La Fase 2 è più pericolosa della Fase 1. Alcune questioni pastorali. Nota di Andrea Lonardo
Riprendiamo sul nostro sito un articolo di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Carità e giustizia e Catechesi e annuncio.
Il Centro culturale Gli scritti (22/4/2020)
Mi spaventa come molti si vanno immaginando la Fase 2: pensano che ormai il problema sia alle spalle e si tratti solo di riprendere pian piano la vita normale.
Non hanno capito che il virus non potrà che tornare a diffondersi e a colpire. Si riprende la vita non perché il virus ha smesso di uccidere, ma perché è necessario che si torni a lavorare, perché altrimenti si morirebbe comunque per la crisi economica.
Al centro e al sud non tutti hanno ancora capito bene che di Covid 19 si muore e che manca ancora qualche migliaio di morti alla fine della pandemia - io spero di sbagliarmi!
Potrei essere io il primo, ma certo non si può escludere che il centro e il sud saranno toccati.
Questo vuol dire Fase 2. Che ormai gli ospedali hanno superato la crisi dei malati gravi della Fase 1 e possono accogliere i malati della Fase 2. Il lockdown serviva a rallentare la diffusione del morbo, per non far andare in tilt la sanità pubblica, per far ammalare le persone a scaglioni: gli ospedali non avrebbero retto la botta di una diffusione incontrollata tutta d’un colpo, mentre possono reggere se i malati sono scaglionati nel tempo.
Un epidemiologo raccontava ad un’amica che finora circa il 10% degli italiani è stato toccato dal virus. Forse dovremo arrivare al 60% degli italiani, prima che esso si arresti.
Per questo, diverse personalità autorevoli stanno ipotizzando che non si torni a scuola ad ottobre e nemmeno in università, ma si prosegua on-line. Perché il virus, che sicuramente si diffonderà ancora, potrebbe ripartire in maniera drammatica e con proporzioni esponenziali, se ci fossero concentrazione di persone – e se tanti non si atterranno alle prescrizioni.
La cosa avrà, ovviamente, ripercussioni molto gravi dal punto di vista economico. Si pensi solo a quanti fuori sede non si iscriveranno l’anno prossimo. Si pensi alla crisi che avranno le università pontificie romane che sono abitualmente frequentate da seminaristi stranieri. Si pensi alla crisi del mondo del turismo, dei trasporti, dei pellegrinaggi, ai Musei. Si pensi all’industria del divertimento che vedrà chiusi concerti, discoteche, centri commerciali e così via.
Ma certo sorella morte dovrà toccarci ancora da vicino e solo alla fine della Fase 2 e della Fase 3 si potrà contare chi ha attraversato e chi no la sua porta.
Purtroppo, non è stato ancora spiegato a diversi giovani e adolescenti cosa è il coronavirus ed essi credono di potersi riversare nei campi sportivi, negli oratori, nelle serate in piazza e nei locali, immediatamente dopo il 3 maggio. Pochissimi educatori si stanno preparando a sostenere questo impatto che dovrà forzatamente essere arrestato.
La Fase 1 ha contenuto forzatamente questo impeto, ma quando non ci saranno più nemmeno le lezioni on-line - per la fine della scuola -, saranno lasciati soli i genitori, le parrocchie ed i parchi pubblici a gestire coloro che nessuno è preparato ad accompagnare.
Non so se tutti i genitori dei bambini piccoli hanno chiaro che, quando riapriranno, non si potrà portare un figlio su di uno scivolo di un parco o di un oratorio parrocchiale perché questo vorrebbe dire che, non appena il virus tornerà a girare, il bambino precedente o successivo sarà anello di una catena che toccherà i genitori e i nonni nelle case.
Troppi pensano di poter tornare a incontrarsi senza mascherine e senza precauzioni e a svolgere attività con altri, dallo sport, ad incontri fra amici, senza precauzioni.
Pochi stanno preparando le persone a comprendere che non siamo ad un passo dal riprendere la vita normale, ma che per essa ci sarà da attendere forse la prossima primavera.
Servono, invece, maestri che continuino a mostrare che bisogna approfittare di questa stagione di vita che non tornerà ad essere “normale” ancora per molto.
Servono ancora maestri che insegnino che questa nuova “normalità” ci deve “scavare”, “segnare” ed insegnare ancor più quando falso e ingannevole fosse il ritmo che avevano le nostre giornate fino a due mesi fa.
A nostro modesto avviso, non si tratta di dire ora come sarà la fase 3. Servono piuttosto menti e cuori che abbiano idee per la fase 2, per i problemi che avremo in questa fase, con la crisi economica, con la mancanza di lavoro, con gli adolescenti in giro, con le famiglie stanche per il carico che da mesi debbono sopportare, con l’estate ormai imminente che vedrà moltissimi senza possibilità di vacanze, e con il corrispettivo carico ecclesiale dato dall’impossibilità di fare Grest, oratori e campi estivi, che abitualmente sostenevano le famiglie.
Servono menti e cuori che si dedichino alla questione dei sacramenti, al sostegno delle difficoltà economiche che avranno tutte le realtà caritative, come le comunità parrocchiale, come le diocesi e la stessa Santa Sede, per la chiusura prolungata dei Musei Vaticani, servono menti e cuori che lavorino a rendere più snello, meno burocratico e scevro da ogni tassazione non essenziale il lavoro delle famiglie che saranno in grave crisi.
La Fase 2 sarà lunghissima. Decisivo sarà se il Governo deciderà di ridurre il carico fiscale nei confronti di coloro che non hanno un reddito fisso, ma dipendono dal reddito che riescono a produrre giorno per giorno e hanno bisogno assoluto di un alleviamento fiscale per loro e le loro famiglie.
