1/ Venerabili Martiri Mercedari dei primi tempi, di Antonio Borrelli 2/ San Pietro Armengol Mercedario, di Antonio Borrelli
Riprendiamo dal sito santiebeati.it due testi di Antonio Borrelli. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione . In particolare, cfr.
- Liberare i prigionieri nel medioevo e oggi: i due ordini dei Trinitari e dei Mercedari (da un dossier dell'Agenzia Fides)
- La tratta araba e turca degli schiavi, dal Nord Africa all’Andalusia, dall’Africa nera alle coste europee 1/ Schiavitù nell'Islam: cenni storici (da Cathopedia) 2/ Tratta araba degli schiavi (da Wikipedia; voce parzialmente tradotta dalla lingua inglese) 3/ Tratta barbaresca degli schiavi (da Wikipedia)
- I cripto-cristiani sotto dominazione turca (da Lucetta Scaraffia).
Il Centro culturale Gli scritti (10/1/2021)
La cattedrale di Barcellona dove
san Pietro Nolasco fondò i mercedari
1/ Venerabili Martiri Mercedari dei primi tempi, di Antonio Borrelli
L’Ordine dei Mercedari è strettamente correlato alla storia del dominio arabo nei Paesi cristiani d’Europa, specialmente di Spagna, Portogallo, Italia.
I Mori, come furono chiamati gli arabi occupanti la Spagna, erano usi trarre in schiavitù gli abitanti cristiani delle zone oggetto delle loro scorrerie e portarli nei loro Paesi arabi di origine, a lavorare come schiavi presso i notabili ed i proprietari terrieri del Nord Africa, cercando anche di farli apostatare dalla religione cristiana.
Per scongiurare questo pericolo per le loro anime e per ridare la libertà agli sventurati, sorse ad opera di s. Pietro Nolasco (1180-1245) un Ordine religioso che fattivamente si occupò del riscatto degli schiavi, tramite contatti e trattative dei frati chiamati ‘Mercedari’, che raccoglievano in Europa il denaro necessario per le cosiddette “redenzioni”, che davano la possibilità della libertà a gruppi più o meno numerosi di prigionieri e quindi ricondurli in patria.
Pietro Nolasco iniziò la meritevole opera da solo, impiegando il suo patrimonio e inserendosi fra gli arabi come un mercante. Poi esaurite le sue ricchezze, si unì ad altri generosi giovani per raccogliere offerte e quindi ripetere ogni anno le spedizioni per il riscatto degli schiavi; in 15 anni liberarono con cinque grandi “redenzioni” migliaia di cristiani.
In una veglia di preghiera, la notte fra il 1° e il 2 agosto 1218, la Vergine Maria gl’ispirò, illuminando la sua intelligenza, di fondare un Ordine religioso che si dedicasse alle opere di misericordia e specialmente alla redenzione degli schiavi, anche a costo della propria vita.
Dopo averne parlato con il giovane re d’Aragona, Giacomo I e con il vescovo di Barcellona, Berenguer, il 10 agosto 1218, Pietro Nolasco costituì ufficialmente il nuovo ‘Ordine Religioso Redentore’, nella cattedrale di Santa Croce di Barcellona, prendendo la Regola di S. Agostino.
Inoltre il vescovo consegnò ai giovani laici del gruppo, la veste di lana bianca in omaggio alla purezza immacolata della Vergine Maria, sotto il cui patrocinio sorgeva l’Ordine; re Giacomo I consegnò loro lo scudo del suo regno d’Aragona come distintivo (quattro sbarre rosse in campo oro) e il vescovo autorizzò di poter portare sopra l’abito la Croce, segno della sua cattedrale.
In quel memorabile giorno il re Giacomo I ‘il Conquistatore’ (1208-1276) regnante dal 1213, donò all’Ordine l’Ospedale di S. Eulalia in Barcellona, che divenne il primo convento dei religiosi (che erano tutti laici, compreso Pietro Nolasco), fungendo anche come casa d’accoglienza per gli schiavi liberati e sede delle opere di misericordia a favore degli infermi e poveri.
Sotto la guida del fondatore, si mise in moto tutta una organizzazione a favore della libertà dei cristiani messi in schiavitù, che oltre ad aver persa la libertà, erano in pericolo per le pressioni e sofferenze inflitte, di abiurare la propria fede e passare all’islamismo.
La ‘redenzione’ avveniva con il pagamento di un riscatto in denaro o altri generi, fatto al padrone mediante una terza persona, la somma variava secondo l’età, le condizioni sociali, economiche e fisiche dei riscattandi.
Il denaro veniva raccolto dai religiosi con il contributo di ogni ceto sociale dell’epoca, compreso le famiglie che avevano qualche loro componente schiavo in terra araba, vittima delle scorrerie saracene che funestarono dall’inizio del XIII secolo, le coste di Spagna, Francia, Sardegna, Sicilia e Italia Meridionale.
