Chesterton: il mondo è abitabile perché si regge sulla follia della Croce [Per capire La sfera e la croce di G.K. Chesterton, a partire da Saint Paul Cathedral], di Annalisa Teggi

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 15 /12 /2020 - 13:06 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo dal sito Aleteia un articolo di Annalisa Teggi pubblicato l’11/12/2020. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti , cfr. la sezione G.K. Chesterton.

Il Centro culturale Gli scritti (15/12/2020)

La sfera e la croce è uno dei romanzi più famosi di G.K. Chesterton, fu pubblicato per la prima volta nel 1909. È disponibile in una nuova veste editoriale (con traduzione di Mauro Flavio rivista da Umberta Mesina) grazie al Centro Missionario francescano di Mogliano (MC).

Facile definirlo un racconto profetico, ma in che senso? Chesterton ebbe una grande capacità di lettura della realtà, tanto da vedere in essa i segni che avrebbero generato conflitti profondi. Il rifiuto della Croce come elemento paradossale, di scandalo, era già a suo tempo un vulnus aperto. GKC allora immaginò una scena che si apre in cielo su un vascello che vola, guidato da un fantomatico Professor Lucifero che ha rapito un monaco di nome Michele. Fuor di metafora: il diavolo è un erudito, l’arcangelo è un umile eremita.

Insieme si trovano a guardare, dal cielo e da vicino, la cupola della Cattedrale di Saint Paul a Londra su cui svetta una sfera sormontata da una croce (opera creata dall’architetto Christopher Wren, citato nel passo che segue). Questo doppio simbolo fa discutere i due. Il mondo si regge sull’idea della sfera (logica, perfetta, liscia) o sullo scandalo della croce (due linee in conflitto)?

Vi offriamo un brano significativo tratto dall’inizio del romanzo.

NB: questa scena nacque da un vissuto molto reale di Chesterton. La cattedrale di Saint Paul, infatti, era parte delle sue giornate di lavoro a Londra. Fleet Street era la via delle redazioni giornalistiche, dove si recava GKC: una strada trafficatissima, di affari e faccende molto razionali, che però confluiva verso la cattedrale di Londra. A Chesterton questo panorama geografico rimase sempre caro: gli pareva l’immagine chiara di un’umanità indaffarata che – anche inconsapevolmente – faceva tutto al cospetto della Croce e verso essa s’incamminava.

Alexey Fedorenko | Shutterstock

Da La sfera e la croce, di G.K. Chesterton

Il professor Lucifero batté due volte la mano spalancata sulla superficie della grossa palla, come se stesse accarezzando un gigantesco animale.
– Eccolo qua – disse, – ecco quello che mi occorre.
– Posso chiederti, con tutto il rispetto – chiese il monaco – di che diamine stai parlando?
– Ma di questa! – gridò Lucifero, battendo una terza volta il palmo della mano sulla sfera. – Questa, questa è il solo e unico simbolo, caro il mio uomo. Così grassa. Così soddisfatta. Non come quell’individuo scarno lassù, che protende le sue braccia in un gesto di disperata stanchezza.

E col viso fosco e minaccioso proseguì, additando la croce:
– Te lo dicevo poco fa, Michele, che posso provare la parte più importante della tesi razionalistica e della mistificazione cristiana usando qualunque simbolo che ti piaccia di offrirmi, qualunque esempio che vorrai. Eccone uno che mi conviene alla perfezione.  Per rappresentare la tua e la mia filosofia, che vuoi trovare di meglio della forma di questa croce e di questa sfera?

Questa palla è ragionevole; quella croce è irragionevole. È una bestia a quattro zampe, una delle quali è più lunga delle altre. Il globo è logico. La croce è arbitraria. Prima di tutto, il globo è unità in se stesso; la croce è, essenzialmente e soprattutto, nemica di se stessa. La croce è il conflitto di due linee nemiche, di due direzioni inconciliabili. Questa cosa muta che si innalza è un contrasto, una rottura violenta, una lotta nella pietra. Ne abbiamo abbastanza di questo simbolo. La stessa sua forma è una contraddizione in termini.

– Quello che tu dici è assolutamente vero – disse con serietà Michele. — Ma noi amiamo le contraddizioni in termini.
L’uomo stesso è una contraddizione in termini: è un animale la cui superiorità sugli animali sta nel fatto che è caduto
. Tu dici che questa croce è un eterno contrasto: anche io lo sono. È una lotta nella pietra; ma ogni forma di vita è una lotta nella carne.
La forma della croce è irrazionale, come irrazionale è la forma dell’animale umano. Tu dici che la croce è un quadrupede con un arto più lungo degli altri. Io dico che l’uomo è un quadrupede che usa solo due delle sue zampe.

