Il simbolismo «specifico» dell'Apocalisse, da U. Vanni

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 26 /01 /2021 - 11:51 am | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito alcuni brani da U. Vanni, Apocalisse, libro della Rivelazione. Esegesi biblico-teologica e implicazioni pastorali, Bologna, EDB, 2009, pp. 16-19. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Apocalisse e, in particolare, L'Apocalisse e la lettura cristiana della storia, di Andrea Lonardo e Apocalisse, l'ultima parola della Bibbia. La sconfitta del male, di Andrea Lonardo.

Il Centro culturale Gli scritti (26/1/2021)

Il simbolismo «specifico» dell'Apocalisse

[Venendo] al simbolismo in generale e a quello dell'Apocalisse in particolare, per capirlo bene bisogna situarlo nell'ambito della «letteratura apocalittica», tenendo conto del genio dell’autore. E, come sempre, facciamo qualche esempio. Prendiamo l’opera di un pittore: il celebre Guernica di Picasso. La prima volta che si guarda quel quadro si rimane sconcertati: sembrano figure in movimento, che trasmettono un senso di orrore… E non si capisce bene il senso del messaggio. Quando poi si approfondisce l’osservazione, attraverso una guida che spiega il simbolismo della violenza in Picasso, allora il quadro appare veramente un capolavoro che ci fa vedere l’orrore della violenza, un capolavoro che viene però illustrato e reso comprensibile solo grazie a una spiegazione.

Un discorso analogo può essere fatto per certe «descrizioni» e «quadri» dell’Apocalisse: se non ci vengono spiegati i simboli usati, rimaniamo estranei al suo vero messaggio, come davanti al quadro di Picasso. L’autore dell’Apocalisse impiega un simbolismo sofisticato e dotto le cui categorie sono riprese dall'Antico e/o dal Nuovo Testamento, e da sue «creazioni» simboliche personali, che possiamo classificare in gruppi di tipologie.

1/ Il simbolismo «cosmico» e suoi «sconvolgimenti»

Il primo grande gruppo è quello del simbolismo «cosmico», che l’autore desume in prevalenza dall’Antico Testamento. Per esempio, quando si parla del «cielo» non si intende la «volta celeste o atmosferica» che ci sovrasta, ma il «territorio» di Dio, la «sede» di Dio e della sua trascendenza.

C’è, poi, una categoria simbolica particolarmente delicata: quella degli sconvolgimenti «cosmici», come in 6,12-14: «E un terremoto grande avvenne, il sole diventò nero come un sacco di crine, la luna tutta come sangue, le stelle del cielo caddero sulla terra, come un albero di fichi getta via i suoi fichi scosso da un vento impetuoso. E il cielo fu allontanato via come un volume che si arrotola e ogni monte e isola dai loro posti furono rimossi». Oppure in 12,3-4: «Un drago rosso grande trae il terzo delle stelle del cielo e le getta verso la terra».

Queste immagini, mal comprese e interpretate, hanno purtroppo portato a identificare l’Apocalisse con la catastrofe, lo sconvolgimento e il collasso del cosmo: la fine del mondo. Ma qual è il significato di fondo? Possiamo sintetizzare così la risposta: l’autore suppone che Dio sia il creatore di tutto. E Dio, a un certo punto, può nascondere il sole quindi provocare un’eclissi totale. Già nell’antichità, il poeta Archiloco, in occasione di una grande eclissi di sole (l’8 aprile del 647 a. C.) nel Mediterraneo, la attribuisce a Zeus: vede cioè in questo fenomeno una manifestazione e un messaggio della suprema divinità di Zeus, che può tutto anche inventarsi il giorno e la notte.

L’autore dell’Apocalisse crede fermamente che il mondo sia guidato da Dio, che il sole, la luna e le stelle (elementi tipici della creazione), anche nel loro repentino sconvolgimento, siano mossi da Dio e che, in questo «quadro simbolico», vi sia un messaggio importante da parte di Dio. Il contesto, poi, specifica tale messaggio: se il sole diventa nero, se la luna diventa come sangue, se le stelle cadono sulla terra, praticamente tutta la vita viene sconvolta, il mondo diventa invisibile.

Qual è dunque il messaggio, dall’avvertimento di Dio? Secondo l’autore, Dio ci vuole dire: attenzione state andando fuori strada; il vostro modo di fare, le vostre scelte, potrebbero portarvi alla rovina, distruggere il mondo in cui vivete, renderlo inabitabile. Un messaggio, potremmo dire oggi con la moderna sensibilità ambientale, di tipo «ecologico»: sono ovviamente simboli, un monito all’uomo affinché sia un collaboratore di Dio nella creazione, e non un distruttore. Quando a causa di un perverso sfruttamento consumistico, diveniamo responsabili di disastri irreparabile, come «l’effetto serra», l’autore sembra avvisarci: attenzione, state sbagliando. Dio ha dato tutti questi elementi per il vostro bene; se voi, egoisticamente per la sete di profitto, bruciate tutte le foreste o gran parte di esse (per esempio, la foresta amazzonica dell’America latina), perdete e inquinate tutta l’aria di cui c’è bisogno sulla terra, distruggete il mondo. Gli sconvolgimenti evidentemente, sono «simbolici» e non «reali», ma il messaggio è abbastanza forte, coinvolgente.

