di trovare un seno disabitato, ed alla fine fummo obbligati a bivaccare non molto lontano da una comitiva di indigeni. Essi furono molto tranquilli finché erano in piccolo numero, ma al mattino, essendo stati raggiunti da altri, mostrarono sintomi di ostilità e pensammo di dover venire alle mani. Un europeo opera con grande svantaggio quando ha che fare con selvaggi come questi, che non hanno la minima idea della forza delle armi da fuoco. Nello stesso atto di spianare il fucile, l'uomo civile appare al selvaggio molto inferiore ad un uomo armato di un arco, di una lancia, o anche di una fionda. Non è facile mostrar loro la nostra superiorità, salvo che nel dar loro il colpo fatale. Come animali selvatici, non sembrano tenere conto del numero; ogni individuo, infatti, se vien aggredito, invece di ritirarsi, cercherà di spaccarvi la testa con un sasso, come una tigre in simile circostanza cercherebbe di sbranarvi. Una volta il capitano Fitz Roy desiderando, per alcune buone ragioni, di far fuggire una piccola brigata, brandì una scimitarra accanto ad essi, ma non fecero che ridere; allora sparò la sua pistola per ben due volte, presso ad un indigeno. L'uomo parve meravigliato tutte due le volte, e si fregò con cura il capo; rimase poi un tantino a guardarci e si avvicinò ai suoi compagni, ma non sembrò disposto a fuggire.

Non possiamo quasi metterci nei panni di questi selvaggi e comprendere le loro azioni. Nel caso di questo indigeno, la possibilità di un rumore come lo scoppio di un fucile accanto al suo orecchio non poteva essergli mai passata per la mente. Egli forse non seppe letteralmente se fosse un suono od un colpo, e quindi molto naturalmente si stropicciò il capo. Allo stesso modo, quando un selvaggio vede l'impronta lasciata da una pallottola, occorre un certo tempo prima che egli possa capire in qual modo è stata fatta; perché il caso di un corpo invisibile per la sua velocità sarà forse per lui un'idea al tutto inconcepibile. Inoltre la somma forza di una pallottola, che penetra in una sostanza dura senza lacerarla, può persuadere il selvaggio che non ha forza alcuna. lo credo certamente che molti fra i selvaggi degradati, come questi della Terra del Fuoco, hanno veduto oggetti colpiti, ed anche piccoli animali uccisi dallo sparo, senza essersi per nulla accorti quanto micidiale fosse quel congegno...

Quantunque Jemmy Button conoscesse bene la forza della nostra brigata, egli non desiderava dapprima sbarcare in mezzo alla tribù ostile più vicino alla sua propria. Egli spesso ci aveva detto come gli uomini selvaggi. «quando la foglia si fa rossa», attraversano i monti della costa orientale della Terra del Fuoco e fanno invasioni contro gli indigeni di questa parte del paese. Era molto curioso, osservandolo quando faceva questi discorsi, vedere i suoi occhi brillare e tutto il suo volto prendere una nuova e selvaggia espressione...

[...]

Passammo la notte vicino al punto di riunione dello stretto di Ponsonby con il canale Beagle. Una piccola famiglia di indigeni, che viveva nel seno, era tranquilla ed inoffensiva, ed in breve venne a sedere con noi intorno ad un bel fuoco. Eravamo tutti ben coperti, e sebbene fossimo vicini alla fiamma tuttavia non avevamo caldo; mentre questi nudi selvaggi, quantunque molto più lontani, li vedevamo con nostra gran sorpresa coperti di sudore per quella fiammata. Sembravano però molto contenti, e facevano tutti coro ai canti dei marinai ; ma il modo in cui si tenevano costantemente un po' indietro era al tutto ridicolo.

Durante la notte la notizia si era sparsa, e di buon'ora al mattino, giunse una nuova comitiva, appartenente ai Tekenika, o tribù di Jemmy. Parecchi di essi avevano corso tanto in fretta che usciva loro sangue dal naso, e la loro bocca si storceva per la rapidità dei loro discorsi, e col corpo nudo tutto imbrattato di nero, di bianco e di rosso sembravano tanti demoni che venissero da un combattimento. Continuammo allora (scortati da dodici barchette indigene contenenti quattro o cinque persone) lungo lo stretto di Ponsonby fino al punto ove il povero Jemmy sperava ritrovare sua madre e i suoi parenti. Egli aveva già saputo che suo padre era morto; ma siccome aveva avuto un sogno nel capo per questo fatto, non pareva darsene troppo pena, e ripetutamente si confortava con la naturalissima riflessione che egli non avrebbe potuto impedirlo. Non potè raccogliere nessun particolare intorno alla morte di suo padre, perché i suoi parenti non ne volevano parlare.

Jemmy era ora in una regione a lui familiare, e guidò i battelli in un grazioso e tranquillo seno chiamato Woollya, circondato da isolette, ognuna delle quali ad ogni tratto aveva il suo nome indigeno. Trovammo qui una famiglia della tribù di Jemmy, ma non i suoi parenti; facemmo amicizia con essi e la sera mandarono una barchetta a dar notizie alla madre ed ai fratelli di Jemmy. Il seno era circondato da alcuni tratti di buona terra in pendio, non coperta (come altrove) di torba o di foreste. Come abbiamo già detto, il capitano Fitz Roy aveva in animo dapprima di portare York Minsler e Fuegia alla loro propria tribù sulla costa occidentale; ma avendo essi dimostrato desiderio di rimanere qui, e siccome il luogo era notevolmente favorevole, il capitano Fitz Roy decise di stabilire qui tutta la comitiva, compreso Matthews il missionario. Si spesero cinque giorni a fabbricar loro tre grandi Wigwams, a sbarcare i loro effetti, a vangare due giardini, ed affidare i semi alla terra.

