Silvia-Aisha Romano come Claudia Koll e Paolo Brosio?, di Andrea Lonardo

- Scritto da Redazione de Gliscritti: 13 /07 /2020 - 15:10 pm | Permalink | Homepage
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Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. la sezione Islam.

Il Centro culturale Gli scritti (13/7/2020)

La scoperta di Dio coincide, nel racconto di Silvia Romana divenuta Aisha, con la scoperta del proprio peccato[1]. Già nel corso della marcia, non appena rapita, la sfiora il pensiero che Dio l’abbia punita per essere stata fino a quel momento indifferente a lui.

Così afferma Silvia-Aisha: 

«Prima di essere rapita ero completamente indifferente a Dio, anzi potevo definirmi una persona non credente; spesso, quando leggevo o ascoltavo le notizie sulle innumerevoli tragedie che colpiscono il mondo, dicevo a mia madre: vedi, se Dio esistesse non potrebbe esistere tutto questo male … quindi Dio non esiste, altrimenti eviterebbe tutto questo dolore»

La lontananza da Dio coincideva, nella visione dell’Aisha dopo la conversione, con il fare ciò che le piaceva, anche se male, senza domandarsi ciò che è giusto agli occhi di Dio:

«Nel resto della mia vita ero indifferente, vivevo inseguendo i miei desideri, i miei sogni e i miei piaceri. Per me il giusto, prima, era semplicemente fare ciò che mi faceva sentire bene; non avevo un criterio diverso relativamente a ciò che fosse giusto e sbagliato; il bene per me corrispondeva a ciò che mi faceva sentire bene. In realtà ora capisco che mi illudevo mi facesse stare bene». 

Un pregiudizio verso la fede era presente, anche se non sempre esplicito:

«Io non avevo paura del diverso e nemmeno ostilità, ma quel pregiudizio negativo c’era. […] Sicuramente, pur pensando certe cose non le avrei mai dette per evitare di ferire gli altri, ma sì, il pregiudizio lo avevo; per quello posso capire chi oggi, non conoscendo l’Islam, pensa queste cose. […] All’epoca ero una persona ignorante, non conoscevo l’Islam e giudicavo senza mai essermi impegnata a conoscere». 

Silvia-Aisha comincia a giudicare della sua vita come condotta dalla provvidenza, per cui anche il male della prigionia le appare come un estremo tentativo di Dio per redimerla:

«Nel momento in cui fui rapita, iniziando la camminata, iniziai a pensare: io sono venuta a fare volontariato, stavo facendo del bene, perché è successo questo a me? Qual è la mia colpa? È un caso che sia stata presa io e non un’altra ragazza? È un caso o qualcuno lo ha deciso? […] Capivo che c’era qualcosa di potente ma non l’avevo ancora individuato, però capivo che si trattava di un disegno, qualcuno lassù lo aveva deciso. […] Il passaggio successivo è avvenuto dopo quella lunga marcia, quando già ero nella mia prigione; lì ho iniziato a pensare: forse Dio mi ha punito. […] Forse Dio mi stava punendo per i miei peccati, perché non credevo in Lui, perché ero anni luce lontana da Lui»

La conversione le ha fatto scoprire che quella che viene chiamata “libertà” nel mondo occidentale non è tale e che una donna deve saper nascondere il proprio corpo per far scoprire la propria bellezza interiore agli uomini:

«Molte delle reazioni negative nei tuoi confronti nascono fondamentalmente da questo pensiero: questa ragazza era libera di andare dove voleva di fare quello che voleva, stare con chi voleva vestirsi come voleva e va a scegliersi una condizione in cui è meno libera, è sottomessa, è considerata inferiore rispetto all’uomo … com’è possibile? […] Il concetto di libertà è soggettivo e per questo è relativo. Per molti la libertà per la donna è sinonimo di mostrare le forme che ha; nemmeno di vestirsi come vuole, ma come qualcuno desidera. Io pensavo di essere libera prima, ma subivo un’imposizione da parte della società e questo si è rivelato nel momento in cui sono apparsa vestita diversamente e sono stata fatta oggetto di attacchi ed offese molto pesanti. […] C’è qualcosa di molto sbagliato se l’unico ambito di libertà della donna sta nello scoprire il proprio corpo. […] Per me il mio velo è un simbolo di libertà, perché sento dentro che Dio mi chiede di indossare il velo per elevare la mia dignità e il mio onore, perché coprendo il mio corpo so che una persona potrà vedere la mia anima. […] Per me la libertà è non venire mercificata, non venire considerata un oggetto sessuale». 