2/ Il simbolismo «antropologico» e «teriomorfo»

Rileviamo ora altre due categorie simboliche particolari: il «simbolismo antropologico» e quello «teriomorfo» (degli animali).

Nel primo caso l’autore mette in campo la propria grande passione per l’uomo, per la persona umana in tutti suoi aspetti di «genere» e di «status sociale», in senso positivo e in senso negativo. Alcuni esempi: protagonista di tutte le cose più belle è la donna «vestita di sole», figura della Gerusalemme nuova e opposta al simbolo della donna-Babilonia, ingannata dal potere corrotto e corruttore e dalla propaganda persuasiva e menzognera del demoniaco. Oppure la rappresentazione di Dio, «seduto su un trono», non significa che Dio sia «fisicamente» situato in questa posizione (come l'imperatore, che governa!), ma simbolizza la collocazione di un personaggio che «sta in alto». In questo modo l'autore avverte e sottolinea la presenza, l'impatto e il governo di Dio sulla storia.

Il secondo tipo di simbolismo, quello «teriomorfo», non è una scelta simbolica strana o esoterica, ma una scelta dotta: fa pensare alle favole di Esopo, di Fedro e a tante altre geniali opere letterarie (come quelle di Franz Kafka) che rendono alcuni animali protagonisti della narrazione.

È chiaro che l'animale assunto a simbolo non è più l'animale allo stato puro, selvatico o domestico, che possiamo incontrare nella quotidianità. L'autore parte da quell'animale e lo rende protagonista di un suo mondo, lo trasforma creativamente, lo fa passare da un livello puramente zoologico a un livello simbolico.

Tale «trasformazione creativa» può avvenire sia in senso positivo che in senso negativo. In senso positivo, per esempio, Cristo è identificato con l'«agnello», i «quattro viventi» sono rappresentati dall'autore attraverso quattro animali, figure già presenti in Ezechiele; in senso negativo troviamo invece la bestia, il drago, le cavallette, il cavallo rosso-fuoco, ecc.

Quando dunque troveremo degli animali, utilizzati come «protagonisti» o latori di un messaggio, dobbiamo cogliere il significato specifico delle loro parole, del loro comportamento e del loro agire. Tenendo presente che questo significato è «al di sotto» del mondo di Dio ma «al di sopra» della nostra comprensione, se non interpretiamo bene il simbolismo teriomorfo non potremo mai capire correttamente e a fondo tutto ciò che compie Cristo, agnello per noi, nella nostra storia. E non potremo neanche renderci conto dell'influsso esercitato su di noi dal «demoniaco», simboleggiato dal drago e dalle altre bestie.

3/ Il simbolismo «aritmetico» e «cromatico»

Infine riscontriamo un'altra categoria più semplice di simbolismo: quello «aritmetico». I numeri per l'autore non contengono semplicemente un valore quantitativo, ma anche qualitativo. Ad esempio, il numero sette non indica solo una precisa quantità, ma anche la totalità; la metà di sette (tre e mezzo) indica invece la parzialità. E un simbolismo sofisticato, perché l'associazione di questi due numeri con i concetti di totalità e parzialità risulta nient'affatto spontanea.

Un'ultima categoria del simbolismo riguarda i colori: il simbolismo «cromatico». L'autore è molto sensibile ai colori: quando parla, ad esempio, del bianco, non si riferisce alla sua evidenza visiva, ma a una qualità morale. Il «bianco», nell'Apocalisse, indica sempre una partecipazione alla risurrezione di Cristo: «veste bianca» è una qualità che avvolge la persona, che rimanda al Cristo risorto e vivente e che da lui proviene.

E ancora: il «rosso» per l'autore non è necessariamente riferito al sangue, ma il rosso-fuoco ha una radice «demoniaca»: la figura del «drago rosso» rinvia perciò alla sfera del «demoniaco». Il «nero», infine, assume un significato negativo, come del resto in gran parte delle culture letterarie. In sostanza, l'autore non si arresta sul piano della sensazione visiva, ma, attraverso di essa, ci consegna un messaggio di tipo qualitativo, che dobbiamo sforzarci di decifrare.

Queste caratteristiche del simbolismo, che spesso si intrecciano e si sommano, sono importanti per cogliere correttamente e nella sua interezza il contenuto dell'opera.

Tutto ciò comporta una sintonia con il bagaglio «culturale» dell'autore: una lingua greca decorosa, ma che l'autore modifica secondo le sue esigenze interiori; una genialità letteraria che va individuata, per saper cogliere quel senso «aggiuntivo» che vi è inscritto; un uso del simbolismo unico, stupefacente, tutt'altro che riconducibile a «fantasie infantili», come a volte si è detto. E il simbolismo di un artista: si pensi a Picasso o ad altri artisti che praticano la pittura simbolica: non è una scelta stravagante ma una sottile qualità artistica che rivela intelligenza, sofferenza accumulata, acuta sensibilità, e implica tutte le risorse migliori dell'artefice.

Quindi, per comprendere davvero le parole dell'autore, occorre passare attraverso la porta del simbolismo «decifrato». Solo allora potremo gustare pienamente il vero messaggio dell'Apocalisse, ponendoci in sintonia con la creatività, la sensibilità umana e spirituale dello scrittore. Una lettura distaccata, fredda, attenta solo agli aspetti «storici», risulta apatica, radicalmente insufficiente per penetrare il cuore «caldo» dell'Apocalisse.