Il mattino dopo il nostro arrivo, gli indigeni cominciarono a venire in folla, e la madre e i fratelli di Jemmy arrivarono; Jemmy riconobbe la voce stentorea di uno dei suoi fratelli ad una prodigiosa distanza. L'incontro fu meno interessante che non sarebbe stato quello di un cavallo, il quale portato via in un campo, ritrovi un vecchio compagno.

Non vi fu alcuna dimostrazione di affetto; si guardarono semplicemente per un po' di tempo, e la madre andò subito a tener d'occhio la sua barchetta. Tuttavia udimmo da York che la madre era stata inconsolabile per la perdita di Jemmy, e lo aveva cercato dappertutto, credendo che egli potesse essere stato lasciato di nuovo dopo di essere stato portato in barca. Le donne furono molto attente ed amorevoli intorno a Fuegia. Ci eravamo già accorti che Jemmy aveva dimenticato quasi interamente il suo nativo linguaggio. Non credo possibile che un essere umano potesse essere così in difficoltà con le lingue, perché il suo inglese era molto imperfetto. Faceva ridere e quasi compassione, sentirlo parlare al suo selvaggio fratello in inglese e poi domandargli in spagnuolo (no sabe?) se egli non lo capiva.

Ogni cosa procedette tranquillamente durante i tre giorni seguenti, mentre si vangavano i giardini e si fabbricavano le capanne. Si calcolò il numero degli indigeni a circa centoventi. Le donne lavoravano alacremente mentre gli uomini ci giravano attorno tutto il giorno guardandoci. Domandavano ogni cosa che vedevano e rubavano quello che potevano. Si rallegravano molto dei nostri balli e dei nostri canti, e prestavano una particolare attenzione quando vedevano che ci lavavamo in un vicino ruscello; non badavano a nessun'altra cosa, neppure alle nostre barche. Di tutto quello che York vide, durante la sua assenza dal paese, nulla apparve meravigliarlo più di uno struzzo, presso Maldonado: senza voce per la meraviglia venne correndo dal signor Bynoe, col quale era a spasso: «Oh, signor Bynoe, un uccello tutto lo stesso come un cavallo!» Per quanto grande fosse la meraviglia degli indigeni per la nostra pelle bianca, quella di York per quel fatto fu maggiore, ed il poveretto rimase tanto sbigottito e commosso che non volle più scendere a terra.

Ogni cosa procedeva così tranquillamente che alcuni ufficiali ed io stesso facemmo lunghe passeggiate nelle circostanti colline e nei boschi. Ma ad un tratto, il 27, le donne ed i bambini scomparvero: eravamo inquieti di questo, mentre né York, né Jemmy riuscivano a spiegarcene il motivo. Alcuni credevano che fossero state spaventate dall'averci veduto ripulire e sparare i nostri schioppi la sera precedente. Altri credevano che questo dipendesse dall'essersi sentito offeso un vecchio selvaggio, il quale, poiché gli era stato detto di tenersi un po' in disparte, aveva freddamente sputato in faccia alla sentinella, e poi, con gesti sopra un individuo addormentato, aveva chiaramente dimostrato, da quanto si diceva, che avrebbe desiderato fare a fette e mangiare il nostro uomo. Il capitano Fitz Roy, per scansare la probabilità di uno scontro, che sarebbe stato fatale a tanti indigeni, pensò meglio di farci passar la notte in un seno discosto alcune miglia. Matthews, colla sua consueta e tranquilla fortezza d'animo (notevole in un uomo che non possedeva in apparenza grande energia morale), deliberò di rimanere con gli indigeni, che non mostravano alcun timore per se stessi, e così li lasciammo passare quella grave loro prima notte.

Al nostro ritorno all’indomani fummo lieti di trovar tutto tranquillo; e gli uomini nelle loro barche intenti a pigliar pesci coi loro giavellotti...

[...]

Arrivammo a Wolloya, Matthews ci diede informazioni così cattive sul modo di fare degli indigeni, che il capitano Fitz Roy deliberò di riprenderlo a bordo della Beagle; e finalmente venne lasciato alla Nuova Zelanda, ove suo fratello era missionario. Appena partiti noi, era cominciato un sistema regolare di saccheggio; ad ogni momento giungevano nuove brigate di indigeni. York e Jemmy avevano perduto molte cose e Matthews quasi tutto quello che non era stato nascosto sotterra. Ogni oggetto era stato spezzato e diviso fra gli indigeni. Matthews diceva che la guardia che doveva fare continuamente era molto faticosa; notte e giorno circondato dagli indigeni che cercavano di stancarlo il più possibile facendo uno strepito incessante vicino a lui. Un giorno un vecchio, che Matthews pregò di andarsene dalla sua capanna, ritornò subito con un grosso sasso in mano; un altro giorno un intera brigata venne armata di sassi e di bastoni, ed alcuni giovani ed il fratello di Jemmy stavano piangendo; Matthews li ricevette con regali. Un'altra brigata gli faceva intendere coi segni che volevano metterlo nudo e strappargli tutti i peli della faccia e del corpo. Credo che arrivammo giusto in tempo per salvargli la vita. I parenti di Jemmy si erano mostrati così vani e sciocchi, che avevano fatto vedere ad estranei le loro refurtive, ed il modo in cui le avevano compiute. Faceva pena dover lasciare i nostri tre indigeni coi loro selvaggi compaesani; ma era per noi grande sollievo vedere come non avessero di essi alcun timore personale. York, essendo uomo risoluto e robusto, era sicuro di cavarsela bene, unitamente a sua moglie Fuegia.

