1/ Inizieremo a parlare dell’Italia e del mondo o continueremo a parlare sempre di catechesi, di messe, della situazione del clero e della destra e della sinistra ecclesiale? Breve nota di teologia pastorale italiana, di Andrea Lonardo 2/ Ancora sulla crisi culturale dinanzi al mondo giovanile. Breve nota di Giovanni Amico
1/ Inizieremo a parlare dell’Italia e del mondo o continueremo a parlare sempre di catechesi, di messe, della situazione del clero e della destra e della sinistra ecclesiale? Breve nota di teologia pastorale italiana, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Teologia pastorale.
Il Centro culturale Gli scritti (13/9/2020)
Papa Francesco continua a ripeterci che bisogna guardare la vita a partire dalle periferie, anche da quelle esistenziali, che bisogna “uscire”, che bisogna combattere una chiesa ripiegata su se stessa.
Molti teologi pastorali, molti “intellettuali”, molti blogger continuano a parlare, invece, di catechesi, di messe, della situazione del clero, della destra e della sinistra ecclesiale, di quanti vanno a messa e di quanti non ci vanno.
1/ Lo si vede dai social, innanzitutto
Si inondano i social di commenti spirituali e biblici - e questo è ovviamente ottimo -, vengono pubblicati post su post su polemiche intra-ecclesiali - e questo, con il suo seguito torrenziale di commenti, va molto meno bene.
Ma quanti post sulle nuove scoperte astronomiche si possono leggere? Quanti commenti ecclesiali su di un classico della letteratura? Quanti sulla storia della chiesa o sulle diverse religioni? Quanti sulla scuola dei nostri ragazzi? Quanti sulle nostre città, la loro storia e la loro arte? Quanti sulla musica classica e moderna? Quanti pubblicano qualche poesia? Quali sulla Nigeria e i suoi problemi, sull’Eritrea o sul Mali o sul Libano? Quanti sulla possibilità che Abu Dhabi riconosca lo Stato di Israele?
Il mondo sembra come assente da tanti post ecclesiali.
2/ La mancata percezione di un malessere del paese
Lo sguardo sempre rivolto a come rinnovare l’Iniziazione cristiana o alle modalità celebrative della liturgia - cose ottime, lo ripetiamo e per primi ne scriviamo continuamente - porta così a perdere il senso delle proporzioni e a non cogliere pienamente le dinamiche e i drammi del nostro tempo.
Certo è un problema che i genitori non accompagnino i loro figli in parrocchia, ma non è un problema che i ragazzi vivono ai tempi del Covid senza regole?
Certo è un problema che taluni preti non siano all’altezza, ma non è un problema che i diversi partiti non sappiano chi scegliere come candidato a sindaco di Roma?
Un mio amico di FB di sinistra ha invocato un commissario a Roma perché a suo dire nessuno dei candidati che saranno presentati sarà all’altezza della situazione (capiamoci bene, non è un post anti-Raggi, non è assolutamente questo il senso): e noi parliamo solo del posto della Confermazione nella dinamica dell’Iniziazione? La stessa affermazione viene addirittura fatta in relazione al Presidente della repubblica che sarà da eleggere alla scadenza di Mattarella: taluni ipotizzano che nessun candidato sia all’altezza.
Ebbene tutto questo non fa discutere i blogger e i pastoralisti? Assistiamo al fallimento di una classe politica, di destra e di sinistra, che non sa indicare un sindaco per la Capitale e un Presidente per la nazione, come se queste cose fossero delle caramellline, delle quisquiglie?
La pedagogia che ha guidato la scuola negli ultimi 50 anni sta rivelando sempre più i suoi limiti e molti professori sono molto critici verso l’impostazione che ha assunto la scuola e cercano lumi su come insegnare: questa non è una questione decisiva di cui dibattere?
Tutta l’educazione è oggi in crisi e noi parliamo solo della catechesi?
I Comuni spesso sono assenti nelle questioni di carità e tutto l’apparato statale, dalla questione migranti a quella dei senza fissa dimora, non ha che pseudo-soluzioni assistenzialiste: questo non dovrebbe farci sobbalzare sulla sedia?
