Antologia di testi dal viaggio di Benedetto XVI in Gran Bretagna 16-19 settembre 2010

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 29 /09 /2010 - 23:40 pm | Permalink | Homepage
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Il Centro culturale Gli scritti (29/9/2010)

***La chiesa non cerca di essere attraente, bensì attrae a Cristo

dalle risposte di Benedetto XVI ai giornalisti durante il volo verso la Gran Bretagna, 16/9/2010

Direi che una Chiesa che cerca soprattutto di essere attrattiva sarebbe già su una strada sbagliata. Perché la Chiesa non lavora per sé, non lavora per aumentare i propri numeri e così il proprio potere. La Chiesa è al servizio di un Altro, serve non per sé, per essere un corpo forte, ma serve per rendere accessibile l’annuncio di Gesù Cristo, le grandi verità, le grandi forze di amore, di riconciliazione apparse in questa figura e che sempre vengono dalla presenza di Gesù Cristo. In questo senso la Chiesa non cerca la propria attrattività, ma deve essere trasparente per Gesù Cristo. E nella misura nella quale non sta per se stessa, come corpo forte e potente nel mondo, che vuole avere il suo potere, ma si fa semplicemente voce di un Altro, diventa realmente trasparenza per la grande figura di Cristo e le grandi verità che ha portato nell’umanità, la forza dell’amore; allora in questo momento si ascolta e si accetta la Chiesa. Essa non dovrebbe considerare se stessa ma aiutare a considerare l’Altro, ed essa stessa vedere e parlare dell’Altro e per l’Altro. In questo senso mi sembra anche che anglicani e cattolici hanno il semplice compito, lo stesso compito, la stessa direzione da prendere. Se anglicani e cattolici vedono che ambedue non servono per se stessi, ma sono strumenti per Cristo, "amico dello Sposo" – come dice San Giovanni – se ambedue seguono la priorità di Cristo e non di se stessi, allora vengono anche insieme.

***L'importanza della parola e la “dittatura del relativismo”

dall'omelia di Benedetto XVI nella messa al Bellahouston Park di Glasgow del 16/9/2010

Tra i diversi doni che S. Paolo elenca per l’edificazione della Chiesa vi è quello dell’insegnamento (cfr Rm 12,7). La predicazione del Vangelo è sempre stata accompagnata da una preoccupazione per la parola: la parola ispirata di Dio e la cultura nella quale quella parola mette radici e si sviluppa. Qui in Scozia, penso alle tre università medievali fondate dai pontefici, compresa quella di S. Andrea, che sta per celebrare il sesto centenario della sua fondazione. [...]

L’evangelizzazione della cultura è tanto più importante nella nostra epoca, in cui una "dittatura del relativismo" minaccia di oscurare l’immutabile verità sulla natura dell’uomo, il suo destino e il suo bene ultimo. Vi sono oggi alcuni che cercano di escludere il credo religioso dalla sfera pubblica, di privatizzarlo o addirittura di presentarlo come una minaccia all’uguaglianza e alla libertà. [...]

La società odierna necessita di voci chiare, che propongano il nostro diritto a vivere non in una giungla di libertà auto-distruttive ed arbitrarie, ma in una società che lavora per il vero benessere dei suoi cittadini, offrendo loro guida e protezione di fronte alle loro debolezze e fragilità.

***La vera educazione non è educazione ad una preparazione tecnica, bensì alla sapienza

dal saluto di Benedetto XVI nell'incontro con il mondo dell’educazione cattolica al St Mary’s University College di Twickenham (London Borough of Richmond), del 17/9/2010

Come sapete, il compito dell’insegnante non è solo quello di impartire informazioni o di provvedere ad una preparazione tecnica per portare benefici economici alla società; l’educazione non è e non deve essere mai considerata come puramente utilitaristica. Riguarda piuttosto formare la persona umana, preparare lui o lei a vivere la vita in pienezza – in poche parole riguarda educare alla saggezza. E la vera saggezza è inseparabile dalla conoscenza del Creatore perché "nelle sue mani siamo noi e le nostre parole, ogni sorta di conoscenza e ogni capacità operativa" (Sap 7,16).