Dinanzi alle parole di Silvia-Aisha Romano, alcune delle quali molto belle, vengono in mente le storie di personalità che hanno improvvisamente scoperto Dio dopo esserne state lontanissime. Si pensi alla storia di Claudia Koll, prima attrice di Tinto Brass e poi donna che annuncia il Cristo, o ancora a Paolo Brosio che ha scoperto la fede a Medjugorje.

La scoperta improvvisa che la luccicante prospettata libertà libertina del mondo occidentale è in realtà prigionia e schiavitù accomuna la testimonianza di tutte e tre queste storie.

Allo stesso modo la fiducia nella provvidenza di Dio che guida le vite umane e non abbandona l’uomo nemmeno quando è nel peccato è simile in tutti e tre.

Forte in tutti e tre è l’esigenza di vivere ormai una pratica religiosa stretta, per essere pienamente fedeli ai comandamenti divini.

Diversa, invece, è la scelta di convertirsi all’Islam, in Silvia-Aisha, e al cristianesimo, in Claudia Koll e in Paolo Brosio.

Diverse, anche se sono troppo poche le parole fin qui pronunciate da Silvia-Aisha per essere esaurienti, talune scelte che ne conseguono, come quella di velarsi nella cooperante romana, mentre nella Koll il desiderio di fare teatro a capo scoperto resta vivo.

Dietro tale scelta visibile, resta da decifrare quale profondità dell’amore di Dio abbia scoperto Silvia-Aisha. La dottrina tradizionale dell’Islam nega che Gesù sia stato crocifisso per i peccati, sostenendo a partire dalla Sura IV, che Gesù sia asceso al cielo in corpo e anima senza morire, mentre sulla croce sarebbe stato ucciso Giuda o un fantasma[2]. Silvia-Aisha non fa affermazioni in merito.

Similmente non spiega cosa abbia pensato dei suoi carcerieri di Al-Shabaab, limitandosi a dichiarare: «Il Corano non è la parola di Al Shabaab!». Tale dichiarazione non nasconde il carattere forse volutamente studiato dell'espressione, d'intesa con l'intervistatore, quando ci si sarebbe aspettati una condanna ferma delle violenze che al-Shabaab perpetra da anni con una serie sconfinata di uccisioni anche di civili.

Non si capisce bene perché Silvia-Aisha non dica: «Il Corano sconfessa Al Shabaab che è chiaramente un movimento da disapprovare in quanto contrario all'Islam!». Ovviamente, dichiarazioni future potrebbero andare in questa direzione di condanna, ma certo Piccardo che l'intervista non spinge la domanda, come avrebbe fatto qualsiasi giornalista interessato a presentare più chiaramente la posizione di Silvia-Aisha in merito.

Sarà interessante vedere nel prosieguo del tempo se essa aiuterà i suoi confratelli musulmani a progredire in una decisa affermazione della libertà della donna, pur riconsiderata differentemente dall’occidente e da quelle sue forme lesive della dignità della donna di cui si è già parlato.

Sarà al contempo interessante vedere nel tempo quale posizione prenderà Silvia-Aisha dinanzi alla grande questione della libertà religiosa e se difenderà la legittimità di convertirsi anche dall'Islam al cristianesimo, se la coscienza lo esigesse.

Allo stesso modo sarà interessante vedere se la sua testimonianza di occidentale convertita la porterà a mantenere il bagaglio razionale critico sulle fonti e sui libri sacri tipico dell’occidente, oppure se Silvia-Aisha se ne distaccherà.

Non si deve dimenticare che chi ha intervistato Silvia-Aisha in queste sue prime dichiarazioni è Davide Piccardo, fondatore dei Fratelli musulmani d’Italia e che la sua prima intervista è apparsa proprio sul loro sito ufficiale, e che le posizioni di tale gruppo in merito alla possibilità di convertirsi dall’Islam al cristianesimo non sono limpide e chiare, così come sono dure le posizioni sulla sessualità e sull'interpretazione delle norme coraniche, apparendo distanti da quelle dell’Islam più moderato e liberale: anche su questi temi sarà interessante vedere quali posizioni assumerà Silvia-Aisha.

Note al testo

[1] L’intervista a cura di Davide Piccardo è apparsa il 6//2020 sul sito dei Fratelli musulmani d’Italia La luce al link https://www.laluce.news/2020/07/06/aisha-silvia-romano-si-racconta-per-la-prima-volta-mi-son-chiesta-perche-a-me-e-ho-trovato-dio/

[2] Cfr. M. Borrmans, I musulmani di fronte al mistero della croce: rifiuto o incomprensione?