Le ‘redenzioni’ venivano accuratamente preparate, precedute da una cerimonia religiosa prima dell’imbarco; le spedizioni erano dense di pericoli, per i pirati che infestavano il Mediterraneo, i naufragi frequenti, la possibilità di un tradimento degli arabi, che impadronitisi del denaro, trattenevano anche i Mercedari come schiavi, in attesa di un altro riscatto.
Innumerevoli furono i religiosi che incontrarono la morte anche atroce, nell’espletare queste missioni redentrici; si calcola che con questo sistema siano stati liberati circa 52.000 schiavi cristiani nei primi 130 anni della costituzione dell’Ordine Religioso. Al ritorno positivo delle spedizioni, veniva cantato in cattedrale un solenne ‘Te Deum’ di ringraziamento, unitamente agli schiavi liberati.
Caratteristica eroica dei Mercedari durante le redenzioni, era quella di proporsi al posto di uno schiavo, se il denaro non bastava e rimanere prigionieri fino all’arrivo della somma dall’Europa, cosa che non sempre avveniva in tempo specie per gli agguati dei pirati, allora il religioso veniva ucciso barbaramente per vendetta.
L’Ordine fu approvato da papa Gregorio IX il 17 gennaio 1235, in seguito i componenti furono anche sacerdoti e non più solo laici come agli inizi, a cui si aggiunsero la Confraternita e il Terz’Ordine della Mercede. Nel 1265 con s. Maria di Cervellon si aggregò il ramo femminile delle Monache Mercedarie, a cui seguirono in tempi più moderni altre Congregazioni religiose femminili della stessa spiritualità della Mercede.
Nella esecuzione dell’opera della redenzione, i pericoli stavano sempre in agguato. Le traversate marittime del Mediterraneo costarono un alto contributo di vite dei frati redentori ma di più e maggiori furono le pene che molti di loro patirono nella terra dei saraceni.
Alla celebrazione dell’importante Capitolo Generale del 1317, già numerosi religiosi avevano incontrato la morte con il martirio.
Dei primi tempi di tale meritoria opera misericordiosa, ‘Merced’, appartengono i grandi santi dell’Ordine come s. Pietro Armengol (1238-1304), s. Pietro Pascasio (1225-1300), s. Raimondo Nonnato (1200-1240), s. Serapio (1179-1240), s. Maria de Cervellon (1230-1290).
Oltre questi santi già conosciuti universalmente, sono da aggiungere altri religiosi Mercedari, tutti martiri dei primi tempi, i cui nomi e le loro vicende stanno venendo alla ribalta man mano che si scoprono gli antichi documenti e si approfondiscono gli studi per proclamare il loro martirio e la loro santità.
Ne riportiamo i nomi solo di alcuni fra quelli più conosciuti, con qualche breve nota sulla loro morte; l’Ordine li ricorda insieme ai tanti martiri delle ‘redenzioni’ il 6 novembre.
- Raimondo de Blames – primo martire dell’Ordine della Mercede, fu decapitato in Granada nel 1235.
- Diego de Soto, toledano, secondo martire della Mercede, ucciso vicino Granada nel 1237.
- Guglielmo di San Leonardo e Raimondo di San Vittorio, francesi, vennero martirizzati nel 1242 a Mula (Murcia).
- Ferdinando Peres di Castiglia e Luigi Blanch d’Aragona – nel 1250 furono catturati dai pirati e gettati in mare con pietre al collo.
- Ferdinando di Portalegre, castigliano, navigando verso Algeri fu catturato dai pirati saraceni, che lo appesero all’albero della nave e ucciso a frecciate nel 1251.
- Eleuterio de Platea, suo compagno nella ‘redenzione’, fu crudelmente flagellato e infine ucciso di spada; entrambi i corpi furono gettati in mare.
- Teobaldo di Narbona, nel 1253 fu gettato vivo in una fornace e bruciato ad Algeri.
- Luigi Gallo – restò in pegno nel Marocco e fu bruciato vivo nel 1268.
- Guglielmo di Sagliano – italiano, venne lapidato e bruciato in Algeri nel 1270.
- Pietro Camín, francese, fu martirizzato sulle coste dell’Africa nel 1284.
- Mattia Marco di Tolosa, nel 1293 venne gettato dalla torre di un castello in rovina a Tunisi.
- Antonio Valesio, ligure di 60 anni e Martino Marcos, furono lapidati da giovinastri a Tunisi nel 1293.
- Guglielmo Novelli di Firenze, incontrò il martirio nel 1306 ad Algeri, impalato su una specie di croce, condannato dal tirannico sultano Mouley Halmalaxen.
- Pietro di S. Ermanno, fu crudelmente martirizzato a frecciate nel 1309 a Granada,
- Giacomo e Adolfo – catalani, conclusa la redenzione, furono entrambi assassinati, mentre gli schiavi liberati vennero riportati nella prigione di provenienza a Tunisi nel 1314.