***Primo post applicativo. Un gRESTacasa o HomeGrest? Quale gestione degli spazi pubblici nei 10 mesi che, forse, ci separano dalla fine del coronavirus?
Le tre questioni che seguono, con la preoccupazione grande che ne consegue, sono solo esemplificative: nonostante questo voglio condividerle, nel desiderio di promuovere una discussione. Il loro spirito è quello dell’“ascolto del grido della città” che sta orientando la nostra diocesi.
1/ Prima questione. Famiglie con bambini piccoli
Dal 4 maggio tutte le famiglie con bambini piccoli si riverseranno nei nostri oratori per avere spazi per far passeggiare e giocare i bambini piccoli. Contemporaneamente gli adolescenti busseranno alle stesse porte.
La decisione potrebbe esser, da un lato, di creare un gruppo di volontari – ipotesi difficilissima in queste circostanze – che facciano entrare solo le famiglie con bambini, ad esempio 5 gruppi familiari per volta – chiedendo loro di restare non più di 15 minuti per lasciare poi il posto ad altri. L’esperienza pre-lockdown ha dimostrato che talvolta gli stessi genitori non sono consapevoli dei rischi e, ad esempio facevano giocare su scivoli e altalene i bambini anche se essi erano stati appena utilizzati da altri bambini.
Se continuasse tale atteggiamento superficiale gli oratori parrocchiali si trasformerebbero in potenziali propulsori del contagio, perché tutti i bambini che scivolano su quello scivolo porterebbero nelle loro case il virus se uno solo di loro fosse un asintomatico positivo.
Si tratta dunque di dare un segno di carità, di accoglienza del grido delle famiglie, permettendo loro di accedere, ma, al contempo, attuando un controllo che non è facile, soprattutto ora che gli abituali animatori sono ora giustamente presi da tutt’altre preoccupazioni.
2/ Seconda questione. Gli adolescenti
Ma questo sforzo deve guardare congiuntamente all’attenzione agli adolescenti. Ora, se è chiaro che essi non possono recarsi in oratorio per giocare a calcio o sedersi tutti insieme a chiacchierare – l’adolescente cerca i suoi coetanei, ognuno di noi che lo è stato lo sa bene – non è assolutamente chiaro cosa proporre invece loro in positivo.
L’unica idea che, per ora, mi è venuta in mente è quella di coinvolgere degli adulti capaci di insegnare lavori utili e di farli lavorare a 5 o 6 per volta, ma distanti gli uni degli altri, a fare cose utili per tutti, dal tagliare le siepi, al dipingere pareti, al riparare murature.
Sarebbe un’esperienza costruttiva, ma servono adulti capaci di lavori manuali e, al contempo, capaci di tenere quel rigore di comportamento senza il quale la presenza dei ragazzi sarebbe pericolosa per loro stessi.
3/ Terza questione. Proporre in giugno HomeGrest?
Si pensi ancora alle bellissime esperienze che tutti siamo abituati a portare avanti come i GREST o oratori estivi.
Ovviamente è impossibile proporli nelle forme abituali. D’altro canto è necessario fare qualcosa per i bambini. È veramente il grido della città che si leva. Come può un genitore tornare al lavoro, se la scuola chiude, finiscono le lezioni on-line e i figli sono a casa e non possono nemmeno andare in vacanza?
Servirebbe anche qui una grande inventiva, con l’aiuto delle strutture diocesano che promuovano un collegamento. che pensino ad un gRESTacasa o HomeGrest.
Servirebbero adulti e giovani animatori capaci di far lavorare i bambini a casa, ad esempio con corsi di cucina, o di pulizia a casa, o di inglese o di disegno, di fotografia con cellulari o di montaggio di video, di modo che i bambini imparino veramente e si muovano e gioiscano, interagendo ciascuno dalla propria casa, ma senza poterne uscire per stare insieme. Potrebbero esserci adulti e adolescenti che facciano fare ginnastiche in preparazione ai diversi sport nelle case, motivandoli insieme
Attività di questo tipo potrebbero vedere coinvolti anche gli adolescenti che potrebbero seguirli sui social e divenire protagonisti di un’impresa comune di bene. Bambini e adolescenti potrebbero esser coinvolti nella preparazione in casa di cibi o di oggetti per i più bisognosi, cercando di non cadere nella trappola di sterili “attività”, bensì realizzando invece cose realmente utili.
***Conclusione per rilanciare
Si apre così una stagione – ho ipotizzato che possa durare dieci mesi, da maggio a febbraio 2021, ma questo dipenderà appunto dal diffondersi del contagio e dalle mosse governative – che richiede un impegno assorbente e una grande lucidità, perché essa deve coniugare la presenza nelle case, la limitazione di pericolo insieme ad una vera dignità e bellezza delle proposte.
Ma mi sembra che l’ascolto della città, dei giovani e delle famiglie, come dei poveri, richiedano precisamente questa dedizione.
Facile a dirsi, tutt’altro a progettarle in concreto e realizzarle.
Valgano queste parole solo come un primo tentativo di condivisione di preoccupazioni pastorali.
Un post immediatamente successivo tratterà delle questioni liturgiche che si porranno nei, forse, 10 mesi della Fase 2 e 3. Anch’esso sarà meramente esplorativo, per il gusto di condividere e pensare insieme.
N.B. aggiunto dopo i primi commenti. Non intendo prendermela con la popolazione, assolutamente. Ci sono dei ritardi evidenti causati nella sanità dal recente passato e attuali, ma mi astengo dal giudicarli. Il mio invito è alle questione future che, data la situazione, non possiamo ignorare