La didattica a distanza? Come perdere due mesi di scuola. Uno studio rileva che le lezioni online portano a test peggiori. Il calo di apprendimento è superiore del 55% per i figli di famiglie meno istruite, di Massimo Calvi
Riprendiamo da Avvenire del 7/11/2020 un articolo di Massimo Calvi. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Educazione e scuola.
Il Centro culturale Gli scritti (29/11/2020)
La scuola è tornata a distanza per un grande numero di ragazzi e ragazze in Italia. Differenze regionali a parte, a essere risparmiati dalle lezioni al computer (o al cellulare) sono solo i bambini e le bambine delle elementari e di prima media. Ed è un bene che per loro, i più piccoli, si continuino a garantire le lezioni in presenza. L’auspicio è che tutti gli studenti possano rientrare in classe al più presto: il costo di una scuola a distanza è troppo alto. I primi a capirlo sono proprio gli studenti.
La didattica a distanza è una misura di emergenza che andrebbe considerata eccezionale in casi estremi, appurato che la scuola non è un focolaio di contagi, mentre è più facilmente vittima dell’epidemia che avanza all’esterno. Il prezzo che la Dad sta facendo pagare a questa generazione non potrà essere rimborsato in alcun modo, né facendo la coda online per ottenere un bonus, né con “ristori”. Diversi studi aiutano a capire a quanto può ammontare questo danno, senza contare i costi psicologici. Una ricerca della Fondazione Agnelli ha stimato ad esempio che il minore apprendimento di oggi può valere dal punto di vista economico circa 900 euro al mese di minori guadagni futuri. Anche se è difficile immaginare il mondo di domani, e quale sarà il contesto che i ragazzi di oggi incontreranno da adulti, è una cifra che dà l’idea di quanto può valere una buona istruzione.
Una ricerca altrettanto interessante è quella compiuta in Olanda da un pool di ricercatori delle Università di Oxford e di Stoccolma che ha avuto l’opportunità di studiare una situazione ideale. In Olanda, infatti, le scuole hanno chiuso per 8 settimane e ci sono stati test di valutazione sia prima che dopo questo periodo. Confrontando i risultati ottenuti dagli studenti dai 7 agli 11 anni negli stessi esami dei tre anni precedenti, gli studiosi hanno potuto misurare con una certa accuratezza il calo del rendimento scolastico dovuto alla didattica a distanza. Quello che è emerso conferma le preoccupazioni: il deficit di apprendimento può essere stimato in una misura che corrisponde alla perdita di almeno un quinto dell’anno scolastico, più o meno il periodo delle vacanze. In pratica è come se nello stesso tempo della didattica a distanza gli studenti non avessero fatto alcun progresso. La cosa ancora più preoccupante riguarda il fatto che i ragazzi delle famiglie con istruzione più bassa hanno mostrato perdite di apprendimento superiori del 55% rispetto alla media.
Per capire cosa questo voglia dire si deve tenere presente che in Olanda la situazione tecnologica è considerata ideale, nel senso che non esistono problemi di strumenti e di possibilità di connessione. Immaginiamo quali risultati si possono avere invece in Paesi meno avanzati o dove le famiglie non riescono a disporre di mezzi adeguati per far seguire le lezioni ai figli e poi per aiutarli nell’apprendimento.
La Dad, in sostanza, è il mezzo che permette alla scuola di funzionare in una situazione eccezionale. Ma non è la scuola, come sostengono anche molti pedagogisti, e di questo se ne deve tenere conto. In primo luogo incominciando a pensare a come cambiare la didattica di fronte alla sfida tecnologica, e a come farlo in modo uniforme non lasciando gli insegnanti soli nella ricerca di metodi nuovi e personali. Ma soprattutto compiendo ogni sforzo perché la scuola possa tornare il prima possibile a svolgere il proprio compito, anche in una situazione di emergenza.