Tutto ciò che abbiamo progettato per il 2020-2021 non va bene: la realtà del Covid, la nostra vita e la chiamata di Dio, di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Teologia pastorale.
Il Centro culturale Gli scritti (17/8/2020)
Tutto ciò che abbiamo progettato per il 2020-2021 non va bene – io avevo già programmato tutto! - , perché è pensato a partire da ciò a cui eravamo abituati e non dal nuovo in cui Dio ci ha posto. Dobbiamo seriamente misurarci con la situazione creata dal Covid: questa è la realtà e nella realtà Dio ci ha posto, non nei sogni.
1/ La prima cosa che ci sarà chiesta sarà di confermare le famiglie nell’importanza della loro fatica. Non si potrà uscire troppo di casa, non ci si potrà vedere in tanti non solo in parrocchia, ma anche nei pubblici luoghi. Sarà nelle case che si dovrà vivere l’anno che viene, sarà nelle case che si dovrà la fede, riscoprendo che è possibile farlo! Chi avrebbe detto l'anno scorso che genitori e figli sarebbero stati insieme senza altri sguardi e per così tanto tempo?
Dio ci sta facendo riscoprire che la famiglia non è una cosa del passato, ma che è anzi un'ancora vera e forte. Si tratterà di riscoprire parole e gesti per la catechesi che si possano vivere in famiglia, come è avvenuto l’anno scorso per la Settimana Santa. L’accentuazione del ruolo della famiglia di cui si parla da decenni, ora è un’esigenza imposta dalla realtà, approfittiamone, non fingiamo che così non sia, continuando a pensare solo a come strutturare le cose in parrocchia.
2/ La liturgia e l'anno liturgico saranno la nostra forza. Se ci si potrà incontrare, sarà soprattutto intorno all’eucarestia che ci raduna, celebrata all’aperto finché sarà possibile. Piuttosto che fare riunioni, anche via social, sarà meglio fare catechesi ed incontri appena dopo la messa, anche solo di un quarto d’ora. Forse questo sarà l’appuntamento più opportuno per l’Iniziazione cristiana, ma anche per giovani e universitari, così come per famiglie e adulti: la messa domenicale e subito dopo una sua prosecuzione, perché riunioni ad hoc saranno forse interdette e, comunque, a rischio.
3/ Sarà tempo di leggere. Ogni mese suggeriamo un libro da leggere, uno per grandi, uno per giovani, uno per ragazzi e uno per bambini. Anche nella catechesi dell'Iniziazione cristiana indichiamo letture (meno male che esistono Le domande grandi dei bambini che a settembre usciranno in una nuova edizione in due soli volumi)! Dobbiamo capire che questo anno sarà un anno in cui leggere e in cui incoraggiare a farlo. Non sarà un tempo maledetto, bensì benedetto, per fare cose che mai altrimenti avremmo fatto.
4/ Sarà un tempo per stare vicino ai parenti che sono soli, agli anziani soprattutto, cioè ai nostri poveri di casa, a quei nonni di cui tanto parla il papa. Insegniamo a stare vicino ai parenti ammalati con telefonate. I preti per primi potranno riscoprire, anche solo con le telefonate, quell'“a tu per tu” che è da sempre la loro forza e la forza del cristianesimo. Impariamo a chiamarci, a sentirci, a parlare a tu per tu per telefono o, meglio ancora, parlando negli oratori parrocchiali o nei giardini a tu per tu, uno ad uno, all’aperto, passeggiando.
5/ Anche con i poveri dobbiamo riscoprire l’“a tu per tu”. Piuttosto che dare aiuti generalizzati, con raccolte di cibo che i poveri già trovano comunque, scegliamone uno e parliamo con lui. Ogni settimana, sempre con lo stesso. Possiamo anche non dare niente, anzi non sarà quello l’essenziale, perché a quello debbono pensare il Comune e lo Stato. Ma diamo la nostra vicinanza, la nostra “amicizia” e questo ci permetterà di capire di cosa hanno veramente bisogno.
