La faziosità dello scontro pubblico dinanzi alla liberazione della giovane cooperante Silvia Romano. Breve nota di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito una nota di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Giustizia e carità e Islam: la questione della libertà e della violenza.
Il Centro culturale Gli scritti (17/5/2020)
La faziosità del dibattito pubblico non si è arrestata neanche dinanzi alla liberazione della giovane cooperante Silvia Romano: sui media e sui social si sono viste pochissime persone equilibrate.
Veramente assurdo è stato chi ha contestato la liberazione in sé, chi non ha espresso gioia, chi è giunto finanche ad offendere.
Meno violenta, ma sempre ideologica la posizione di chi si è rifiutato di ammettere che il fatto che una persona si converta alla religione dei propri carcerieri - sebbene l’Islam in sé sia diverso dall’Islam della fazione crudele e tagliagole del gruppo di Al-Shabaab che ha intascato il riscatto - qualche problemino lo manifesta, anche se, ad oggi, non è possibile specificare più precisamente cosa sia avvenuto, dato il riserbo che giustamente è stato adottato dalla famiglia.
Solo una posizione che esprima gioia e al contempo ritenga legittimo avere delle perplessità è onesta ed è da persone libere e non schierate ideologicamente.
Anzi, come spesso avviene, le posizioni unilaterali opposte si sono date man forte l’un l’altra, attaccandosi a vicenda e dominando la scena pubblica, impedendo così di far emergere le posizioni attente di chi conosce la situazione della Somalia e della violenza islamista, ma apprezza al contempo la generosità dei cooperanti che si dedicano a sostenere i popoli in difficoltà
Ovviamente il tutto è stato complicato da uomini di governo che hanno voluto pubblicizzare eccessivamente l’evento per mettersi in primo piano sui media e così una liberazione bella, ma non scevra da ombre, invece che essere gestita con discrezione e riservatezza, è divenuta preda dei cannibali delle due parti che ne hanno fatto carne da macello, per portare acqua alle loro tesi.
Non ritengo errato invece l'aver versato un riscatto elevato, come sempre avviene in questi casi. Né ho niente da eccepire sulla collaborazione con i servizi segreti turchi e nemmeno con l’esistenza di servizi segreti nazionali – è proprio in questi casi che ci si accorge del perché esistano tali cose, spesso bistrattate a torto.
Certo, a tutti è chiaro che con le armi acquistate con quel denaro centinaia di somali verranno trucidati dagli assassini di al-Shabaab, ma una nazione come l’Italia deve mostrare, proprio per combattere culturalmente la violenza, che preferisce salvare una propria concittadina rispetto a sottilizzare sull’uso che si farà del denaro del riscatto.
Piuttosto che spettacolarizzare la liberazione sarebbe, però, stata preferibile una presa di posizione del Governo indirizzata ai terroristi: si sarebbe potuto così dichiarare agli adepti di quel gruppo oppressore e fondamentalista che solo quando si decideranno ad insegnare ai propri giovani (al-Shabaab vuol dire “partito dei giovani”) a dedicarsi alla cooperazione e non alla violenza – come aveva scelto di fare Silvia Romano - essi recheranno un vero aiuto alla causa della Somalia: quella nazione è oggi ridotta alla fame, le sue donne sono sottomesse come non mai, non a motivo dell’occidente, ma a causa della violenza fondamentalista di al-Shabaab e dei suoi tagliagole.
Quindi, bentornata Silvia Romano, ma non smettiamo di discutere delle questioni aperte.