Il povero Jemmy pareva piuttosto sconsolato, e allora sarebbe stato, credo, ben lieto di tornarsene con noi. Il suo stesso fratello gli aveva rubato parecchi oggetti, e mentre osservava «questa loro moda», egli soggiungeva che i suoi compaesani erano «tutti uomini cattivi, che non sanno nulla», e sebbene non lo avessi mai udito bestemmiare prima, li chiamava «sciocchi del diavolo». Son certo che i nostri tre indigeni, sebbene fossero rimasti soli tre anni con uomini civili, sarebbero stati contenti di conservare le loro nuove abitudini; ma questo era evidentemente impossibile. Credo che sia molto dubbio che la visita sia stata loro utile per qualche verso...

[...]

Non vedemmo molti indigeni, finché non ci trovammo presso lo stretto di Ponsonby, ove fummo seguiti da dieci o dodici barchette indigene. I selvaggi non comprendevano affatto la ragione del nostro bordeggiare, e, invece d'incontrarci ad ogni giro, tentavano invano di seguirci nella nostra corsa a ghirigori. Io mi compiaceva a considerare quale diverso effetto si provi contemplando i selvaggi, secondo che si è più o meno in forze. Mentre ero nelle barche giunsi ad odiare il suono delle loro voci, tanto fastidio esse mi davano. La prima e l'ultima parola era «yammerschooner». Quando, dopo essere entrati in qualche tranquillo seno, ci eravamo guardati attorno, ed avevamo sperato di passare una notte in calma, quella odiosa parola yammerschooner aveva risuonato stridulamente da qualche buio cantuccio, e poi il piccolo segnale di fumo era salito per spargere tutto intorno le nuove del nostro arrivo. Quando lasciavamo un qualche luogo ci dicevamo: «Grazie al cielo abbiamo lasciato finalmente questi miserabili» allorché una lontana, ma potente voce, udita da una prodigiosa distanza, ci giungeva agli orecchi, e distinguevamo chiaramente yammerschooner. Ma ora quanto più erano numerosi gli indigeni, tanto più ci rallegravamo, e infatti c'era di che stare allegri. Le due brigate ridevano, facevano le meraviglie, si burlavano gli uni degli altri; noi li compiangevamo perché ci davano buon pesce e gamberi in cambio di cenci: essi afferravano l'occasione di trovar gente tanto semplice da scambiare quegli splendidi ornamenti con una buona cena. Era una cosa molto faceta vedere il sorriso di soddisfazione con cui una giovane donna dal viso dipinto di nero, si metteva tanti pezzettini di panno rosso intorno al capo, tenuti fermi da un giunco. Il marito di lei, che aveva il privilegio molto diffuso in quel paese di possedere due mogli, evidentemente s'ingelosì per le attenzioni usate alla sua giovane consorte, e, dopo essersi consultato con le sue nude accompagnatrici, venne da esse a forza di remi condotto via.

Alcuni indigeni dimostravano chiaramente di conoscere bene lo scambio. Diedi ad un uomo un grosso chiodo (regalo molto ragguardevole) senza far segno di volere qualche cosa in ricambio; ma egli infilzò due pesci immediatamente, e me li porse sulla punta della sua lancia. Se un qualche dono veniva designato per una barca e cadeva vicino ad un'altra, veniva dato invariabilmente a chi di diritto. Il fanciullo indigeno, che il sig. Low aveva a bordo, arrabbiandosi con veemenza, mostrò che comprendeva benissimo il rimprovero di essere detto mentitore, ciò che in realtà era. Fummo questa volta, come in altre precedenti occasioni, molto sorpresi della scarsa, o meglio assente attenzione, per molti oggetti di cui l'uso avrebbe dovuto essere evidente per gli indigeni. Alcune semplici circostanze, come la bellezza del panno rosso o delle fasce turchine, la mancanza di donne, la nostra cura nel lavarci, svegliavano in essi maggior meraviglia che non un qualche oggetto grande e complicato, come per esempio la nostra nave.

Il 5 marzo gettammo l'ancora nel seno di Woollya, ma non vedemmo colà neppure un'anima. Questo fatto ci impensierì, perché gli indigeni dello stretto di Ponsonby mostravano con segni, che v'era stato un combattimento, e sapemmo in seguito che i temuti Oens avevano fatta una invasione. In breve si vide giungere una barchetta indigena, con una bandierina ed un uomo che si lavava il volto per togliersi le pitture che lo coprivano. Quell'uomo era il povero Jemmy — ora un selvaggio macilento, stralunato, coi lunghi capelli arruffali e tutto nudo, tranne un pezzo di vecchia coperta intorno alla cintola. — Lo avevamo lasciato paffuto, grasso, pulito e ben vestito; noi non lo riconoscemmo finché non gli fummo vicini; perché egli si vergognava e volgeva le spalle alla nave. Non avevo mai veduto un mutamento così grande e doloroso. Appena però fu rivestito, e passata la prima emozione, le cose ripresero un buon aspetto. Pranzò col capitano Fitz Roy, e mangiò con lo stesso garbo di prima. Ci disse che aveva «troppo» (intendeva dire abbastanza) di che mangiare, che non aveva freddo, che i suoi parenti erano buona gente, e che non desiderava tornarsene in Inghilterra; la sera comprendemmo la cagione di questo grande mutamento nel modo di pensare di Jemmy, all'arrivo della sua giovane ed avvenente sposa. Col suo consueto buon cuore, ci portò due belle pelli di lontra per due suoi cari amici, ed alcune punte di lance e di frecce fatte con le sue proprie mani per il capitano. Disse di essersi fatta da sé una barchetta e si vantò di saper parlare un tantino il suo linguaggio. Ma il fatto più singolare è che egli, da quanto pare, aveva insegnato alla sua tribù un po' d'inglese; un vecchio spontaneamente annunziò in questa lingua « la moglie di Jemmy Button». Jemmy aveva perduto tutti i suoi averi. Ci disse che York Minster aveva fabbricato una grande barca, e con sua moglie Fuegia, era partito parecchi mesi prima per il suo paese, e si era congedato con un atto di consumata ribalderia; egli persuase Jemmy e sua madre ad andar con lui, ed intanto li abbandonò la notte rubando loro quanto possedevano.

