1/ I due corpi di Pompei, altri segni, la promessa. Le orme della morte e la sua sconfitta, di Marina Corradi 2/ Pompei: Cosa sappiamo dei due corpi ritrovati miracolosamente intatti
1/ I due corpi di Pompei, altri segni, la promessa. Le orme della morte e la sua sconfitta, di Marina Corradi
Riprendiamo da Avvenire del 22/11/2020 un articolo di Marina Corradi. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Storia greca e romana.
Il Centro culturale Gli scritti (29/11/2020)
N.B. de Gli scritti (Andrea Lonardo) L’enorme numero di visitatori che ogni anno si reca a Pompei e ad Ercolano non è dovuto a quegli scavi in sé - ne esistono di più interessanti nel mondo romano antico – ma al dramma della vita e della morte che lì si è consumato. È come se le persone volessero sapere, capire, cosa avviene quando la nera nemica giunge all’improvviso e inaspettata. Pompei ed Ercolano sono le città simbolo di come un flagello sia più grande dell’uomo, di come sia il nemico del sogno umanistico dell’uomo che ritiene ancora e sempre di essere al centro dell’universo e si accorge, improvvisamente, della sua pochezza e debolezza. Pompei ed Ercolano dicono, anche dinanzi agli scettici moderni che preferirebbero persone solo interessate alla tecnologia e allo sviluppo, come l’uomo sia un cercatore di senso e di vita. Il Cristo era già giunto, ma i pompeiani di allora ancora non ne avevano conoscenza: ignoravano che qualcuno fosse già venuto per quel dramma, come per quelli di ogni generazione e di ogni tempo.
I due giacciono a terra, supini, colti nell’attimo della resa: ceneri e fumi roventi precipitano su Pompei, ed è tardi ormai, per fuggire. Anno 79 dopo Cristo, forse il 25 di ottobre. C’è il sole: Plinio il Vecchio, comandante della flotta romana, a Capo Miseno sta riposando in riva al mare. Appena fuori dalle mura della colonia c’è, fra diverse altre, una villa sontuosa, con terrazze che si spalancano sul golfo di Napoli e su Capri. Nelle cantine il mosto fermenta nelle botti, nelle scuderie scalpitano cavalli di razza. Uno stupendo sauro è già bardato con una sella rifinita di bronzo, pronto a partire con il suo augusto padrone.
Ma, riecheggiano esplosioni cupe, e scosse di terremoto. Il cielo, da azzurro, si fa nero. La gente di Pompei fugge. Qualcuno forse si attarda? A cercare un fratello, o a prendere oro e gioielli. Di quei due sconosciuti uno è il padrone, uno è un giovane schiavo, 18 anni forse, ma le ossa già segnate dal duro lavoro. Credono ancora di potercela fare, quando un’onda più rovente li soffoca e li fa stramazzare. Resteranno lì, immobili, per duemila anni.
I calchi dei resti dei due uomini ritrovati in questi giorni a Pompei, nella loro nudità, paiono una scultura: un monumento alla morte.
Ansa
Percepisci ancora l’anelito alla fuga, alla vita; e la resa, e una fine atroce che piomba addosso, rapace. A te, che guardi venti secoli dopo, quei corpi pietrificati eppure tesi a una impossibile salvezza fanno venire in mente Guernica, di Picasso. Il bombardamento della città spagnola di Guernica, gli uomini e i bambini e il bestiame inseguiti dal fuoco di tonnellate di bombe. Pazzi di terrore, carbonizzati mentre inseguono a una via di fuga, che non c’è. Ti viene in mente anche Coventry, la città inglese incenerita dall’aviazione tedesca nel 1940 con una 'dimostrativa' Feuersturm, tempesta di fuoco. Coventry, dove la temperatura raggiunse i 1500 gradi. E Dresda, 1945, questa volta le bombe sono degli Alleati: un’altra tempesta di fuoco, tale da creare nella città un vortice di vento rovente che trascina e inghiotte la gente per strada. E, Hiroshima? Le orme di chi cercava di fuggire impresse dal calore infernale sui muri, come spettri.
In quelle ombre la traccia dello stesso anelito a fuggire, a vivere, dei due sconosciuti di Pompei. Li osservi sullo schermo del pc, in silenzio, a lungo. «Dio non ha creato la morte, e non gode della rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza», risenti le parole del Libro della Sapienza. E lo vedi, quell’istinto poderoso a vivere, in ogni caduto, nella furia della natura o nella ferocia dell’uomo – tante e tante volte, che non le possiamo contare. Lo vedi nelle braccia tese, nei pugni contratti dei poveri corpi nell’inferno del fuoco, uguali nei secoli. O in altri inferni: fame, freddo, persecuzioni, epidemie, come oggi. Si arrendono gli uomini infine, nell’estrema impotenza, alla morte. E come tutti si assomigliano, in quel cedere straziato.