Il professore corrugò la fronte e stette pensoso un attimo, poi disse:
Naturalmente tutto è relativo; ed io non nego che l’elemento di lotta e di contraddizione rappresentato da questa croce non abbia il suo posto necessario in un certo grado dell’evoluzione. Ma è innegabile che la croce rappresenta la tappa più bassa nello sviluppo e la sfera la tappa più alta. Del resto, è abbastanza facile vedere in che cosa consista l’errore architettonico nell’opera di Wren.
– E qual è questo errore? — domandò Michele.
– La croce è sopra la sfera – disse il professore. – È un errore evidente. La sfera dovrebbe essere sopra la croce. Questa non è che un supporto barbarico; la sfera è la perfezione
. La croce è tutt’al più l’albero amaro della storia dell’uomo; la sfera è il tondo frutto maturo finale. E il frutto sta in cima all’albero; non alla sua base.

Vaivirga | Shutterstock

– Oh! – disse il monaco con la fronte attraversata da una ruga. – Allora tu credi che in uno schema razionalistico di simboli la sfera dovrebbe trovarsi in cima alla croce?
– Sì: è la sintesi di tutta la mia allegoria – rispose il professore. – Bene, è davvero molto interessante – disse il monaco che parlava con molta lentezza. – Io penso che in quel caso assisteresti a un fenomeno assai singolare, un effetto che generalmente è stato conseguito da tutti gli abili e ferrei sistemi che il razionalismo, o la religione della sfera, ha prodotto per guidare o ammaestrare l’umanità. Credo che vedresti accadere quello che è sempre la suprema realizzazione e la logica conseguenza del vostro progetto logico.
– Di che cianci? – chiese Lucifero. – Che cosa accadrebbe?
– Voglio dire: la vedresti rotolare giù – rispose il monaco, fissando pensieroso il vuoto. Lucifero ebbe un gesto di collera e aprì la bocca per ribattere; ma Michele, che ora parlava senza esitazioni, continuò con determinazione a parlare, prima che il professore potesse pronunciar sillaba.
– Un tempo conoscevo un uomo come te, Lucifero – disse, con un tono di uniformità esasperante e articolando lentamente le parole. – Aveva questa…

Non ci sono uomini come me! – urlò Lucifero con tanta violenza che tutto il vascello ne fu scosso.

– Come ti stavo dicendo – seguitò Michele, – anche quell’uomo aveva questa opinione che il segno del Cristianesimo fosse un simbolo di barbarie e di irragionevolezza. È una storia assai interessante. Ed è una perfetta allegoria di ciò che accade ai razionalisti come te. Egli cominciò, naturalmente, col bandire il crocifisso da casa sua, dal collo della sua donna, perfino dai quadri.
Diceva, come tu dici, che era una forma arbitraria e fantastica, una mostruosità
; e che la si amava soltanto perché era paradossale. Poi diventò ancora più furioso, ancora più eccentrico; e avrebbe voluto abbattere le croci che si innalzavano lungo le strade del suo paese, che era un paese cattolico romano. Alla fine, in un eccesso di frenesia, s’arrampicò sul campanile di una chiesa, ne strappò la croce e l’agitò nell’aria, in un tragico soliloquio sotto le stelle.
Poi, una sera d’estate, mentre se ne tornava a casa, lungo un viale, il demone della sua follia lo ghermì di botto, con quella violenza e quel delirio che trasfigurano il mondo agli occhi dell’insensato.

Si fermò un momento, fumando la sua pipa, di fronte a una lunghissima palizzata e all’improvviso gli si spalancarono gli occhi. Non brillava una luce, non si muoveva una foglia; ma egli credette di vedere, come in un fulmineo cambiamento di scena, la lunga palizzata tramutata in un esercito di croci innumerevoli legate l’una all’altra, su per la collina, giù per la valle. Allora, facendo volteggiare nell’aria il suo pesante bastone, egli mosse contro la palizzata come contro una schiera di nemici. E, per quanto era lunga la strada, spezzò, strappò, sradicò tutte quelle assi che incontrava sul suo cammino. Egli odiava la croce e ogni palizzata è una parete di croci. Quando arrivò a casa, era pazzo da legare. Si lasciò cadere sopra una sedia, ma rimbalzò subito in piedi perché in ogni oggetto di falegnameria scorgeva l’intollerabile immagine. Si buttò sul letto, ma ricordò che anche quello, come ogni opera artigianale, era costruito in base a quel piano maledetto. Distrusse tutti i suoi mobili, perché erano fatti di croci. Appiccò il fuoco alla casa perché era fatta di croci. Lo ritrovarono nel fiume.

Lucifero guardò il vecchio monaco mordendosi le labbra.
È vera questa storia? – chiese.
– Oh, no – disse Michele con disinvoltura. – È una parabola: è la parabola di tutti voi razionalisti. Cominciate con l’infrangere la Croce; ma finite col distruggere il mondo abitabile
.

(da G.K. Chesterton, La sfera e la croce, libro distribuito dal Centro Missionario Francescano, per acquistarlo: laperlapreziosa@libero.it )