Jemmy andò a dormire a terra, ma ritornò la mattina dopo a bordo, rimanendo con noi finché il bastimento levò l'ancora. Ciò spaventò molto sua moglie, la quale pianse dirottamente finché egli non l'ebbe raggiunta nella sua barchetta. Tornò a terra carico di oggetti molto utili. Ognuno a bordo era veramente addolorato di stringergli la mano per l'ultima volta. Ora non ho più alcun dubbio sulla sua felicità, anzi credo che sarà forse più felice, di quello che non sarebbe stato se non avesse mai abbandonato il suo paese.

Ognuno deve sinceramente sperare che il nobile scopo del capitano Fitz Roy possa venire ottenuto, e sia ricompensato dei tanti generosi sacrifici fatti per questi abitatori della Terra del Fuoco, con la protezione accordata dai discendenti di Jemmy Button e della sua tribù a qualche infelice naufrago! Quando Jemmy giunse a terra, accese un fuoco che serviva di segnale, ed il fumo sollevandosi ci diede un ultimo e lungo addio, mentre la nave ripigliava il suo corso verso l'alto mare.

La perfetta uguaglianza che esiste fra gli individui componenti le tribù degli abitatori della Terra del Fuoco ritarderà per lungo tempo il loro incivilimento. Come vediamo che gli animali i quali sono spinti dall'istinto a vivere in società e ad obbedire ad un capo, sono più soggetti a miglioramenti, così vediamo la stessa cosa accadere nelle razze umane. Sia che noi consideriamo questo fatto come una causa od un effetto, le razze più civili hanno sempre governi più artificiali. Per esempio, gli abitanti di Otaiti, i quali quando furono scoperti erano governati da re ereditari erano giunti ad un livello d'incivilimento molto più alto che non un altro ramo dello stesso popolo, gli abitanti della Nuova Zelanda, i quali, sebbene migliorati per aver rivolto la loro attenzione all'agricoltura, erano repubblicani nel senso più assoluto. Nella Terra del Fuoco, finché non venga un qualche capo che abbia sufficiente forza per assicurarsi un qualche vantaggio che abbia conquistato, come per esempio gli animali domestici, non sembra quasi possibile che lo stato politico del paese possa venire migliorato. Presentemente anche una pezza di panno data ad un solo viene lacerata in strisce e queste distribuite; e nessun individuo diventa più ricco dell'altro. D'altra parte, è difficile comprendere come possa sorgere un capo finché non vi sia una proprietà qualunque per mezzo della quale egli possa manifestare la sua superiorità ed accrescere il suo potere.

2/ Allegato B Influenza della selezione naturale operante nelle nazioni civili (da L’origine dell’uomo)

Riprendiamo il capitolo Influenza della selezione naturale operante nelle nazioni civili, da C. Darwin, L’origine dell’uomo, in C. Darwin, L’origine delle specie, L’origine dell’uomo e altri scritti sull’evoluzione, Roma, Newton Compton, 2009, pp. 973 ss. Il testo che presentiamo è disponibile on-line ed è leggermemte diverso dalla traduzione edita citata

 

«[…]

Fra i selvaggi, i deboli di corpo e di mente vengono presto eliminati e quelli che sopravvivono godono in genere di un ottimo stato di salute. D'altra parte, noi uomini civili cerchiamo con ogni mezzo di ostacolare il processo di eliminazione; costruiamo ricoveri per gli incapaci, per gli storpi e per i malati; facciamo leggi per i poveri; e i nostri medici usano la loro massima abilità per salvare la vita di chiunque fino all'ultimo momento. Vi è ragione di credere che la vaccinazione abbia salvato migliaia di persone, che in passato sarebbero morte di vaiolo a causa della loro debole costituzione. Così i membri deboli della società civili si riproducono. Chiunque si sia interessato dell'allevamento di animali domestici non dubiterà che questo fatto sia molto dannoso alla razza umana.

È sorprendente come spesso la mancanza di cure o le cure mal dirette portino alla degenerazione di una razza domestica; ma, eccettuato il caso dell'uomo stesso, difficilmente qualcuno è tanto ignorante da far riprodurre i propri animali peggiori.

Il sentimento che ci spinge a prestare aiuto a coloro che ne hanno bisogno è soprattutto un effetto accidentale dell'istinto di simpatia, che fu in origine acquisito come parte degli istinti sociali, ma che in seguito divenne, nel modo precedentemente indicato, più intenso e maggiormente diffuso. Noi non potremmo ostacolare la nostra simpatia, anche se ce lo suggerisse la dura ragione, senza deteriorare la parte più nobile della nostra natura. Il chirurgo può indurirsi mentre fa un'operazione, perché sa di agire per il bene del suo paziente; ma se noi trascuriamo intenzionalmente il debole e il bisognoso di aiuto, ciò potrebbe costituire solo un beneficio contingente, contro un danno grave e presente. Dobbiamo perciò sopportare gli effetti indubbiamente deleteri della sopravvivenza dei deboli e della propagazione della loro stirpe; ma sembra esserci almeno un ostacolo costantemente in azione, quello dato dal fatto che i membri inferiori e deboli di una società non si sposano facilmente con i sani, a questo ostacolo può essere indefinitamente accresciuto dal fatto che il debole di corpo e di mente si astiene dal matrimonio. Tuttavia questa è più una speranza che una certezza.