Se i dati sulla partecipazione delle persone alla vita della chiesa sono deludenti, ancor più deludente è la percentuale di coloro che leggono i giornali – impressionante è il calo che si registra mese dopo mese.
Solo i concerti di massa e le discoteche – oggi vietati – sembrano garantire il pienone, mentre qualsiasi altra attività sociale, culturale di solidarietà, è in crisi nella nostra città e nel paese.
I teologi che parlano sempre e solo di catechesi, messe e parrocchie, sembrano non accorgersi della crisi del paese.
La mancanza di nascite, il numero sempre minore di bambini presenti nei diversi quartieri, la solitudine degli anziani senza figli e nipoti, non sono segni di un malessere che interrogano la chiesa ben più di quanti vanno a messa?
È in crisi solo la chiesa o si può avere il coraggio di dire la verità e cioè che è ben più in crisi il paese?
3/ Una postilla
Una postilla a quanto fin qui posto in questione. Ma non sarà che siamo chiamati a riflettere sul rapporto che esiste fra le diverse questioni dentro e fuori la chiesa? Ma non è la chiesa parte della società, impossibilitata, da un lato, a non rispecchiarla, ma, dall’altro, chiamata a dare linfa nuova?
E se, solo per fare un esempio, quando parliamo di situazione della catechesi ci facessimo contemporaneamente la domanda sullo stato della scuola?
E se quando parliamo della Caritas, ci facessimo al contempo la domanda su qual è la politica verso i deboli dei nostri Comuni?
E così via.
2/ Ancora sulla crisi culturale dinanzi al mondo giovanile e l’incapacità di dialogare con esso. Breve nota di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Giovanni Amico. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Teologia pastorale.
Il Centro culturale Gli scritti (13/9/2020)
Esiste tutto un mondo che continua a ripetere che la chiesa ha perso i giovani e che li ha persi ormai da 50 anni. Anzi non solo che li ha persi, ma che li ha persi a motivo di una classe di intellettuali che ha fatto di tutto perché i giovani si staccassero dalla chiesa.
Secondo alcuni non è stata la chiesa, infatti, a perderli, quasi che fosse stata lei la protagonista del processo: il merito e il vanto fa attribuito, secondo costoro, a quella capillare e ripetuta azione di tutta un’intellighenzia che è riuscito a screditare il cristianesimo agli occhi dei giovani.
Certo secondo costoro, i cristiani delle presenti generazioni hanno le loro colpe, ma l’azione tesa ad allontanare le nuove generazioni dalla fede parte da molto più lontano, da demeriti secolari e da meriti altrettanto secolari di una cultura agnostica, se non esplicitamente avversa alla fede, che sarebbe riuscita finalmente a conquistare il cuore degli studenti di oggi.
Esiste un “ma”. Viene, infatti, da domandarsi: ma allora all’intellighenzia odierna piace il mondo giovanile ormai disancorato dalla fede? Piace quel mondo giovanile che, a loro dire, sarebbero stati loro e solo loro a plasmare, data la latitanza della chiesa? Se l’allontanamento del cristianesimo dalla formazione dei giovani è stata una vittoria della cultura contemporanea, se questo iato che si sarebbe finalmente creato è un successo dell’intellighenzia, dunque sono i nuovi maestri ad aver istruito i giovani, con il loro disinteresse per la politica, con la loro mondanità e il loro talvolta scarso amore per le regole e i doveri?
Gli “intellettuali” dicono che la chiesa non ha ormai più alcuna responsabilità nella formazione delle coscienze, tanto i giovani le sono ormai lontani: “Nessuno di essi li ascolta e il clero è ormai da decenni minoranza culturale”.
Dunque chi li ha formati e li forma oggi? Esiste qualche altro nemico cui attribuire le carenze di prospettiva, oppure tutto dei giovani di oggi è da attribuire agli “intellettuali” che sono ormai i capofila delle nuove generazioni da diversi decenni?