Questa dimensione trascendente dello studio e dell’insegnamento era chiaramente compresa dai monaci che hanno così tanto contribuito alla evangelizzazione di queste isole. Sto pensando ai Benedettini che accompagnarono Sant’Agostino nella sua missione in Inghilterra, ai discepoli di San Columba, che hanno diffuso la fede in Scozia e nell’Inghilterra del Nord, a San Davide e ai suoi compagni nel Galles. Poiché la ricerca di Dio che si colloca nel cuore della vocazione monastica, richiede un attivo impegno coi mezzi tramite i quali egli si fa conoscere - la sua creazione e la sua parola rivelata - era semplicemente naturale che il monastero dovesse avere una biblioteca ed una scuola (cfr Discorso ai rappresentanti del mondo della cultura al "Collège des Bernardins" a Parigi, 12 settembre 2008).

***Le diverse religioni non solo una di fronte all'altra, ma anche “fianco a fianco” nel testimoniare il primato di Dio... senza dimenticare la libertà religiosa, anche quella di convertirsi

dal discorso di Benedetto XVI nell'incontro con i leaders di altre religioni, nella Waldegrave Drawing Room presso il St Mary’s University College di Twickenham (London Borough of Richmond) del 17/9/2010

Desidero iniziare le mie parole esprimendo l’apprezzamento della Chiesa cattolica per l’importante testimonianza che voi tutti apportate quali uomini e donne dello spirito, in un tempo nel quale le convinzioni religiose non sono sempre comprese o apprezzate. La presenza di credenti impegnati in vari campi della vita sociale ed economica parla eloquentemente del fatto che la dimensione spirituale della nostra vita è fondamentale alla nostra identità di esseri umani, in altre parole, che l’uomo non vive di solo pane (cfr Dt 8,3). Quali seguaci di tradizioni religiose diverse, che lavorano insieme per il bene della comunità in senso ampio, noi diamo grande importanza a questa dimensione "fianco a fianco" della nostra collaborazione, che completa l’aspetto "faccia a faccia" del nostro costante dialogo.

A livello spirituale tutti noi, in modi diversi, siamo personalmente impegnati in un viaggio che offre una risposta importante alla questione più importante di tutte, quella riguardante il significato ultimo dell’esistenza umana. La ricerca del sacro è la ricerca dell’unica cosa necessaria, l’unica a soddisfare le aspettative del cuore umano. Nel quinto secolo, sant’Agostino descrisse quella ricerca in questi termini: "Signore, ci hai creati per te ed il nostro cuore è inquieto sino a che non riposerà in te" (Confessioni, I,1). Nell’intraprendere tale avventura ci rendiamo conto sempre di più che l’iniziativa non viene da noi, bensì dal Signore: non siamo tanto noi a ricercare Lui, ma è piuttosto Lui a cercare noi ed è senza dubbio Lui ad avere posto quella nostalgia per Lui nel profondo dei nostri cuori.La vostra presenza e testimonianza nel mondo indica la fondamentale importanza per la vita umana di questa ricerca spirituale nella quale siamo impegnati. All’interno dei loro ambiti di competenza, le scienze umane e naturali ci forniscono una comprensione inestimabile di aspetti della nostra esistenza ed approfondiscono la nostra comprensione del modo in cui opera l’universo fisico, il quale può essere utilizzato per portare grande beneficio alla famiglia umana. E tuttavia queste discipline non danno risposta, e non possono darla, alla domanda fondamentale, perché operano ad un livello totalmente diverso. Non possono soddisfare i desideri più profondi del cuore umano, né spiegarci pienamente la nostra origine ed il nostro destino, per quale motivo e per quale scopo noi esistiamo, né possono darci una risposta esaustiva alla domanda: "Per quale motivo esiste qualcosa, piuttosto che il niente?".

La ricerca del sacro non svaluta altri campi dell’indagine umana. Al contrario, li pone in un contesto che amplifica la loro importanza quali vie mediante le quali esercitare responsabilmente il nostro essere amministratori della creazione. Nella Bibbia leggiamo che dopo aver compiuto l’opera della creazione, Dio benedisse i nostri progenitori e disse loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela" (Gn 1,28). Egli affidò a noi il compito di esplorare ed utilizzare i misteri della natura al fine di servire un bene superiore. Qual è questo bene superiore? Nella fede cristiana esso viene espresso come amore per Dio a amore per il nostro prossimo. Pertanto, ci impegniamo di tutto cuore e con entusiasmo con il mondo, ma sempre con uno sguardo per servire quel bene superiore, altrimenti sfiguriamo la bellezza della creazione sfruttandola per scopi egoistici. [...]

