1/ Dovevate piangerli da vivi. Le origini della crisi dei profughi siriani in Turchia sono nel silenzio e nel tradimento dell’occidente, che ha scelto la guerra per procura invece dell’interesse continentale, di Sebastiano Caputo 2/ Tre questioni fondamentali per capire Idlib, di Sebastiano Caputo
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N.B. de Gli scritti
Il recente incontro fra Putin e Erdogan, avvenuto il 6/3/2020 al Cremlino, con la sottoscrizione di un, sia pur labile, accordo di tregua a favore della popolazione di Idlib, mostra quanto Turchia e Russia siano protagonisti in Siria e dinanzi alla questione dei profughi siriani, mentre l’UE brancola, “in attesa” che questi decidano. Certo è che turchi e russi hanno non solo interessi profondi in Siria, ma hanno anche coinvolto loro truppe sul terreno, i primi violando la sovranità territoriale, i secondi come alleati di Assad. Solo un protagonismo, che comprenda anche una presenza sul territorio, può alleviare la difficilissima situazione della Siria: altre parole, dette a tavolino, lasciano purtroppo il tempo che trovano.
1/ Dovevate piangerli da vivi. Le origini della crisi dei profughi siriani in Turchia sono nel silenzio e nel tradimento dell’occidente, che ha scelto la guerra per procura invece dell’interesse continentale, di Sebastiano Caputo
Riprendiamo dal sito L’intellettuale dissidente un articolo di Sebastiano Caputo pubblicato il 3/3/2020 (https://www.lintellettualedissidente.it/cartucce/profughi-siriani-turchia-grecia-piangerli-quando-erano-vivi/). Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Per la pace contro la guerra e Immigrazione e integrazione.
Il Centro culturale Gli scritti (8/3/2020)
Beirut. I siriani sono in giro per il mondo occidentale da decenni. Medici, ingegneri, archeologi, arabisti, commercianti che hanno studiato in Siria, dove il sistema scolastico è sempre stato solido e accessibile a tutti, per poi proseguire gli studi all’estero. Non sempre provenivano dai ceti benestanti, anzi. Molti godevano di accordi universitari in un Paese che, con tutti i suoi problemi interni, ha sempre favorito gli scambi; basti pensare che Damasco era una meta privilegiata, in passato, per chi voleva andare a studiare la lingua araba. I profughi siriani che vediamo nelle orrende immagini di questi giorni non sono presenti in Turchia da quando è iniziato il recente assedio di Idlib, bensì dall’inizio della guerra, quando le cancellerie occidentali, insieme agli alleati della regione, Erdogan compreso, hanno appoggiato i jihadisti in Siria per combattere il governo di Damasco.
Prima di essere ostaggio della contro-offensiva russo-siriana tutti quei civili erano ostaggio di gruppi che la stessa BBC americana ormai, nel 2020, chiama con il loro nome. Eccole le sigle che si nascono dietro la tragedia umanitaria: HayatTahrir al-Sham, National Liberation Front, Hurras al-Din, Turkistan Islamic Party. Tutte legate a doppio filo con l’ex ramo siriano di Al Qaeda, Jabhat Al Nusra. Di fronte a questa occupazione qualsiasi Stato sovrano farebbe di tutto per espellerle dal proprio territorio. È una questione di legittima difesa nazionale, che i più corsari chiameranno resistenza. La decisione di Erdogan di aprire i confini fra Turchia ed Europa ci insegna che il fenomeno migratorio deve essere affrontato con sano realismo perché, oltre ad essere una ferita umana profonda, si tratta di un’arma di coercizione asimmetrica, o di ricatto, per ottenere vantaggi politici, economici o militari.
Ma, prima di tutto, occorre conoscere le origini della catastrofe che ora si infrange sulla Grecia, e su di noi. Eccole: una guerra esportata e lasciata in mano a gruppi armati che hanno imposto un modello socio-politico fondato sulla paura. E che oggi tutti fanno finta di non vedere. Un po’ per imbarazzo, un po’ per malafede. Allora, invece di piangerli morti o sfollati, i siriani dietro quel filo spinato avreste dovuto piangerli da vivi, quando dalla Siria ci avvertivano in massa che si trattava di una guerra per procura e, stremati dal silenzio e dal tradimento, hanno deciso di lasciare un Paese che non avrebbero, forse, abbandonato mai. Quando impareremo che la destabilizzazione genera paura, insicurezza e sradicamento, sarà il giorno in cui smetteremo di versare lacrime di coccodrillo.
2/ Tre questioni fondamentali per capire Idlib, di Sebastiano Caputo
Riprendiamo sul nostro sito un post dal profilo FB di Sebastiano Caputo, pubblicato l’1/3/2020. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line. Per approfondimenti, cfr. le sezioni Per la pace contro la guerra e Immigrazione e integrazione.
Il Centro culturale Gli scritti (8/3/2020)
Beirut. Nota per tutti i giornalisti e gli intellettuali col ditino puntato che si attaccano all’osso di Idlib. Prima di scriverne o parlarne, per onestà intellettuale, hanno il dovere di spiegare a lettori e auditori tre questioni fondamentali.
Primo. Chi occupa il territorio e tengono in ostaggio i civili sono gruppi terroristici in passato legati a Jabhat al Nusra, ramo siriano di Al Qaeda, nemici di Assad e anche dei curdi.
Secondo. La presenza militare della Turchia, membro della Nato, in quel territorio è una violazione del diritto internazionale oltre che della sovranità della Siria.
Terzo e ultimo punto. La Turchia, membro della NATO, protegge gruppi terroristici in passato legati a Jabhat al Nusra, ramo siriano di Al Qaeda, nemici di Assad e anche dei curdi, che tengono in ostaggio milioni di civili.
Se mancano questi elementi qualsiasi narrazione è parziale, sensazionalistica o ideologica, dunque è falsa. Passo e chiudo.