Come la cosiddetta “liberazione sessuale” nasconde in realtà un controllo delle libertà, funzionando come compensazione alla perdita di libertà economiche e politiche. Da “Libido Dominandi – Sexual Liberation and Political Control”, di E.M. Jones
Riprendiamo dal sito Ontologismi alcuni stralci del primo capitolo del volume “Libido Dominandi – Sexual Liberation and Political Control” di E. Michael Jones, scelti e tradotti da Luca Dombré per quel sito dove li ha pubblicati il 26/1/2016. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Educare all’affettività.
Il Centro culturale Gli scritti (27/12/2020)
[…] La pornografia è ora ed è sempre stata una forma di controllo, un controllo finanziario. Essa è un modo di spingere le persone a darti denaro, cosa che, a causa della natura compulsiva della transazione, non è diversa dal traffico di stupefacenti.
A differenza della prostituzione, anch’essa una transazione che trae beneficio dalla compulsione, la pornografia è intimamente legata alla tecnologia, specificamente alla riproduzione e la trasmissione di immagini.
Così come la storia della pornografia è una storia di progresso (ovviamente tecnologico, non morale), allo stesso modo lo sfruttamento della compulsione è stato esplorato in forma sempre più esplicita negli ultimi duecento anni di quest’era rivoluzionaria.
Ciò che iniziò come la schiavitù del peccato finì col diventare controllo finanziario, e ciò che venne accettato come una transazione finanziaria è stato plasmato in una forma di controllo politico.
La rivoluzione sessuale è contemporanea alla rivoluzione politica del tipo iniziato in Francia nel 1789. Questo significa che non stiamo parlando di vizio sessuale quando utilizziamo il termine ‘rivoluzione sessuale’, quanto della razionalizzazione del vizio sessuale, seguita dalla mobilitazione dello stesso come una forma di controllo. Poiché la ‘liberazione’ sessuale produce come una delle proprie inevitabili sequele il caos sociale, la liberazione sessuale genera pressoché dal momento del suo inizio il bisogno di un controllo sociale. […]
Non è certo un segreto che il desiderio sessuale sia anch’esso una forma di dipendenza. Quel che voglio qui dimostrare è che il regime attuale lo sa e sfrutta tale situazione a proprio vantaggio. In altri termini, la ‘libertà’ sessuale è realmente una forma di controllo sociale.
Ciò di cui stiamo parlando qui è un sistema gnostico formato da due verità. La verità exoterica, quella propagandata dal regime attraverso la pubblicità, l’educazione sessuale, Hollywood e il sistema universitario – la verità, in parole povere, di consumo generale- è che la liberazione sessuale ‘è’ libertà.
La verità esoterica, quella che compone il manuale d’istruzioni del regime – in parole povere, le persone che traggono beneficio dalla ‘libertà’- è invece l’esatto opposto, e cioè che la liberazione sessuale è una forma di controllo, un modo di conservare il regime al potere sfruttando le passioni degli ingenui che si identificano con le proprie passioni come se fossero le loro e si identificano col regime che verosimilmente permette loro di gratificare tali passioni.
Le persone che soccombono alle proprie disordinate passioni sono poi fornite di razionalizzazioni tipo quelle che intasano le pagine di internet e vengono così plasmate in una potente forza politica da quelli maggiormente esperti nel manipolare il flusso dell’immaginario e della razionalizzazione.
Come l’economia del laissez-faire, anche le prime idee sperimentali di controllo del sesso come forma di controllo sociale emersero durante l’Illuminismo. Se l’universo era una macchina la cui forza primaria era la gravità, ugualmente la società era una macchina la cui forza primaria era l’interesse individuale e, parimenti, l’uomo – non più sacralizzato- era una macchina il cui motore era alimentato dalla passione. Da qui non era necessario troppo sforzo per comprendere che chi controllava le passioni, controllava l’uomo. […]
In effetti, tutte le storie sulla liberazione sessuale sono progressiste [whiggish, nella definizione del Merriam-Webster: «Relativo a o caratterizzato da una visione che ritiene che la storia segua un sentiero di inevitabile progresso e miglioramento e che giudica il passato alla luce del presente», ndt].
La morale di ogni esemplare di questo genere è “Ovunque le persone vogliono solo essere libere” oppure, per dirla nella variante femminista, “Le ragazze vogliono solo divertirsi”. Che Linda Boreman Marchiano, alias Linda Lovelace, non abbia trovato molto divertente esser stata picchiata e stuprata durante le riprese di Deep Throat è irrilevante.