Sin dal Concilio Vaticano II la Chiesa cattolica ha posto speciale enfasi sull’importanza del dialogo e della collaborazione con i seguaci di altre religioni. E perché sia fruttuoso, occorre reciprocità da parte di tutte le componenti in dialogo e da parte dei seguaci delle altre religioni. Penso in particolare a situazioni in alcune parti del mondo, in cui la collaborazione e il dialogo fra religioni richiede il rispetto reciproco, la libertà di praticare la propria religione e di compiere atti di culto pubblico, come pure la libertà di seguire la propria coscienza senza soffrire ostracismo o persecuzione, anche dopo la conversione da una religione ad un’altra. Una volta che tale rispetto e attitudine aperta sono stabiliti, persone di tutte le religioni lavoreranno insieme in modo efficace per la pace e la mutua comprensione, offrendo perciò una testimonianza convincente davanti al mondo. […]

Questo tipo di dialogo può includere l’esplorare assieme come difendere la vita umana ad ogni stadio e come assicurare la non esclusione della dimensione religiosa di individui e comunità dalla vita della società. Poi, a livello delle conversazioni formali, non vi è solo la necessità dello scambio teologico, ma anche il porre alla reciproca considerazione le proprie ricchezze spirituali, il parlare della propria esperienza di preghiera e di contemplazione, l’esprimere a vicenda la gioia del nostro incontro con l’amore divino.

***Il ruolo della religione in politica è quello di aiutare a gettare luce sui princìpi morali

dal discorso di Benedetto XVI del 17/9/2010, nell'incontro nella Westminster Hall di Londra

In particolare, vorrei ricordare la figura di San Tommaso Moro, il grande studioso e statista inglese, ammirato da credenti e non credenti per l’integrità con cui fu capace di seguire la propria coscienza, anche a costo di dispiacere al sovrano, di cui era "buon servitore", poiché aveva scelto di servire Dio per primo. Il dilemma con cui Tommaso Moro si confrontava, in quei tempi difficili, la perenne questione del rapporto tra ciò che è dovuto a Cesare e ciò che è dovuto a Dio, mi offre l’opportunità di riflettere brevemente con voi sul giusto posto che il credo religioso mantiene nel processo politico.

La tradizione parlamentare di questo Paese deve molto al senso istintivo di moderazione presente nella Nazione, al desiderio di raggiungere un giusto equilibrio tra le legittime esigenze del potere dello stato e i diritti di coloro che gli sono soggetti. Se da un lato, nella vostra storia, sono stati compiuti a più riprese dei passi decisivi per porre dei limiti all’esercizio del potere, dall’altro le istituzioni politiche della nazione sono state in grado di evolvere all’interno di un notevole grado di stabilità. In tale processo storico, la Gran Bretagna è emersa come una democrazia pluralista, che attribuisce un grande valore alla libertà di espressione, alla libertà di affiliazione politica e al rispetto dello stato di diritto, con un forte senso dei diritti e doveri dei singoli, e dell’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. La dottrina sociale cattolica, pur formulata in un linguaggio diverso, ha molto in comune con un tale approccio, se si considera la sua fondamentale preoccupazione per la salvaguardia della dignità di ogni singola persona, creata ad immagine e somiglianza di Dio, e la sua sottolineatura del dovere delle autorità civili di promuovere il bene comune.

E, in verità, le questioni di fondo che furono in gioco nel processo contro Tommaso Moro continuano a presentarsi, in termini sempre nuovi, con il mutare delle condizioni sociali. Ogni generazione, mentre cerca di promuovere il bene comune, deve chiedersi sempre di nuovo: quali sono le esigenze che i governi possono ragionevolmente imporre ai propri cittadini, e fin dove esse possono estendersi? A quale autorità ci si può appellare per risolvere i dilemmi morali? Queste questioni ci portano direttamente ai fondamenti etici del discorso civile. Se i principi morali che sostengono il processo democratico non si fondano, a loro volta, su nient’altro di più solido che sul consenso sociale, allora la fragilità del processo si mostra in tutta la sua evidenza. Qui si trova la reale sfida per la democrazia.

L’inadeguatezza di soluzioni pragmatiche, di breve termine, ai complessi problemi sociali ed etici è stata messa in tutta evidenza dalla recente crisi finanziaria globale. Vi è un vasto consenso sul fatto che la mancanza di un solido fondamento etico dell’attività economica abbia contribuito a creare la situazione di grave difficoltà nella quale si trovano ora milioni di persone nel mondo. Così come "ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale" (Caritas in Veritate, 37), analogamente, nel campo politico, la dimensione morale delle politiche attuate ha conseguenze di vasto raggio, che nessun governo può permettersi di ignorare. Una positiva esemplificazione di ciò si può trovare in una delle conquiste particolarmente rimarchevoli del Parlamento britannico: l’abolizione del commercio degli schiavi. La campagna che portò a questa legislazione epocale, si basò su principi morali solidi, fondati sulla legge naturale, e ha costituito un contributo alla civilizzazione di cui questa nazione può essere giustamente orgogliosa.