Sosteniamo le missioni della parrocchia al di fuori dell’Europa, dove preti o suore stanno gomito a gomito con persone. Saranno loro ad aiutarli perché non emigrino per giungere in un’Europa dove non troveranno lavoro e ne troverebbero ancora meno con il Covid. Sono preti e suore delle missioni, quelle che da anni le nostre parrocchie aiutano, che sanno venire incontro alle persone perché non danno aiuti generici, ma condividono la vita. conoscono le storie personali, sono a loro volta “a tu per tu” con paesi ed etnie che stanno crescendo e che, al loro volta, debbono affrontare il Covid. Ottime le adozioni a distanza, ma non generiche, bensì quelle fatte proprio dalla nostra parrocchia che ha un legame con una determinate comunità, ad esempio, dell’Africa e da anni aiutano proprio quella comunità, conoscendo i preti e le suore che gestiscono quegli aiuti perché hanno scelto di vivere tutta la vota lì o perché sono proprio del posto.
6/ Impariamo ad usare i video, le foto e i social. Basta con dirette troppo bigotte o troppo yuppies, impariamo a fare video come Cristo comanda! Non diffidiamo di queste cose, ma prepariamoci a servircene con intelligenza, facciamo dei corsi o chiediamo ai nostri giovani più capaci di insegnarci. Dovremo utilizzare questi mezzi di comunicazione che tutti utilizzano, dal papa alle ONG, perché ancor più in tempo di Covid è necessario farlo. Se qualcuno non vuole farlo, non c’è problema, ma ci siano confratelli preti, laici o religiose capaci di farlo.
7/Insegniamo il silenzio e la preghiera, impariamo di nuovo a “scendere” in noi stessi. Ritorno sul leggere, ma anche sullo scrivere, per i preti sia un anno in cui studiare teologia, in cui finire la tesi o i corsi di studio rimasti a metà o a un passo dal conseguimento del titolo. Diamo qualche lezione on-line. Ma, soprattutto, riscopriamo il silenzio meraviglioso della notte, se, come è avvenuto durante il lockdown, saranno chiusi i locali pubblici di notte. Vivere diversamente la notte, sarà non solo un obbligo, ma anche una precisa scelta di vita.
8/Chiediamo allo Stato, alle Regioni e ai Comuni non sussidi, ma innanzitutto meno tasse, chiediamo che sappiano sostenere chi crea lavoro, detassando e semplificando le regole per chi intende sussidiare anche i poveri, ma non riesce a farlo per i troppi legacci burocratici, quasi che chiedere a qualcuno di raccogliere le foglie davanti la parrocchia per dargli un offerta si configuri come “lavoro nero” e non come un atto di carità che rende più degna una persona.
L’idea del Fondo Gesù Divino lavoratore voluto dalla Caritas di Roma e dal papa che aiuta con contributi economici chi si pone al lavoro o sceglie di fare corsi di formazione al lavoro è la via giusta, perché fa sentire le persone utili e degne e non le fa abbassare di dignità, riducendole solo a elemosinare senza dare un minimo contributo alla società.
9/ Tornerà ad essere evidente, come nel lockdown, che solo i preti che vivono in parrocchia o quelli che hanno una vita di comunità potranno vivere una vita liturgicamente piena. Questo non vuol dire che altre presenza presbiterali saranno sbagliate o fuori luogo, ma certo saranno in difficoltà, poiché tutto ciò che non sarà legato alla vita ordinaria incontrerà difficoltà. D’altro canto questo rivelerà, ancora una volta, la vitalità della parrocchia e della sua vita ordinario, in quanto rispondente alla vita della gente e non costrutto artificiale dipendente esclusivamente dalla “bravura” e dalla capacità dei singoli preti.
10/ Dovremo affrontare una crisi economica di cui nessuno sa calcolare l’entità e prevedere i confini. Dovremo sostenere tutti nel vivere con maggiore sobrietà, con minori guadagni, con minori spese possibili, facendo sacrifici e stringendo la cinghia, invitando tutti a non vergognarsi di ciò che non potranno comprare ai figli ed anzi imparando a condividere ancor più.
Ma certo, dobbiamo prepararci anche a celebrare funerali ed anzi ad accompagnare a morire, e potremmo essere noi preti i primi. Il virus non si limita solo a disturbare, talvolta, combinato con altre patologie pregresse, uccide. Le comunità cristiane saranno chiamate a stare vicino a chi muore e ai parenti che restano in vita, a condividere il dolore e a vivere l’opera di misericordia del “seppellire i morti”.
Questi sono solo primi appunti, nelle vacanze, per dire innanzitutto a me stesso, che si tratta di ripensare tutto ciò che avevo già programmato.