Salvataggi a metà, di Giovanni Amico
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Giovanni Amico. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Immigrazione e integrazione.
Il Centro culturale Gli scritti (13/9/2020)
Esiste un duplice dramma dell’immigrazione. Uno evidente a tutti, anche se la stampa cerca di silenziarlo. L’altro nascosto.
Quello evidente è l’equivalenza di fatto, delle politiche del precedente governo di centro-destra e di quelle dell’attuale di centro-sinistra. Entrambi lottano contro l’immigrazione clandestina e le percentuali di ingresso in Italia sono quasi identiche per i due esecutivi di cui si è detto: il Conte I con la Lega e il Conte II con il PD, al di là delle ridondanti dichiarazioni pubbliche, si comportano, di fatto, allo stesso modo quanto ai salvataggi in mare.
Il dramma che, invece, nemmeno sale agli onori della cronaca è quello del prosieguo di vita di chi sbarca. Non vi è alcun tipo di integrazione, se non per percentuali bassissime.
Si dovrebbe parlare, anche per quei pochi che accedono al territorio italiano, di salvataggi a metà. La gente viene salvata per essere poi abbandonata, nel giro di un anno dallo sbarco, nelle mani della malavita.
Quasi nessuno si integra con un lavoro, seppure temporaneo o precario.
Gli immigrati, lasciati a loro stessi, scompaiono nelle nebbie della clandestinità.
Questo secondo fatto è quello che dovrebbe destare, invece, la maggiore attenzione: infatti, una volta risolto questo, si potrebbe pensare ad una più larga accoglienza.
Purtroppo l’ideologia si occupa solo di ciò che va in prima serata nei telegiornali e negli speciali e i responsabili della comunicazione hanno anch’essi le loro colpe. Fa notizia così il fatto che Bansky abbia acquistato un naviglio per salvare in mare, ma nessuno gli chiede un contributo per mettere su una cooperativa agricola per far poi lavorare, a terra, con regolare stipendio, coloro che sono stati recuperati.
L’emergenza è l’unica cosa che attira gli sguardi. Il fallimento dei salvataggi in terra, invece, viene circondato dal silenzio.
Dell’integrazione lavorativa, invece, si dovrebbe parlare. In vista dell’apertura di sbocchi lavorativi si dovrebbero chiede fondi ad artisti e a manager di aziende. Perché questa è la questione. Una volta risolta la questione dell'integrazione lavorativa, a molte più persone si potrebbero aprire le porte, vincendo le resistenze di chi vede tanti per strada ed è colto da paura e accetta tacitamente che sia i governi con la Lega sia quelli con il PD, così come i confini e i porti dell'intera Europa di destra e di sinistra, tengano ben chiuse le porte.