La questione centrale in gioco, dunque, è la seguente: dove può essere trovato il fondamento etico per le scelte politiche? La tradizione cattolica sostiene che le norme obiettive che governano il retto agire sono accessibili alla ragione, prescindendo dal contenuto della rivelazione. Secondo questa comprensione, il ruolo della religione nel dibattito politico non è tanto quello di fornire tali norme, come se esse non potessero esser conosciute dai non credenti – ancora meno è quello di proporre soluzioni politiche concrete, cosa che è del tutto al di fuori della competenza della religione – bensì piuttosto di aiutare nel purificare e gettare luce sull’applicazione della ragione nella scoperta dei principi morali oggettivi. Questo ruolo "correttivo" della religione nei confronti della ragione, tuttavia, non è sempre bene accolto, in parte poiché delle forme distorte di religione, come il settarismo e il fondamentalismo, possono mostrarsi esse stesse causa di seri problemi sociali. E, a loro volta, queste distorsioni della religione emergono quando viene data una non sufficiente attenzione al ruolo purificatore e strutturante della ragione all’interno della religione. È un processo che funziona nel doppio senso. Senza il correttivo fornito dalla religione, infatti, anche la ragione può cadere preda di distorsioni, come avviene quando essa è manipolata dall’ideologia, o applicata in un modo parziale, che non tiene conto pienamente della dignità della persona umana. Fu questo uso distorto della ragione, in fin dei conti, che diede origine al commercio degli schiavi e poi a molti altri mali sociali, non da ultimo le ideologie totalitarie del ventesimo secolo. Per questo vorrei suggerire che il mondo della ragione ed il mondo della fede – il mondo della secolarità razionale e il mondo del credo religioso – hanno bisogno l’uno dell’altro e non dovrebbero avere timore di entrare in un profondo e continuo dialogo, per il bene della nostra civiltà.

La religione, in altre parole, per i legislatori non è un problema da risolvere, ma un fattore che contribuisce in modo vitale al dibattito pubblico nella nazione. In tale contesto, non posso che esprimere la mia preoccupazione di fronte alla crescente marginalizzazione della religione, in particolare del Cristianesimo, che sta prendendo piede in alcuni ambienti, anche in nazioni che attribuiscono alla tolleranza un grande valore. Vi sono alcuni che sostengono che la voce della religione andrebbe messa a tacere, o tutt’al più relegata alla sfera puramente privata. Vi sono alcuni che sostengono che la celebrazione pubblica di festività come il Natale andrebbe scoraggiata, secondo la discutibile convinzione che essa potrebbe in qualche modo offendere coloro che appartengono ad altre religioni o a nessuna. E vi sono altri ancora che – paradossalmente con lo scopo di eliminare le discriminazioni – ritengono che i cristiani che rivestono cariche pubbliche dovrebbero, in determinati casi, agire contro la propria coscienza. Questi sono segni preoccupanti dell’incapacità di tenere nel giusto conto non solo i diritti dei credenti alla libertà di coscienza e di religione, ma anche il ruolo legittimo della religione nella sfera pubblica. Vorrei pertanto invitare tutti voi, ciascuno nelle rispettive sfere di influenza, a cercare vie per promuovere ed incoraggiare il dialogo tra fede e ragione ad ogni livello della vita nazionale.

La vostra disponibilità in questo senso si è già manifestata nell’invito senza precedenti che mi avete rivolto oggi, e trova espressione in quei settori di interesse nei quali il vostro Governo si è impegnato insieme alla Santa Sede. Nel campo della pace, vi sono stati degli scambi circa l’elaborazione di un trattato internazionale sul commercio di armi; circa i diritti umani, la Santa Sede ed il Regno Unito hanno visto positivamente il diffondersi della democrazia, specialmente negli ultimi 65 anni; nel campo dello sviluppo, vi è stata collaborazione nella remissione del debito, nel commercio equo e nel finanziamento allo sviluppo, in particolare attraverso la "International Finance Facility", l’ "International Immunization Bond" e l’ "Advanced Market Commitment". La Santa Sede è inoltre desiderosa di ricercare, con il Regno Unito, nuove strade per promuovere la responsabilità ambientale, a beneficio di tutti.

