1/ Abu Dhabi-Israele: la storica intesa che sembra imminente dice anche cosa possa essere la politica estera di una nazione protagonista e viva, ormai pienamente del Nord del mondo, a differenza delle democrazie stanche d’Europa che non prendono iniziative e sonnecchiano. Breve nota di Andrea Lonardo 2/ Intesa storica Israele-Emirati congela le annessioni in Cisgiordania. Abu Dhabi sarà il terzo Paese della regione a normalizzare le relazioni con Gerusalemme. Nel mirino, il comune nemico iraniano, di Lucia Capuzzi
1/ Abu Dhabi-Israele: la storica intesa che sembra imminente dice anche cosa possa essere la politica estera di una nazione protagonista e viva, ormai pienamente del Nord del mondo, a differenza delle democrazie stanche d’Europa che non prendono iniziative e sonnecchiano. Breve nota di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una breve nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Per la pace.
Il Centro culturale Gli scritti (17/8/2020)
Non vi è dubbio che l’accordo Abu Dhabi-Israele che potrebbe essere siglato a breve nasconde accordi di più lungo periodo, in chiave anti-sciita, con una prospettiva che tenda ad emarginare l’Iran e, forse, anche la Turchia e che la stessa visione sia condivisa dagli USA.
Ma non è questo che ci appare come la cosa più rilevante. Rilevante è, invece, il coraggio con cui un paese arabo dichiara che Israele ha diritto di esistere. È questo che è bello ed è nuovo e che apre prospettive importantissime. Ci auguriamo che l’accordo preveda che si dichiari il diritto all’esistenza anche di uno Stato palestinese e che si chieda che i territori di quel futuro Stato siano intangibili e che cessi l’errata politica degli insediamenti.
Ma senza una dichiarazione della legittimità dell’esistenza di Israele non si potrà mai raggiungere un accordo sulla questione palestinese.
Qui gli Emirati mostrano di essere veramente all’avanguardia innanzitutto nel mondo arabo. Essi appartengono ormai pienamente al nord del mondo e la politica di una grande nazione come Abu Dhabi – per quanto piccola come territorio – potrebbe fare scuola ed aprire prospettive impensabili che abbiano effetti sulla maturazione di un Islam moderato: a tutti è noto, infatti, l’odio atavico della storia islamica – non è facile capire quale sia l’atteggiamento dell’Islam stesso in se stesso - verso gli ebrei e una diversa visione non solo di essi, ma addirittura dello Stato di Israele, non può che essere salutato come un evento di straordinaria importanza per uno sguardo di pace dell’Islam stesso.
Ma, in secondo luogo, le scelte degli Emirati mostrano, di riflesso, quanto sia inerte, inattiva, sonnecchiante, la stanca politica europea. Nelle nazioni del vecchio continente nessuno si occupa da protagonista di politica internazionale. Scelte forti e coraggiose sarebbero necessarie, con parole ferme e propositive, nei confronti di nazioni come l’Eritrea e la Nigeria, il Niger e la Libia, la Turchia e la Siria, la stessa Palestina e Israele.
L’Europa, invece, sonnecchia e si occupa di tali paesi solo quando i fuggiaschi di quelle nazioni raggiungono il Mare, ma non partecipa in nessun modo ai drammi, ai successi e al futuro di tali nazioni.
L’atteggiamento europeo - e ancor più italiano -, ripiegato su beghe interne, incapace di guardare con lungimiranza la mondo, sta rendendo l’Europa – e ancor più il sud di essa, con l’Italia, la Grecia e la Spagna – un continente che non indirizza più il mondo, ma vive in balia di decisioni altrui, senza progettualità e futuro.
2/ Intesa storica Israele-Emirati congela le annessioni in Cisgiordania. Abu Dhabi sarà il terzo Paese della regione a normalizzare le relazioni con Gerusalemme. Nel mirino, il comune nemico iraniano, di Lucia Capuzzi
Riprendiamo sul nostro sito da Avvenire un articolo di Lucia Capuzzi pubblicato il 14/8/2020. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Per la pace.
Il Centro culturale Gli scritti (17/8/2020)
Un «grande passo», una «svolta storica», capace di imprimere un nuovo corso al presente e al futuro del Medio Oriente. Il presidente Usa Donald Trump non ha risparmiato gli aggettivi per descrivere l’accordo tra Israele e Emirati Arabi. Un’intesa di importanza tale da meritare uno scenario d’eccezione per la firma dei protagonisti. Il premier Benjamin Netanyahu e il principe ereditario Mohamed bin Zayed al-Nahyan si stringeranno la mano alla Casa Bianca, sotto lo sguardo soddisfatto del «grande amico» statunitense.
