La nuova edizione del Messale, non un nuovo Messale. La liturgia è una delle principali opere d’arte della Chiesa. Breve nota di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 06 /12 /2020 - 16:10 pm | Permalink | Homepage
- Segnala questo articolo:
These icons link to social bookmarking sites where readers can share and discover new web pages.
  • email
  • Facebook
  • Google
  • Twitter

Riprendiamo sul nostro sito una breve nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Catechesi e liturgia.

Il Centro culturale Gli scritti (6/2/2020)

Ci vorrà del tempo per conoscere il nuovo Messale – anche se sarebbe più corretto dire la "nuova" edizione del Messale, perché il Messale è lo stesso, ma in edizione rinnovata, secondo la terminologia utilizzata dalla stessa CEI.

Ci vorrà del tempo, perché non è qualcosa che si può fare a tavolino. Questo è ciò che ho sentito come più urgente da dire nella prima liturgia con il nuovo Messale. Non ho spiegato tanto questa o quella formula, quanto ho cercato di mostrare perché i tantissimi cambiamenti - basta guardare alle preghiere di Colletta o a quelle eucaristiche - non sono determinati da una singola comunità, ma dalla Chiesa intera.

Io stesso mi sono dovuto arrestare al momento del ricordo dei defunti, perché non sapevo più andare avanti, non sapevo bene come inserire i nomi di coloro per cui pregavamo nelle nuove parti della Preghiera eucaristica: serve un'esperienza celebrativa lunga per capire le novità del Messale che sono infinite.

Serve tempo perché un nuovo Messale diventi pienamente la “nostra” esperienza.

Ciò che è certo - e su questo ho insistito - è che la liturgia è un’esperienza ecclesiale e che noi siamo chiamati ad entrare in tale esperienza della Chiesa, man mano che la Chiesa decide che essa evolva.

Non esistono liturgie diverse per ogni comunità, quasi che la liturgia fosse un pranzo a buffet: noi dovremo imparare a celebrare secondo la mente della Chiesa con il nuovo Messale. Il Messale esiste appunto perché esista una forma ecclesiale della celebrazione.

Quando si parla di “esperienza” nella Chiesa, in catechesi o in pastorale, insistendo su cammini che si pretende giustamente siano “esperienziali”,  spesso si dimentica che la liturgia è vera esperienza, anzi l'esperienza per eccellenza.

Ed è ben per questo che la mistagogia non può venire al termine dell’Iniziazione cristiana, perché altrimenti tale Iniziazione non sarebbe "esperienziale".

La partecipazione alla liturgia deve essere parte dell'Iniziazione cristiana. Questa è la grande intuizione, fra l'altro, di Evangelii Gaudium che ha riportato i termini della questione al reale cammino del catecumenato antico quando i catecumeni partecipavano all’esperienza della liturgia domenicale tutte le settimane già un anno prima di ricevere il Battesimo, cioè dal momento del Rito di Ammissione al catecumenato: la liturgia domenicale, nella parte della Liturgia della Parola, precedeva così il Battesimo, poiché essa era per i catecumeni l’appuntamento settimanale. Alla Liturgia della Parola in comune seguiva - e deve anche oggi seguire - la catechesi dei catecumeni, mentre il resto dell’assemblea celebrava la seconda parte della Messa, la liturgia eucaristica. Al termine tutti, catecumeni ed assemblea, si ritrovavano insieme, alla fine della messa, dopo aver iniziato insieme la domenica.

Ebbene questa nuova edizione del Messale ci ricorda che la liturgia non è proprietà di qualcuno, ma la riceviamo dalla Chiesa, che via via la modifica, perché è “sua”, perché è della Chiesa e non innanzitutto delle singole comunità. Esse certamente la ricevono dalla Chiesa stessa.