Noto inoltre che l’attuale Governo si è impegnato a devolvere entro il 2013 lo 0,7% del Reddito nazionale in favore degli aiuti allo sviluppo. È stato incoraggiante, negli ultimi anni, notare i segni positivi di una crescita della solidarietà verso i poveri che riguarda tutto il mondo. Ma per tradurre questa solidarietà in azione effettiva c’è bisogno di idee nuove, che migliorino le condizioni di vita in aree importanti quali la produzione del cibo, la pulizia dell’acqua, la creazione di posti di lavoro, la formazione, l’aiuto alle famiglie, specialmente dei migranti, e i servizi sanitari di base. Quando è in gioco la vita umana, il tempo si fa sempre breve: in verità, il mondo è stato testimone delle vaste risorse che i governi sono in grado di raccogliere per salvare istituzioni finanziarie ritenute "troppo grandi per fallire". Certamente lo sviluppo integrale dei popoli della terra non è meno importante: è un’impresa degna dell’attenzione del mondo, veramente "troppo grande per fallire". […]

Gli angeli che ci guardano dalla magnifica volta di questa antica Sala ci ricordano la lunga tradizione da cui il Parlamento britannico si è sviluppato. Essi ci ricordano che Dio vigila costantemente su di noi, per guidarci e proteggerci. Ed essi ci chiamano a riconoscere il contributo vitale che il credo religioso ha reso e può continuare a rendere alla vita della nazione.

***J. H. Newman ci ricorda che siamo creati per conoscere la verità, non per avere opinioni

dal discorso di Benedetto XVI nella veglia di preghiera del 18/9/2010 per la beatificazione del cardinale John Henry Newman ad Hyde Park, a Londra

Alla fine della vita, Newman avrebbe descritto il proprio lavoro come una lotta contro la tendenza crescente a considerare la religione come un fatto puramente privato e soggettivo, una questione di opinione personale. Qui vi è la prima lezione che possiamo apprendere dalla sua vita: ai nostri giorni, quando un relativismo intellettuale e morale minaccia di fiaccare i fondamenti stessi della nostra società, Newman ci rammenta che, quali uomini e donne creati ad immagine e somiglianza di Dio, siamo stati creati per conoscere la verità, per trovare in essa la nostra definitiva libertà e l’adempimento delle più profonde aspirazioni umane. In una parola, siamo stati pensati per conoscere Cristo, che è Lui stesso "la via, la verità e la vita" (Gv 14,6). [...]

L’esistenza di Newman, inoltre, ci insegna che la passione per la verità, per l’onestà intellettuale e per la conversione genuina comportano un grande prezzo da pagare. La verità che ci rende liberi non può essere trattenuta per noi stessi; esige la testimonianza, ha bisogno di essere udita, ed in fondo la sua potenza di convincere viene da essa stessa e non dall’umana eloquenza o dai ragionamenti nei quali può essere adagiata. Non lontano da qui, a Tyburn, un gran numero di nostri fratelli e sorelle morirono per la fede; la testimonianza della loro fedeltà sino alla fine fu ben più potente delle parole ispirate che molti di loro dissero prima di abbandonare ogni cosa al Signore. Nella nostra epoca, il prezzo da pagare per la fedeltà al Vangelo non è tanto quello di essere impiccati, affogati e squartati, ma spesso implica l’essere additati come irrilevanti, ridicolizzati o fatti segno di parodia. E tuttavia la Chiesa non si può esimere dal dovere di proclamare Cristo e il suo Vangelo quale verità salvifica, la sorgente della nostra felicità ultima come individui, e quale fondamento di una società giusta e umana. […]

Newman comprese questo e fu il grande campione dell’ufficio profetico del laicato cristiano. Vide chiaramente che non dobbiamo tanto accettare la verità come un atto puramente intellettuale, quanto piuttosto accoglierla mediante una dinamica spirituale che penetra sino alle più intime fibre del nostro essere.

***Cor ad cor loquitur: il primato della dimensione spirituale

dall'omelia di Benedetto XVI nella messa del 19/9/2010 con la beatificazione del cardinale John Henry Newman, nel Cofton Park di Birmingham

Il motto del Cardinale Newman, Cor ad cor loquitur, "il cuore parla al cuore", ci permette di penetrare nella sua comprensione della vita cristiana come chiamata alla santità, sperimentata come l’intenso desiderio del cuore umano di entrare in intima comunione con il Cuore di Dio. Egli ci rammenta che la fedeltà alla preghiera ci trasforma gradualmente nell’immagine divina. Come scrisse in uno dei suoi forbiti sermoni: "l’abitudine alla preghiera, che è pratica di rivolgersi a Dio e al mondo invisibile in ogni stagione, in ogni luogo, in ogni emergenza, la preghiera, dico, ha ciò che può essere chiamato un effetto naturale nello spiritualizzare ed elevare l’anima. Un uomo non è più ciò che era prima; gradualmente… ha interiorizzato un nuovo sistema di idee ed è divenuto impregnato di freschi principi" (Parochial and plain sermons, IV, 230-231).