Il dogma che qui dev’essere promosso è che la licenza sessuale è liberante, e che la ricerca della liberazione è essa stessa la propria giustificazione, per cui se anche alcune persone si fanno male (o vengono uccise) nel processo, tutto sommato ne è valsa la pena. (…)
Non parliamo di libertà, ma di una forma di dipendenza o schiavitù morale – certamente per l’invidivuo ma anche per la cultura. […]
La rivoluzione sessuale non fu una rivolta nata dal basso; non si trattò del coalizzarsi di “particelle di rivolta ed illuminazione”; fu piuttosto la decisione – da parte delle classi dominanti in Francia, Russia, Germania e Stati Uniti a varie riprese negli ultimi duecento anni – di tollerare l’attività sessuale al di fuori del matrimonio come una forma di insurrezione e poi di controllo politico. […]
L’idea che la liberazione sessuale possa essere usata come forma di controllo non è nuova. Sta alla base della vicenda di Sansone e Dalila. L’idea che il peccato sia una forma di schiavitù è centrale negli scritti di S.Paolo. Sant’Agostino, nel suo capolavoro in difesa del Cristianesimo contro le accuse dei pagani di aver contribuito alla caduta di Roma, divise il mondo in due città: la Città di Dio, che ama Dio fino all’estinzione dell’io, e la Città dell’Uomo, che ama l’io fino all’estinzione di Dio. Agostino descrive la Città dell’Uomo come “vogliosa di dominare il mondo” ma, allo stesso tempo, “essa stessa dominata dal desiderio di dominio”.
La libido dominandi (il desiderio di dominio) è dunque un progetto paradossale, messo invariabilmente in pratica da persone esse stesse alla mercé delle medesime passioni che incitano negli altri per dominarli. La dicotomia che Agostino descrive è eterna. Esisterà fin quando esisterà l’uomo. I rivoluzionari dell’Illuminismo non crearono alcun mondo nuovo, né crearono un uomo nuovo con cui popolare il loro mondo nuovo.
Quel che fecero fu adottare la visione del mondo di Agostino ed invertirne i valori. “Lo stato dell’uomo morale è uno di tranquillità e pace, mentre quello dell’uomo immorale è di perenne irrequietezza”.
L’autore di questa citazione non è Sant’Agostino (sebbene egli avrebbe aderito completamente); si tratta del Marchese De Sade. Ne faccio menzione per dimostrare che sia Agostino che De Sade condividevano la stessa antropologia e la stessa psicologia razionale, per così dire.
Ciò in cui si differenziavano erano i valori che attribuivano alle verità di tali scienze. Per Agostino, il moto era negativo; per De Sade, il rivoluzionario, il moto perenne causato dalle passioni indisciplinate era positivo perché perpetua “la necessaria insurrezione in cui il repubblicano deve mantenere il governo del quale è un membro”.
Lo stesso si potrebbe dire della libertà. Ciò che uno chiamava libertà, l’altro chiamava schiavitù. Ma la dicotomia delle due città – una che abbassa l’io in conseguenza del suo amore per Dio, l’altra che abbassa Dio in conseguenza del suo amore per l’io e i suoi desideri- è qualcosa su cui entrambi potevano trovarsi d’accordo.
Ciò che segue è la storia di un progetto nato dall’inversione delle verità cristiane prodotto dall’Illuminismo. “Persino coloro che si mettono contro di te – scrive Agostino riferendosi a Dio nelle Confessioni -, non fanno altro che copiarti in una maniera perversa”. Lo stesso si potrebbe dire dell’Illuminismo, che iniziò come un movimento per la liberazione dell’uomo e quasi da un giorno all’altro mutò in un progetto per controllarlo.
Questo libro è la storia di questa trasformazione. Lo si può interpretare come una storia della rivoluzione sessuale o una storia della psicologia moderna o una storia della guerra psicologica. Quelle che tutte queste storie hanno in comune è un progetto transgenerazionale che sarebbe giunto, attraverso prove ed errori e con un’intenzione pervertita dalla passione, alle stesse conclusioni raggiunte da Agostino alla fine dell’Impero Romano. Un uomo ha tanti padroni quanti sono i suoi vizi.
Attraverso la promozione del vizio, il regime promuove la schiavitù, che si può plasmare in una forma di controllo politico. La sola questione che rimaneva era se la schiavitù può essere controllata per ottenere un guadagno economico o politico e, se sì, come ottenerli.
Il miglior modo di controllare l’uomo è farlo senza che esso si renda conto di essere controllato, ed il miglior modo di fare ciò è attraverso la sistematica manipolazione delle passioni, perché l’uomo tende ad identificare le passioni come proprie.
Nel difenderle, egli difende la sua ‘libertà’, che normalmente vede come l’arbitraria abilità di esaudire i propri desideri senza, per la gran parte, comprendere quanto sia facile manipolare tali passioni dall’esterno.
Ci è voluto lo spirito malefico di questa era per perfezionare un sistema di sfruttamento economico e politico basato sull’intuizione che San Paolo e Sant’Agostino ebbero di ciò che definivano “la schiavitù del peccato”.