In tutti i paesi che mantengono un grande esercito permanente, i giovani migliori sono coscritti ed arruolati. Sono perciò esposti a una morte precoce in guerra, sono spesso tentati dal vizio, e non possono sposarsi nel fiore degli anni. D'altra parte gli uomini più deboli e più bassi, con costituzioni peggiori, rimangono a casa ed hanno quindi una probabilità molto maggiore di sposarsi e di perpetuare la loro stirpe.

L'uomo accumula proprietà e le lascia ai figli, in modo che il figlio del ricco è avvantaggiato rispetto al figlio del povero nella corsa verso il successo, indipendentemente da qualsiasi superiorità della mente o del corpo. D'altra parte, i figli dei genitori vissuti poco, i quali scarseggiano perciò in media di salute e vigore, ottengono la loro proprietà prima di altri, potrebbero sposarsi prima ed avere un maggior numero di figli che erediteranno le loro costituzioni inferiori. Ma l'eredità della proprietà per se stessa è ben lontana dall'essere un male, perché senza l'accumulo delle proprietà le arti non progredirebbero; ed è soprattutto con il potere di questi che le razze civili hanno esteso e vanno tuttora estendendo la propria cerchia in modo da prendere il posto delle razze inferiori. E l'accumulo moderato della ricchezza non può ostacolare il processo di selezione.

Quando un uomo povero diviene moderatamente ricco, i suoi figli entrano in commercio o prendono professioni nelle quali vi è una certa lotta, cosicché chi è più forte di corpo e di mente riesce meglio. La presenza di un gruppo di uomini ben istruiti, che non devono lavorare per il pane quotidiano, ha un'importanza che non è possibile sopravvalutare; essi infatti compiono tutto il lavoro intellettuale di alto livello, e da tale lavoro dipende ogni genere di progresso materiale, per non parlare di altri e maggiori vantaggi. Senza dubbio un'eccessiva ricchezza tende a trasformare gli uomini in parassiti inutili, ma il loro numero non è mai grande; e si ha qui una certa eliminazione, dal momento che vediamo ogni giorno uomini ricchi che diventano sciocchi o scialacquatori, sperperando la loro ricchezza.

La primogenitura e l'inalienabilità dei beni sono mali più diretti, sebbene in principio possano essere state di gran vantaggio per la costituzione di una classe dominante, qualunque governo è meglio di nessun governo. I figli primogeniti si ammogliavano anche se deboli di corpo e di mente, mentre i cadetti, anche se superiori sotto questi aspetti, in generale non si ammogliavano. E, con i beni vincolati, i primogeniti inetti non potevano scialacquare le loro ricchezze. Ma qui, come ovunque, le relazioni della vita civile sono tanto complesse, che interviene una qualche compensazione.

Gli uomini ricchi mercé la primogenitura possono scegliere, generazione per generazione, le donne più belle e affascinanti, le quali devono essere generalmente sane di corpo e attive di mente. Le cattive conseguenze, quali che siano, della conservazione di una stessa linea di discendenza senz'alcuna selezione, sono impedite dagli uomini altolocati che desiderano sempre accrescere la loro potenza e la loro ricchezza; cosa che fanno usando le ereditiere. Ma le figlie di genitori che hanno avuto figli unici tendono esse stesse, come ha dimostrato Galton, ad essere sterili; così nelle famiglie nobili la linea diretta si spezza continuamente, e le loro ricchezze passano in qualche ramo laterale; ma sfortunatamente questo ramo non è caratterizzato da alcun genere di superiorità.

Sebbene la civilizzazione arresti perciò in molti modi l'azione della selezione naturale, essa apparentemente favorisce un migliore sviluppo del corpo, grazie al buon nutrimento e alla libertà dalle fatiche occasionali. Questo si può dedurre dal fatto che gli uomini civili sono sempre stati riconosciuti, se confrontati ai selvaggi, fisicamente più forti di questi ultimi. Essi sembrano avere anche un eguale potere di resistenza, secondo quanto è stato dimostrato da molte avventurose spedizioni.

Anche il grande lusso del ricco può non essere dannoso; infatti le probabilità di sopravvivenza dei nostri aristocratici, a tutte le età e per ambo i sessi, sono di poco inferiori a quelle dell'inglese sano delle classi meno elevate.

Prenderemo ora in considerazione le facoltà intellettuali. Se ad ogni livello della società si dividessero i membri in due gruppi uguali, l'uno contenente gli intelletti superiori e l'altro gli intelletti inferiori, indubbiamente i primi riuscirebbero meglio in tutte le attività ed alleverebbero un maggior numero di figli. Anche negli strati più bassi l'ingegno e la capacità devono essere in qualche modo vantaggiosi, sebbene in molte attività, a causa della grande divisione del lavoro, il vantaggio sia molto piccolo. Quindi nelle nazioni civilizzate ci sarà una qualche tendenza ad un aumento sia quantitativo che qualitativo delle capacità intellettuali. Ma non voglio affermare che questa tendenza non possa essere più che controbilanciata in altri modi, ad esempio dall'aumento delle persone irrequiete ed imprevidenti; ma anche a questo tipo di persone l'abilità deve arrecare vantaggio.