- Alessandro Siciliano – bruciato vivo in Tunisi nel 1317, davanti al palazzo del re Muley Mahomet, perché servisse di divertimento al popolo.
Degni figli del loro fondatore, s. Pietro Nolasco.
2/ San Pietro Armengol Mercedario, di Antonio Borrelli
Guardia de Prats (Tarragona), 1238 – 27 aprile 1304
Martirologio Romano: A Tarragona nel regno di Aragona sulla costa della Spagna, san Pietro Ermengol, che, un tempo capo di predoni, convertitosi poi a Dio, entrò nell’Ordine della Beata Maria Vergine della Mercede e si dedicò con tutte le forze per il riscatto degli schiavi in Africa.
Pietro Armengol nacque nel 1238 a Guardia de Prats, vicino Montblanch (Tarragona), figlio di Arnaldo Armengol, discendente della nobile famiglia spagnola dei conti di Urgel.
Da giovane non fu un santo, tutt’altro, con la superbia e l’irrequietezza del suo carattere, menò una vita di vizio e di incontrollata avventura; attirò su di sé l’odio dei concittadini di ogni ceto, perché costretti a subire la sua prepotenza e le sue ingiurie.
Arrivò a mettersi a capo di un gruppo di banditi, dopo aver lasciato casa e famiglia, fuggì sui monti, seminando il terrore nei paesi e il pericolo sulle strade; fu un criminale della peggiore specie unitamente agli altri banditi suoi complici.
Ma la Grazia di Dio era prossima a manifestarsi, nel 1258 il re di Spagna Giacomo I, incaricò proprio Arnaldo Armengol di debellare il banditismo, che rendeva insicure le strade e faceva morire il commercio e le comunicazioni.
Arnaldo venne a trovarsi di fronte alla banda capeggiata dal figlio Pietro, che dopo questo incontro drammatico, venne colpito dalla grazia e si pentì della vita che aveva condotto fino ad allora; si recò da Guglielmo di Bas, successore del fondatore dei Mercedari, s. Pietro Nolasco, si confessò e chiese consiglio; Guglielmo si convinse della sua sincerità e lo ammise nel noviziato dell’Ordine della Mercede nel 1258.
Sin dal primo giorno della sua entrata, cambiò totalmente vita, dimostrando così la sincerità della conversione; la crudeltà si trasformò in fervida carità e i vizi in continua preghiera e dura penitenza.
Gli vennero presto assegnati diversi incarichi, missioni e viaggi tra i musulmani, allo scopo di riscattare schiavi e prigionieri, secondo il primario compito per cui era sorto l’Ordine della Mercede; operò prima nei regni di Granada e di Murcia governati dai musulmani e poi direttamente ad Algeri, con una missione più difficile e impegnativa.
Riuscì in due mesi a riscattare ben 346 schiavi che fece rimpatriare; a Bugia riscattò 119 cristiani con alcuni suoi confratelli anch’essi prigionieri; trattò infine la liberazione di 18 ragazzi cristiani che stavano per essere avviati all’islamismo, per trentamila ducati; ma mancando di tale somma, riuscì a farsi accettare al loro posto, così come prescriveva il quarto voto speciale del suo Ordine.
Durante la sua prigionia, fu di conforto agli altri reclusi, operando molte conversioni anche fra i musulmani; le Autorità si indispettirono per questo e visto il ritardo del pagamento dei 30.000 ducati, lo considerarono una spia e lo condannarono all’impiccagione.
La sentenza fu subito eseguita e il corpo lasciato agli avvoltoi; poco dopo arrivò con i soldi del riscatto il padre Guglielmo Fiorentino, il quale saputo dell’impiccagione, si recò sul posto per dargli sepoltura, erano trascorsi sei giorni, ma Pietro Armengol viveva ancora e raccontò di essere stato miracolosamente sollevato dalla Madonna.
Liberati, con il denaro portato, altri prigionieri, i due mercedari tornarono in patria, ma Pietro portò per sempre sul suo corpo, i segni di quella tragica e bella vicenda: un pallore sul viso e le vertebre del collo distorte.
I superiori lo inviarono al convento dell’Ordine sito nel suo paese natale, Guardia de Prats; così i concittadini testimoni della sua efferatezza, poterono ammirarlo per la sua santità e penitenza.
Si ammalò gravemente, predicendo la data della sua morte, che avvenne il 27 aprile 1304; prima dei solenni funerali, furono guariti dalle loro malattie, tre uomini e quattro donne.
La sua biografia fu scritta e presentata come documento notarile, pochi giorni dopo la sua morte e avallata dalla firma di cinque confratelli, fra i quali il padre Guglielmo Fiorentino.
Papa Innocenzo XI, il 28 marzo 1686 approvò il suo culto ‘immemorabile’ e la festa fu fissata al 27 aprile, data della sua morte.