Ma: Dio non ha creato la morte, testimonia l’Antico Testamento, eco di millenaria sapienza. E guardando quei due a Pompei, fermi eppure così intenti a salvarsi nel loro ultimo istante, ricordi anche Paolo ai Corinzi: «L’ultimo nemico a essere annientato sarà la morte».
Promessa netta, e certa. Sarà annientata, infine, la nemica. E correrà ancora quel sauro regale, già bardato nelle scuderie di Pompei: fiero, ma docile al suo vivo – per sempre – cavaliere.
2/ Pompei: Cosa sappiamo dei due corpi ritrovati miracolosamente intatti
Riprendiamo dal Blog di Fabrizio Falconi una nota di Lapresse ripresa il 3ì23/11/2020. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Storia greca e romana.
Il Centro culturale Gli scritti (29/11/2020)
Quelli che sono riemersi dalle ceneri, a Pompei, restituiti grazie alla tecnica dei calchi in gesso, ideata nell'Ottocento da Giuseppe Fiorelli.
La colata di gesso liquido nelle cavità lasciate dai corpi degli abitanti dell'antica città romana fa emergere dettagli impressionanti.
La prima vittima è, quasi certamente, un ragazzo tra i 18 e i 23 anni, alto 1,56 metri. Ha il capo reclinato, con i denti e le ossa del cranio ancora parzialmente visibili; indossa una tunica corta, di lunghezza non superiore al ginocchio, di cui è ben visibile l'impronta del panneggio sulla parte bassa del ventre, con ricche e spesse pieghe.
Le tracce di tessuto suggeriscono che si tratti di una stoffa pesante, probabilmente fibre di lana. Il braccio sinistro è leggermente piegato con la mano, ben delineata, appoggiata sull'addome, mentre il destro poggia sul petto. Le gambe sono nude.
La presenza di una serie di schiacciamenti vertebrali, inusuali per la giovane età del ragazzo, fa pensare che potesse svolgere lavori pesanti: ecco perché si pensa che fosse uno schiavo.
Durante la realizzazione di questo primo calco è avvenuta la scoperta delle ossa di un piede, che ha rivelato la presenza di una seconda vittima.
È in una posizione completamente diversa rispetto alla prima, ma attestata in altri calchi a Pompei. Il volto è riverso a terra, a un livello più basso del corpo, e il gesso ha delineato con precisione il mento, le labbra e il naso, mentre si conservano parzialmente a vista le ossa del cranio.
Le braccia sono ripiegate con le mani sul petto, mentre le gambe sono divaricate e con le ginocchia piegate.
L'abbigliamento è più articolato rispetto all'altro uomo. Sotto il collo della vittima, vicino allo sterno dove la stoffa crea evidenti e pesanti pieghe, si conservano infatti impronte di tessuto ben visibili riconducibili a un mantello in lana che era fermato sulla spalla sinistra.
In corrispondenza della parte superiore del braccio sinistro vi è anche l'impronta di un tessuto diverso, quello di una tunica, che sembrerebbe essere lunga fino alla zona pelvica.
La robustezza del corpo, soprattutto a livello del torace, suggerisce che anche in questo caso sia un uomo, più anziano però rispetto al primo, con un'età compresa tra i 30 e i 40 anni e alto circa 1,62 metri.
La scoperta è avvenuta durante l'attività di scavo in località Civita Giuliana, a 700 metri a nord ovest di Pompei, nell'area della grande villa suburbana dove già nel 2017 furono rinvenuti i resti di tre cavalli bardati.
"Questa scoperta straordinaria dimostra che Pompei è importante nel mondo non soltanto per il grandissimo numero di turisti - dichiara il ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo Dario Franceschini - ma perché è un luogo incredibile di ricerca, di studio, di formazione. Sono ancora più di venti gli ettari da scavare, un grande lavoro per gli archeologici di oggi e del futuro".
"Uno scavo molto importante quello di Civita Giuliana - gli fa eco il Direttore del Parco Archeologico di Pompei Massimo Osanna - perché condotto insieme alla Procura di Torre Annunziata per scongiurare gli scavi clandestini e che restituisce scoperte toccanti. Queste due vittime cercavano forse rifugio nel criptoportico, dove invece vengono travolte dalla corrente piroclastica alle 9 di mattina. Una morte per shock termico, come dimostrano anche gli arti, i piedi, le mani contratti. Una morte che per noi oggi è una fonte di conoscenza incredibile".