Si è spesso obiettato a tali opinioni che gli uomini più eminenti non avuto figli che ereditassero il loro intelletto. Galton dice: «Mi dispiace di non essere stato capace di rispondere al semplice quesito se e fino a che punto uomini e donne che sono prodigi di genio siano poco fertili. Ho dimostrato, comunque che gli uomini eminenti non lo sono affatto.» I grandi legislatori, i fondatori di religioni benefiche, i grandi filosofi e scienziati, aiutano il progresso del genere umano più con le loro opere che se lasciassero una numerosa progenie. Nel caso della struttura corporea è la selezione degli individui un po' più dotati e l'eliminazione di quelli un po' meno dotati che porta al progresso di una specie, e non la conservazione di anomalie rare e molto marcate. Lo stesso è per le facoltà intellettuali, poiché ad ogni livello della società gli un po' più capaci riusciranno meglio di quelli meno capaci, e di conseguenza aumenteranno di numero, a meno che non vi sia qualche altro impedimento. Quando in una nazione il livello dell'intelletto ed il numero di uomini intelligenti sono aumentati per la legge di deviazione dalla media, possiamo prevedere che i prodigi di ingegno, come afferma Galton, appariranno con una frequenza maggiore.

Per quanto riguarda le qualità morali, è sempre in corso una certa eliminazione delle peggiori disposizioni, anche nelle nazioni più civili. I malfattori sono giustiziati o tenuti in prigione per lunghi periodi, in modo che non possano liberamente trasmettere le loro cattive qualità. Gli alienati ed i melanconici vengono rinchiusi o si suicidano. I violenti e i litigiosi fanno spesso una fine violenta. Gli irrequieti che non possono attendere ad un'occupazione stabile - e questo avanzo di barbarie è un grande ostacolo alla civiltà - emigrano in paesi di nuova creazione, dove divengono utili pionieri. L'intemperanza è così distruttiva che la probabilità di vita di un intemperante all'età di trent’anni è solo di 13,8 anni, mentre per i contadini inglesi della stessa età è di 40,59 anni. Le donne dissolute hanno pochi figli, gli uomini dissoluti si ammogliano raramente, e sono soggetti a malattie. Nell'allevamento di animali domestici, l'eliminazione degli individui, anche se pochi di numero, che sono in qualche maniera marcatamente inferiori, ha certamente la sua importanza per il successo. Questo vale specialmente per quei caratteri dannosi che tendono a riapparire tramite reversione, come il color nero delle pecore; e nel genere umano alcuni dei caratteri peggiori, che senza nessuna causa apparente talvolta compaiono nelle famiglie, possono rappresentare delle reversioni verso lo stato selvaggio, dal quale non ci separano poi molte generazioni. Quest'opinione sembra essere riconosciuta nell'espressione comunemente usata secondo cui un certo uomo è la pecora nera della famiglia.

Nelle nazioni civili, per ciò che riguarda il livello elevato di moralità e l'aumento del numero di uomini molto buoni, la selezione naturale sembra avere effetti minimi, sebbene gli istinti sociali fondamentali siano stati acquistati in genere per suo merito. Ma ho già parlato abbastanza, quando trattavo delle razze inferiori, e cioè approvazione da parte dei nostri simili - rafforzamento delle nostre simpatie con l'abitudine - esempio ed imitazione - ragione - esperienza ed anche interesse personale - educazione durante la giovinezza e sentimenti religiosi.

Nei paesi civili un ostacolo molto importante all'aumento del numero di uomini di una classe superiore è stato sottolineato da Greg e da Galton, e cioè il fatto che i poverissimi e gli irrequieti, che sono spesso degradati dal vizio, quasi inevitabilmente si sposano presto, mentre i cauti ed i frugali, che sono generalmente virtuosi, si sposano tardi per poter mantenere agiatamente se stessi e i propri figli. Quelli che si sposano presto, non solo non danno luogo, entro un dato periodo, ad un numero maggiore di generazioni, ma, come dimostra Duncan, hanno anche molti più figli. Inoltre, i figli nati da madri nel fiore degli anni sono più robusti e più grandi, quindi probabilmente più vigorosi, di quelli nati in altri periodi della vita della madre. Così i membri irrequieti, degradati e spesso viziosi di una società tendono ad aumentare ad un tasso maggiore di quelli in generale virtuosi e previdenti. Greg pone il caso: «Gli irlandesi disordinati, poveri, privi di ambizione, si riproducono come conigli; gli scozzesi ambiziosi, frugali, previdenti, dignitosi, fermi nella loro moralità, spirituali nella loro fede, ingegnosi e disciplinati nella loro intelligenza, trascorrono gli anni migliori nella lotta e nel celibato, si sposano tardi e non lasciano molta prole. Data una terra in origine abitata da mille sassoni e da mille celti, in una dozzina di generazioni i cinque sesti della popolazione saranno composti da celti, ma i cinque sesti della proprietà, del potere, dell'intelletto, saranno di quel sesto di sassoni che rimane. Nell'eterna "lotta per l'esistenza", sarebbe stata la razza inferiore e meno favorita a prevalere, e sarebbe prevalsa in virtù non delle sue buone qualità, ma dei suoi difetti».

Ci sono tuttavia alcuni ostacoli a questa tendenza al peggioramento. Abbiamo visto che il tasso di mortalità degli intemperanti è molto elevato, e che le persone molto dissolute lasciano poca prole. Le classi più povere si ammucchiano nelle città, e il dott. Stark ha dimostrato con statistiche di dieci anni in Scozia, che a tutte le età la percentuale di mortalità è più alta nelle città che in campagna, e «durante i primi cinque anni di vita, la percentuale di mortalità nelle città è quasi il doppio che nelle campagne».