***J. H. Newman ricorda che ognuno ha un compito insostituibile e unico nel mondo

dall'omelia di Benedetto XVI nella messa del 19/9/2010 con la beatificazione del cardinale John Henry Newman, nel Cofton Park di Birmingham

Il Vangelo odierno ci dice che nessuno può essere servo di due padroni (cfr Lc 16,13), e l’insegnamento del Beato John Henry sulla preghiera spiega come il fedele cristiano si sia posto in maniera definitiva al servizio dell’unico vero Maestro, il quale soltanto ha il diritto alla nostra devozione incondizionata (cfr Mt 23,10). Newman ci aiuta a comprendere cosa significhi questo nella nostra vita quotidiana: ci dice che il nostro divino Maestro ha assegnato un compito specifico a ciascuno di noi, un "servizio ben definito", affidato unicamente ad ogni singolo: "io ho la mia missione – scrisse – sono un anello in una catena, un vincolo di connessione fra persone. Egli non mi ha creato per niente. Farò il bene, compirò la sua opera; sarò un angelo di pace, un predicatore di verità proprio nel mio posto… se lo faccio obbedirò ai suoi comandamenti e lo servirò nella mia vocazione" (Meditations and devotions, 301-2).

***J. H. Newman ed un laicato preparato

dall'omelia di Benedetto XVI nella messa del 19/9/2010 con la beatificazione del cardinale John Henry Newman, nel Cofton Park di Birmingham

Ed in verità, quale meta migliore potrebbero proporsi gli insegnanti di religione se non quel famoso appello del Beato John Henry per un laicato intelligente e ben istruito: "Voglio un laicato non arrogante, non precipitoso nei discorsi, non polemico, ma uomini che conoscono la propria religione, che in essa vi entrino, che sappiano bene dove si ergono, che sanno cosa credono e cosa non credono, che conoscono il proprio credo così bene da dare conto di esso, che conoscono così bene la storia da poterlo difendere" (The Present Position of Catholics in England, IX, 390).

***Radici cristiane della Gran Bretagna

dal discorso di Benedetto XVI nell'incontro con la regina Elisabetta II e le autorità al Palazzo Reale di Holyroodhouse, del 16/9/2010

Il nome di Holyroodhouse, residenza ufficiale di Vostra Maestà in Scozia, evoca la "Santa Croce" e fa volgere lo sguardo alle profonde radici cristiane che sono tuttora presenti in ogni strato della vita britannica. I monarchi d’Inghilterra e Scozia erano cristiani sin dai primissimi tempi ed includono straordinari Santi come Edoardo il Confessore e Margherita di Scozia. Come Le è noto, molti di loro hanno esercitato coscienziosamente i loro doveri sovrani alla luce del Vangelo, modellando in tal modo la nazione nel bene al livello più profondo. Ne risultò che il messaggio cristiano è diventato parte integrale della lingua, del pensiero e della cultura dei popoli di queste isole per più di un millennio. Il rispetto dei vostri antenati per la verità e la giustizia, per la clemenza e la carità giungono a voi da una fede che rimane una forza potente per il bene nel vostro regno, con grande beneficio parimenti di cristiani e non cristiani.

Troviamo molti esempi di questa forza per il bene lungo tutta la lunga storia della Gran Bretagna. Anche in tempi relativamente recenti, attraverso figure come William Wilberforce e David Livingstone, la Gran Bretagna è direttamente intervenuta per fermare la tratta internazionale degli schiavi. Ispirate dalla fede, donne come Florence Nightingale servirono i poveri e i malati, ponendo nuovi standard nell’assistenza sanitaria che successivamente vennero copiati ovunque. John Henry Newman, la cui beatificazione celebrerò fra breve, fu uno dei molti cristiani britannici della propria epoca la cui bontà, eloquenza ed azione furono un onore per i propri concittadini e concittadine. Questi e molti altri come loro furono mossi da una fede profonda, nata e cresciuta in queste isole.