Al di là dei punti di vista su questo o quel particolare della nuova edizione del Messale, ciò che ho ritenuto di dover innanzitutto spiegare è questo, che è questo l’atteggiamento giusto: noi siamo partecipi e protagonisti nella liturgia, perché riceviamo un “mistero” e non lo produciamo noi. La follia del nostro tempo è quella di pensare che sei protagonista solo se sei tu a produrre, mentre nella liturgia e nella vita tu sei protagonista perché sei generato in un’esperienza e man mano te ne appropri per condividerla con tutti i fratelli. Sei protagonista perché rispondi ad un dono che è “dato”. E devi rispondere, c’è una parte che è tua, ma non è tuo il “la”.

Il Messale e l’intero Anno liturgico con i suoi “misteri” – chiave di volta della catechesi, cfr. il nuovo Direttorio per la catechesi al n. 170[1]sono un capolavoro, nato da tutte le chiese, nato dal popolo di Dio, dai papi, dai vescovi, dai teologi, dai santi, dall’esperienza viva della Chiesa: sono un capolavoro certamente più grande di Chartres, della Sistina o del Duomo di Milano.

Accogliamo il nuovo Messale, allora, perché sempre la liturgia, la lex orandi lex credendi, ci precede e ci nutre e ne scopriremo via via la ricchezza.

Mi ha colpito, in questo senso, un piccolissimo particolare della nuova edizione del Messale. Giunto al Prefazio ho trovato scritto ciò che già dicevo da anni: “per Cristo Signore nostro” e non “per il nostro Signore Gesù Cristo”!

Quel cambiamento era passato dal registro orale a quello scritto. Si vede qui come si evolva un Messale, come l’esperienza della Chiesa sia stata raccolta: dove tantissimi presbiteri già utilizzavano quella formula per segnare la differenza con l’altra espressione alla quale subito segue “Amen”, ora l'intervento del Messale viene a confermare tale intuizione.

La sensazione è che in molte parti sia stata eliminata una certa verbosià ancora esistente nella vecchia edizione e tutto sia divenuto più essenziale.

Non ha, comunque, la minima importanza se quella determinata preghiera sia derivata da questo o da quel vescovo, da questo o da quel liturgista e nemmeno, troppo, se sia adeguata o meno, perché il tempo rivelerà le formule che non sono adeguate e si provvederà a ulteriori modifiche come sempre è avvenuto nella storia della liturgia.

Ma certo quella che è codificata nel Messale è, per il tempo che un Messale dura, la "forma" ecclesiale, perché la liturgia è “di tutti noi” e determinerà la nostra esperienza, costruendola, passo dopo passo.

Noi abbiamo fatto “esperienza” del Dio che si è fatto carne e segno liturgico e vivo. Esperienza che è della Chiesa, esperienza che le singole comunità non possono che ricevere e non creare a proprio piacimento.

Note al testo

[1] Così afferma: «La catechesi e la liturgia, raccogliendo la fede dei Padri della Chiesa, hanno plasmato un modo peculiare di leggere e interpretare le Scritture, che conserva ancora oggi il suo valore illuminante. Esso si caratterizza per una presentazione unitaria della persona di Gesù attraverso i suoi misteri[1], cioè secondo i principali eventi della sua vita compresi nel loro perenne senso teologico e spirituale. Questi misteri sono celebrati nelle diverse feste dell’anno liturgico e sono rappresentati nei cicli iconografici che adornano molte chiese. In questa presentazione della persona di Gesù si uniscono il dato biblico e la Tradizione della Chiesa: tale modo di leggere la sacra Scrittura è particolarmente prezioso nella catechesi. La catechesi e la liturgia non si sono mai limitate a leggere separatamente i libri dell’Antico e del Nuovo Testamento, ma leggendoli insieme hanno mostrato come solo una lettura tipologica della sacra Scrittura consente di cogliere in pienezza il significato degli eventi e dei testi che raccontano l’unica storia della salvezza. Tale lettura indica alla catechesi una via permanente, ancora oggi di grande attualità, che permette a chi cresce nella fede di cogliere che niente dell’antica alleanza viene perduto con Cristo, ma in lui tutto trova compimento».