Siccome questi calcoli includono sia i ricchi che i poveri, non v'è dubbio che ci sarebbe voluto un numero di nascite più che doppio per mantenere inalterato il rapporto fra gli abitanti molto poveri delle città e quelli delle campagne. Per le donne, il matrimonio in età molto precoce è dannoso; è stato infatti osservato in Francia che «ogni anno fra le donne al di sotto dei venti anni, le sposate muoiono con una percentuale doppia delle nubili». «Eccessivamente elevata» è anche la mortalità dei mariti al di sotto dei venti anni, ma la causa di ciò è ben nota. Concludendo, se gli uomini che aspettano prudentemente di maritarsi fino a quando non sono in grado di mantenere agiatamente le proprie famiglie scegliessero, come fanno spesso, donne nel fiore della vita, il tasso di accrescimento della classe migliore sarebbe solo leggermente diminuito.

È stato stabilito da un'enorme raccolta di dati statistici rilevati nel 1853, che in Francia gli scapoli tra i venti e gli ottanta anni morivano in proporzione maggiore degli ammogliati; per esempio su 1.000 scapoli dai venti ai trenta anni, ne morivano ogni anno 11,3; fra gli ammogliati 6,5. Lo stesso fenomeno è stato osservato anche in Scozia; ad esempio nella popolazione di età superiore ai venti anni; negli anni 1863 e 1864, su mille scapoli fra i venti e i trenta anni, ne morivano ogni anno 14,97; mentre fra gli sposati ne morivano 7,24, cioè meno della metà. Il dott. Stark osserva a questo proposito: «Il celibato accorcia la vita più di qualunque malsana attività e più della residenza in una casa malsana o in un distretto dove non si sia mai avuto un miglioramento delle condizioni sanitarie». Egli ritiene che la diminuzione della mortalità sia il risultato diretto «del matrimonio e delle abitudine domestiche più regolari che ne derivano». Ammette tuttavia che gli intemperanti, i dissoluti ed i criminali, che hanno vita breve, in generale non si sposano; e si deve inoltre aggiungere che gli uomini di debole costituzione, malaticci o afflitti da grande infermità di corpo o di mente, spesso non vogliono ammogliarsi o non sono accettati. Il dott. Stark sembra essere giunto alla conclusione che il matrimonio è di per se stesso la causa principale del prolungamento della vita, avendo accertato che anche i vecchi ammogliati hanno un considerevole vantaggio a questo riguardo sugli scapoli della stessa età; ma tutti devono aver conosciuto casi di uomini che, in giovinezza deboli di costituzione, non si sono sposati, e sono invece sopravvissuti fino a tarda età, anche rimanendo deboli, e perciò sempre con diminuite probabilità di vita e matrimonio. Un'altra circostanza notevole appoggia la conclusione del dott. Stark, data dal fatto che in Francia le vedove e i vedovi sono soggetti ad una mortalità molto maggiore di quanto non lo siano gli sposati; ma il dott. Farr attribuisce ciò alla povertà e alle cattive abitudini che derivano dalla distruzione della famiglia, ed al dolore. In complesso possiamo concludere con il dott. Farr che la minor mortalità degli ammogliati rispetto agli scapoli, che sembra essere una legge generale, «è soprattutto dovuta alla costante eliminazione di tipi imperfetti ed all'accorta selezione degli individui migliori di ogni successiva generazione»; la selezione riguarda solo lo stato matrimoniale, e opera tanto sulle qualità del corpo quanto su quelle intellettuali e morali. Possiamo perciò dedurre che gli uomini sani e buoni che per prudenza rimangono scapoli per un certo periodo, non sono sottoposti in genere ad un tasso maggiore di mortalità.

Se i vari ostacoli di cui abbiamo parlato nei due precedenti paragrafi, e forse anche altri ancora sconosciuti, non impediscono agli irrequieti, ai viziosi e agli altri elementi inferiori della società di accrescersi più rapidamente del gruppo degli uomini migliori, la nazione regredirà, come è accaduto molto spesso nella storia del mondo. Dobbiamo ricordare che il progresso non è una regola invariabile. È molto difficile dire perché una nazione civile si innalzi, divenga più potente e si diffonda più di ogni altra; o perché una stessa nazione progredisca più rapidamente in un periodo piuttosto che in un altro. Possiamo solo dire che ciò dipende dall'aumento del numero attuale della popolazione, dal numero di uomini dotati di maggiori qualità intellettuali e morali, come dal loro livello di superiorità. La struttura corporea sembra avere un'influenza minima, tranne per il fatto che la robustezza del corpo rende vigorosa anche la mente.

Parecchi scrittori hanno affermato che, poiché i poteri intellettuali superiori arrecano vantaggio ad una nazione, gli antichi greci, che erano intellettualmente superiori a qualsiasi razza mai esistita, dovevano, se è vera la potenza della selezione naturale, elevarsi sempre più in alto nella scala, crescere di numero e popolare l'intera Europa. Con ciò si sostiene tacitamente, com'è stato fatto spesso per le strutture corporee, che dev'esserci una tendenza innata al continuo sviluppo della mente e del corpo. Ma ogni specie di sviluppo dipende dal concorso di molte circostanze favorevoli. La selezione naturale opera solo in prima approssimazione. Gli individui e le razze possono aver indiscutibilmente acquistato alcuni vantaggi, e tuttavia essere periti per mancanza di altre caratteristiche. I greci possono essere retrocessi per mancanza di coesione fra i molti piccoli stati, per la pratica della schiavitù, per l'estrema sensualità; infatti essi non soccombettero fino a quando « non furono snervati e corrotti fino al midollo». Le nazioni dell'Europa occidentale, che ora superano smisuratamente i loro progenitori selvaggi e sono al vertice della civiltà, devono poco o nulla della loro superiorità all'eredità diretta degli antichi greci, sebbene debbano invece molto ai lavori scritti di questo popolo meraviglioso.