Pure nella nostra epoca possiamo ricordare come la Gran Bretagna e i suoi capi si opposero ad una tirannia nazista che aveva in animo di sradicare Dio dalla società e negava a molti la nostra comune umanità, specialmente gli ebrei, che venivano considerati non degni di vivere. Desidero, inoltre, ricordare l’atteggiamento del regime verso pastori cristiani e verso religiosi che proclamarono la verità nell’amore; si opposero ai nazisti e pagarono con la propria vita la loro opposizione. Mentre riflettiamo sui moniti dell’estremismo ateo del ventesimo secolo, non possiamo mai dimenticare come l’esclusione di Dio, della religione e della virtù dalla vita pubblica conduce in ultima analisi ad una visione monca dell’uomo e della società, e pertanto a "una visione riduttiva della persona e del suo destino" (Caritas in veritate, 29).

[...]

Oggi il Regno Unito si sforza di essere una società moderna e multiculturale. In questo compito stimolante, possa mantenere sempre il rispetto per quei valori tradizionali e per quelle espressioni culturali che forme più aggressive di secolarismo non stimano più, né tollerano più. Non si lasci oscurare il fondamento cristiano che sta alla base delle sue libertà; e possa quel patrimonio, che ha sempre servito bene la nazione, plasmare costantemente l’esempio del Suo governo e del Suo popolo nei confronti dei due miliardi di membri del Commonwealth, come pure della grande famiglia di nazioni anglofone in tutto il mondo.

Dio benedica Vostra Maestà e tutte le persone del Vostro Reame.

***Anticlericalismo?

dalle risposte di Benedetto XVI ai giornalisti durante il volo verso la Gran Bretagna, 16/9/2010

Devo dire che non sono preoccupato, perché quando sono andato in Francia è stato detto che quello sarebbe stato il Paese più anticlericale, con forti correnti anticlericali e con un minimo di fedeli; quando sono andato nella Repubblica Ceca è stato detto che quello sarebbe stato il Paese più areligioso d’Europa e più anticlericale anche. Così i Paesi occidentali hanno tutti, ognuno nel loro modo specifico e secondo la loro propria storia, forti correnti anticlericali e anticattoliche, ma hanno anche sempre una presenza forte di fede. Così in Francia e nella Repubblica Ceca ho visto e vissuto una calorosa accoglienza da parte della comunità cattolica, una forte attenzione da parte di agnostici che tuttavia sono in ricerca, vogliono conoscere e trovare i valori che portano avanti l’umanità, e sono stati molto attenti se potessero sentire da me qualcosa anche in questo senso. E la tolleranza e il rispetto di quanti sono anticattolici. Naturalmente la Gran Bretagna ha una sua propria storia di anticattolicesimo, questo è ovvio, ma è anche un Paese di una grande storia di tolleranza. E così sono sicuro che da una parte vi sarà un’accoglienza positiva dai cattolici e dai credenti, generalmente; attenzione da quanti cercano come andare avanti in questo nostro tempo, e rispetto e tolleranza reciproca dove c’è un anticattolicesimo.

***Ecumenismo

dal discorso di Benedetto XVI del 18/9/2010, dopo la recita dei vespri nella Westminster Abbey di Londra

Qui [...] siamo necessariamente richiamati al fatto che ciò che noi condividiamo in Cristo è più grande di ciò che continua a dividerci.

Sono grato a Sua Grazia l’Arcivescovo di Canterbury per il suo gentile saluto, così come al Decano e al Capitolo di questa venerabile Abbazia per il loro cordiale benvenuto. Ringrazio il Signore per avermi concesso, quale successore di san Pietro nella Sede di Roma, di compiere questo pellegrinaggio alla tomba di Sant’Edoardo il Confessore. Edoardo, re d’Inghilterra, rimane un modello di testimonianza cristiana ed un esempio di quella vera grandezza alla quale il Signore nelle Scritture chiama i suoi discepoli, come abbiamo appena ascoltato: la grandezza di un’umiltà e di un’obbedienza fondate sullo stesso esempio di Cristo (cfr Fil 2,6-8), la grandezza di una fedeltà che non esita ad abbracciare il mistero della Croce a motivo dell’amore per il divino Maestro e della sicura speranza nelle sue promesse (cfr Mc 10,43-44).