Prima, tuttavia, dovrebbe esserci, forse già la prossima settimana, un faccia a faccia a Gerusalemme tra i neo-partner. Il presidente israeliano, Reuven Rivlin ha già provveduto a inoltrare l’invito al principe al-Nahyan. Sulla carta, l’entusiasmo del leader Usa – seguito a ruota dal segretario di Stato, Mike Pompeo e dal genero nonché consigliere per il Medio Oriente, Jared Kushner – sembra giustificato.
Il piccolo regno di Abu Dhabi diventerà il terzo Paese nella turbolenta fascia che va dal Medio Oriente al Nord Africa a normalizzare i propri rapporti diplomatici con Gerusalemme e ad avere relazioni economiche formali, dopo Egitto e Giordania. I quali, non a caso, hanno lodato l’iniziativa. «Ora che il ghiaccio è rotto mi aspetto che molti altri Paesi arabi e musulmani seguano gli Emirati», ha aggiunto Trump. Mentre il segretario generale Onu, Antonio Guterres, ha definito benvenuta «ogni iniziativa a favore della pace».
Di fatto, però, negli ultimi anni, gli Stati del Golfo sono diventati alquanto sensibili al corteggiamento israeliano in funzione anti-sciita. Unita agli Emirati dal comune nemico Iran, Israele vi ha aperto fin dal 2015 una missione stabile, anche se formalmente limita alle questioni legale alle energie rinnovabili. Il Covid ha avvicinato ulteriormente i due Paesi che hanno avviato una collaborazione sanitaria a causa della pandemia. Già da tempo, comunque, sotto traccia, il flusso di affari è cospicuo. Certo, poca roba rispetto agli investimenti previsti nell’intesa come frutto di una serie di patti bilaterali in settori che vanno dai trasporti alla cultura.
Il perno dell’accordo è contenuto, tuttavia, nell’ultimo paragrafo. In cui «su richiesta del presidente Trump con il sostegno degli Emirati Arabi Uniti, Israele sospenderà la dichiarazione di sovranità sulle aree delineate nella Vision for Peace». In pratica, Netanyahu manda in soffitta il “Piano del secolo” – ovvero l’annessione di parte della Cisgiordania. Un progetto durato, in realtà, pochi mesi, a causa della brusca frenata della Casa Bianca (che pure l’aveva lanciato), della strenua opposizione della Giordania (alleato strategico di Israele) e delle perplessità dello stesso partner di governo, Benny Gantz, ministro della Difesa e futuro premier del governo a rotazione, molto attento – con i suoi generali – alle possibili conseguenze di una mossa unilaterale.
Netanyahu, in realtà, ha parlato di semplice «rinvio». «La nostra politica di annessione della Cisgiordania non è cambiata, in accordo con Washington – ha detto –. C’è stata una chiara richiesta di temporeggiare nell’annessione ma non è stata tolta dall’ordine del giorno». Può essere, anche se al-Nahyan, su Twitter, ha voluto sottolineare il carattere definitivo dello stop: «Durante una telefonata con il presidente Trump ed il primo ministro Netanyahu, è stata raggiunta un’intesa per fermare l’ulteriore annessione israeliana dei territori palestinesi». Di sicuro, almeno, il progetto di legalizzazione degli insediamenti è stato rimandato a data da destinarsi.
Il composito universo palestinese – da Hamas, a Fatah, alla Jihad islamica, ai comitati di resistenza – si è scagliato contro «la coltellata nella schiena» degli Emirati, affatto convinti dalle dichiarazioni del ministro degli Esteri di Abu Dhabi, Anwar Gargash secondo cui l’accordo rappresenta «un passo fondamentale nella direzione dei due Stati». Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Abu Mazen, ha chiamato a raccolta la leadership in una riunione d’emergenza, andata avanti fino a tarda ora.
L’Iran, da parte sua, sente il cerchio stringersi intorno a sé: l’accordo acuisce l’isolamento della Repubblica islamica nel Golfo. Il governo, però, non ha rilasciato alcun commento formale. A parlare è stata invece la Tasnim news agency, voce dei pasdaran, che ha bollato l’intesa come «vergognosa».