Chi può dire con certezza perché la nazione spagnola, un tempo così dominante, sia rimasta tanto indietro? Il risveglio delle nazioni europee dalle epoche più oscure è un problema che desta ancor più perplessità. In quel primo periodo, ha affermato Galton, quasi tutti gli uomini di natura gentile dediti alla meditazione o alla cultura non avevano altro rifugio che la Chiesa, che richiedeva il celibato; e questo difficilmente può non aver influito su ogni successiva generazione. In questo stesso periodo la Santa Inquisizione selezionava con estrema cura gli uomini più liberi e coraggiosi per rinchiuderli in prigione o bruciarli. Nella sola Spagna alcuni degli uomini migliori - quelli che dubitavano e disputavano - e senza il dubbio non può esservi progresso - furono eliminati durante tre secoli in ragione di un migliaio l'anno. Il male che fece in questo modo la Chiesa cattolica è incalcolabile, sebbene senza dubbio fu in qualche modo controbilanciato da altri fattori. Ciò nonostante l'Europa ha incomparabilmente progredito.

Il notevole successo degli inglesi come colonizzatori, paragonato al successo delle altre nazioni europee, è da attribuirsi alla loro «audace e persistente energia»; il risultato è ben illustrato dal confronto fra il progresso dei canadesi di origine inglese e quelli di origine francese; ma chi può dire in qual modo gli inglesi acquistarono la loro energia? Apparentemente v'è molta verità nel credere che il magnifico progresso degli Stati Uniti, così come il carattere del popolo, sia effetto della selezione naturale; infatti tutti gli uomini più energici, coraggiosi ed irrequieti sono emigrati da tutte le parti d'Europa, durante le ultime dieci o dodici generazioni, verso quel grande paese, e sono riusciti nel modo migliore. Guardando a un lontano futuro, non credo che il rev. Zincke abbia esagerato quando ha detto: «Ogni altra serie di avvenimenti, come quelli che determinarono l'educazione mentale in Grecia e l'impero di Roma, sembra aver scopo e valore solo quando si considera in relazione o come ausiliaria alla grande corrente di emigrazione anglosassone verso l'occidente.» Per quanto oscuro sia il problema del progresso della civiltà, possiamo almeno vedere che la nazione che produce per un lungo periodo un grandissimo numero di uomini di elevato intelletto, energici, coraggiosi, patriottici e generosi, in linea di massima prevarrà sulle altre nazioni meno favorite.

La selezione naturale trae la sua origine dalla lotta per l'esistenza; e ciò attraverso un rapido tasso di accrescimento. È impossibile non rammaricarsi amaramente, ma se ciò sia giusto è un'altra questione, per il tasso al quale la razza umana tende ad accrescersi; esso infatti porta nelle tribù barbare all'infanticidio e a molti altri mali e nelle nazioni civili all'abietta povertà, al celibato, ai matrimoni tardivi del prudente.

Ma siccome l'uomo è soggetto agli stessi mali fisici ai quali sono soggetti gli animali inferiori, egli non ha il diritto di credersi immune dai mali conseguenti alla lotta per l'esistenza. Se non fosse stato soggetto alla selezione naturale nei tempi primitivi, non avrebbe raggiunto lo stato presente. Dal momento che in molte altre parti del mondo vi sono numerose estensioni di terre fertili capaci di mantenere numerose famiglie felici, ora popolate solo da pochi selvaggi nomadi, si può dedurre che la lotta per l'esistenza non è stata abbastanza dura da costringere l'uomo ad elevarsi al massimo livello possibile. A giudicare da tutto ciò che sappiamo sull'uomo e sugli animali inferiori, le loro facoltà morali e intellettuali sono sempre state abbastanza variabili da permettere un continuo progresso per mezzo della selezione naturale. Non v'è dubbio che un progresso richieda il concorso di molte circostanze favorevoli; ma può ben sorgere il dubbio se le facoltà più favorevoli sarebbero state sufficienti, qualora il tasso di accrescimento numerico non fosse stato così rapido e, di conseguenza, la lotta per l'esistenza non fosse estremamente dura. Da quanto vediamo ad esempio in alcune parti del Sud America, sembra che un popolo che si può definire civile, come quello dei coloni spagnoli, è soggetto a diventare indolente ed a regredire quando le condizioni di vita sono troppo facili. Nelle nazioni molto civili il continuo progresso dipende in grado subordinato dalla selezione naturale; infatti tali nazioni non ne soppiantano e non ne sterminano altre come fanno le tribù selvagge. Tuttavia i membri più intelligenti in seno ad una comunità a lungo andare riusciranno meglio di quelle inferiori e lasceranno una prole più numerosa: questa è una forma di selezione naturale. Le cause più efficienti di progresso sembrano essere una buona educazione durante il periodo della giovinezza, quando il cervello è plasmabile, ed un elevato livello di superiorità, inculcato dagli uomini migliori e più capaci, incorporato nelle leggi, abitudini e tradizioni della nazione, e consolidato dall'opinione pubblica.

Dovrebbe apparire chiaro che il consolidamento dell'opinione pubblica dipende dal nostro apprezzamento dell'approvazione e disapprovazione che ci vengono dagli altri; e questo apprezzamento ha le sue basi nella nostra simpatia, che non si può dubitare si sia sviluppata originariamente grazie alla selezione naturale, come uno degli elementi più importanti degli istinti sociali».

Note al testo

[1] Su questo, cfr. la traduzione Einaudi in C. Darwin, Viaggio di un naturalista intorno al mondo, Torino, 2017, pp. 190-214, relative alla Terra del Fuoco.