Quest’anno, come sappiamo, ricorre il centenario del movimento ecumenico moderno, che iniziò con l’appello della Conferenza di Edimburgo in favore dell’unità dei cristiani, come requisito previo per una credibile e convincente testimonianza del vangelo nel nostro tempo. Commemorando questo anniversario dobbiamo rendere grazie per i notevoli progressi compiuti verso questo nobile obiettivo tramite gli sforzi di cristiani impegnati di ogni confessione. Nel medesimo tempo, tuttavia, rimaniamo consapevoli che molto ancora rimane da fare. In un mondo segnato da una crescente interdipendenza e solidarietà, siamo sfidati a proclamare con rinnovata convinzione la realtà della nostra riconciliazione e liberazione in Cristo e a proporre la verità del Vangelo come la chiave di un autentico ed integrale sviluppo umano. In una società che è divenuta sempre più indifferente e persino ostile al messaggio cristiano, noi tutti siamo ancor più chiamati a dare una gioiosa e convincente testimonianza della speranza che è in noi (cfr 1Pt 3,15), e a presentare il Signore Risorto come la risposta alle più profonde domande e aspirazioni spirituali degli uomini e delle donne del nostro tempo.

Mentre entravamo in processione nel presbiterio, all’inizio di questa celebrazione, il coro ha cantato che Cristo è il nostro "sicuro fondamento". Egli è l’Eterno Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre, incarnato, come afferma il Credo, "per noi uomini e per la nostra salvezza". Lui solo ha parole di vita eterna. In lui, come insegna l’Apostolo, "tutte le cose sussistono" … "poiché è piaciuto a Dio che abiti in lui tutta la pienezza" (Col 1,17.19).

Il nostro impegno per l’unità dei cristiani non ha altro fondamento che la nostra fede in Cristo, in questo Cristo, risorto da morte e assiso alla destra del Padre, che tornerà nella gloria per giudicare i vivi e i morti. È la realtà della persona di Cristo, la sua opera salvifica e soprattutto il fatto storico della sua risurrezione, che è il contenuto del kerygma apostolico e di quelle formule di fede che, a partire dal Nuovo Testamento stesso, hanno garantito l’integrità della sua trasmissione. L’unità della Chiesa, in una parola, non può mai essere altro che una unità nella fede apostolica, nella fede consegnata nel rito del Battesimo ad ogni nuovo membro del Corpo di Cristo. È questa fede che ci unisce al Signore, che ci fa partecipi del suo Santo Spirito e perciò, anche adesso, partecipi della vita della Santissima Trinità, il modello della koinonia della Chiesa qui sulla terra. […]

La fedeltà alla parola di Dio, proprio perché è una parola vera, ci chiede una obbedienza che ci conduca insieme verso una più profonda comprensione della volontà del Signore, una obbedienza che deve essere libera dal conformismo intellettuale o dal facile adattamento allo spirito del tempo. Questa è la parola di incoraggiamento che desidero lasciarvi questa sera, e lo faccio in fedeltà al mio ministero di Vescovo di Roma e Successore di San Pietro, incaricato di una cura particolare per l’unità del gregge di Cristo.

***Siate felici

dal saluto ai fedeli del Galles di Benedetto XVI del 18/9/2010, nella Cattedrale di Westminster

San Davide fu uno dei grandi santi del sesto secolo, quell’epoca d’oro di santi e missionari in queste isole, e fu per questo un fondatore della cultura cristiana che sta alle radici dell’Europa moderna. La predicazione di Davide fu semplice, ma profonda. Le parole che, morente, pronunciò ai monaci furono "Siate felici, conservate la fede e fate cose semplici".

***Sacerdoti: uomini e non angeli

dall'omelia di Benedetto XVI nella messa del 19/9/2010 con la beatificazione del cardinale John Henry Newman, nel Cofton Park di Birmingham

Mentre il testamento intellettuale di John Henry Newman è stato quello che comprensibilmente ha ricevuto le maggiori attenzioni nella vasta pubblicistica sulla sua vita e la sua opera, preferisco in questa occasione, concludere con una breve riflessione sulla sua vita di sacerdote e di pastore d’anime. Il calore e l’umanità che sottostanno al suo apprezzamento del ministero pastorale vengono magnificamente espressi da un altro dei suoi famosi discorsi: "Se gli angeli fossero stati i vostri sacerdoti, cari fratelli, non avrebbero potuto partecipare alle vostre sofferenze, né compatirvi, né aver compassione per voi, né provare tenerezza nei vostri confronti e trovare motivi per giustificarvi, come possiamo noi; non avrebbero potuto essere modelli e guide per voi, ed avervi condotto dal vostro uomo vecchio a vita nuova, come lo possono quanti vengono dal vostro stesso ambiente" ("Men, not Angels: the Priests of the Gospel", Discourses to mixed congregations, 3). […]

Lode a Colui che è Santissimo nell’alto dei cieli
E lode sia nelle profondità;
Bellissimo in tutte le sue parole,
ma ben di più in tutte le sue vie!

(The dream of Gerontius).