Di una questione di non poca rilevanza nell’analisi del futuro ecclesiale dopo il covid. Dell’Azione Cattolica o della parrocchia italiana. Breve nota di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Giovanni Amico. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Teologia pastorale.
Il Centro culturale Gli scritti (31/1/2021)
Esiste una questione che raramente viene evocata. Quando si dichiara “finita” la parrocchia italiana[1], si dimentica di dire che ad essa è legata a filo doppio l’Azione Cattolica Italiana[2].
Parlare della parrocchia vuol dire parlare anche dell’Azione Cattolica Ragazzi, dei giovani di Azione Cattolica, così come degli Adulti dell’Associazione, con quella parte talvolta predominante che viene spesso detta degli “adultissimi”, con i leader passati e presenti e le loro prospettive educative ed ecclesiali.
Parlarne non vuol dire innanzitutto riferirsi al numero dei tesserati e alla sua diminuzione nel corso degli anni. Mai nella Chiesa si deve valutare qualcosa semplicemente a partire dai suoi numeri, tanto è vero che si parla di “resto di Israele” come di questione salvifica.
Ciò che andrebbe indagato sono piuttosto le modalità.
Mi sembra importante sottoporre all’attenzione una questione che è decisiva per comprendere qual è la proposta educativa di un determinato gruppo, movimento o associazione, ed è quella dei sussidi.
L’Azione Cattolica produce ogni anno un numero notevole di sussidi, con un dispendio di energie e di mezzi rilevante e non di poco conto. Tali sussidi, spesso preparati secondo il metodo vedere-giudicare-agire, che è oggi sottoposto ad una riflessione critica in teologia pastorale[3], si incentrano intorno a temi, attività e testi che vengono proposti, mese per mese.
Tali sussidi hanno la durata di un anno e l’anno successivo sono abbandonati in vista di nuovi sussidi, preparati appositamente per il nuovo anno.
Il rischio di tale impostazione – intendo qui non demolire tale proposta, ma problematizzarla – è che, proprio per il continuo variare, potrebbe non costruirsi sempre un itinerario basato su questioni fondamentali che aiutino ogni nuova generazione a poggiare su basi solide[4].
Il rischio del perenne ricambio di sussidi è che si dia per scontato che la fede già c’è e che si tratti solo di perfezionarla, di farla maturare, di “aggiornarla”, senza mai assumere un atteggiamento “kerygmatico” (cfr. su questo EG).
Dinanzi al variare degli anni e delle stagioni, due sono le possibilità di elaborazione di un progetto.
L’una è quella di toccare ciò che appare di attualità - canzoni, autori, testi, che emergono in quell’anno e questo è in qualche modo necessario -, perché esiste un variare di realtà sempre nuove ad ogni anno e ad ogni stagione[5].
L’altra modalità è quella di poggiarsi saldamente su punti così basilari che sono di attualità non perché si richiamano a figure emerse in quel frangente, ma perché sono talmente costitutive da non passare mai di moda[6].
Si può e si deve domandare qual è la prospettiva scelta per un’evangelizzazione che si rivolga a chi non è già all’interno della Chiesa, perché la formazione non sia solo “socializzante”, ma evangelizzante.
Per certi aspetti si potrebbe sostenere che sia evangelizzante ciò che tocca l’emergere via via sempre nuovo di figure e testi che sono sulla bocca di tutti in quel determinato frangente,.
Per altri aspetti si potrebbe dire, all’opposto, che è evangelizzante ciò che fonda, ciò che porta a toccare con il cuore e con la mente ciò che è decisivo ed essenziale.
Si può ipotizzare anche un mix, che tocchi ciò che è più “di moda”, ma al contempo, affondi in profondità, radicando le persone lontane dalla fede in maniera solida e affascinante.
Il tempo in cui viviamo e il magistero di papa Francesco, però, non possono esimerci dal domandarci quali scelte sono “in uscita”, quali proposte giungano cioè a toccare il mondo dei giovani e degli adulti che non appartengono alla fede.
Quando ci si domanda se le nostre parrocchie sono “in uscita” e hanno imboccato la via dell’evangelizzazione non si può evitare di porre la stessa domanda alla proposta dell’Azione Cattolica, confrontandosi con quale strada abbiano scelto i suoi migliori laici e i suoi migliori sacerdoti, se abbiano riconfermato una visione che ha al centro la parrocchia o meno e come abbiano inteso rinnovare la proposta associativa in vista di un coinvolgimento progressivo delle nuove generazioni di giovani e di giovani adulti lontani dalla fede.
Comprendere ciò che fa la parrocchia, infatti, è comprendere come cammina l’Azione Cattolica e comprendere come cammina l’Azione Cattolica è comprendere come camminano le parrocchie. Come hanno camminato e come cammineranno.
La questione dei sussidi, apparentemente secondaria, può essere invece una cartina al tornasole importante per riflettere su come si intenda rinnovare le parrocchie in chiave evangelizzatrice e missionaria – e ciò è tanto più vero se si intende “leggere” la vitalità non solo nelle età delle elementari e delle medie, ma cogliere la vitalità di una proposta nell’età delle superiori e dell’università, quelle che, nel linguaggio associativo, sono le fasce dei “giovani”.
Note al testo
[1] Prospettiva che non è condiviso né da chi scrive, né dal magistero pontificio che, invece afferma che «la parrocchia non è una struttura caduca; proprio perché ha una grande plasticità, può assumere forme molto diverse che richiedono la docilità e la creatività missionaria del pastore e della comunità. Sebbene certamente non sia l’unica istituzione evangelizzatrice, se è capace di riformarsi e adattarsi costantemente, continuerà ad essere “la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie”. Questo suppone che realmente stia in contatto con le famiglie e con la vita del popolo e non diventi una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi» (EG 28).
[2] Anche per questo bisogna stare attenti a dire che la parrocchia italiana ha terminato il suo mandato e, comunque, nell’analizzare i difetti della pastorale parrocchiale, si deve essere coscienti che si sta parlando anche del modello tuttora presente nell’AC italiana.
[3] Cfr. su questo Il discernimento e le decisioni pastorali. Sergio Lanza e i pregi e i limiti del metodo “vedere-giudicare-agire”. Anche la scienza non procede per induzione, ma nemmeno per deduzione, di Andrea Lonardo.
[4] Il rischio di una sussidiazione che viene elaborata anno per anno è anche che tali testi non abbiano il tempo di maturare pienamente, per rispettare i tempi di pubblicazione. Il che vuol dire che potrebbero essere testi di altissimo valore, ma anche talvolta raccogliticci: tali sussidi non possono essere valutati a priori, ma forse non è inutile aprire un dibattito in merito a tale produzione.
[5] Con il rischio sempre presente che ciò che è stato progettato nell’anno precedente sia già superato all’uscita del sussidio.
[6] È questa, ad esempio, la scelta di itinerari come quelli proposti dal SOG di Assisi o dai Dieci Comandamenti. Lo è anche dell’itinerario de Le domande grandi dei bambini, pensato per età che sono parallele a quelle dell’ACR: nel caso di tale itinerario, Lonardo e Botta hanno più volte dichiarato che hanno volutamente omesso riferimenti troppo attuali che invaliderebbero il percorso dopo solo pochi anni, per puntare ad autori, immagini e riferimenti che saranno comprensibili anche a distanza di 10 anni, lasciando invece agli animatori di inserire tali rimandi al presente a loro piacimento.