Omotransfobia, domande ai legislatori e quell'utile suggerimento dell'art. 61 [E l’app Shinigami proposta da Google per le utenti bollate come Terf], di Marina Terragni, Aldo Ungari e Marco Tarquinio

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 21 /07 /2020 - 22:32 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito da Avvenire due lettere e la risposta del direttore pubblicate il 18/7/2020. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Famiglia, omosessualità e gender.

Il Centro culturale Gli scritti (21/7/2020)

Caro direttore,
alla vigilia della discussione sulla legge sull’omotransfobia, tra le molte preoccupazioni, insieme al concetto di "identità di genere" e al presunto allargamento alla misoginia che nessuna ha mai richiesto, emerge anche il fatto che la nuova normativa consentirebbe di perseguire le opinioni "gender critical".

Bene, sta già succedendo anche in assenza di questa legge specifica ai danni di molte di noi, già segnalate in Terf Black List (la "lista nera" delle Femministe Radicali Trans Escludenti, a loro dire).

Ma ora siamo proprio marchiate a fuoco, con possibili rischi per la nostra sicurezza: c’è una estensione di Google, già scaricata da più di 20mila persone, che fa comparire in rosso (lettere scarlatte, guarda caso) i nomi delle e degli utenti di Facebook bollate e bollati come Terf.

Così viene definita (e, per estensione, definito) chi pensa che l’utero in affitto sia una abominio, chi ritiene che la prostituzione non sia un lavoro come un altro, chi lotta contro la somministrazione di ormoni a bambine e bambini dal comportamento non conforme, chi si oppone al cosiddetto self-id: la libera determinazione del genere a cui appartenere senza alcun atto pubblico.

Torno, direttore, sull’estensione di Google di cui ho detto: si chiama Shinigami, fa riferimento a un famoso manga (cioè un fumetto): "Death Note". Qui un ragazzo entra in possesso di un quaderno "magico", che appartiene a uno shinigami, letteralmente un "dio della morte". Scrivendo il nome di una persona su quel quaderno, la persona morirà. Si può inoltre stringere un patto con questi shinigami: in cambio di metà della propria vita si possono avere "gli occhi dello shinigami", cioè il potere di vedere il vero nome di ogni persona che si incontra (in modo da poterlo scrivere sul quaderno e così ucciderla) e controllare il conto alla rovescia della vita che le resta da vivere.

In sostanza, è una minaccia di morte. In questi giorni, la vigilanza social sulle/sui "gender critical" è molto stretta... Una petizione internazionale "Change.org" che dichiarava «Siamo donne, non mestruatori» (e che in poche ore aveva raccolto oltre 3 mila firme) è stata cancellata perché avrebbe «istigato all’odio».

"Reddit" cancella o limita tutti i gruppi che parlano di cose solo femminili, dal parto all’ovaio policistico. Molti account twitter vengono chiusi perché «violano gli standard». Un esempio per tutti, l’account di GlassHammer, cancellato senza appello per avere scritto: «Solo le donne hanno il cancro alla cervice uterina». Siamo a questo. E io chiedo: a che cosa serve segnalarci? Che uso si intende fare di questa segnalazione? E che cosa pensano di tutto questo i proponenti e sostenitori di questa legge sulla omotransfobia?

Marina Terragni

Caro direttore,
anche dal piccolo e grazioso angolo della Valle Camonica (dove mi trovo per una gradevole vacanza) seguo assiduamente il nostro bel giornale. I numerosi articoli che trattano della disforia di genere e della cosiddetta omotransfobia mi hanno posto molti interrogativi sul piano etico, su quello ecclesiale, su quello civico-politico. Qui ne pongo uno: se un rettore di un seminario in accordo con il suo vescovo, allontanasse un seminarista perché omosessuale, correrebbe il rischio di essere punito dalla nuova legge se il testo non sarà emendato? Con viva cordialità.

Aldo Ungari

Le lettere alle quali ho scelto oggi di dare risposta – quella incalzante della scrittrice e giornalista Marina Terragni e quella, altrettanto acuta, di un nostro abbonato – danno voce a due diverse, ma complementari ed egualmente serie preoccupazioni.

Esse vengono laicamente proposte in forma di domanda a quei legislatori che appaiono determinati a introdurre nel nostro ordinamento sanzioni penali che, quasi per inerzia, si continua a definire «contro l’omotransfobia».

Come è ormai evidente a chi vuol vedere e non si ferma alla scorza della questione, corriamo il rischio di trovarci tutti a fare i conti anche con molto di più. Non si tratta – lo ripeto ancora una volta – soltanto di valutare se rafforzare il giusto contrasto ai violenti e agli istigatori alla violenza, in questo caso contro persone omosessuali o transessuali: infatti, chi potrebbe essere civilmente e cristianamente favorevole a crimini di questo tipo?

Si tratta di altro: di libertà civili e di civili affermazioni e punti di vista cui si tenta di imporre la maschera storta dell’odio, come se non ce ne fosse già abbastanza di odio vero assurdamente e sfrontatamente in circolazione. Altro, sì, e purtroppo non da immaginare, ma attivo e da scongiurare già adesso a legislazione e a indifferenza vigenti.

Le domande di Terragni e Ungari non sono mere ipotesi. Sono tollerabili "liste nere" scritte con inchiostro scarlatto contro coloro che si battono per fermare pratiche come l’utero in affitto? Sarebbe concepibile una denuncia penale, anche solo a scopo "propagandistico", su scelte della Chiesa cattolica o di altre religioni?

Il relatore Zan ha assicurato in un’intervista a questo giornale che tali timori sarebbero stati fugati dalla versione definitiva della "sua" pdl. Il testo base che abbiamo letto, pur corredato da una relazione con affermazioni molto interessanti, non ha centrato questo risultato. Ma, visto che in Parlamento si intende procedere, buoni e saggi emendamenti potranno sgombrare l’orizzonte e rasserenare il dibattito.

Se l’obiettivo non è esclusivamente quello di piantare, a qualunque costo, la "bandierina" (e la mina) del concetto di "identità di genere" nel nostro codice, la strada c’è. E per quanto mi riguarda coincide con quella saggiamente indicata su queste pagine dal presidente emerito della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli: lasciare immutata la cosiddetta Legge Mancino (art. 604 bis del Codice penale) e puntare su un’integrazione delle aggravanti previste all’art. 61. Un ostinato, utile suggerimento.